Applicazione della procedura di estinzione dei reati in materia di lavoro anche in presenza di condotte “esaurite”: qualche dubbio.

di Vincenzo PAONE


(NOTA: l'argomento è di interesse perché riguarda la procedura estintiva simile a quella ora prevista in materia ambientale)

Con la sentenza n. 37228 (ud. 15/09/2015-dep. 8/09/2016) la Corte suprema, rifacendosi a Cass. n. 34900 (ud. 6/06/2007) Ced Cass. rv. 237199 (da cui mutua quasi integralmente la relativa motivazione) ha affermato che, in materia di contravvenzioni alle norme sulla sicurezza e sull'igiene del lavoro e alle violazioni di ogni altra norma in materia di lavoro e di legislazione sociale, stante l’apposito richiamo contenuto nell'art. 15, comma primo, D.Lgs. 23 aprile 2004 n. 124, l'estinzione in via amministrativa del reato, come previsto dall'art. 20, comma primo, D.Lgs. 19 dicembre 1994 n. 758, è consentita anche quando l’illecito non sia suscettibile di regolarizzazione da parte del contravventore.

Si legge infatti in questa sentenza (come nella omologa n. 34900) che «l'art. 15 del D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124 si pone come norma in un certo senso modificativa, con l'aggiunta, riferita al 3° comma del menzionato art. 15 che la procedura prevista dall'articolo stesso si applica anche: a) nelle ipotesi in cui la fattispecie è a condotta esaurita, ovvero; b) nelle ipotesi in cui il trasgressore abbia autonomamente provveduto all'adempimento degli obblighi di legge sanzionati precedentemente all'emanazione della prescrizione».

Su questa premessa, la Corte opina che «Ciò comporta inevitabilmente il superamento di quell'orientamento giurisprudenziale che aveva ritenuto non applicabile la procedura di estinzione delle contravvenzioni di cui agli artt. 20 del D.Lgs. n. 758 del 1994, nelle ipotesi di reati istantanei già perfezionatisi (così Sez. 3^, 4.11.2005 n. 47228, Greco, Rv. 233190) ovvero nei casi in cui l'organo di vigilanza non abbia impartito al contravventore alcuna prescrizione per la già avvenuta spontanea regolarizzazione (così Sez. 3^, 1.2.2005 n. 9474, Pesciaroli, Rv. 231217)» (v., in senso analogo, anche Cass. 3 maggio 2011, Costantini, Ced Cass., rv. 251229).

Invero, questa conclusione non convince.

In primo luogo, giova riportare il testo dell’art. 15, comma 3, D.Lgs. n. 124/2004: «La procedura di cui al presente articolo (e cioè quella prevista dal D.Lgs. n. 758 del 1994: ndr) si applica anche nelle ipotesi in cui la fattispecie e' a condotta esaurita, ovvero nelle ipotesi in cui il trasgressore abbia autonomamente provveduto all'adempimento degli obblighi di legge sanzionati precedentemente all'emanazione della prescrizione».

La questione che ci si deve porre verte unicamente sul significato della congiunzione “ovvero” che compare nella norma: è utilizzata con valore esplicativo, e cioè per introdurre un equivalente, o con valore alternativo?

Secondo la Cassazione, che riporta il testo dell’articolo con le lettere a) e b) che non sono presenti nella disposizione, l’ovvero ha chiaramente valore alternativo, nel senso che, oltre ai casi in cui trasgressore abbia già regolarizzato l’infrazione prima della prescrizione da parte dell’organo di vigilanza, la procedura estintiva si applicherebbe anche ai reati non suscettibili di regolarizzazione (spontanea o «provocata»).

A nostro parere, il significato corretto della congiunzione è invece il primo su enunciato, vale a dire che la procedura estintiva si applica alle fattispecie cosiddette a condotta esaurita che comprendono i casi (e solo questi) in cui il trasgressore abbia autonomamente provveduto a far cessare l’illecito prima della scoperta del medesimo da parte dell’organo di vigilanza o prima che quest’ultimo impartisca l’apposita prescrizione.

A dimostrazione di quanto sostenuto va ricordata la fondamentale sentenza della Corte costituzionale 18 febbraio 1998, n. 19 che ha deciso la questione di legittimità relativa all’art. 24, comma 1, D.Lgs. n. 758/1994 “nella parte in cui non prevede che possano essere ammessi alla definizione in via amministrativa con conseguente dichiarazione di estinzione del reato coloro i quali abbiano regolarizzato la violazione prima che l’autorità di vigilanza abbia impartito la prescrizione”, o “abbiano regolarizzato la violazione nonostante l’organo di vigilanza abbia omesso di impartire la prescrizione, ovvero l’abbia impartita senza osservare le forme legislativamente richieste”.

Ad avviso del giudice rimettente, in queste situazioni la norma censurata violava l’art. 3 Cost.: infatti, era privo di ogni razionale giustificazione riservare al contravventore, che avesse spontaneamente e autonomamente regolarizzato la violazione prima che l’organo di vigilanza avesse impartito la prescrizione, ovvero quando tale organo fosse intervenuto, ma avesse omesso di impartire le prescrizioni o le avesse impartite senza osservare le forme stabilite dalla legge, un trattamento deteriore rispetto alla posizione di chi avesse tenuto il medesimo comportamento a seguito dell’apposita prescrizione dell’organo di vigilanza.

Nella sentenza n. 19 si legge: “Appare infatti che le ‘lacune’ segnalate dal giudice rimettente dipendono da una difettosa formulazione tecnica della normativa in esame, derivante dall’obiettiva difficoltà di prevedere in astratto tutte le possibili situazioni equipollenti a quelle espressamente disciplinate dalla legge, e, in quanto tali, non sono dovute ad una consapevole scelta di politica legislativa. Pertanto, è senz’altro possibile un’applicazione della disciplina in base alla quale, in caso di notizia di reato acquisita da un’autorità di Polizia Giudiziaria diversa dall’organo di vigilanza e di spontanea regolarizzazione da parte del contravventore, l’organo di vigilanza sia autorizzato ad impartire ‘ora per allora’ la prescrizione prevista dall’art. 20, ovvero, ed a maggior ragione, a ratificare nelle forme dovute prescrizioni irritualmente impartite, nonché a verificare l’avvenuta eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato e ad ammettere il contravventore al pagamento della somma determinata a norma dell’art. 21, commi 1 e 2, sì che l’autore dell’illecito, previo pagamento della somma stabilita, possa usufruire dell’estinzione del reato disciplinata dall’art. 24”.

In coerenza con tale statuizione, Cass. 1° febbraio 2005, Pesciaroli, (citata anche dalla sentenza in commento) ha stabilito che, quando l’organo di vigilanza non abbia impartito al contravventore alcuna prescrizione per la già avvenuta spontanea regolarizzazione, il procedimento penale non subisce alcuna sospensione, in quanto il contravventore può chiedere comunque di essere ammesso all’oblazione in sede amministrativa nei termini previsti dall’art. 21 D.Lgs. n. 758/1994, ovvero può, in seguito, avvalersi dell’oblazione in sede giudiziaria, ai sensi dell’art. 162-bis cod. pen. in combinato disposto con l’art. 24 citato

Decreto.

Pertanto, se la Corte cost. non ha esteso a tutti i reati con condotta esaurita la procedura n. 758/94, l’interpretazione dell’art. 15, 3° comma, caldeggiata dalla decisione che si sta qui esaminando, non pare aver fondamento.

A ciò si aggiunga che il tema è stato scrutinato dalla stessa Corte cost. adita a seguito di altra questione di legittimità dell’art. 21, comma 2, D.Lgs. n. 758/1994, nella parte in cui non prevede l’obbligo dell’organo di vigilanza di ammettere obbligatoriamente il contravventore al pagamento dell’oblazione anche nel caso in cui non sia impartita alcuna prescrizione per la materiale impossibilità della sua emanazione (perché si tratta di “reato già consumato e non ottemperabile” o perché è comunque venuta meno la situazione antigiuridica che aveva dato origine alla violazione contestata).

Si tratta proprio di quelle situazioni che rientrano nel novero delle condotte esaurite.

Orbene, la Corte costituzionale con ordinanza n. 416 del 10 dicembre 1998 (e con una successiva ordinanza n. 205 del 24 maggio 1999) ha dichiarato la questione manifestamente infondata osservando che le censure di legittimità si basavano sull’erroneo presupposto che, ove si tratti di reato per cui sia “ontologicamente” impossibile impartire qualsiasi prescrizione per eliminare le conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione accertata, la natura del reato costituisca elemento idoneo ad incidere in termini di irragionevolezza e di ingiustificata disparità di trattamento sulla disciplina del Decreto legislativo n. 758/1994; che l’obiettiva diversità della struttura dei diversi reati, quale risulta dagli elementi costitutivi della fattispecie, e, conseguentemente, il momento in cui si realizzano la commissione e la consumazione del reato stesso, nonché la natura istantanea o permanente del reato, appartengono a scelte del legislatore, che nella costruzione delle fattispecie incriminatrici traduce le proprie opzioni di politica criminale, ovvero sono imposte dalla stessa natura degli obblighi e dei comportamenti di cui si vuole assicurare l’osservanza mediante il ricorso alla sanzione penale.

Ne deriva che la procedura estintiva non possa applicarsi ai reati in cui la cessazione della condotta illecita non dipenda dal volontario e spontaneo adempimento da parte del trasgressore attuato prima dell’intervento dell’organo di vigilanza perché, in questo caso, non vi è nulla da regolarizzare né sotto il profilo della cessazione della condotta antigiuridica né sotto il profilo della rimozione di eventuali effetti permanenti.

Vale la pena ricordare, in chiusura, che la problematica qui trattata rileva anche nel settore ambientale a seguito dell’entrata in vigore della l. n. 68 del 2015.