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CEMENTO SELVAGGIO E INDIFFERENZA DEGLI ENTI LOCALI: L'ITALIA IN GENERE ED IL CASO DEL "FAR WEST TIBURTINO" ALLE PORTE DI ROMA
di Luca RAMACCI

Tratto da Legambiente - "Rapporto Ecomafia 2005"

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Ogni anno, la redazione di queste righe per il "rapporto ecomafia" mi crea un certo imbarazzo. Non solo per la scelta dell'argomento da trattare, ce ne sono tanti e tutti di interesse, ma anche perché l'aggiungere qualcosa di mio a questo elenco di scempi ambientali mi costringe ad una personale verifica di quanto ho fatto e, soprattutto, di quanto avrei potuto fare occupandomi, come faccio tutti i giorni, di violazioni ambientali.

Da qui a ragionare sulla scarsezza di mezzi a disposizione, sul quotidiano stato di emergenza in cui tocca lavorare agli operatori di giustizia il passo è breve e la strada che porta verso lo sconforto assai più corta di quanto si possa immaginare.

Mi salva, però, la buona compagnia di tanti altri colleghi e degli operatori di polizia giudiziaria che continuano, così come le associazioni di tutela ambientale, non solo la loro battaglia contro gli inquinatori (che, tutto sommato, fanno il loro "sporco" mestiere) ma che vedono la loro attività vanificata da un legislatore sempre più attento alle esigenze della grande industria la cui ultima fatica (la "legge delega ambientale" n. 3082004, subito ribattezzata "pornolegge" dagli addetti ai lavori) rischia di dare un colpo definitivo al già traballante sistema della legislazione ambientale.

Il 2004 è stato, però, anche l'anno del condono edilizio e, dunque, l'imbarazzo della scelta viene meno in considerazione dei danni rilevantissimi che la infelice decisione di ricorrere a questa ormai usuale forma di rimpinguamento delle asfittiche finanze statali ha determinato sul territorio nazionale.

Ma anche del condono si è detto molto, anche troppo, ricordando i costi richiesti per la realizzazione delle opere di urbanizzazione rese necessarie dalle nuove costruzioni, il rigoroso orientamento della Cassazione che ha evitato lo scempio delle zone vincolate e dei parchi, l'intervento della Corte Costituzionale e delle regioni, il maldestro tentativo di introdurre con la "legge delega ambientale" il cosiddetto condonicchio per gli abusi in zona vincolata che ha determinato una situazione paradossale e quasi comica e molto altro ancora.

Ciò che forse merita attenzione è, invece, la situazione dell'abusivismo edilizio in generale che proprio le aspettative introdotte dalla legge sul condono hanno ulteriormente aggravato rendendo il 2004 un anno nerissimo per la lotta alla cementificazione del paese.

E' facilmente intuibile - ed è stato osservato da più parti - che il solo annuncio di un condono (o di una proroga dei termini) determina una impennata degli abusi edilizi. Il sistema è semplice: si costruisce in tutta fretta o ci si limita a presentare comunque la domanda di condono per qualche cosa che verrà poi costruita in tutta calma.

Uno scenario già visto nel 1985 e nel 1994 che qualcuno ha cercato anche di utilizzare come argomento di dibattito politico.

Si parla invece molto poco, a mio avviso, del ruolo determinante degli enti locali, Comuni e Regioni, quali veri e propri fiancheggiatori dei costruttori abusivi.

I comuni, in particolare, sono dotati dalla legge urbanistica di potenti strumenti per il contenimento e la repressione dell'abusivismo edilizio. Inoltre, per dimensioni e organizzazione, sarebbero perfettamente in grado di controllare adeguatamente il territorio. Vediamo come.

In primo luogo l'abuso edilizio ha una consistenza tale da non passare inosservato. Spesso arreca danno a vicini e confinanti che hanno tutto l'interesse a denunciare l'intervento abusivo.

Il personale della Polizia Municipale conosce bene il territorio e chi lo abita, nei piccoli centri anche le vicende personali e familiari degli abitanti sono note a tutti, a maggior ragione dovrebbero esserlo fatti come la realizzazione di una nuova costruzione.

Le moderne tecnologie consentono oggi con modica spesa, di acquisire foto aeree dell'intero territorio comunale che vengono scattate periodicamente da società provate che le pongono poi in vendita anche in formato digitale (suscettibile di elaborazione al computer e sovrapponibile, quindi, con la rappresentazione grafica degli strumenti urbanistici vigenti). Il costo di una singola fotografia è di poche decine di euro.

Con una spesa leggermente maggiore, ma irrisoria per le casse di un ente locale, potrebbero essere utilizzati sistemi di rilevamento satellitare. E' molto più semplice di quanto possa sembrare. Vi sono infatti tre satelliti commerciali (due statunitensi ed uno israeliano) che possono effettuare rilievi periodici del territorio acquisendo immagini con risoluzione che arriva fino a 61 centimetri per pixel (e' in pratica possibile valutare anche eventuali sopraelevazioni di manufatti esistenti attraverso la lunghezza dell'ombra proiettata e la posizione del sole). Queste immagini, con un apposito software, vengono sottoposte ad una operazione denominata "change detection" che, sovrapponendo le immagini scattate in diversi periodi, consente al computer di rilevare eventuali differenze (con possibilità di controllare non solo l'abusivismo edilizio, ma anche altre modifiche morfologiche del territorio quali disboscamenti, deviazioni di corsi d'acqua, frane etc.).

C'è dunque l'imbarazzo della scelta e la possibilità di controllare aree territoriali anche vaste comodamente seduti dietro una scrivania.

Una volta verificato l'abuso, la legge offre un sistema sanzionatorio amministrativo che vive di vita propria rispetto al processo penale per l'abuso edilizio.

E' infatti stabilito che il responsabile dell'ufficio tecnico comunale ordini la demolizione dell'immobile abusivo ingiungendo al proprietario e al responsabile dell'abuso la rimozione o la demolizione dell'abuso stesso entro il termine di novanta giorni.

In caso di inottemperanza, trascorso il termine il bene e l'area di sedime, oltre a quella necessaria, in base alle prescrizioni urbanistiche, per la realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune (o, nel caso di opera eseguita in zona vincolata, a favore delle amministrazioni cui compete la vigilanza sull'osservanza del vincolo). Ciò significa che la pubblica amministrazione diviene proprietaria dell'opera abusiva a tutti gli effetti e automaticamente, per effetto del solo decorso del tempo.

La successiva notifica del verbale nel quale si accerta l'inottemperanza all'ingiunzione consente poi di procedere alla trascrizione dell'acquisto nei registri immobiliari, operazione estremamente facile che può eseguirsi redigendo la relativa nota di trascrizione usando un programma scaricabile dal sito del Ministero delle Finanze ed effettuando, quando l'area da acquisire ha un'estensione inferiore rispetto all'intero terreno ove insiste l'opera abusiva, il frazionamento catastale (operazione molto semplice eseguibile da un geometra con spesa irrisoria per l'amministrazione, intorno ai 500 euro).

L'opera acquisita viene demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale ma a spese dei responsabili dell'abuso.

Vi è tuttavia la possibilità che l'amministrazione comunale dichiari con delibera del consiglio l'esistenza di prevalenti interessi pubblici; sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali.

La demolizione viene poi disposta dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale su valutazione tecnico-economica approvata dalla giunta comunale. I lavori sono affidati, anche a trattativa privata, quando vi sono i presupposti, ad imprese tecnicamente e finanziariamente idonee.

Nel caso in cui sia impossibile affidare i lavori - caso non infrequente nelle zone dove l'abusivismo edilizio è controllato dalla criminalità organizzata e le imprese chiamate rinunciano temendo ritorsioni - il funzionario competente ne da' notizia all'ufficio territoriale del Governo, che a sua volta provvede alla demolizione con i mezzi a disposizione della pubblica amministrazione, ovvero tramite impresa finanziariamente e tecnicamente idonea se i lavori non siano eseguibili in gestione diretta.

E' inoltre prevista la possibilità di utilizzare, tramite i provveditorati alle opere pubbliche, anche le strutture tecnico-operative del Ministero della difesa (come il Genio Militare), in base ad apposita convenzione ovvero di indire un appalto per affidare gli interventi di demolizione eventualmente da eseguire ad una determinata ditta.

In caso di inerzia da parte dell'amministrazione comunale è previsto un intervento sostitutivo della Regione che può quindi provvedere in luogo del Comune e, inoltre, deve informare l'autorità giudiziaria affinché possa valutare la sussistenza di eventuali reati.

In definitiva, gli enti locali dispongono di tutti gli strumenti per un controllo preventivo del territorio, per la repressione dell'abusivismo, per la verifica della regolarità di quanto costruito in base a permesso rilasciato dalla stessa amministrazione e per l'accertamento dei requisiti di legge in caso di richiesta di condono.

Tutto ciò, ovviamente, avviene in teoria perché nella quotidiana realtà quasi tutte le amministrazioni comunali si guardano bene dall'utilizzare gli strumenti che hanno a disposizione.

Ho avuto modo di constatare questo stato di cose già in precedenti esperienze lavorative a Belluno e Venezia, dove il fenomeno dell'abusivismo è incentivato anche dal valore commerciale di certe zone e dalla destinazione turistica di altre, tuttavia lo stato di generale abbandono che vedo lavorando ora alle porte di Roma merita di entrare a pieno diritto nel "rapporto ecomafia" di quest'anno.

La Procura di Tivoli è stata creata nel 2001 ed ha competenza su 75 comuni ad est di Roma nel territorio dei quali insistono moltissime zone sottoposte a vincolo paesaggistico e archeologico e diverse aree naturali protette.

Il controllo dell'abusivismo esercitato sul territorio è estremamente carente ed ha richiesto la predisposizione di specifiche direttive alla polizia giudiziaria che operava con modalità singolari ad esempio sequestrando le opere abusive lasciandole poi nella libera disponibilità di chi le aveva costruite.

Il sequestro penale, sebbene frequente, è un deterrente spesso non sufficiente tanto da richiedere, per le ripetute violazioni di sigilli (anche sei, sette per lo stesso cantiere) l'applicazione di misure cautelari personali

L'entrata in vigore dell'ultima legge sul condono edilizio ha scatenato la corsa alla costruzione, spesso predisposta in tutta fretta con materiali di fortuna (lamiere, legno e finanche…incannucciate da orto coperte con telo e arredate all'interno con mobili di fortuna per dimostrarne una improbabile destinazione residenziale) seguita dalla richiesta di sanatoria ottenuta la quale si provvederà poi alla sostituzione del simulacro di immobile con una vera e propria costruzione in muratura.

In altri casi ci si limita a presentare domande di condono recanti la falsa attestazione dell'ultimazione dei lavori e che costituiscono un buon 70-80% di quelle che mi è capitato di esaminare.

A fronte di tutto questo e del monolitico indirizzo giurisprudenziale della Cassazione sui limiti del condono che, ricordiamolo, non è ammesso per le opere che superano una certa volumetria, per quelle a destinazione non residenziale, per quelle in contrasto con lo strumento urbanistico realizzate in zone vincolate, imperturbabili tecnici comunali procedono, con molta calma, ad una verifica molto superficiale della documentazione presentata dimenticando anche l'esistenza di foto aeree che, con una spesa di circa 30 euro, consentirebbero di smascherare i furbi.

Ma la situazione appena descritta non è conseguenza del condono perché anche in condizioni di normalità la gestione del territorio avviene in modo dissennato. Qualche esempio: vengono abitualmente rilasciati permessi per costruire in zona agricola per immobili che a tutto servono meno che alla conduzione del fondo: dai "tinelli agricoli" con foggia di villa holliwoodiana e piscina, a vere e proprie lottizzazioni; nei comuni più grandi Tivoli e Guidonia, ad esempio le palazzine più grandi, regolarmente autorizzate, crescono spesso di un piano ricavato dal sottotetto non abitabile (anche il mio ufficio, all'ultimo piano del palazzo di giustizia, ha un'altezza del soffitto…sospetta); si verificano inspiegabili sparizioni di atti che rendono impossibile al ricostruzione dell'iter amministrativo che ha portato al rilascio del permesso di costruire. In altri casi, gli atti ricevuti non vengono neppure protocollati rendendo possibile in ogni momento la loro sostituzione. E tanto altro ancora.

L'esempio dato da chi dovrebbe controllare è ovviamente un incentivo per chi costruisce abusivamente, inutilmente rincorso da una polizia giudiziaria spesso impotente, talvolta semplicemente indifferente, per quanto accade intorno.

E così la maggior parte dei responsabili degli abusi sono commessi da casalinghe, spesso molto avanti negli anni, che dichiarano spudoratamente di aver realizzato palazzi interi con le proprie mani e non hanno problemi, eventualmente, ad accollarsi la condanna che spetterebbe ai veri autori della costruzione abusiva.

Gli sfortunati accertatori non riescono quasi mai ad individuare le imprese che realizzano le opere abusive e chi fornisce il materiale o le attrezzature che, se sequestrate, risultano essere state semplicemente prestate da un amico. In alcuni comuni è stata tacitamente istituita una sorta di "indennità" per il confinante che, in cambio di una somma di denaro, dimentica l'esistenza dell'abuso (me lo ha candidamente segnalato una testimone che, dopo un interrogatorio, si è rammaricata di non averne usufruito dovendosi così disturbare a venire in Procura). La mano d'opera utilizzata è spesso costituita da extracomunitari clandestini sfruttati per pochi soldi ed esposti al rischio di incidenti dovuti alla rapidità con cui i lavori vengono eseguiti ed alla assoluta mancanza di cautele.

I progettisti ed i direttori dei lavori sono pressoché sconosciuti in un territorio dove, a quanto pare, la maggior parte delle persone si intende, per hobby, di ingegneria ed architettura e, quando vengono colti sul fatto, si dichiarano sempre ignari di quanto stava accadendo nel loro cantiere

Potrei continuare a lungo. Mi limito a rammentare che quasi tutto il territorio è classificato come zona sismica e l'uso di materiali scadenti e l'inosservanza delle norme sulle opere in cemento armato espone a serio rischio chi occupa le case abusive.

Nonostante questo desolante panorama, frequente in tutto il territorio nazionale, la Procura di Tivoli sta cercando di sensibilizzare, gli enti locali a fare quello che la legge impone, scoraggiando, nel contempo, i pirati del cemento ed i loro complici.

Si sono attivate così indagini della Guardia di Finanza al fine di verificare l'acquisto di materiali, il pagamento di forniture e mano d'opera "in nero", l'evidente sproporzione tra i redditi dichiarati dal soggetto responsabile rispetto al valore dell'area, dell'immobile e dei materiali utilizzati e l'eventuale conseguimento di agevolazioni fiscali non dovute, con la possibilità di estendere i controlli anche ai professionisti (geometri, architetti, ingegneri) del settore.

Vengono monitorate le forniture di energia elettrica, gas e acqua al fine di imporre la sospensione delle erogazioni agli immobili abusivi (facendo applicare ai fornitori le sanzioni previste).

Per quanto riguarda le amministrazioni comunali si è invece riscontrato chela procedura di acquisizione e demolizione degli immobili abusivi non viene mai portata a compimento.

Gli uffici tecnici comunali oppongono un vero e proprio muro di gomma alle richieste rallentando oltremodo la procedura ritardando l'emissione del provvedimento o la notifica, sospendendola anche a fronte di domande di condono palesemente inammissibili, arrestando il procedimento a fronte di ricorsi al TAR neppure iscritti a ruolo ma solo notificati all'amministrazione, adducendo le scuse più inverosimili che vanno dalla mancanza di mezzi e denaro alla… incapacità di usare il computer per redigere la nota di trascrizione.

Lo scopo evidente è quello di far mantenere a chi ha realizzato l'abuso la libera disponibilità dell'abuso stesso e dell'area dove insiste. Le resistenze maggiori si verificano quando occorre procedere alla trascrizione dell'area perché il fatto che la stessa sia già di proprietà del comune non impedisce, in mancanza della trascrizione dei registri immobiliari, atti di disposizione che rendono poi più difficoltoso il compimento della procedura.

Abbiamo così comuni che sono proprietari di ettari di terreni lasciati però nella disponibilità degli ex proprietari.

Poiché in quasi due anni a fronte di centinaia e centinaia di ordinanze emesse si è, ad oggi, proceduto solo ad una demolizione di un piccolo manufatto (situato in un'area di proprietà comunale) senza effettuare neppure una trascrizione ed essendo ormai completato il monitoraggio delle ordinanze di demolizione emesse dal 2001, si è pensato di individuare un gruppo di tecnici cui è affidato il compito di verificare la regolarità delle procedure adottate dai singoli comuni, il valore complessivo dei terreni e degli immobili acquisiti ed ogni altro elemento che consenta di valutare non solo le responsabilità omissive dei responsabili degli uffici tecnici, ma anche l'ammontare del danno arrecato che andrà segnalato alla Corte dei Conti. I dati relativi agli importi verranno poi resi noti ai Sindaci ed ai cittadini in modo che possano essere esercitate eventuali azioni di risarcimento non solo in sede penale.

Resta da richiamare l'attenzione del lettore, per concludere questo appuntamento annuale, sul fatto che la devastazione del territorio in atto alle porte di Roma (ma presente su tutto il territorio nazionale) potrebbe essere impedita con mezzi modestissimi.

Un informale verifica di mercato ha consentito di accertare che con una spesa complessiva di circa ottanta milioni delle vecchie lire, potrebbe essere realizzata .- partendo da zero (quindi acquistando anche i computer) - un sistema completo di controllo satellitare che coprirebbe il territorio di tutti i 75 comuni ed il cui mantenimento successivo non supererebbe gli otto - dieci milioni di vecchie lire per ogni anno.

L'acquisto delle foto aeree per verificare la regolarità delle domande di condono è addirittura irrisorio, mentre il ricavato dall'acquisto della proprietà dei terreni dove insistono le opere abusive supererebbe di gran lunga quello dei costi di frazionamento catastale e demolizione.

Senza spendere un centesimo, infine, sarebbe sufficiente che chi è pagato con i soldi di tutti i cittadini facesse, molto semplicemente, il proprio dovere.

Luca RAMACCI