TAR Campania (NA), Sez. VII, n. 2518, del 15 maggio 2013
Ambiente in genere.Centrali termoelettriche all’interno dell’abitato

Anche se le centrali termoelettriche sono espressamente annoverate ai sensi del D.M. 5.9.1994 tra le industrie insalubri di prima classe, si rammenta che “l’installazione nell’abitato di un’industria insalubre non è di per sé vietata in assoluto, dal momento che l'art. 216, T.U.L.S. 27 luglio 1934 n. 1265, lo consente se la stessa installazione è accompagnata dall’introduzione di particolari metodi produttivi o cautele in grado di escludere qualsiasi rischio di compromissione della salute del vicinato. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02518/2013 REG.PROV.COLL.

N. 05607/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5607 del 2011, proposto da Antonio Piezzo, Antonio Tulino, Annalisa Brandi, Rosario Monte, Maria Bontà Polito, Vincenzo Mazzola, Ferdinando Versitelli, Anna Ceruti, Patrizia Fierro, Antonio Siciliano, Elena Esposito, Luigi Noli, Crescenzo Panico, Carlo Stagliano, Ciro Esposito, Carmine Cerbone, Antonio Zambetti, Pasquale Guerra, Antonio Sovereto, Manuela Pinto, Enrico Guadagno, Vincenzo Minichino, Maria Ceruti, Filippo Visone, Salvatore La Vecchia, Francesco Cecere, Antonio Ponticelli, Aldo Pelliccia, Alise Vitale, Carmela De Filippo, Mauro Ceccarelli, Ciro Valle, Angela Colmayer, Luisa Tortora, Loredana De Michele, Antonietta Manganiello, Barbara Manganiello, Ilaria Manganiello, Angiolina De Guglielmo, Aniello Siciliano, Elio Mazza, Gabriella Aletta, Clara Cozzolino, Roberta Migliore, Immacolata Guzzi, Francesco Migliore, Maria Castro, Luisa Pizzo, Bartolomeo Niro, Antonio Petrellese, Anna Credendino, Carmela Tieri, Ilaria Mazza, Barbara Russo, Biagio Milo, Maria Esposito, Emilia Panarone, Giacomo Masullo, Angelo Di Falco, Umberto La Vecchia, Ciro Cavaliere, Lucia Visone, Massimiliano Romano, rappresentati e difesi dagli avvocati Alberto Galia, Francesco Vergara e Massimiliano Romano, con domicilio eletto presso l’avvocato Francesco Vergara in Napoli, piazza Sannazaro n. 71;

contro

la Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Maria Laura Consolazio, con domicilio eletto presso l’Avvocatura Regionale in Napoli, via S. Lucia.81;
l’ARPAC – Agenzia Regionale Protezione Ambientale della Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; 
l’Amministrazione Provinciale di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; 
il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro pro tempore, non costituito in giudizio; 
l’Autorità di Bacino Nord Occidentale della Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
il Ministero dell'Interno –Dipartimento Vigili del Fuoco-Soccorso Pubblico - Difesa Civile, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, anche domiciliataria in Napoli, via Diaz, 11;
l’Arin S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
l’Ente d'Ambito Sarnese Vesuviano Ato 3, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio; 
l’Ente d’Ambito Napoli Volturno, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

nei confronti di

la Comasa S.A.S, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Riccardo Marone, con domicilio eletto presso lo stesso in Napoli, via Cesario Console n..3;

per l'annullamento

a) del decreto del dirigente dell'A.G.C. 12 Sviluppo Economico - Settore 4 Regolazione dei Mercati della Regione Campania n. 372 del 9.8.2011, pubblicato sul B.U.R.C. n. 54 del 16.8.2011, di “conclusione del procedimento (di autotutela, per l’annullamento d’ufficio delle autorizzazioni uniche regionali n. 4 del 25.1.2006 e n. 314 del 23.10.2008) relativo all’impianto da FER (fonti energetiche rinnovabili) Comasa sas in Comune di Casalnuovo di Napoli;

b) del nulla osta regionale all’ ”aumento di potenza elettrica da 1,4 MWe a 2,6 MWe” dell’impianto della Comasa sas, adottato con “nota prot. n. 624160 del 18.7.2006”, non conosciuta nel contenuto dai ricorrenti;

c) di tutti gli atti presupposti, conseguenti e/o comunque connessi, in quanto lesivi degli interessi dei ricorrenti, con particolare riferimento agli atti della Conferenza dei Servizi indetta con nota regionale prot. n. 38403 dell’8.9.2010, tra cui i pareri resi dai Vigili del Fuoco e dall’ARIN nell’ambito della Conferenza di Servizi, nonché alle note prot. n. 278306 del 7.4.2011 e n. 278331, di cui si ignora l’esatto contenuto, e ad ogni altro parere espresso nel corso della Conferenza dei Servizi in senso sfavorevole all’annullamento dei decreti regionali n. 4/2006 e n. 314/2008.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania, della Comasa S.A.S e del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive; visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 marzo 2013 la dott.ssa Marina Perrelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. I ricorrenti, tutti residenti in Comune di Casalnuovo di Napoli nelle immediate vicinanze della centrale termoelettrica di proprietà della CO.MA.SA. s.a.s., hanno impugnato il decreto dirigenziale n. 372 del 9.8.2011, pubblicato sul B.U.R.C. del 16.8.2011, con il quale la Regione Campania ha ritenuto che non sussistessero i presupposti per l’annullamento in autotutela dei decreti dirigenziali n. 4/2006 e n. 314/2008 e ha autorizzato la riaccensione dell’impianto de quo, spento a seguito di ordinanza sindacale, emessa ai sensi dell’art. 54 del D.lgs. n. 267/2000.

2. Con nota prot. n. 38403 dell’8.9.2010 la Regione Campania, a seguito delle segnalazioni provenienti dagli Enti competenti in ordine alla presunta non conformità della predetta centrale alla normativa ambientale, sanitaria e urbanistica, ha indetto una conferenza di servizi “per la verifica dei presupposti per l’esercizio del potere di autotutela” in merito al decreto dirigenziale n. 4 del 25.1.2006 di autorizzazione, ex art. 12 del D.lgs. n. 287/29003, alla realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica, alimentato da biomasse, per un potenza complessiva pari a 1.4 MWe (successivamente aumentata sino alla potenza di 2,6 MWe con nota prot. n. 624160 del 18.7.2006) e al decreto dirigenziale n. 314 del 23.10.2008 per la costruzione di un deposito di stoccaggio di biomasse e del relativo serbatoio antincendio di accumulo acque a servizio dell’impianto stesso.

2.1. All’esito della predetta conferenza l’Amministrazione regionale, con il decreto impugnato, pur rilevando la sussistenza di alcune posizioni negative, ha ritenuto che non fosse emerso, nell’ambito dei relativi lavori, uno specifico e concreto interesse pubblico alla rimozione dei predetti atti e, conseguentemente, ha confermato l’autorizzazione alla realizzazione dell’impianto nel rispetto di talune prescrizioni di funzionamento.

3. I ricorrenti, incisi negativamente dai provvedimenti impugnati sotto il profilo della salute e della qualità della vita, nonché del decremento del valore economico degli immobili di proprietà, deducono l’illegittimità degli stessi e ne chiedono l’annullamento per i motivi di seguito sintetizzati:

a.) quanto al decreto dirigenziale n. 372 del 9.8.2011

a.1) violazione degli artt. 3, 14 e ss. della legge n. 241/1990, dell’art. 12 del D.lgs. n. 387/2003, degli artt. 3, 32 e 97 Cost., dell’art. 216 del R.D. n. 1265/1934, nonché eccesso di potere sotto molteplici profili nella parte in cui l’amministrazione procedente, nel valutare la sussistenza dei presupposti per l’autotutela, non avrebbe considerato che le posizioni prevalenti sarebbero risultate contrarie alla realizzazione dell’impianto e avrebbe, quindi, adottato il decreto dirigenziale n. 372 del 9.8.2011 in violazione del principio della prevalenza;

a.2) violazione degli artt. 3, 14 ess. , 21 octies e 21 nonies della legge n. 241/1990, degli artt. 3, 32, 97 e 118 Cost., dell’art. 12 del D.lgs. n. 387/2003, del R.D. 1265/1934, dell’art. 39 del D.P.R. n. 380/2001, del D.M. 5.9.1994, nonché eccesso di potere sotto molteplici profili giacché l’amministrazione resistente ha ritenuto precluso il potere di autotutela in ragione del lungo lasso di tempo decorso dall’adozione delle autorizzazioni uniche del 2006 e del 2008, senza considerare la natura primaria degli interessi incisi dai provvedimenti autorizzatori, la qualificazione imprenditoriale della CO.MA.SA. e l’assenza di affidamento conseguente al funzionamento limitato a un brevissimo periodo dell’impianto;

a.3) violazione degli artt. 3, 14 e ss., 21 octies e 21 nonies della legge n. 241/1990, dell’art.12 del D.lgs. n. 387/2003, degli artt. 3, 32, 97 e 118 Cost., del R.D. n. 1265/1934, del D.P.R. n. 380/2001, del D.M. 5.9.1994, nonché eccesso di potere sotto molteplici profili poiché la determinazione di riaccendere l’impianto è stata assunta in contrasto con il parere motivato dell’ASL, dell’ARPAC, della Provincia di Napoli e del Comune di Casalnuovo di Napoli e, quindi, in palese violazione dell’art. 14 quater che prevede in tali ipotesi la devoluzione della decisione alla Conferenza unificata;

a.4) violazione degli artt. 3, 32, 97 e 118 Cost., dell’art. 12 del D.lgs. n. 387/2003, degli artt. 3, 14 e ss., 21 octies e 21 nonies della legge n. 241/1990, del R.D. n. 1265/1934, del D.M. 5.9.1994, nonché eccesso di potere sotto molteplici profili giacché il Dirigente della Regione resistente ha erroneamente ritenuto l’art. 12 del D.lgs. n. 387/2003 norma speciale rispetto agli artt. 14 e ss. della legge n. 241/1990, omettendo di considerare il diritto alla salute tra quelli a tutela rafforzata;

a.5) violazione degli artt. 3, 14, 21 octies e 21 nonies della legge n. 241/1990, dell’art. 12 del D.lgs. n. 387/2003, del R.D. n. 1265/1934, degli artt. 3, 32, 97 e 118 Cost., nonché eccesso di potere sotto molteplici profili poiché il decreto impugnato afferma erroneamente che il D.D. n. 314/2008, oltre a autorizzare la realizzazione di un deposito di stoccaggio e serbatoio antincendio, avrebbe consentito anche il raddoppio della potenza elettrica e la modifica in aumento della potenza termica e inquinante. Peraltro, essendo le centrali termoelettriche espressamente annoverate tra le industrie insalubri di prima classe, ai sensi del D.M. 5.9.1994, non vi è alcuna necessità di dimostrare la natura insalubre dell’impianto de quo ai fini dell’annullamento dei connessi atti autorizzatori, tanto più in considerazione dell’intervenuta accensione dello stesso senza la previa installazione del bruciatore pilota. Inoltre la centrale sarebbe incompatibile anche con le disposizioni di P.R.G. che esclude nella ZTO “D1” la realizzazione di nuove industrie insalubri e pericolose, previsione non superabile mediante il ricorso alla classificazione della centrale come opera di pubblica utilità e indifferibile;

a.6) violazione del Piano di risanamento e mantenimento della qualità dell’aria approvato con delibera della Giunta Regionale della Campania n. 167/2006, violazione degli artt. 3, 32, 97 e 118 Cost., nonché eccesso di potere sotto molteplici profili in quanto in base al rammentato piano il territorio del Comune di Casalnuovo di Napoli è tra le zone di “risanamento ambientale” per l’accertato superamento dei valori limite di NO2;

b) quanto al nulla osta regionale rilasciato con nota prot. n.624160 del 18.7.2006

b.1.) violazione degli artt. 3, 32, 97, 118 Cost., dell’art. 12 del D.lgs. n. 387/2003, degli art. 14 e ss. della legge n. 241/1990 poiché il raddoppio della potenza elettrica dell’impianto non avrebbe potuto essere assentito con un nulla osta, ma avrebbe richiesto la sottoposizione di un nuovo progetto alla conferenza di servizi ritualmente convocata ai sensi del rammentato art. 12 e in assenza dei pareri favorevoli delle autorità competenti in materia sanitaria e ambientale;

b. 2) incompetenza, violazione della delibera di Giunta comunale n. 460 del 19.3.2004, dell’art. 9, comma 1, della L.R. n. 12/2007, dell’art. 97 Cost, nonché eccesso di potere sotto molteplici profili in quanto il firmatario dell’atto è dirigente di servizio e non di settore e, quindi, non abilitato ad assumere provvedimenti a rilevanza esterna.

4. La Regione Campania e la società controinteressata CO.M.A.SA. s.a.s., ritualmente costituite in giudizio, hanno concluso per la reiezione del gravame. La società controinteressata ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso: a) per carenza di interesse, essendosi i ricorrenti limitati ad asserire di essere cittadini del Comune di Casalnuovo e residenti in prossimità della centrale; b) per la non definitività del provvedimento impugnato, dato che lo stesso sarebbe condizionato al parere favorevole dell’ARPAC.

5. Il Ministero dell’Interno, ritualmente costituito in giudizio, ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso nella parte in cui impugna i pareri resi dai Vigili del Fuoco e dall’Arin nell’ambito della Conferenza di Servizi in considerazione della loro natura endoprocedimentale, nonché il proprio difetto di legittimazione passiva, mirando l’impugnazione all’annullamento di atti che esulano dalla competenza dell’amministrazione evocata in giudizio.

6. Le altre amministrazioni evocate in giudizio non si sono costituite.

7. Alla pubblica udienza del 21.3.2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

8. Occorre, in via preliminare, esaminare le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dalla società controinteressata e dal Ministero dell’Interno.

9. Con riguardo all’eccepita inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, essendosi i ricorrenti limitati ad affermare di essere cittadini del Comune di Casalnuovo e proprietari di immobili posti nelle vicinanze della centrale termica, il Collegio rileva che nel giudizio impugnatorio la legittimazione spetta a colui che affermi di essere titolare della situazione giuridica sostanziale di cui lamenta l'ingiusta lesione per effetto del provvedimento amministrativo: l'accertamento sulla legittimazione si risolve, quindi, nella identificazione della posizione qualificata e differenziata del soggetto rispetto alla norma che si assume lesiva di un interesse immediato e concreto (cfr. Consiglio Stato, IV, 2.7.2002 n. 3606). L'interesse al ricorso consiste, invece, in un vantaggio pratico e concreto, anche soltanto eventuale o morale, che può derivare al ricorrente dall'accoglimento dell'impugnativa. L'interesse a ricorrere, quindi, postula che l'atto impugnato abbia prodotto in via diretta una lesione attuale della posizione giuridica sostanziale dedotta in giudizio.

9.1. Nel caso di specie il Collegio ritiene che sussistano entrambi i requisiti.

9.2. E, infatti, l'amministrazione regionale ha autorizzato la realizzazione e il funzionamento di una centrale termoelettrica in una zona rispetto alla quale i ricorrenti hanno dimostrato di avere uno stabile collegamento mediante la produzione di certificati di residenza e di planimetrie attestanti la prossimità delle loro abitazioni rispetto all’impianto gestito dalla società controinteressata. Ne discende, quindi, che la legittimazione ad agire dei ricorrenti si fonda sulla c.d. vicinitas, ossia sulla prossimità delle aree interessate dal provvedimento.

9.3. L'accertamento della sussistenza dell'interesse al ricorso implica, invece, l’identificazione dell'utilitas effettiva ricavabile dall'annullamento degli atti, cioè del vantaggio, anche successivo ed eventuale che il ricorrente ritrae dal’annullamento del provvedimento lesivo, anche laddove risulti meramente strumentale rispetto alla ulteriore attività dell'Amministrazione, dalla quale il ricorrente potrebbe conseguire un risultato positivo (cfr. Consiglio Stato, V, 15.11.2001,n.5839). Nel caso di specie è di palmare evidenza il vantaggio che i ricorrenti conseguirebbero dall’annullamento del decreto impugnato giacché, a seguito della rimozione dell'atto lesivo, la rideterminazione dell'Amministrazione potrebbe essere, anche a prescindere dal grado di certezza, a loro più favorevole.

9.4. Per tali ragioni, l'eccezione preliminare sollevata dalla controinteressata va respinta.

10. Deve essere, altresì, disattesa l’eccezione preliminare basata sulla non definitività dell’atto impugnato giacché, ad avviso della società controinteressata, con il decreto dirigenziale n. 372/2011 la Regione Campania avrebbe condizionato la definizione dell’istanza di annullamento in autotutela delle autorizzazioni rilasciate ad ulteriori controlli demandati all’ARPAC e all’ASL in ordine alla natura inquinante delle emissioni provenienti dall’impianto.

10.1. La semplice lettura del decreto n. 372 del 9.8.2011 smentisce la prospettazione della società controinteressata, emergendo chiaramente che l’Amministrazione regionale ha considerato “conclusa, con il presente provvedimento, la conferenza di servizi indetta con nota prot. n. 38403 dell’8.9.2010 per la verifica dei presupposti per l’esercizio del potere di autotutela in merito alle autorizzazioni uniche ex art. 12 D.lgs. n. 387/2003 rilasciate con DD.DD. 4/2006 e 314/2008” (cfr. punto 7 del decreto dirigenziale n. 372/2011).

11. E’, invece, fondata e meritevole di accoglimento l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal Ministero dell’Interno nella parte in cui sono impugnati i pareri resi dai Vigili del Fuoco e dall’Arin in sede di conferenza di servizi.

11.1. Secondo l’orientamento giurisprudenziale condiviso dal Collegio il parere emesso dalla conferenza di servizi, quale atto interno al procedimento, non è idoneo ad incidere sull'interesse del ricorrente, la cui concreta lesione scaturisce solo dal provvedimento conclusivo, tranne nel caso in cui il parere abbia efficacia preclusiva all'adozione di quest'ultimo, circostanza non ricorrente nel caso di specie (cfr. TAR Lazio, Roma, II bis, 17.9.2012, n. 7821; T.A.R. Puglia, Lecce, I, 3.12.2010, n. 2784).

11.2. Ne discende l’inammissibilità del ricorso nella parte in cui è proposto avverso i pareri resi dai Vigili del Fuoco e dall’Arin s.p.a. nel corso della conferenza di servizi.

12. Occorre ora passare all’esame delle singole censure di merito.

13. Le censure articolate sub a.1), a.2.), a.3.), a.4.), a.5.) e a.6.), specificamente riassunte sub § 3) della narrativa in fatto e con le quali i ricorrenti si dolgono essenzialmente della violazione delle disposizioni in materia di conferenza di servizi e di autotutela di cui alla legge n. 241/1990, della violazione dell’art. 12 del D.lgs. n. 387/2003 e del D.P.R. n. 380/2001, nonché dell’illegittimità del decreto impugnato per eccesso di potere sotto il profilo della carenza di istruttoria e del difetto di motivazione, possono essere trattate congiuntamente.

14. Le censure sono infondate e vanno disattese.

15. Il Collegio ritiene di dover ribadire quanto già affermato dalla Sezione nella recente sentenza n. 1622 del 25.3.2013 con la quale è stato definito il ricorso R.G. n. 5520/2011 proposto dal Comune di Casalnuovo di Napoli avverso il medesimo decreto dirigenziale.

16. Premesso che l’autotutela è un potere ampiamente discrezionale, nel momento in cui l’amministrazione si autodetermini all’applicazione di tale istituto del procedimento amministrativo, la stessa deve necessariamente attenersi al rispetto delle regole che ad esso presiedono, prime tra tutte quelle contemplate nell’art. 21 nonies della legge n. 241/1990.

16.1. Qualora poi, come nel caso di specie, il provvedimento suscettivo di autotutela sia stato adottato a seguito di un procedimento svoltosi in conferenza di servizi, lo stesso deve essere nuovamente sottoposto al vaglio del medesimo modulo procedimentale, in base al principio del contrarius actus.

16.2. In questa direzione le regole che presiedono all’autotutela amministrativa e alla conferenza di servizi si compenetrano a vicenda e il Collegio è chiamato a verificare il rispetto dei principi posti alla base dei due predetti istituti, evidenziando, in particolare, che l’eventuale sfavore nei confronti dell’impianto, da manifestare all’interno della conferenza di servizi preordinata a individuare la sussistenza dei presupposti per l’autotutela, è sottoposto ad un onere di motivazione rafforzato in quanto deve tenere conto non solo della possibile contrarietà a legge dell’intervento, ma anche dell’esistenza di un interesse pubblico effettivo alla rimozione dell’atto, anche alla luce delle posizioni dei privati, medio tempore consolidatesi.

16.3. Come già affermato dalla Sezione “deve dunque emergere non il mero interesse al ripristino della legalità se del caso violata (interesse questo che nel caso di specie viene di volta in volta ricondotto, nel contesto del ricorso, sia alla violazione di norme procedimentali in tema di conferenza di servizi, sia alla violazione di norme urbanistiche, sia alla errata considerazione di alcuni pareri come positivamente espressi) ma piuttosto la individuazione di un concreto interesse pubblico all’annullamento: interesse pubblico da riallacciare in particolare ad una situazione di oggettiva ed incontrovertibile nocività, anche solo potenziale, dell’impianto da realizzare” (cfr. in termini sentenza n. 1622 del 25.3.2013).

16. 4. Ebbene ad avviso della Sezione una simile valutazione non emerge con nettezza sia nella sede procedimentale, sia in quella processuale poiché “dal verbale della conferenza, il quale è atto pubblico che fa fede sino a querela di falso, nonché da alcuni pareri allegati e prodotti in atti, si evince infatti una contrarietà del tutto generica rispetto all’intervento, nonché la violazione di normative urbanistiche che da sola, per le ragioni sopra dette, non può costituire ragione sufficiente a determinare l’annullamento delle precedenti volizioni della PA. In questa direzione, dunque, correttamente l’amministrazione regionale ha ritenuto inammissibili taluni pareri negativi in quanto contrastanti con il combinato disposto di cui agli artt. 14-quater, comma 1, della legge n. 241 del 1990 (secondo cui il dissenso deve essere sempre circostanziato) e 21-nonies della stessa legge generale sul procedimento amministrativo, con particolare riferimento alla evidenziazione di un concreto interesse pubblico alla rimozione”.

16.5. Dagli atti del giudizio emerge che l’impianto rispetta i parametri e i valori previsti dalla normativa vigente per queste tipologie di impianti (cfr. nota ARPAC in data 13.3. 2012 e allegati verbali di ispezione presso l’impianto).

16.6. Dunque, al di là di alcune erronee interpretazioni della normativa vigente da parte dell’amministrazione regionale (in particolare laddove si considera che quello alla salute non sia annoverabile tra gli interessi sensibili ai sensi dell’art. 14-quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990), risulta evidente come la stessa non sia incorsa in alcuno dei vizi denunziati e, in particolare, in quello di carente motivazione, atteso che la genericità dei pareri contrari (o comunque favorevoli all’autotutela) non poteva che essere ritenuta fonte di inammissibilità dei medesimi ai fini di cui sopra. Tanto meno, dunque, poteva ravvisarsi una prevalenza di posizioni favorevoli all’annullamento oppure la presenza di dissensi espressi in materia di interessi sensibili, idonei a determinare valutazioni di secondo livello ad opera del Consiglio dei ministri.

16.7. Per tutte le ragioni sopra evidenziate il complesso dei motivi qui esaminati deve essere integralmente rigettato.

17. Parimenti da rigettare sono gli ulteriori motivi di gravame.

17.1. In particolare, in merito al motivo sub a.5.) si rammenta che “l’installazione nell’abitato di un’industria insalubre non è di per sé vietata in assoluto, dal momento che l'art. 216, T.U.L.S. 27 luglio 1934 n. 1265, lo consente se la stessa installazione è accompagnata dall’introduzione di particolari metodi produttivi o cautele in grado di escludere qualsiasi rischio di compromissione della salute del vicinato (cfr. Cons. Stato, IV, 2.9. 2011, n. 4952)” (cfr. questa sezione 25.3.2013, n.1622).

17.2. Ebbene i ricorrenti non hanno dedotto alcunché circa l’assenza di tali cautele, né a tal fine è idonea a costituire valido principio di prova la perizia di parte depositata l’8.2.2013 dalla quale si desume che “l’impianto di cogenerazione della CO.MA.SA., quand’anche avesse adottato le particolari cautele alle quali la legge fa riferimento, è comunque un impianto potenzialmente pericoloso per l’ambiente e per la salute dei cittadini”. E, infatti, dalla predetta perizia emerge che non vi è alcun elemento certo, idoneo a comprovare che l’esercizio dell’impianto de quo produca danni all’ambiente e alla salute dei cittadini, ma che “il rischio, conseguente all’accadimento di evento pericoloso, è alto” e che, pertanto, anche in ipotesi di perfetta regolarità tecnica ed osservanza delle normative vigenti, “le doverose pratiche di prudenza e cautela avrebbero dovuto senz’altro inibire la realizzazione di tale impianto nell’ambito del centro abitato del Comune di Casalnuovo”.

17.3. Al contrario la società controinteressata ha fornito gli esiti delle ispezioni eseguite dall’ARPAC dai quali emerge la conformità delle emissioni ai parametri previsti dalla legge e l’adozione di tutte le cautele e le precauzioni prescritte, con ogni conseguenza ai sensi dell’art. 64, comma 2, c.p.a., ai fini del raggiungimento della prova.

17.4. Alla luce delle predette considerazioni devono, pertanto, essere disattese anche le ulteriori censure esaminate.

18. Devono, infine, essere dichiarati inammissibili i motivi di ricorso sub b.1.) e b.2.) con i quali i ricorrenti si dolgono dell’illegittimità della nulla - osta all’aumento della potenza elettrica dell’impianto di proprietà CO.MA.SA. da 1,4 MWe a 2,6 MWe , rilasciato con nota prot. n. 624160 del 18.7.2006, poiché tale atto sarebbe stato emesso al di fuori della conferenza di servizi e sarebbe stato firmato da un Dirigente incompetente.

18.1. Il predetto provvedimento è, infatti, definitivo in quanto non è stato tempestivamente impugnato, né il ricorso proposto avverso il decreto dirigenziale n.372/2011 può costituire l’occasione per dolersi delle presunte illegittimità di atti non gravati nel rispetto del termine decadenziale.

19. Per tutte le suesposte considerazioni il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere respinto, mentre va dichiarato inammissibile nella parte in cui impugna gli atti elencati sub lettera c).

20. Attesa la complessità delle questioni esaminate sussistono peraltro giusti motivi per compensare le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima), pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile in relazione agli atti indicati sub lettera c) e lo respinge per il resto.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:

Alessandro Pagano, Presidente

Marina Perrelli, Primo Referendario, Estensore

Massimo Santini, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)