 T.A.R. Lombardia (BS) Sez. I n. 282 del 16 febbraio 2011
T.A.R. Lombardia (BS) Sez. I n. 282 del 16 febbraio 2011
Ambiente in genere. V.i.a. e impianti di produzione energia elettrica
Nell'ambito della più ampia procedura volta al rilascio dell'autorizzazione finale di cui all'art. 31, comma 2, lett b) del Dlgs. 31 marzo 1998, n. 112, il parere espresso in sede di valutazione di impatto ambientale, sul piano istruttorio e per le tematiche ad esso inerenti, comporta un forte vincolo procedimentale e pertanto i risultati cui è pervenuto, non potrebbero essere legittimamente disattesi dalla successiva attività istruttoria per le parti che, esplicitamente e implicitamente, costituiscono il presupposto logico essenziale del giudizio espresso in quella sede. Tuttavia la positiva valutazione di impatto ambientale non esaurisce ogni aspetto della procedura autorizzativa e non è pertanto idonea ad esprimere un giudizio definitivo sull’intervento, reso possibile solo dal rilascio dell’autorizzazione finale. Deve pertanto ritenersi che l'Amministrazione competente al rilascio del provvedimento finale sia comunque legittimata a chiedere chiarimenti ed integrazioni ovvero a subordinare ad ulteriori condizioni e prescrizioni il rilascio dell'autorizzazione finale, qualora, nel corso dell'istruttoria, emergano nuovi elementi prima non considerati i quali rendano evidente l'impossibilità di conseguire quelle fondamentali esigenze di equilibrio ecologico e ambientale poste a fondamento del giudizio favorevole di compatibilità ambientale.
N. 00282/2011 REG.PROV.COLL.
 N. 00974/2009 REG.RIC.
 REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
 
 sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
 
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
 sul ricorso numero di registro generale 974 del 2009, proposto da:
 ECOGEN Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Riccardo Villata, Alberto Arrigo  Gianolio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Mauro Ballerini in  Brescia, v.le Stazione, 37;
 contro
 COMUNE DI MANTOVA, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Ughetta Bini, Stefano  Nespor, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Maria Ughetta Bini in  Brescia, via Ferramola, 14;
 
 PROVINCIA DI MANTOVA, rappresentato e difeso dagli avv. Francesco Noschese,  Eloisa Ruggerini Persegati, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.  Francesco Noschese in Brescia, via Cadorna, 7;
 
 per l'annullamento
 
 della nota prot. 18367/09 del 15/6/2009, recante comunicazione di sospensione  dell'istanza volta al rilascio del provvedimento autorizzativo per realizzare e  gestire l'impianto di cogenerazione a ciclo combinato.
 
 
 Visti il ricorso e tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2011 il dott. Carmine Russo  e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
 FATTO
 La Ecogen s.p.a., società facente parte del gruppo industriale che fa capo alla  Ies s.p.a., impugna il provvedimento del 15. 6. 2009 con cui il Comune di  Mantova (a seguito di parere 15. 3. 2009 della Provincia di Mantova avente pari  contenuto) ha sospeso il procedimento volto al rilascio dell’autorizzazione a  costruire un impianto di cogenerazione a ciclo combinato da installare nella  raffineria gestita dalla Ies.
 
 Le due amministrazioni pubbliche, oggi convenute in giudizio, hanno sospeso il  procedimento perché hanno ritenuto fosse prima necessario acquisire una nuova  valutazione d’impatto ambientale (quella precedente era del 18. 3. 2004). E  questo:
 
 - sia perché dal momento della avvenuta valutazione si sarebbe modificata la  situazione di fatto in cui si inseriva l’impianto,
 
 - sia perché ritenevano scaduta quella del 2004, essendo la stessa soggetta alle  disposizioni sopravvenute del Codice dell’ambiente che prevede un termine di  validità quinquennale entro cui il progetto sottoposto a valutazione d’impatto  ambientale deve essere realizzato, pena l’obbligo di rinnovare la stessa.
 
 
 In questa situazione i motivi di ricorso presentati dall’azienda ricorrente sono  i seguenti:
 
 1. il provvedimento sarebbe illegittimo perchè sarebbe stato violato il  principio di leale collaborazione tra amministrazioni pubbliche e privati;
 
 2. il provvedimento sarebbe illegittimo perchè sarebbe stato imposto un obbligo  di ripetere la v.i.a. che non trova fondamento nel sistema normativo che prevede  la ripetizione solo in caso sia stata apportata al progetto una modifica  sostanziale di tipo peggiorativo per l’ambiente;
 
 3. il provvedimento sarebbe illegittimo perchè non sarebbe stata risolta  correttamente dall’amministrazione la questione di diritto intertemporale sulla  efficacia di una v.i.a. (quale quella in esame) emessa prima dell’entrata in  vigore del d.lgs. 152/06, e come tale non soggetta al termine quinquennale,  termine che comunque a tutto concedere avrebbe dovuto farsi decorrere dal 13. 3.  2006 (data in cui il Ministero dell’ambiente aveva provveduto a specificare che  le modifiche apportate al progetto dell’impianto derivavano da prescrizioni del  Ministero stesso) o dal 5. 12. 2006 (data in cui il T.a.r. aveva imposto la  riapertura del procedimento amministrativo, e quindi aveva rimosso il factum  principis impeditivo alla realizzazione del progetto costituito dal precedente  diniego di autorizzazione emesso dal Comune);
 
 4. il solo parere della Provincia di Mantova sarebbe illegittimo anche perché in  un passaggio della motivazione (poi non ripreso nel provvedimento finale del  Comune) si precisava anche che la nuova v.i.a. sarebbe necessaria anche perché  occorreva rifare il calcolo degli indici cogenerativi a fronte della evoluzione  della rete del teleriscaldamento cittadino, a giudizio della ricorrente tale  passaggio sarebbe viziato da un travisamento del fatto in quanto l’impianto in  progetto avrebbe in realtà una marcata valenza cogenerativa.
 
 Nel ricorso era formulata altresì istanza di risarcimento del danno subito,  enunciata però in termini generici e senza indicazioni dei danni effettivamente  patiti che, a giudizio della ricorrente, avrebbero potuto essere determinati  solo in un secondo momento.
 
 
 L’istanza cautelare, pure presentata in ricorso, veniva successivamente  rinunciata.
 
 
 Si costituivano in giudizio il Comune di Mantova e la Provincia di Mantova, che  deducevano l’inammissibilità per carenza interesse, e comunque l’infondatezza  dei motivi di ricorso.
 
 
 Il ricorso veniva discusso nel merito nella pubblica udienza del 26. 1. 2011,  all’esito della quale veniva trattenuto in decisione.
 DIRITTO
 I. Il procedimento amministrativo, nel cui contesto si inseriscono i due  provvedimenti amministrativi oggi impugnati, fu originato da istanza del 18. 4.  2005 con cui la società ricorrente chiese alla Provincia di Mantova ex art. 4  d.p.r. 53/98 il rilascio dell’autorizzazione per la realizzazione dell’impianto  di cogenerazione di energia (e, successivamente, al Comune di Mantova il  pedissequo permesso di costruire a fini edilizi).
 
 Il procedimento avviato da questa istanza era stato concluso in realtà con un  originario provvedimento di diniego del 14. 3. 2006 del Comune di Mantova  (fondato su conforme parere 7. 3. 2006 della Provincia di Mantova), che fu però  annullato da questo Tribunale con sentenza 5. 12. 2006, n. 1537, che - con una  soluzione intermedia tra le prospettazioni che avevano proposto in giudizio le  parti – aveva ritenuto corretti solo alcuni dei rilievi che aveva formulato  l’amministrazione nel provvedimento di diniego, ed aveva stabilito che nel  formulare tali rilievi l’amministrazione avrebbe dovuto emettere non un  provvedimento di diniego tout court, ma un provvedimento interlocutorio volto a  chiedere alla parte ulteriori integrazioni istruttorie.
 
 Con questa sentenza 1537/06 il Tribunale aveva di fatto imposto la riapertura  del procedimento amministrativo, che si era concluso poi con il provvedimento di  sospensione dell’iter del rilascio del permesso (in attesa della riacquisizione  della valutazione d’impatto ambientale) che oggi viene impugnato.
 
 
 II. Prima di affrontare il merito del ricorso, si esamina l’eccezione di  inammissibilità proposta dalle parti resistenti fondata sul rilievo che il  provvedimento impugnato sarebbe un mero atto endoprocedimentale (è una  sospensione, non un diniego), e quindi un provvedimento non lesivo.
 
 Il Tribunale ritiene che questa eccezione debba essere respinta. Con il  provvedimento impugnato l’amministrazione non si limita a sospendere il  procedimento in attesa di una integrazione documentale a cura della parte, ma  chiede esplicitamente l’acquisizione di un provvedimento (la v.i.a.), che sfugge  dall’ambito di disponibilità della parte e cui la parte ricorrente (che ne  contesta la necessarietà) non è detto riesca ad assolvere.
 
 Da questo punto di vista, il provvedimento impugnato – pur se indubbiamente  endoprocedimentale – è idoneo a determinare un arresto del procedimento (non  superabile dalla parte, se non con il concorso di volontà esterne ad essa), che  per giurisprudenza pacifica fa nascere anche l’interesse a ricorrere.
 
 
 III. Il primo motivo di ricorso, in cui si deduce la violazione del principio di  leale collaborazione tra amministrazione e privati, si fonda sulla circostanza  che nessuno, prima dei provvedimenti in esame, aveva mai chiesto di rinnovare la  d.i.a.; la violazione del rapporto collaborativo consisterebbe nell’aver  disposto la sospensione del procedimento per una ragione su cui non si era  ammessa la parte ad interloquire prima.
 
 In realtà, la leale collaborazione tra amministrazione e privato è innanzitutto  un canone (di livello superprimario) indirizzato alla legislazione primaria ed  alla normazione secondaria, che devono strutturare i singoli procedimenti  amministrativi in modo da garantire l’osservanza del suddetto principio di leale  collaborazione; inoltre, esso può essere nei casi dubbi un canone interpretativo  del comportamento tenuto dalle parti; ma certo non può introdurre a carico  dell’amministrazione l’obbligo di emanare atti amministrativi non previsti dalla  legge, perché altrimenti esso viene a configgere con il divieto di aggravamento  del procedimento amministrativo, e soprattutto con il principio di tipicità  degli atti amministrativi, che in definitiva non è altro che un’articolazione  del principio di legalità. L’amministrazione non può inventarsi gli atti da  emettere in forza di principi generalissimi, ma deve seguire la scansione  procedimentale prevista dalla legge.
 
 Il contraddittorio pertanto si esercita nell’ambito delle regole concrete  previste dalla legge, di cui nel caso in esame non viene in questione alcuna  violazione.
 
 
 IV. Nel secondo motivo si deduce che il provvedimento sarebbe illegittimo perchè  sarebbe stato imposto un obbligo di ripetere la v.i.a. che non troverebbe  fondamento nel sistema normativo vigente, che prevede la ripetizione solo in  caso sia stata apportata al progetto una modifica sostanziale di tipo  peggiorativo per l’ambiente.
 
 In realtà, questa affermazione non è corretta.
 
 Non è in questione l’esistenza di un obbligo normativo di ripetere la v.i.a.; il  punto è diverso. A giudizio del Tribunale, il punto centrale della questione è  che le situazioni sopravvenute rispetto al provvedimento di v.i.a., ma  intervenute prima della conclusione del procedimento principale in cui si  inserisce la v.i.a. (T.a.r. Puglia, Bari, I, 1483/2010; T.a.r. Puglia, Lecce, I,  926/10), non vincolano le amministrazioni pubbliche a rilasciare il  provvedimento finale, perchè la v.i.a. non crea nessun affidamento  cristallizzato alla situazione rappresentata nella stessa.
 
 Ciò che sostengono, infatti, Comune e Provincia di Mantova è che la situazione  del 2009 è molto diversa da quella del 2004 in cui fu assentita la v.i.a.; nella  situazione attualmente esistente l’utilità della realizzazione di quest’impianto  verrebbe probabilmente valutata in termini molto diversi, perché essa non arreca  più i sensibili benefici all’ambiente che erano stati ipotizzati in origine, per  cui le amministrazioni pubbliche – prima di autorizzare il progetto - ritengono  necessario passare attraverso una nuova v.i.a.
 
 Alla questione (se rilevino o meno situazioni sopravvenute rispetto alla v.i.a.,  ma intervenute prima della conclusione del procedimento principale) il Tribunale  ha già risposto nella precedente sentenza resa inter partes n. 1537/06 nel  passaggio in cui ha sostenuto: “La tesi della ricorrente, secondo cui il parere  favorevole di compatibilità espresso in sede di valutazione di impatto  ambientale avrebbe effetto preclusivo di ulteriori attività istruttorie da parte  della Provincia, non è condivisibile. Osserva il Collegio che, nell'ambito della  più ampia procedura volta al rilascio dell'autorizzazione finale di cui all'art.  31, comma 2, lett b) del Dlgs. 31 marzo 1998, n. 112, il parere espresso in sede  di valutazione di impatto ambientale, sul piano istruttorio e per le tematiche  ad esso inerenti, comporta un forte vincolo procedimentale e pertanto i  risultati cui è pervenuto, non potrebbero essere legittimamente disattesi dalla  successiva attività istruttoria per le parti che, esplicitamente e  implicitamente, costituiscono il presupposto logico essenziale del giudizio  espresso in quella sede. Tuttavia la positiva valutazione di impatto ambientale  non esaurisce ogni aspetto della procedura autorizzativa e non è pertanto idonea  ad esprimere un giudizio definitivo sull’intervento, reso possibile solo dal  rilascio dell’autorizzazione finale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 18  gennaio 2006, n. 129). Deve pertanto ritenersi che l'Amministrazione competente  al rilascio del provvedimento finale sia comunque legittimata a chiedere  chiarimenti ed integrazioni ovvero a subordinare ad ulteriori condizioni e  prescrizioni il rilascio dell'autorizzazione finale, qualora, nel corso  dell'istruttoria, emergano nuovi elementi prima non considerati i quali rendano  evidente l'impossibilità di conseguire quelle fondamentali esigenze di  equilibrio ecologico e ambientale poste a fondamento del giudizio favorevole di  compatibilità ambientale”.
 
 La stessa affermazione di diritto è stata resa (nel contesto di altro tipo di  procedimento autorizzatorio) anche da Cass. civ., s.u., 7 luglio 2010, n. 16039,  secondo cui “nell'ambito del procedimento per il rilascio della concessione di  derivazione di acque pubbliche è prevista l'obbligatoria apertura di un  subprocedimento per la valutazione dell'impatto ambientale, la cui conclusione,  se positiva, consente la prosecuzione e l'eventuale esito favorevole di quello  principale, mentre, ove negativa, preclude l'accoglimento della domanda del  richiedente, dovendosi ritenere che detti procedimenti perseguono interessi  pubblici differenti, posto che in quello principale va valutata l'opportunità  del rilascio della concessione procedendo, in caso di più domande concorrenti,  ad una valutazione comparativa, così da pervenire alla scelta migliore, mentre  in quello incidentale il giudizio di compromissione dell'interesse ambientale è  di tipo assoluto e preclude il rilascio della concessione in relazione al  progetto negativamente valutato, a prescindere da ulteriori profili di  convenienza. (Ne consegue che la valutazione comparativa tra le domande  concorrenti spetta esclusivamente all'autorità competente per il rilascio della  concessione e non a quella titolare del rilascio del parere di valutazione  dell'impatto ambientale, essendo la comparazione ammissibile soltanto tra i  richiedenti che abbiano ottenuto il parere positivo)”.
 
 Pertanto, l’affidamento della parte alla realizzazione dell’impianto determinato  dal rilascio della v.i.a. non cristallizza la situazione al momento in cui la  stessa è stata rilasciata, ma consente di valutare anche sopravvenienze, purchè  naturalmente esse vi siano e siano anche rilevanti.
 
 Nel caso in esame i documenti depositati dalle amministrazioni resistenti (per  quanto di complessa lettura) consentono di apprezzare le ragioni sostenute nelle  memorie di Comune e Provincia in cui si sostiene:
 
 - che la raffineria Ies, in cui deve essere collocato l’impianto, ha subito  interventi rilevanti che hanno portato allo smantellamento dell’impianto di  generazione precedente altamente inquinante,
 
 - che la TEA s.p.a., al cui servizio pure doveva essere attivato l’impianto in  progetto, non ne ha più bisogno perché ha concluso un accordo con la Enipower  per la produzione di energia,
 
 - che lo stesso quadro dell’inquinamento atmosferico della città di Mantova  incontra difficoltà a rientrare nei limiti sempre più stringenti di fonte  comunitaria e che, perciò, deve essere valutata con particolare attenzione la  possibilità di autorizzare l’attivazione di un impianto che triplicherebbe le  emissioni di azoto (da 89 tonnellate/anno a 219-235 tonnellate/anno) e  raddoppierebbe quelle di monossido di carbonio (da 106 a 219-235  tonnellate/anno).
 
 
 V. Il terzo motivo di ricorso, in cui si censura la parte della motivazione del  provvedimento impugnato in cui si sosteneva che in ogni caso, decorsi 5 anni  dalla v.i.a., essa diventa comunque inefficace, è inammissibile perché il  provvedimento impugnato (in cui si chiede di rifare la v.i.a.) si regge anche  sulla sola motivazione relativa all’esistenza di circostanze sopravvenute che  impongono di ripassare attraverso una nuova valutazione d’impatto ambientale.
 
 Secondo l’elaborazione della giurisprudenza amministrativa, infatti, “il  ricorrente non ha interesse all' accoglimento di un solo motivo di gravame,  quando esso non sia di per sè idoneo a determinare l'annullamento  giurisdizionale del provvedimento impugnato, che si regge pure su altre  statuizioni non impugnate o disattese dal giudice adito (nella specie, un comune  censura una decisione tutoria negativa sotto vari profili, ma l'unico motivo  astrattamente accoglibile non gli procura alcun' utilità giuridica, perché la  decisione stessa reca altri dati ritenuti corretti dal giudice o addirittura non  impugnati” (CdS, V, 93/97; v. anche T.a.r. Lazio, III, 7230/04 nel senso che “il  ricorso è inammissibile ove non sorretto da un corrispondente interesse ad  agire, in quanto in tale caso nessuna utilità concreta può ritrarsi dalla  decisione finale, non essendo dunque sufficiente denunciare la contrarietà del  procedimento alla norma”).
 
 
 VI. Il quarto motivo di ricorso, in cui si censura una affermazione contenuta  nel parere della Provincia (che chiedeva di rifare la v.i.a. anche per il  calcolo degli indici cogenerativi dovuti alla nuova rete di teleriscaldamento  della città di Mantova nel frattempo messa in opera), ma non ripresa nel  provvedimento del Comune, è inammissibile in quanto – non essendo stata trasfusa  tale affermazione nel provvedimento finale – è priva di qualsiasi portata  lesiva.
 
 
 VII. Dal rigetto della domanda impugnatoria consegue anche la reiezione della  domanda di risarcimento del danno, peraltro formulata in termini di danno  ipotetico e futuro.
 
 
 VIII. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
 P.Q.M.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di  Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in  epigrafe proposto:
 
 RESPINGE il ricorso.
 
 RESPINGE l’istanza di risarcimento del danno.
 
 CONDANNA la ricorrente al pagamento in favore del Comune di Mantova e della  Provincia di Mantova delle spese di lite, che determina in euro 4.500 (più  i.v.a. e c.p.a., se dovute) (per ciascuna di esse).
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
 
 Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2011 con  l'intervento dei magistrati:
 
 Giuseppe Petruzzelli, Presidente
 Mario Mosconi, Consigliere
 Carmine Russo, Referendario, Estensore
 
 L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 16/02/2011
 
                    




