TAR Campania (NA), Sez. IV, n. 3678, del 15 luglio 2013
Urbanistica.Realizzazione di un balcone e permesso a costruire

La realizzazione di un balcone con conseguente modifica del prospetto del fabbricato cui accede costituisce opera di ristrutturazione edilizia esterna; intervento che esige, ai sensi dell'art. 10 comma 1, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001, il titolo abilitativo del permesso a costruire, congiuntamente, nelle aree soggette a disciplina vincolistica, all'autorizzazione paesistica. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 03678/2013 REG.PROV.COLL.

N. 02411/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2411 del 2012, proposto da: 
IMPROTA PASQUALINA, rappresentato e difeso dall’Avv. Daniela Carro come da procura a margine del ricorso, domiciliato in Napoli nella segreteria del TAR Campania;

contro

Comune di Napoli in persona del Sindaco pro tempore, autorizzato a stare in giudizio come da deliberazione della Giunta Municipale n. 407 del 31 maggio 2012, rappresentato e difeso dagli Avvocati Giuseppe Tarallo, Barbara Accattatis Chalons d’Oranges, Antonio Andreottola, Eleonora Carpentieri, Bruno Crimaldi, Annalisa Cuomo, Anna Ivana Furnari, Giacomo Pizza, Anna Pulcini, Bruno Ricci, Gabriele Romano, con i quali è elettivamente domiciliato in Napoli, piazza Municipio - Palazzo S. Giacomo, presso l’Avvocatura Municipale, come da procura a margine dell’atto di costituzione in giudizio;

per l'annullamento

Della disposizione dirigenziale n. 83 del 21 febbraio 2012, recante l’ordine di demolizione di opere realizzate in Napoli, via P. Guidone n. 75\E.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 maggio 2013 il consigliere Achille Sinatra e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso notificato il 30 aprile 2012 e il successivo 22 maggio, la signora Pasqualina Improta ha impugnato il provvedimento in epigrafe, con cui il competente Dirigente del Comune di Napoli le ha ordinato di demolire le opere interne realizzate in un locale sito in via Prospero Guidone n. 75, Napoli, al fine di trasformarlo da deposito in abitazione munita di “sporto balcone” sovrastato da copertura.

2. – Il ricorso è affidato ai seguenti motivi, sulla scorta dei quali la ricorrente ha chiesto l’annullamento dell’atto impugnato previa sospensione cautelare:

1) Violazione degli articoli 3, 4, 7, 10 L. 241\1990, violazione del giusto procedimento, eccesso di potere per difetto di motivazione ed istruttoria e dell’obbligo di dare avviso dell’avvio del procedimento sanzionatorio;

2) Violazione degli articoli 3, 10, 23, 33, 41 del DPR n. 380\2001 in relazione all’art. 3 L. 241\1990, eccesso di potere per erroneità e inesistenza dei presupposti, carenza assoluta di motivazione ed istruttoria, travisamento, perplessità, violazione dei principi di imparzialità e buon andamento: il fabbricato in questione, di modeste dimensioni, era stato edificato abusivamente, ma successivamente condonato per effetto della disposizione dirigenziale n. 6152 del 4 aprile 2008; successivamente, a seguito di riscontro da parte della Polizia Municipale di nuove opere interne, la ricorrente, in data 8 novembre 2010 aveva presentato una segnalazione certificata di inizio attività ai sensi dell’art. 37 comma V DPR n. 380\2001 e 49 L. 122\2010; la realizzazione del terrazzino, invece, non avrebbe inciso sulle superfici (o sui volumi) se non nel senso di determinarne un decremento, essendo stato ricavato da parti interne all’immobile.

3) Violazione e falsa applicazione degli articoli 33, 37 comma V DPR n. 380\2001, dell’art. 49 L. n. 122\2010, eccesso di potere per assenza dei presupposti ed omessa ponderazione della fattispecie, carenza di istruttoria e di motivazione, specie sotto il profilo dell’interesse pubblico a procedere a demolizione malgrado il lungo lasso di tempo trascorso dall’abuso.

4) Eccesso di potere per difetto di motivazione ed interesse pubblico alla demolizione.

La ricorrente ha concluso chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato previa sospensione cautelare: tale misura è stata concessa con ordinanza n. 1010\2012.

3. – Il Comune di Napoli ha resistito al ricorso con memoria, eccependone l’infondatezza.

Alla pubblica udienza del 15 maggio 2013 il ricorso è passato in decisione.

4. – Esso è parzialmente fondato, e va accolto, nei limiti che seguono.

Per comodità espositiva va esaminato innanzitutto il secondo motivo, con cui la ricorrente assume sufficiente titolo per l’intervento in questione la s.c.i.a. presentata in data 8 novembre 2010.

4.1 - La trasformazione del piccolo edificio oggetto del provvedimento impugnato da deposito ad abitazione è avvenuta, come emerge dalla documentazione in atti (segnalazione certificata di inizio attività prodotta dalla ricorrente e relativi allegati, nota della VI Municipalità depositata dal Comune il 17 dicembre 2012) mediante la realizzazione delle pareti divisorie interne, la pavimentazione dei locali così ottenuti, la relativa intonacatura, la sistemazione ed il completamento degli impianti, la realizzazione di una camera d’aria tra suolo e fabbricato, nella pittura degli interni.

Si tratta di opere per le quali giova alla ricorrente l’assorbente profilo (dedotto nel secondo motivo) della sussistenza di un titolo edilizio atto a sorreggere il cambio di destinazione d’uso da deposito a residenza, costituito dalla segnalazione certificata di inizio attività avanzata dalla ricorrente in data 8 novembre 2010, ai sensi dell’art. 33 DPR n. 380\2001.

Non risulta che l’intervento in questione abbia comportato aumenti di volumetria o superfici.

Nè è sufficiente a sorreggere questa parte dell’atto impugnato il generico richiamo al cambio di destinazione d'uso da "locale\deposito" a "abitazione", in quanto tali generiche dizioni non consentono di valutare l'eventuale passaggio da una categoria edilizia all'altra, che permetterebbe di apprezzare la eventuale necessità del permesso di costruire (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 17 gennaio 2011 , n. 221).

Infatti, se letta alla luce della norma edilizia di riferimento, costituita dall'art. 21 delle Norme tecniche di attuazione alla vigente Variante generale al Piano regolatore di Napoli, la determinazione gravata non consente di stabilire se le variazioni sommariamente descritte possano, in astratto, rientrare nell'ambito della lettera "a" del primo comma di tale disposizione ("abitazioni ordinarie, specialistiche e collettive; attività artigianali e commerciali al minuto per beni di prima necessità; altre destinazioni non specificamente residenziali, ma strettamente connesse con la residenza quali servizi collettivi per le abitazioni, studi professionali, eccetera;"), oppure comportare il passaggio da una all'altra delle categorie omogenee ivi contemplate (v. anche T.A.R. Campania Napoli sez. IV, 28 ottobre 2011 n. 5063), specie con riguardo alla circostanza che nelle categorie “b”, “c” e “d” non figura la generica dizione di “locale\deposito”.

Ne segue l’annullamento del provvedimento gravato nella parte in cui sanzione il cambio di destinazione d’uso in abitazione.

4.2 – Non così deve dirsi per lo sporto-balcone, opera la cui realizzazione avrebbe dovuto essere assistita da permesso di costruire, e che, peraltro, non è stato neppure contemplato nella s.c.i.a.

Innanzitutto, tale opera non rientra nel concetto di pertinenza, poiché esso costituisce parte essenziale dell'edificio, mentre la pertinenza, di cui all'art. 817 c.c., presuppone l'esistenza di più elementi che abbiano ciascuna una propria individualità, posti tra loro in rapporto di subordinazione funzionale, sicché l'una, quella subordinata, sia posta a servizio durevole o ad ornamento dell'altra e possa formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici. In altre parole, la realizzazione di un balcone con conseguente modifica del prospetto del fabbricato cui accede costituisce opera di ristrutturazione edilizia esterna; intervento che esige, ai sensi dell'art. 10 comma 1, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001, il titolo abilitativo del permesso a costruire, congiuntamente, nelle aree soggette a disciplina vincolistica, all'autorizzazione paesistica (T.A.R. Napoli Campania sez. VII 7 giugno 2012 n. 2717).

Nel caso in esame, tale titolo non è stato richiesto, nè risulta dagli atti, che il balcone fosse opera prevista nella s.c.i.a. presentata dalla ricorrente, sicchè la relativa realizzazione deve dirsi senza titolo.

5. – Può adesso essere esaminato il primo motivo, con cui la ricorrente denuncia violazione dell’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento sanzionatorio.

Esso è infondato, poiché, per consolidata regola giurisprudenziale, ampiamente condivisa da questo TAR, i provvedimenti repressivi degli abusi edilizi non devono essere preceduti dal suddetto avviso, trattandosi di provvedimenti tipici e vincolati emessi all'esito di un mero accertamento tecnico della consistenza delle opere realizzate e del carattere abusivo delle medesime (Cons. Stato, sez. IV, 30 marzo 2000, n. 1814; T.A.R. Campania, sez. IV, 28 marzo 2001, n. 1404, 14 giugno 2002, n. 3499, 12 febbraio 2003, n. 797).

È poi stato precisato che la violazione dell'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento non costituisce un motivo idoneo a determinare l'annullabilità dei provvedimenti sanzionatori in materia di abusi edilizi, in quanto è palese, attesa l'assenza di qualsivoglia titolo abilitativo all'edificazione, che il contenuto dispositivo del provvedimento "non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato", sicché sussiste la condizione prevista dall'art. 21 octies, comma 2, della L.n. 241 del 1990 per determinare la non annullabilità del provvedimento impugnato (Consiglio di stato, sez. IV, 15 maggio 2009 , n. 3029).

6. – Non possono essere accolte neppure le censure di difetto di motivazione, anche in relazione alla mancata enunciazione dell’interesse pubblico a procedere alla demolizione e del lungo lasso di tempo trascorso dall’abuso, formulate nel primo, nel terzo e nell’ultimo motivo.

Infatti, l'ordine di demolizione di opera edilizia abusiva si configura come atto dovuto per il quale non esiste uno specifico obbligo di motivazione oltre la descrizione dell'abuso commesso e la sua identificazione oggettiva.

In caso di ordinanze di demolizione, infatti, l'obbligo di motivazione è da intendere assolto con l'indicazione dei meri presupposti di fatto che valgono, di per se stessi, a giustificare l'applicazione delle corrispondenti misure sanzionatorie previste direttamente dal legislatore (T.A.R. Campania Napoli sez. IV 8 aprile 2013 n. 1821).

Inoltre, i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, salvo ipotesi particolari delle quali non ricorrono gli estremi nella fattispecie in esame, non necessitano di alcuna motivazione in ordine alla prevalenza dell'interesse pubblico, perché la repressione degli abusi edilizi costituisce un preciso obbligo dell'Amministrazione, che non gode di alcuna discrezionalità al riguardo (Consiglio di Stato, Sezione IV, 1.10.2007 numero 5049).

7. – Va disatteso anche il terzo motivo nella parte in cui la ricorrente lamenta errata applicazione dell’art. 33 DPR n. 380\2001, per non essere irrogabile la sanzione della demolizione per lavori necessitanti della s.c.i.a. e non del permesso di costruire.

Fermo restando, infatti, quanto detto in precedenza circa la sufficienza della s.c.i.a. a sorreggere il cambio di destinazione d’uso, quanto, invece, alla realizzazione del balcone il Comune, in applicazione dell’art. 33 DPR n. 380\2001, non avrebbe potuto che irrogare la sanzione reale (e non quella pecuniaria), attesa la sicura necessità del permesso di costruire per procedere a tale edificazione.

8. - In conclusione il ricorso è fondato e va accolto nei limiti di cui in motivazione, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato limitatamente alla parte in cui sanziona il cambi di destinazione d’uso.

La parziale reciproca soccombenza induce alla compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta) accoglie il ricorso in epigrafe nei limiti di cui in motivazione, e nei medesimi limiti annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Domenico Nappi, Presidente

Anna Pappalardo, Consigliere

Achille Sinatra, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)