Presidente: Lupo E. Estensore: Petti C. Relatore: Petti C. Imputato: Cestari. P.M. Geraci V. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Vicenza, 8 Maggio 2003)
ACQUE - Tutela dall'inquinamento - Entrata in vigore del D.Lgs. 152 del 1999 - Scarichi esistenti - Non in regola con la pregressa disciplina - Natura di scarichi nuovi.
In tema di tutela delle acque dall'inquinamento, gli scarichi già esistenti alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 11 maggio 1999 n. 152 (13 giugno 1999), ma non in regola con l'autorizzazione prevista dalla previgente normativa, vanno considerati nuovi ed immediatamente sottoposti alle nuove prescrizioni, tra cui l'obbligo di preventiva autorizzazione, ed il rispetto dei limiti di accettabilità.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati: Udienza pubblica
Dott. LUPO Ernesto - Presidente - del 06/12/2005
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - SENTENZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 2240
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere - N. 46845/2003
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Cestari Giancarlo, nato a Torbole Canaglia il 12 luglio 1947;
avverso la sentenza del Tribunale di Vicenza;
udita la relazione del Consigliere Dott. Ciro Petti;
sentito il Sostituto Procuratore Generale nella persona del Dott.
Vincenzo Geraci, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
sentito il difensore avv. Frattarelli Piero il quale ha concluso per
l'accoglimento del ricorso;
letti il ricorso e la sentenza denunciata.
Osserva:
IN FATTO
Con sentenza dell'8 maggio del 2003, il Tribunale di Vicenza condannava
con il rito abbreviato Cestari Giancarlo, in concorso di circostanze
attenuanti generiche, alla pena di Euro 500,00 di ammenda, quale
responsabile del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 59, per
avere, nella qualità di titolare dell'omonimo insediamento
produttivo (oreficeria), attivato uno scarico di acque reflue in
pubblica fognatura senza autorizzazione. Fatto accertato in Vicenza il
7 marzo del 2000.
A fondamento della decisione il tribunale, dopo avere premesso che per
scarico nuovo doveva intendersi non solo quello attivato dopo l'entrata
in vigore del D.Lgs. n. 152 del 1999, ma anche quello già
esistente ma non in regola con la normativa previgente, osservava che
l'imputato non era titolare di alcuna autorizzazione, la quale non
poteva essere sostituita da altri atti aventi finalità
diverse. Avverso la predetta sentenza l'imputato proponeva appello (poi
convertito in ricorso dalla Corte Territoriale) deducendo:
la violazione della norma incriminatrice, in quanto lo scarico era
già da tempo esistente al momento dell'entrata in vigore del
D.Lgs. n. 152 del 1999;
l'erronea valutazione dei documenti acquisiti nel giudizio abbreviato
dai quali emergeva che lo scarico era stato denunciato in quanto il
prevenuto aveva corrisposto il relativo canone;
omessa motivazione in ordine all'elemento psicologico del reato per
avere il Tribunale escluso la sua buona fede avuto riguardo al fatto
che mai gli era stata richiesta l'autorizzazione, anzi l'invio di un
questionario aveva maturato in lui il convincimento della
legittimità dello scarico;
violazione dell'articolo 157 c.p. per omessa applicazione della
prescrizione trattandosi di reato istantaneo con effetti permanenti.
DIRITTO
Il ricorso al limite dell'ammissibilità è
comunque infondato e va pertanto disatteso.
In relazione al primo motivo si osserva che il D.Lgs. n. 152 del 1999
ha recepito una nozione giuridica di "scarico esistente" nel senso che
si considera esistente alla data di entrata in vigore del decreto
legislativo citato solo quello scarico in regola con la disciplina
autorizzatoria previgente. Gli scarichi già esistenti alla
data del 13 giugno del 1999, ma non in regola con l'autorizzazione
prevista dalla normativa previdente, si consideravano nuovi ed erano
immediatamente sottoposti alle nuove prescrizioni ed ai nuovi limiti
incluso l'obbligo di autorizzazione. Tale interpretazione si fonda su
un'analisi complessiva e sistematica della nuova disciplina nella quale
assume un ruolo rilevante l'autorizzazione, in quanto, a differenza
della normativa previgente, è punito lo scarico di acque
reflue industriali senza autorizzazione e non l'omessa presentazione
della richiesta di autorizzazione (Cass. sez. 3^ 16 febbraio del 2000
n. 1774).
Il Tribunale non ha omesso di esaminare la documentazione prodotta, ma
ha osservato che l'autorizzazione è un atto amministrativo
del sindaco che non può essere sostituita, neppure
implicitamente, da altri atti aventi diverse finalità.
Siffatta affermazione è in linea con la giurisprudenza di
questa sezione, la quale ha escluso che l'autorizzazione possa essere
sostituita da atti equipollenti, quali ad esempio: il certificato di
conformità dell'impianto, il rilascio della concessione
edilizia ancorché contenente prescrizioni in ordine allo
scarico (Cass. 18 maggio 1984 Minguzzi; 16 gennaio 1995, Paladino).
D'altra parte è notorio che l'autorizzazione sindacale viene
rilasciata per iscritto.
L'ignoranza inevitabile della legge penale è configurabile
solo se emerga che nessun rimprovero possa essere mosso all'imputato
per avere egli fatto il possibile per uniformarsi alla legge. Nella
fattispecie l'imputato aveva il dovere di informarsi prima di aprire lo
scarico. D'altra parte, come già precisato dal tribunale,
l'autorizzazione è un atto formale del sindaco la cui
mancanza non poteva essere ignorata incolpevolmente.
Il reato di apertura di uno scarico senza autorizzazione ha natura
permanente e la condotta criminosa cessa o con il conseguimento
dell'autorizzazione o con l'interruzione dello scarico o al limite con
la sentenza di primo grado. Di conseguenza il reato non può
considerarsi prescritto.
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'art. 616 c.p.p..
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese. Così
deciso in Roma, il 6 dicembre 2005.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2006