RASSEGNA NORMATIVA a cura di M. PICCA

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CODICE DEI BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI

Il Codice dei Beni Culturali e Paesaggistici, presentato dal Ministro Urbani e descritto dal Ministro come il fondamentale “Baluardo” in difesa del paesaggio, della storia e della cultura italiana non lo voglio commentare perché credo che si commenti da solo leggendo i seguenti due articoli

Articolo 21

Interventi soggetti ad autorizzazione

1. Sono subordinati ad autorizzazione del Ministero:

a) la demolizione delle cose costituenti beni culturali, anche con successiva ricostituzione;

b) lo spostamento, anche temporaneo, dei beni culturali, salvo quanto previsto ai commi 2 e 3;

c) lo smembramento delle collezioni;

d) lo scarto dei documenti degli archivi pubblici e degli archivi privati per i quali sia intervenuta la dichiarazione ai sensi dell’articolo 13;

e) il trasferimento ad altre persone giuridiche di complessi organici di documentazione di archivi pubblici, nonché di archivi di soggetti giuridici privati.

2. Lo spostamento di beni culturali, dipendente dal mutamento di dimora o di sede del detentore, è preventivamente denunciato al soprintendente, che, entro trenta giorni dal ricevimento della denuncia, può prescrivere le misure necessarie perché i beni medesimi non subiscano danno dal trasporto.

3. Lo spostamento degli archivi correnti dello Stato e degli enti ed istituti pubblici non è soggetto ad autorizzazione.

4. Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, l’esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente.

5. L’autorizzazione è resa, di regola, sul progetto presentato dal richiedente, e può dettare prescrizioni.

Articolo 53

Beni del demanio culturale

1. I beni culturali appartenenti allo Stato, alle regioni e agli altri enti pubblici territoriali che rientrino nelle tipologie indicate all’articolo 822 del codice civile costituiscono il demanio culturale.

2. Fanno altresì parte del demanio culturale le raccolte dei musei, degli archivi e delle biblioteche appartenenti ai soggetti di cui al comma 1.

3. I beni demaniali di cui ai commi 1 e 2 non possono essere alienati, né formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi previsti dal presente codice.

CONDONO EDILIZIO

Le modifiche introdotte dalla Manovra finanziaria per l’anno 2004 (Legge n° 350 del 24 dicembre 2003 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n° 299 del 27 dicembre 2003) non toccano in nessun modo le “Mostruose e Devastanti” regole introdotte dal articolo 32 del Decreto Legge 269/2003 (Legge 326/2003) in materia di condono edilizio.

La Manovra finanziaria cancella i fondi per la riqualificazione delle aree devastate dalle costruzioni abusive, lasciando solo quelli destinati al dissesto idrogeologico. Per il resto invece le norme sul condono edilizio restano formalmente invariate.

Le domande di regolarizzazione vanno presentate al comune nel quale è stato effettuato l’abuso edilizio entro il 31 marzo 2004 e sono condonabili gli abusi realizzati entro il 31 marzo 2003.

Quindi possiamo affermare che le maggiori novità potranno arrivare solo dalle eventuali Leggi regionali di attuazione e dalla Corte Costituzionale che dovrà decidere sulla legittimità delle norme sul condono.

Tale decisione non sarà presa, lo possiamo affermare con certezza quasi assoluta, se non dopo il 31 marzo 2004, quindi quando oramai i termini di presentazione saranno scaduti. Creando sicuramente numerosissimi contenziosi nel caso in cui la Corte dichiarasse il condono edilizio incostituzionale.

Svendita Immobili Storici

Oramai in dirittura d’arrivo, sta per essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale , il Decreto Beni Culturali, Difesa e Demanio che stabilisce i criteri per elencare e descrivere gli immobili di pregio artistico.

Nei successivi trenta giorni si avvierà la procedura per verificare la sussistenza o meno dell’interesse culturale in modo poi di Svendere senza problemi il nostro patrimonio artistico storico.

La novità più pericolosa e devastante, è stata inserita tramite il sempre più famigerato Decreto Legge 269/2003, è quella che deriva dall’applicazione dell’articolo 27 che stabilisce che tutti gli immobili di artistico, storico, archeologico e etnoantropologico sono alienabili meno, ma bisogna “Specificarlo”, quelli meritevoli di essere tutelati.

Questo parere obbligatorio per rendere non alienabile un bene reputato di interesse artistico, storico, archeologico e etnoantropologico sicuramente porterà al gravissimo rischio di un ingorgo, dovuto anche alla riduzione e accorpamento dei settori strategici del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, tale da far scattare automaticamente il “silenzio – assenso” per la vendita del bene stesso.

SANATORIA SU AREE DEMANIALI

Mancano meno di trenta giorni al termine fissato dalla Legge 212/2003 per la sanatoria delle opere realizzate sconfinate in parte sulle aree demaniali.

Il 7 febbraio prossimo, a distanza di 180 giorni dall’entrata in vigore della norma, scadono i termini per presentare la domanda di regolarizzazione alla locale Agenzia del Demanio

Scadono i termini, ma non la regolarizzazione. Infatti, nei confronti di tutti coloro che sceglieranno di non aderire entro il 7 febbraio, il Demanio si riserva, senza limite di tempo, di proporre la regolarizzazione, dando ulteriori tre mesi di tempo per accettare, decorsi i quali la porzione dell’opera è acquisita a titolo gratuito.

Con questa norma non solo sarà possibile per l’abusivo acquistare “regolarmente” dallo Stato l’area interessata dalla costruzione ma anche acquisire una superficie di pertinenziale fino a tre metri a partire dal confine dell’opera interessata. In cambio, l’ex abusivo, potrà disporre pienamente, e regolarmente per poterla vendere a prezzo di mercato, della sua “proprietà” immobiliare.

CONSIGLIO DI STATO SOSPENDE I PROCEDIMENTI

Procedimenti amministrativi e giurisdizionali relativi al condono edilizio sono sospesi fino al 31 marzo 2004, termine ultimo per la presentazione della domanda di sanatoria.

Dopo il Tar Toscana (Sezione II, ordinanza del 13 novembre 2003 n° 5738) anche il Consiglio di Stato (Sezione V) con una Ordinanza del 31 dicembre 2003 ha deciso che l’esame delle controversie relative alle costruzioni irregolari sono rinviate.

In sostanza la decisone del Consiglio di Stato è che è da ritenere applicabile l’articolo 44 della Legge 47/85 che prevede appunto la sospensione dei procedimenti giurisdizionali e amministrativi fino alla scadenza del termine di presentazione della domanda di sanatoria.

Quindi la logica conseguenza è che in attesa delle richieste di condono saranno bloccate tutte gli atti amministrati e giurisdizionali, solo dopo il 31 marzo 2004, se l’abusivo non avrà avanzato richiesta di condono, la sospensione perderà efficacia e i processi potranno riprendere

 

IL NUOVO COMMA 32 DELLA LEGE DELEGA IN CAMPO AMBIENTALE

Questo comma per la sua straordinaria eccezionalità e gravità, mette in evidenza i procedimenti inqualificabili – sotto il profilo etico, morale, costituzionale e politico/amministrativo – adottati dal Governo e da parte dell’attuale maggioranza parlamentare.

Questo comma infatti non può essere altrimenti qualificato se non come un vero e proprio imbroglio, concepito per togliere dai guai giudiziari individui o clientele ben introdotte, ovvero nella speranza di un demagogico consenso. Se l’accusa sembrasse eccessiva, occorrerà considerare quanto segue:

Questo comma non ha nulla a che vedere con il corpus e con la ratio della “Legge delega”. Esso era stato inizialmente inserito nel testo governativo (una delle famose “misure di diretta applicazione”, già stridenti fin dal concetto con le finalità proprie di una delega) allo scopo di consentire il rilascio delle “autorizzazioni paesaggistiche in sanatoria” per gli abusi commessi in aree vincolate paesaggisticamente, estinguendo i relativi reati.

E l’immediata contestazione, a questo punto, fu che in tal modo si andava a modificare gravemente il Testo Unico dei Beni CC.AA. (approvato con Dlgs 490 del 29/10/1999, e pertanto “vecchio” all’epoca di “ben” 3 anni), il cui art. 163 prevedeva sanzioni penali (le stesse già introdotte dalla “legge Galasso” 431/1985, e che erano poi quelle dell’art. 20 lett. c della legge 47/1985) per le opere abusivamente realizzate in aree vincolate paesaggisticamente in base al Titolo II del medesimo T.U., senza alcuna possibilità di sanatoria (è il caso di far notare che in questa materia per “opere” non si intendono solo quelle edilizie, bensì tutti quegli interventi, pubblici o privati, che possono modificare le caratteristiche del paesaggio, incluse le cave, le antenne per telecomunicazioni, gli altri impianti tecnici, le strade, ecc.).

Si deve adesso osservare un grave aspetto di carattere istituzionale: il DDL era stato presentato dal Ministro dell’Ambiente (che pertanto si assume tutta la responsabilità politica di questa ed altre enormità) di concerto con altri 10 Ministri, tra i quali spicca per l’assenza quello dei Beni e delle Attività Culturali, che invece avrebbe dovuto essere massimamente coinvolto da una norma che depotenzia così pesantemente la legge di tutela al cui rispetto egli è preposto.

La spiegazione della lacuna è semplicissima: la legge-delega non riguarda e non doveva in alcun modo riguardare la materia paesaggistica e dei beni culturali. E’ sufficiente rileggere l’articolo (ora comma) 1, laddove finalità della delega è il riordino delle normative in materia di: rifiuti, inquinamento e gestione delle acque, difesa del suolo, aree protette, risarcimenti, procedure VIA e VAS e tutela dell’aria. Nulla assolutamente sul paesaggio e i Beni culturali, che sono pertanto materie escluse da ogni delega.

La “furbizia” dunque è stata quella di inserire come “misura di diretta applicazione” una norma estemporanea, inessenziale e incongruente con i temi della delega, ma che – per finalità la cui urgenza ed importanza francamente sfuggono – si è voluto a tutti i costi approvare al più presto, senza attendere i tempi necessari per un’eventuale modifica (che, come si vedrà, è oltretutto già in corso) del T.U. dei Beni CC.AA.

Questo ragionamento deve essere stato compreso dal Senato, il quale si era preoccupato di mitigare la portata della norma, stabilendo che: “Per i soli lavori compiuti IN DIFFORMITA’ DALLA AUTORIZZAZIONE…l’accertamento di compatibilità paesistica…RISPETTO ALLA AUTORIZZAZIONE RILASCIATA comporta l’estinzione del reato…”. In altre parole, la portata della sanatoria (o “autorizzazione postuma” che dir si voglia) veniva limitata alle opere comunque autorizzate sotto il profilo paesaggistico; per di più le “lettere” successive introducevano altre limitazioni: fondamentale quella che le difformità non riguardassero aumenti delle superfici utili o dei volumi assentiti.

Invece, il testo approvato dalla Camera ripristina – in forma diversa ma ugualmente grave – quello del governo, stabilendo che: “Per i lavori compiuti IN ASSENZA o difformità dall’autorizzazione…l’accertamento di compatibilità paesistica…comporta l’estinzione del reato…”. Per di più, viene soppressa la lett. a), che per l’appunto escludeva la sanatoria per le opere che avessero comportato aumenti di superfici o volumi

Ne consegue che, in assenza di qualsiasi limitazione, il comma 32 va ad istituire un nuovo condono parallelo anche peggiore di quello edilizio e proprio nelle aree che, essendo vincolate, presentano il massimo valore estetico/ambientale. In teoria, e salva l’esile difesa rappresentata dall’ “accertamento di compatibilità” di cui si dirà più avanti, diventa possibile tutto: estinguere i reati paesaggistici (anche quello dell’art. 734 Cod. Pen., a giudicare dal tenore della norma) anche per chi avesse costruito un grattacielo sul Lago di Como o sulle Dolomiti; o per chi magari – dopo avere ottenuto l’autorizzazione per una villetta – costruisse invece un condominio.

Ecco in estrema sintesi alcune altre osservazioni in merito al comma in esame:

- Il nuovo “condono” paesistico è in realtà una sanatoria permanente. Non è quindi limitato da scadenze temporali, e potrà essere invocato per tutti gli abusi futuri.

- L’affinità con l’art. 13 della legge 47/1985 (che istituisce per l’appunto la sanatoria edilizia – istituto permanente da non confondere con il condono – ed è servito da precedente e da cavallo di Troia) è solo apparente. L’art. 13 della l. 47/85 ammette a sanatoria solo edifici che siano perfettamente conformi agli strumenti urbanistici vigenti (sia alla data dell’abuso che a quella dell’istanza), e per di più secondo limiti temporali strettissimi, correlati alle ordinanze sindacali. In questo caso – stante la natura discrezionale della tutela paesaggistica, che implica di volta in volta una valutazione di merito su base culturale – tutto diventa aleatorio, perché non vi sono norme urbanistiche cui fare riferimento (a meno di non rifarsi a quelle dei Piani Paesistici, aumentando ancor di più la complessità dei problemi).

- L’“accertamento di compatibilità paesistica” (equivalente al rilascio di un’autorizzazione postuma, che estingue i reati) sarebbe fatto in quasi tutti i casi dai Comuni (subdelegati dalle Regioni al rilascio delle autorizzazioni paesistiche). Se si considerano il lassismo e la debolezza con cui i Comuni hanno finora gestito il paesaggio, rilasciando autorizzazioni sconcertanti o commettendo essi stessi violazioni, ci si può immaginare cosa avverrebbe di fronte a innumerevoli “fatti compiuti” – magari sostenuti da potenti interessi economici o da coalizioni degli interessati – in assenza di qualsiasi norma precisa o limitazione (quantitativa o temporale) atta a contenere la portata della sanatoria.

- Tale modo di procedere non risolve il contenzioso. E’ pur vero, infatti, che le autorizzazioni “postume” dei Comuni dovrebbero essere trasmesse alle Soprintendenze, che entro 60 giorni potrebbero annullarle ad estrema difesa del vincolo (art. 151 T.U. dei Beni CC.AA.). Ma è anche vero che il sistema dei controlli ex-post ha sempre funzionato male, generando contenziosi oceanici che paralizzano le Soprintendenze (è stato forse il più grave problema scaturito dalla “legge Galasso”). Per di più, sarebbe proprio il nuovo testo di riforma della materia, contenuto nel c.d. “codice Urbani” di imminente discussione, a porre fine al sistema del riesame statale delle autorizzazioni (cosa che, per inciso, gli ambientalisti contestano con assoluta intransigenza).

- La norma, pur nella sua indeterminatezza e aleatorietà, sembrerebbe oltretutto in contrasto con il recentissimo condono edilizio previsto dall’art. 32 del “decretone” ormai convertito in legge. Il comma 27 lett. d) del provvedimento stabilisce infatti che sono escluse dal condono le opere abusive realizzate in aree vincolate che non siano conformi alle norme urbanistiche e agli strumenti urbanistici.

- Altra considerazione molto importante è che le difficoltà ed i problemi connessi all’abusivismo nelle aree vincolate paesaggisticamente sono ingigantiti anche dall’enorme estensione delle aree medesime (giunte a comprendere – secondo dati del Ministero BAC, peraltro contestati da alcuni funzionari – il 47% del territorio nazionale). La grande estensione delle aree vincolate è dipesa soprattutto dal fatto che la ben nota “legge Galasso” 431/1985 aveva improvvisamente sottoposto ope legis al vincolo una grande quantità di ambienti che formano la morfologia del Paese (coste, boschi, fiumi, aree di uso civico, ecc.), e che in alcuni casi possono anche non rivestire rilevante valore paesistico, ovvero averlo perduto. Il problema della riduzione o meno di dette aree, della revisione dei vincoli esistenti, ecc. diventa quindi molto importante, e rinvia a quanto esposto al punto che segue.

- Infatti, è imminente la presentazione del c.d. “Codice Urbani”, già approvato dal Consiglio dei ministri. Si tratta della riscrittura del T.U. dei Beni CC.AA., che era stata a suo tempo prevista dall’art. 10, comma 1°, lett. a) della legge 6/7/2002 n° 137 (che stabiliva tutta un’altra serie di deleghe al Governo!).

La terza parte del “Codice Urbani” riguarda proprio i Beni paesaggistici, e - pur senza spingersi all’estremo di inserire una sanatoria permanente e generale – stabilisce delle soluzioni (per inciso sempre contestate da Legambiente) che almeno ridurrebbero l’entità dei problemi derivanti dalle numerosissime costruzioni realizzate senza autorizzazione, semplicemente riducendo di molto la superficie delle zone vincolate.

Stabilisce infatti il Codice (art. 147) che – previa una fase di adeguamento della pianificazione paesaggistica regionale ai principi della Convenzione europea sul paesaggio, ed un’altra di adeguamento degli strumenti urbanistici locali alla pianificazione paesistica regionale – sarebbero abrogati i vincoli paesistici “ope legis” a suo tempo stabiliti dalla “Galasso” e poi dall’art. 146 T.U. Resterebbero quindi in vigore solo i vincoli apposti con ben precisi atti amministrativi, che sono una minoranza del totale. Solo per questo fatto, è evidente come il problema dell’abusivismo in aree vincolate verrebbe molto ridimensionato.

Il successivo art. 148 (del “Codice Urbani”) cancellerebbe il sistema del controllo delle Soprintendenze sulle autorizzazioni rilasciate dai Comuni subdelegati. Il già debolissimo “accertamento di compatibilità paesistica” rimarrebbe affidato in toto ai Comuni, che nella maggior parte dei casi lascerebbero correre, ovvero – in assenza come si è detto di qualsivoglia criterio-guida o limite temporale o quantitativo – si regolerebbero ciascuno a suo modo, con le conseguenze facilmente immaginabili.

Come si è detto, tali soluzioni sono decisamente contestate dalle associazioni ambientaliste, che con un proprio documento aveva avanzato differenti proposte (sottoporre a verifica tutti gli attuali vincoli, sia “decretati” che ope legis, sopprimendo quelli inessenziali). La questione naturalmente esula dalle presenti considerazioni; la si è ricordata per far chiaramente comprendere come il problema degli abusi in aree vincolate debba trovare soluzione in un contesto più adeguato, e non con un comma surrettiziamente inserito in un provvedimento estraneo.

Sembra quindi dimostrata la natura abnorme di un comma che:

- è del tutto estraneo al contesto legislativo in cui vorrebbe inserirsi;

- non è oggetto di alcuna richiesta di delega del Governo (che, come si è visto, era già stata conferita dall’art. 10 della legge 137/2002), né è stato studiato con il concerto del Ministro competente;

- devasta la portata e l’efficacia del T.U. Beni CC.AA. approvato appena 4 anni or sono (una legge che serve a porre vincoli e difendere il territorio è inutile, se vengono meno le sanzioni penali);

- anticipa e delegittima il “codice Urbani” in materia di Beni CC.AA. ancor prima che esso sia presentato.