JULIANE KOKOTT
presentate il 15 gennaio 2009 nella Causa C‑427/07
Commissione delle Comunità europee contro Irlanda
«Direttiva 2003/35/CE – Valutazione dell’impatto ambientale – Accesso alla giustizia»
1. Il presente procedimento trae origine da due distinte procedure precontenziose. In primo luogo la Commissione addebita all’Irlanda di non aver trasposto la direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (2), come modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE (3) (in prosieguo: la «direttiva V.I.A.») con riguardo alle strade private. In secondo luogo essa addebita all’Irlanda di non aver dato (completa) attuazione alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 maggio 2003, 2003/35/CE, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE (4), relativamente alla partecipazione del pubblico e all’accesso alla giustizia e di non aver informato la Commissione al riguardo.
2. La controversia si incentra sull’accesso alla giustizia ai sensi della normativa irlandese sulla pianificazione territoriale ed urbanistica. In proposito occorre, in particolar modo, soffermarsi su una contraddizione nell’argomentazione della Commissione: mentre, da un lato, essa insiste nel fondare la sua censura sulla mancanza di misure di attuazione della direttiva e non sulla loro qualità, dall’altro procede ad una attenta disamina della qualità di siffatte misure, vale a dire della questione se determinate misure irlandesi soddisfino i presupposti di cui alla direttiva 2003/35.
3. La direttiva 2003/35 è volta a recepire alcune disposizioni della convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (5) (in prosieguo: la «convenzione di Aarhus») siglata dalla Comunità europea il 25 giugno 1998 in Aarhus (Danimarca) (6)
4. L’art. 2, n. 5, della convenzione di Aarhus reca la definizione di pubblico interessato e, a tal proposito, quella di organizzazioni non governative considerate titolari di tali interessi:
5) “pubblico interessato”, il pubblico che subisce o può subire gli effetti dei processi decisionali in materia ambientale o che ha un interesse da far valere al riguardo; ai fini della presente definizione si considerano titolari di tali interessi le organizzazioni non governative che promuovono la tutela dell’ambiente e che soddisfano i requisiti prescritti dal diritto nazionale».
«Ciascuna Parte adotta i provvedimenti legislativi, regolamentari e gli altri provvedimenti necessari, compresi i provvedimenti destinati ad assicurare la compatibilità tra le disposizioni adottate per dare attuazione alla presente convenzione in tema di accesso alle informazioni, partecipazione del pubblico e accesso alla giustizia, nonché le opportune misure di esecuzione, al fine di stabilire e mantenere un quadro normativo chiaro, trasparente e coerente per l’attuazione della presente convenzione».
«Ciascuna Parte provvede affinché coloro che esercitano i propri diritti in conformità della presente convenzione non siano penalizzati, perseguiti o soggetti in alcun modo a misure vessatorie a causa delle loro azioni. La presente disposizione lascia impregiudicato il potere dei giudici nazionali di esigere il pagamento di un importo ragionevole a titolo di spese processuali».
7. L’art. 6 contiene norme a disciplina della partecipazione del pubblico all’autorizzazione di determinate attività espressamente elencate nell’allegato I della convenzione ovvero che possono avere effetti significativi sull’ambiente.
8. L’art. 9, n. 2, regola l’accesso alla giustizia nel contesto della partecipazione del pubblico prevista dalla convenzione:
b) che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di detta Parte esiga tale presupposto
abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale e/o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni dell’articolo 6 e, nei casi previsti dal diritto nazionale e fatto salvo il paragrafo 3, ad altre pertinenti disposizioni della presente convenzione
Le nozioni di “interesse sufficiente” e di “violazione di un diritto” sono determinate secondo il diritto nazionale, coerentemente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia nell’ambito della presente convenzione. A tal fine si ritiene sufficiente, ai sensi della lettera a), l’interesse di qualsiasi organizzazione non governativa in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2, paragrafo 5. Tali organizzazioni sono altresì considerate titolari di diritti suscettibili di violazione ai sensi della lettera b).
Le disposizioni del presente paragrafo non escludono la possibilità di esperire un ricorso preliminare dinanzi ad un’autorità amministrativa, né dispensano dall’obbligo di esaurire le vie di ricorso amministrativo prima di avviare un procedimento giudiziario, qualora tale obbligo sia previsto dal diritto nazionale».
«4. Fatto salvo il paragrafo 1, le procedure di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 devono offrire rimedi adeguati ed effettivi, ivi compresi, eventualmente, provvedimenti ingiuntivi, e devono essere obiettive, eque, rapide e non eccessivamente onerose. Le decisioni prese in virtù del presente articolo sono emanate o registrate per iscritto. Le decisioni degli organi giurisdizionali e, ove possibile, degli altri organi devono essere accessibili al pubblico.
5. Per accrescere l’efficacia delle disposizioni del presente articolo, ciascuna Parte provvede affinché il pubblico venga informato della possibilità di promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale e prende in considerazione l’introduzione di appositi meccanismi di assistenza diretti ad eliminare o ridurre gli ostacoli finanziari o gli altri ostacoli all’accesso alla giustizia».
«pubblico che subisce o può subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, o che ha un interesse in tali procedure; ai fini della presente definizione le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente e che soddisfano i requisiti di diritto nazionale si considerano portatrici di un siffatto interesse».
Gli Stati membri provvedono, in conformità del proprio ordinamento giuridico nazionale, affinché i membri del pubblico interessato:
b) che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto,
abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla presente direttiva.
Gli Stati membri determinano ciò che costituisce interesse sufficiente e violazione di un diritto, compatibilmente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia. A tal fine, l’interesse di qualsiasi organizzazione non governativa ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, è considerato sufficiente ai fini della lettera a) del presente articolo. Si considera inoltre che tali organizzazioni siano titolari di diritti suscettibili di essere lesi ai fini della lettera b) del presente articolo.
Le disposizioni del presente articolo non escludono la possibilità di avviare procedure di ricorso preliminare dinanzi all’autorità amministrativa e non incidono sul requisito dell’esaurimento delle procedure di ricorso amministrativo quale presupposto dell’esperimento di procedure di ricorso giurisdizionale, ove siffatto requisito sia prescritto dal diritto nazionale.
Per rendere più efficaci le disposizioni del presente articolo, gli Stati membri provvedono a mettere a disposizione del pubblico informazioni pratiche sull’accesso alle procedure di ricorso amministrativo e giurisdizionale».
13. L’art. 4 della direttiva 2003/35 contiene modifiche della direttiva del Consiglio 24 settembre 1996, 96/61/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (7). Il testo nel n. 4 di tale articolo corrisponde sostanzialmente a quello del nuovo articolo art. 10 bis inserito nella direttiva V.I.A..
14. La controversia sorta tra le parti verte soprattutto sulla trasposizione delle predette disposizioni da parte del Planning and Development Act 2000 (8) (legge irlandese sulla pianificazione territoriale del 2000) così come modificata dal Planning and Development (Strategic Infrastructure) Act 2006(9) [legge sulla pianificazione territoriale (infrastrutture strategiche) del 2006]. L’art. 50 e l’art. 50A disciplinano i possibili ricorsi avverso determinate misure di pianificazione.
(a) sussistono fondati motivi per ritenere che la decisione o l’atto in questione siano invalidi o debbano essere annullati e
(ii) qualora la decisione o l’atto in questione riguardi un’opera identificata o qualificata, ai sensi della normativa in vigore nel periodo pertinente emanata in forza dell’art. 176, quale opera avente un potenziale notevole impatto sull’ambiente, ove il ricorrente –
(I) sia un ente o un organizzazione (diversi da un’autorità governativa, da un’autorità pubblica o da un ente o agenzia governativi) le cui finalità o obiettivi riguardano la promozione della tutela ambientale,
(III) soddisfa i requisiti (eventuali ) che gli enti o gli organismi devono soddisfare ai sensi dell’art. 37, n. 4, lett. d), punto iii), per proporre ricorso ai sensi dell’art. 37, n. 4, lett. c) (e, a tale scopo, per l’applicazione di tutti i requisiti di cui all’art. 37, n. 4, lett. e), punto iv, il rinvio ivi contenuto al settore di appartenenza della decisione oggetto del ricorso dovrà essere considerato quale rinvio al settore di appartenenza della decisione o atto oggetto della richiesta di autorizzazione ai sensi dell’art. 50)».
17. L’art. 50A, n. 10 e n. 11, lett. b), esorta i tribunali a svolgere i ricorsi acquisiti nel minor tempo possibile, compatibilmente con l’amministrazione della giustizia. L’art. 50A, n. 12, consente di emanare ulteriori norme per accelerare il procedimento.
19. In una prima procedura d’esame la Commissione contestava, tra l’altro, che i progetti di costruzione di strade private non rientrerebbero, come tali, nell’ambito di applicazione della normativa irlandese in materia di valutazione di impatto ambientale. Il 18 ottobre 2002, la Commissione chiedeva all’Irlanda di prendere posizione in merito. Successivamente alla replica dell’Irlanda del 5 marzo 2003, la Commissione emetteva un parere motivato l’11 giugno 2003. L’Irlanda rispondeva con lettera del 10 novembre 2003.
20. La seconda procedura ha per oggetto la trasposizione della direttiva 2003/35/CE. Il 28 luglio la Commissione sollecitava l’Irlanda a prendere posizione in merito alla mancata comunicazione delle misure di attuazione. L’Irlanda rispondeva il 7 settembre 2005. Successivamente la Commissione emetteva il suo primo parere motivato, cui l’Irlanda rispondeva il 14 febbraio 2006. Seguiva un ulteriore parere motivato in data 18 ottobre 2006. In tale parere, la Commissione fissava un ultimo termine di due mesi entro il quale l’Irlanda avrebbe dovuto trasporre la direttiva, termine che scadeva, quindi, il 18 dicembre 2006. Dopo diverse comunicazioni riguardanti gli emendamenti della normativa irlandese datate rispettivamente 30 novembre 2006, 18 dicembre 2006 e 18 gennaio 2007, l’Irlanda rispondeva il 27 febbraio 2007.
– dichiarare che omettendo di adottare, in violazione degli artt. 2, n. 1, e 4, nn. 2‑4, della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE, tutte le misure necessarie a garantire che i progetti rientranti nella categoria «costruzione di strade» per i quali si prevede un impatto ambientale importante, quali elencati al n. 10, lett. e), dell’allegato II della direttiva 85/337/CEE, siano sottoposti, prima dell’approvazione, ad un procedimento autorizzatorio e ad una valutazione del loro impatto in conformità agli artt. 5‑10 della direttiva, l’Irlanda è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della detta direttiva;
– dichiarare che, omettendo di adottare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi agli artt. 3, nn. 1, 3‑7, e 4, nn. 1‑6, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 maggio 2003, 2003/35/CE, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all’accesso alla giustizia, e, in ogni caso, omettendo di notificarle tempestivamente alla Commissione, l’Irlanda è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 6 di tale direttiva;
25. In via preliminare, esamino le questioni sulle quali le parti concordano interamente o in gran parte, per concentrarmi successivamente sul punto riguardante l’accesso alla giustizia.
26. Secondo la Commissione, l’Irlanda, omettendo di includere nella sua normativa i progetti di costruzione di strade private, non avrebbe adottato tutte le misure volte a garantire che i progetti rientranti nella categoria «costruzione di strade» di cui al n. 10, lett. e), dell’allegato II della direttiva V.I.A. siano sottoposti ai requisiti previsti dalla direttiva.
27. La nozione di strada di cui alla direttiva V.I.A. non fa distinzione tra strada privata o pubblica. Un’esclusione delle strade private non sarebbe pertanto conforme all’esteso ambito di applicazione di tale direttiva (10). Nemmeno l’Irlanda contesta, peraltro, che la nozione di strada ai sensi di tale categoria di progetti includa, in linea di principio, anche i progetti di costruzione di strade private. L’Irlanda avrebbe, piuttosto, integrato le disposizioni pertinenti. Poiché, tuttavia, tali emendamenti sono stati adottati oltre i termini previsti dal parere motivato, non possono essere presi in considerazione nel presente procedimento.
28. Occorre comunque applicare i requisiti previsti dalla direttiva V.I.A. anche alle strade private. È pacifico che prima degli ultimi emendamenti le strade private non rientravano, di per sé, nell’ambito di applicazione delle disposizioni pertinenti della normativa irlandese. L’Irlanda sostiene, invero, che nella maggior parte delle circostanze tali strade fanno parte di altri progetti. Ma l’argomento non convince, appunto perché non comprende tutte le possibili fattispecie.
29. L’Irlanda, pertanto, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva V.I.A. omettendo di adottare, in violazione degli artt. 2, n. 1, e 4, nn. 2‑4, tutte le disposizioni necessarie a garantire che i progetti rientranti nella categoria «costruzione di strade» per i quali si prevede un impatto ambientale importante, quali elencati al n. 10, lett. e), dell’allegato II della direttiva siano sottoposti, prima dell’approvazione, ad un procedimento autorizzatorio e ad una valutazione del loro impatto in conformità agli artt. 5‑10 della direttiva.
30. Le parti concordano sul fatto che l’art. 3, nn. 3‑6, della direttiva 2003/35 non era stato ancora trasposto nel termine previsto con riferimento a tutti i sistemi irlandesi di rilascio delle autorizzazioni. Nello specifico, l’Irlanda cita il Dublin Docklands Development Authority Act 1997, il Fisheries Act 1980, il Foreshore Act 1993, i Dumping at Sea Acts emanati tra il 1996 e il 2006 e gli Arterial Drainage Acts emanati tra il 1945 e il 1995.
31. La Commissione ha inoltre rinunciato a far valere le censure relative agli artt. 4, nn. 1, 5 e 6, della direttiva 2003/35, dopo che l’Irlanda ha dato comunicazione dei provvedimenti d’attuazione adottati. Tuttavia, nella misura in cui l’Irlanda ammette la necessità di ulteriori emendamenti alla normativa irlandese per dare attuazione all’art. 4, nn. 2 e 3, della direttiva 2003/35, la Commissione continua a far valere l’addebito relativo all’incompleta trasposizione. Al riguardo l’Irlanda menziona le Environmental Protection Agency (Licensing) Regulations emanate tra il 1994 e il 2004 e le Waste Management (Licensing) Regulations 2004.
32. I provvedimenti di attuazione relativi a tali sistemi di rilascio delle autorizzazioni adottati dall’Irlanda successivamente ai termini impartiti nel parere motivato non possono essere presi in considerazione ai fini del presente procedimento.
33. L’Irlanda, omettendo di adottare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi agli artt. 3, nn. 3‑6, e 4, nn. 2 e 3, della direttiva 2003/35/CE è pertanto venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di tale direttiva.
34. Le parti sono in disaccordo sulla questione se debba essere trasposta la nozione di pubblico interessato. La Commissione sottolinea come la direttiva 2003/35 conferisca al pubblico interessato determinati diritti. In particolare, i diritti da essa conferiti alle organizzazioni non governative non godrebbero di sufficiente tutela in Irlanda.
35. Le definizioni presenti nelle direttive non devono essere sempre recepite alla lettera. In tal senso la Corte quando ha dichiarato che non occorre trasporre espressamente la nozione di «zona speciale di conservazione» ai sensi dell’art. 1, lett. l), della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (11). Basta che il diritto nazionale stabilisca con sufficiente esattezza giuridica i siti inclusi in tale nozione e le misure da adottare ai fini della realizzazione degli obiettivi di tutela (12).
36. Pertanto è essenziale stabilire se le persone ricomprese nella nozione di pubblico interessato godano dei diritti loro conferiti dalla direttiva 2003/35. A tale proposito, il governo irlandese fa valere che i rispettivi diritti sono già conferiti al pubblico in via generale. Pertanto, viene meno la necessità di una particolare definizione di pubblico interessato.
37. Per confutare questo argomento, la Commissione avrebbe dovuto indicare quali diritti del pubblico interessato non sarebbero stati sufficientemente trasposti. Essa si limita, invece, al riguardo, a menzionare l’accesso alla giustizia delle organizzazioni non governative. Si tratta di un aspetto della trasposizione dell’art. 3, n. 1, che sarà quindi esaminato separatamente, nell’ambito della questione dell’accesso alla giustizia delle organizzazioni non governative (13).
38. Per quanto riguarda gli altri diritti conferiti al pubblico interessato, la Commissione non ne ha dimostrato un’insufficiente attuazione. Sotto questo aspetto occorre, pertanto, respingere il ricorso.
39. La Commissione solleva due censure in merito alla trasposizione degli artt. 3, n. 7, e 4, n. 4, della direttiva 2003/35, vale a dire gli artt. 10 bis della direttiva V.I.A. e 15 bis della direttiva 96/61. Da una parte, i provvedimenti irlandesi in essere alla scadenza dei termini impartiti nel parere motivato non darebbero attuazione a tali disposizioni, dall’altra l’Irlanda non avrebbe dato comunicazione di tutti i provvedimenti adottati ai fini dell’attuazione.
40. L’addebito all’Irlanda di non aver trasposto gli artt. 10 bis della direttiva V.I.A. e 15 bis della direttiva 96/61, coincide con l’oggetto iniziale dell’invito a presentare osservazioni (lettera di diffida), il quale si limitava a censurare l’assenza di provvedimenti di attuazione. L’Irlanda ha sempre sostenuto che la normativa irlandese è già tale da garantire un accesso alla giustizia conforme a quanto disposto dalla direttiva.
41. Di conseguenza, sia in fase precontenziosa che contenziosa, le parti hanno progressivamente esteso la controversia alla qualità dei provvedimenti di attuazione illustrati dall’Irlanda. In risposta ai nuovi argomenti dedotti e alle nuove informazioni fornite dall’Irlanda, la Commissione ha inasprito le sue critiche.
42. Una riqualificazione dell’oggetto di un ricorso, da contestazione dell’assenza assoluta di trasposizione di una direttiva a contestazione di una trasposizione incompleta (14), è possibile, in linea di principio, in ogni caso quando lo Stato membro comunica in ritardo i provvedimenti di attuazione esistenti, così che per la Commissione risulta più difficile contestare tempestivamente le carenze attuative. L’addebito di un’incompleta attuazione è, infatti, necessariamente compreso in quello dell’assenza assoluta di attuazione (15).
43. Si tratta di situazioni che si presentano raramente, in quanto i provvedimenti di attuazione adottati oltre ai termini impartiti nel parere motivato non possono più essere tenuti in considerazione e la Commissione dopo aver ricevuto comunicazione dei provvedimenti d’attuazione adottati conclude, di regola, il procedimento d’infrazione avviato a causa della mancata comunicazione di provvedimenti di attuazione delle direttive, per esaminare eventuali vizi di conformità in un altro procedimento.
44. Nella fattispecie, tuttavia, la Commissione sottolinea espressamente, sia nel ricorso (punto 5.26), che nella replica (punto 18), che il ricorso si limita alla questione se sia stata attuazione alla direttiva, e che la Commissione si riserva di esaminare la qualità dei provvedimenti di attuazione in un procedimento successivo.
45. Nella misura in cui la Commissione, in seguito, contesta tuttavia l’inadeguatezza qualitativa del diritto irlandese, la sua argomentazione è contraddittoria e, di conseguenza, inammissibile (16). Se la Corte si pronunciasse sui punti controversi nel presente procedimento sussisterebbe, peraltro, il rischio di anticipare un successivo procedimento di conformità, cui la Commissione si riserva espressamente di ricorrere.
46. Il ricorso concernente la censura di omessa attuazione degli artt. 10 bis della direttiva V.I.A. e 15 bis della direttiva 96/61 non è, pertanto, ricevibile nella misura in cui si riferisce alla qualità dei provvedimenti irlandesi. L’esame deve limitarsi a verificare se l’Irlanda abbia adottato dei provvedimenti di attuazione.
47. Non è, tuttavia, da escludere che la Corte valuti altrimenti l’ammissibilità di questo motivo di ricorso. In subordine esamino, pertanto, se la Commissione abbia dimostrato che agli artt. 10 bis della direttiva V.I.A. e 15 bis della direttiva 96/61 non è stata data sufficiente attuazione in Irlanda.
48. Il primo punto controverso riguarda l’accesso dei membri del pubblico interessato a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale o a un altro organo indipendente e imparziale istituito dalla legge.
49. Gli artt. 10 bis, primo comma, lett. a), della direttiva V.I.A. e 15 bis, primo comma, lett. a), della direttiva 96/61, stabiliscono che gli Stati membri possono subordinare tale accesso al fatto che il ricorrente vanti un interesse sufficiente.
50. La controversia tra le parti riguarda, sul punto, esclusivamente la trasposizione nell’ambito di applicazione del Planning and Development Act 2000 irlandese, così come modificato dal Planning and Development (Strategic Infrastructure) Act 2006.
51. In risposta ad una domanda in udienza e in una successiva comunicazione scritta il governo irlandese ha informato la Corte del fatto che le disposizioni pertinenti della legge di modifica del 2006 sarebbero entrate in vigore il 31 gennaio 2007. Si tratta dell’art. 13 della legge del 2006, che ha introdotto la nuova versione dell’art. 50 ed un nuovo art. 50A nel testo della legge originaria del 2000. Il governo irlandese si basa al riguardo su un regolamento applicativo di parti della legge di modifica (17).
52. Nel presente procedimento la Corte non può, tuttavia, tenere conto delle modifiche della normativa irlandese entrate in vigore oltre il termine impartito nel parere motivato della Commissione, che scadeva il 18 dicembre 2006. Le indicazioni fornite dal governo irlandese, quindi, sembrano escludere una verifica delle disposizioni menzionate.
53. Dai documenti presentati in sede di controricorso emerge, tuttavia, la fallacia dell’argomento circa l’entrata in vigore. Il regolamento menzionato dal governo irlandese disciplina l’applicazione di altre parti della legge del 2006. Le nuove disposizioni pertinenti esistenti, vale a dire quelle di cui all’art. 13 della legge di modifica del 2006, sono entrate in vigore già il 17 ottobre 2006 (18) e, pertanto, prima della scadenza del termine.
54. La Corte può, quindi, esaminare in particolare le obiezioni sollevate dalla Commissione avverso l’art. 50A, n. 3, lett. b), punto i, del Planning and Development Act 2000 così come modificato dal Planning and Development (Strategic Infrastructure) Act 2006. La Commissione eccepisce che ai sensi di tale disposizione, le procedure di ricorso giurisdizionale («judicial review») sono esperibili dal ricorrente solo se questi può far valere un interesse rilevante («substantial interest»).
55. La Commissione sostiene, anzitutto, che la normativa irlandese pertinente, emanata in data successiva alla direttiva 2003/35, non include alcun riferimento a tale direttiva. Questo costituisce una violazione dell’art. 6, n. 2, della direttiva, che esige un tale riferimento, violazione tuttavia non contestata come tale dalla Commissione nel presente procedimento. Vi si potrebbe anche scorgere un indizio del fatto che il legislatore irlandese non ha tenuto conto della direttiva neppure nelle altre parti di tale normativa. L’assenza di un riferimento alla direttiva non dimostra tuttavia che il regolamento in questione non le dia attuazione.
56. La Commissione rinviene la prova sostanziale della mancata trasposizione nella seconda sentenza della High Court irlandese Friends of the Curragh Environment (19). In essa si afferma con riguardo all’esame dell’«interesse sostanziale», che la direttiva 2003/35 non sarebbe stata recepita in Irlanda. L’Irlanda vi oppone la più recente sentenza Sweetman (20) dello stesso giudice, che rivede tale valutazione.
57. Non è in fondo necessario, nel presente procedimento, accertare quale affermazione della High Court valga riguardo alla trasposizione della direttiva 2003/35. L’elemento decisivo è che il diritto irlandese prevede un accesso alla giustizia che dipende dall’interesse ad agire del ricorrente. Ne consegue che la Commissione non può contestare all’Irlanda la totale mancanza di provvedimenti di attuazione. La questione se i provvedimenti soddisfino i presupposti della direttiva, riguarda, piuttosto, la loro qualità.
58. Il ricorso è pertanto, su questo punto, infondato, nella misura in cui ha per oggetto la totale assenza di provvedimenti di attuazione e irricevibile con riguardo alla qualità dei provvedimenti di attuazione.
59. Qualora la Corte volesse comunque sviluppare questo punto, occorre anzitutto esaminare l’ulteriore censura sollevata dalla Commissione secondo la quale la sentenza Sweetman non si estenderebbe a ricomprendere i progetti privati. Tuttavia, né dalle disposizioni pertinenti del diritto irlandese, né dalle sentenze irlandesi sottoposte alla Corte (21) emerge una distinzione a seconda che il committente sia privato o pubblico.
60. Pur se che nella sentenza Sweetman si sottolinea espressamente che il committente è pubblico, mentre le sentenze Friends of the Curragh Environment riguardano un progetto privato (22), tali affermazioni non producono alcun effetto tangibile sull’applicazione del diritto irlandese, in quanto riguardavano un’applicazione immediata della direttiva 2003/35 discussa in termini meramente ipotetici.
61. Occorre, pertanto, ritenere che per accedere ai procedimenti di verifica di progetti privati e pubblici valgano le stesse regole.
62. La Commissione contesta, inoltre, che la trasposizione effettuata dall’Irlanda non presenterebbe una sufficiente chiarezza e che ai fini della stessa non basterebbe interpretare il diritto irlandese in senso conforme ai precetti della direttiva, come proposto nella sentenza Sweetman.
63. Per poter sostenere tale argomento, in linea di principio pertinente (23), la Commissione dovrebbe tuttavia dimostrare che le disposizioni di attuazione non sono sufficientemente chiare. Al riguardo il suo argomento si limita essenzialmente alle constatazioni della High Court irlandese sull’asserita mancata attuazione della direttiva 2003/35 nella seconda sentenza Friends of the Curragh Environment (24).
64. La Commissione cita soprattutto l’affermazione della High Court secondo la quale il criterio dell’interesse rilevante sarebbe più restrittivo rispetto al criterio dell’interesse sufficiente (25). Tale affermazione non si riferisce, tuttavia, alla direttiva 2003/35, bensì ad un presupposto di ricevibilità del diritto irlandese, un tempo vigente nel campo di applicazione del Planning and Development Act e che continua a dover essere soddisfatto in altri ambiti di applicazione del controllo giurisdizionale («judicial review»).
65. Contro questo argomento, il governo irlandese sostiene giustamente, in linea con quanto stabilito dalla High Court irlandese nella sentenza Sweetman, che la nozione di interesse sufficiente ai sensi della direttiva 2003/35 non coincide con la nozione di interesse sufficiente nel diritto processuale irlandese.
66. Ai sensi della direttiva 2003/35, ovvero ai sensi degli artt. 10 bis, terzo comma, prima frase, della direttiva V.I.A. e 15 bis, terzo comma, prima frase, della direttiva 96/61, spetta agli Stati membri stabilire cosa costituisca un interesse sufficiente o cosa integri una violazione del diritto. Sebbene tale determinazione debba essere compiuta in base all’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia, è ammissibile anche un sistema di accesso più restrittivo, basato sul requisito di far valere una violazione del diritto. La direttiva lascia che siano gli Stati membri a definire la nozione dell’interesse sufficiente, senza prescrivere livelli minimi cogenti.
67. L’Irlanda ha stabilito che per soddisfare la direttiva, soltanto un interesse rilevante può essere considerato sufficiente (26). La legge chiarisce espressamente che tale espressione non si limita a ricomprendere interessi relativi a beni immobili o interessi finanziari (27). Ai sensi di una recente sentenza della Supreme Court irlandese, il richiedente è tenuto a dimostrare un interesse personale particolare di notevole rilievo, che subirebbe un pregiudizio a causa del progetto in questione o sarebbe collegato al (28). La Commissione non deduce argomenti volti a dimostrare le ragioni per cui tale standard non sarebbe compatibile con la direttiva.
68. Ci si potrebbe al massimo chiedere se la limitazione delle azioni esperibili sia compatibile con la finalità espressa di consentire un ampio accesso alla giustizia. Le precedenti e più favorevoli norme relative all’interesse necessario mostrano che l’ordinamento giuridico irlandese ammette, in linea di principio, un più ampio accesso alla giustizia.
69. Per valutare se sussiste un interesse sufficiente ad agire in giudizio occorre tuttavia procedere ad una ponderazione di considerazioni diverse. Da un lato, l’efficace esercizio di un diritto richiede un ampio l’accesso alla giustizia. Dall’altro, molti procedimenti giurisdizionali possono rivelarsi inutili non essendo riscontrabile la violazione di un diritto. I procedimenti inutili, oltre a gravare sui tribunali, sono d’intralcio anche per i progetti oggetto di tali procedimenti, la cui realizzazione può essere ritardata. Il risultato di tale ponderazione può essere influenzato da fattori quali un crescente livello di regolamentazione o una maggiore conflittualità dei cittadini, ovvero anche da intervenuti cambiamenti delle condizioni ambientali. Il fatto che l’accesso alla giustizia sia stato precedentemente più ampio non significa automaticamente che un approccio più restrittivo sia incompatibile con l’obiettivo di un ampio accesso.
70. Secondo la tesi sostenuta dalla Commissione in udienza, al criterio dell’interesse rilevante si opporrebbe anche il principio di equivalenza. Secondo tale principio, le modalità processuali applicabili rientrano nell’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro anche in fattispecie influenzate dall’ordinamento giuridico comunitario, purché esse non siano, tuttavia, meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (29).
71. La Commissione rinviene un trattamento sfavorevole nel fatto che in ambiti normativi diversi da quello relativo alla pianificazione del territorio l’accesso alla giustizia irlandese si limita a prevedere un interesse sufficiente. Questo punto di vista potrebbe in ogni caso convincere soltanto se in materia di pianificazione territoriale si dovessero far valere solamente posizioni di diritto comunitario. Ma nulla consente di ritenere che questo sia il caso. Per quanto è dato osservare, i ricorsi in materia di diritto di pianificazione del territorio possono invece riguardare anche questioni soltanto di diritto nazionale. Il requisito di accesso dell’interesse rilevante vale anche per tali ricorsi. Ne consegue che tale condizione di ricevibilità per i ricorsi in materia di pianificazione territoriale non dà luogo ad un trattamento meno favorevole delle fattispecie sulle quali incide l’ordinamento comunitario.
72. Nessun elemento indica, pertanto, che l’attuazione data dall’Irlanda agli artt. 10 bis, primo comma, lett. a), della direttiva V.I.A. e 15 bis, primo comma, lett. a), della direttiva 96/61, non sia sufficientemente chiara circa l’interesse necessario che il singolo è tenuto a dimostrare per poter agire in giudizio. Anche se la Corte dichiarasse ricevibile questo argomento, esso dovrebbe comunque essere considerato infondato.
73. La seconda censura della Commissione in merito agli artt. 10 bis della direttiva V.I.A. e 15 bis della direttiva 96/61, riguarda la posizione delle organizzazioni non governative. Ai sensi del terzo comma, seconda frase, di tali articoli l’interesse di determinate organizzazioni non governative è considerato sufficiente per poter agire in giudizio.
74. A tale riguardo, la Commissione contesta altresì che l’Irlanda non avrebbe trasposto le nozioni di «pubblico» e «pubblico interessato». Si tratta di nozioni definite nell’art. 3, n. 1, della direttiva 2003/35 per la direttiva V.I.A.. Le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente e che soddisfano tutti i requisiti di diritto nazionale si considerano portatrici di un interesse nelle procedure decisionali in materia ambientale che comportano una valutazione dell’impatto ambientale.
75. Le definizioni delle nozioni date nelle direttive non devono essere sempre trasposte alla lettera. Basta che il diritto nazionale stabilisca con sufficiente esattezza giuridica le conseguenze giuridiche connesse ad una nozione (30).
76. Nella fattispecie occorre, quindi, stabilire se il diritto irlandese riconosca le organizzazioni non governative come rientranti nel pubblico interessato in modo tale che esse possano agire in giudizio ai sensi della direttiva 2003/35.
77. Al riguardo l’Irlanda afferma che l’art. 50A, n. 3, lett. b), punto ii, del Planning and Development Act 2000 irlandese, così come modificato dal Planning and Development (Strategic Infrastructure) Act 2006, esonera le organizzazioni non governative dall’obbligo di dimostrare un interesse rilevante. Si tratta di un argomento che, considerato il testo delle disposizioni pertinenti, non può essere immediatamente respinto.
78. La Commissione replica che la seconda sentenza della High Court nella causa Friends of the Curragh Environment (31) aveva ad oggetto il ricorso di un’organizzazione non governativa, respinto in mancanza di un suo sufficiente interesse ad agire.
79. La High Court non ha tuttavia applicato la versione modificata del Planning and Development Act. L’ambito di applicazione temporale di tale versione, secondo quanto dichiarato dal governo irlandese, ne escludeva l’applicazione. Pertanto da tale sentenza non si possono evincere indicazioni circa il nuovo regime applicabile alle organizzazioni non governative.
80. Ne consegue che la Commissione non ha dimostrato che il la normativa irlandese sull’accesso alla giustizia delle organizzazioni non governative violi la direttiva 2003/35, vale a dire gli artt. 10 bis, terzo comma, della direttiva V.I.A. e 15 bis, terzo comma, della direttiva 96/61. Anche sotto questo aspetto, l’addebito relativo alla mancata trasposizione è, quindi, da considerarsi infondato. La Commissione non solleva obiezioni circa la qualità della trasposizione.
81. La terza censura della Commissione in merito agli artt. 10 bis della direttiva V.I.A. e 15 bis della direttiva 96/61 ha per oggetto l’estensione del sindacato giurisdizionale. Ai sensi del rispettivo primo comma, il ricorrente può contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni. La Commissione eccepisce che ai sensi della seconda sentenza della High Court nella causa Friends of the Curragh Environment (32) non sarebbe stata data attuazione neppure a questo punto e fa valere che la sentenza Sweetman non andrebbe a sanare tale carenza.
82. Al riguardo, data l’esistenza di un mezzo di ricorso pertinente nel diritto irlandese, vale a dire del judicial review, anche l’addebito relativo alla completa mancanza di provvedimenti di attuazione deve essere respinto in quanto infondato.
83. La Commissione non solleva specifiche obiezioni in merito alla possibile estensione del judicial review. Sebbene la summenzionata sentenza Sweetman (33) e la prima sentenza della High Court nella causa Friends of the Curragh Environment (34) trattino delle obiezioni che potrebbero essere sollevate avverso l’estensione del sindacato giurisdizionale ai sensi del diritto irlandese, non è dato evincere in quale misura la Commissione faccia sue tali obiezioni. Sotto questo aspetto non occorre, quindi, pronunciarsi su argomentazioni relative alla qualità della trasposizione.
84. La quarta censura della Commissione relativa agli artt. 10 bis della direttiva V.I.A. e 15 bis della direttiva 96/61 riguarda la durata del procedimento. Ai sensi del quinto comma di tali articoli, i procedimenti in materia devono essere tempestivi. Anche in questo caso la Commissione si basa sulla constatazione di mancata trasposizione della direttiva contenuta nella seconda sentenza nella causa Friends of the Curragh Environment (35).
85. L’Irlanda replica facendo valere l’art. 50A, n. 10 e n. 11, lett. b), del Planning and Development Act 2000 irlandese, così come modificato dal Planning and Development (Strategic Infrastructure) Act 2006. Secondo tali disposizioni i giudici competenti devono celebrare i procedimenti con la maggiore rapidità consentita dall’amministrazione della giustizia. L’art. 50A, n. 12 prevede, peraltro, anche l’adozione di disposizioni dirette ad accelerare i procedimenti.
86. Neppure in ordine a tale aspetto la Commissione riesce a dimostrare che alla direttiva non è stata data alcuna attuazione. Poiché essa non solleva censure specifiche sulla qualità di tali disposizioni, ogni ulteriore esame risulta superfluo .
87. La quinta censura della Commissione relativamente agli artt. 10 bis della direttiva V.I.A. e 15 bis della direttiva 96/61, riguarda le spese del procedimento. Ai sensi del sesto comma di tali articoli, le procedure non devono essere eccessivamente onerose.
88. Le parti non controvertono né sulle spese di giudizio, né sul diritto della parte vittoriosa al rimborso delle spese processuali da essa sostenute (36). È controverso piuttosto in quale misura il ricorrente debba essere tutelato da una condanna a sopportare le spese della controparte qualora egli risulti soccombente.
89. L’Irlanda sostiene al riguardo che la direttiva 2003/35 non prevede disposizioni relative alle spese a carico delle parti. A sostegno della sua argomentazione cita disposizioni della convenzione di Aarhus, non espressamente riprese dalla direttiva. Da una parte, l’art. 9, n. 5, della convenzione prevede che ciascuna Partecontraente prenda in considerazione l’introduzione di appositi meccanismi di assistenza diretti ad eliminare o ridurre gli ostacoli finanziari o gli altri ostacoli all’accesso alla giustizia. Dall’altra, l’art. 3, n. 8, seconda frase, prevede che resti impregiudicato il potere dei giudici nazionali di esigere il pagamento di un importo ragionevole a titolo di spese processuali.
90. Questa tesi, tuttavia, non convince. L’art. 3, n. 8, seconda frase, della convenzione deve essere letto in combinato disposto con la prima frase, ai sensi della quale coloro che esercitano i propri diritti in conformità della convenzione non possono essere penalizzati, perseguiti o soggetti a misure vessatorie. La seconda frase si limita a chiarire che l’imposizione di spese processuali non deve essere considerata quale penalizzazione, persecuzione o misura vessatoria.
91. Ai fini dell’interpretazione dell’art. 9, n. 4, della convenzione di Aarhus e delle corrispondenti disposizioni di attuazione della direttiva occorre considerare l’art. 9, n. 5, della convenzione, a prescindere dal fatto che nella direttiva 2003/35 ne sia fatta espressa menzione. Esso dimostra, infatti, che le Parti contraenti avevano ben presente la necessità di misure di assistenza nel momento in cui convenivano che i procedimenti non dovevano essere eccessivamente onerosi.
92. Del resto anche l’art. 47, terzo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea(37) esige che a coloro che non dispongono di mezzi sufficienti sia concesso il patrocinio a spese dello Stato, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia. Vero è che, poiché il Trattato di Lisbona non è stato ancora ratificato, la Carta non produce, di per sé, effetti giuridici vincolanti paragonabili a quelli del diritto primario. Tuttavia, come fonte giuridica di riferimento essa fornisce chiarimenti sui diritti fondamentali (38) da considerare ai fini dell’interpretazione del diritto comunitario (39).
93. Pertanto, il divieto di istruire un procedimento eccessivamente oneroso si estende a tutte le spese processuali che ne scaturiscono per le parti in causa.
94. Non sussiste, tuttavia, un divieto assoluto di condannare alle spese coloro che ricorrono ai sensi della direttiva 2003/35. Ciò non solo è confermato dal suo tenore letterale, che vieta solamente le spese eccessivamente onerose, ma anche, in particolare, dall’art. 3, n. 8, della convenzione di Aarhus, che presuppone la possibilità di condanna alle spese.
95. La Commissione fonda la sua obiezione di un’insufficiente tutela da spese processuali eccessivamente onerose, sul fatto che in Irlanda le spese, in particolare, delle controparti vittoriose, possono essere molto elevate. Non sarebbero, infatti, da escludere spese dell’ordine di diverse centinaia di migliaia di euro.
96. Poco convince al riguardo l’argomento dedotto dal governo irlandese, con il quale si afferma l’esistenza di un regime di assistenza giuridica, il cosiddetto Attorney General’s Scheme e si rileva che i potenziali ricorrenti possono altresì avvalersi della procedura gratuita dinanzi all’Ombudsman. Il ,regime di assistenza giuridica testé citato non si applica, secondo il suo tenore letterale, ai procedimenti di cui alla direttiva. Esso non può, quindi, essere considerato quale provvedimento di attuazione della direttiva. Quanto all’Ombudsman, se è vero che esso si propone come alternativa non burocratica al procedimento giudiziario, è anche vero che, come affermato dal governo irlandese, può solo formulare raccomandazioni e non emettere decisioni vincolanti.
97. Come riconosciuto dalla Commissione e sottolineato dall’Irlanda, i tribunali irlandesi possono però decidere in modo discrezionale di non condannare la parte soccombente alle spese, facendo addirittura gravare le sue spese sulla parte vittoriosa. Sussiste quindi una possibilità di limitare il rischio di spese processuali eccessivamente onerose.
98. A mio giudizio, tale possibilità di limitare il rischio di spese processuali eccessivamente onerose costituisce prova sufficiente dell’esistenza di provvedimenti di attuazione. Il ricorso della Commissione è, quindi, infondato anche sotto questo aspetto.
99. Vorrei poi rilevare, a titolo integrativo, che risulta fondata la più generale obiezione sollevata dalla Commissione sul fatto che il diritto irlandese non vincola l’esercizio del potere discrezionale da parte dei tribunali in materia di spese processuali alle prescrizioni della direttiva. Per giurisprudenza costante, un potere discrezionale che può essere esercitato in conformità della direttiva non basta a recepire le disposizioni di una direttiva, poiché tale prassi può essere modificata in qualsiasi momento (40). Si tratta, tuttavia, di un’obiezione che riguarda la qualità del provvedimento di attuazione e che, come tale, è irricevibile.
100. Infine, con la sesta censura relativa agli artt. 10 bis della direttiva V.I.A. e 15 bis della direttiva 96/61 la Commissione formula una contestazione riguardo all’informazione del pubblico in merito ai diritti ad esso attribuiti dalla direttiva. Per accrescere l’efficacia di tali disposizioni, gli Stati membri, conformemente ai rispettivi nn. 6, devono garantire che siano rese disponibili al pubblico informazioni pratiche su come accedere alle procedure di ricorso amministrativo e giurisdizionale.
101. Anche a tale riguardo, la Commissione fa valere le due sentenze nella causa Friends of the Curragh Environment (41). A prescindere dalla normativa realmente vigente, il pubblico irlandese avrebbe dovuto supporre in base a dette sentenze, che la direttiva non era stata ancora trasposta.
102. L’argomento sollevato dal governo irlandese in merito alla sentenza Sweetman non può essere tenuto in considerazione, in quanto quest’ultima è stata pronunciata successivamente al termine impartito nel parere motivato della Commissione.
103. Il Planning and Development Act 2000, così come modificato dal Planning and Development (Strategic Infrastructure) Act 2006 era invece stato pubblicato ed era entrato in vigore prima della scadenza del termine. L’argomento così dedotto avrebbe, tuttavia, avuto maggior peso se gli emendamenti della normativa in materia di pianificazione territoriale avessero fatto espresso riferimento al recepimento della direttiva 2003/35. Ma così non è stato.
104. Inoltre, come risulta in particolare dalla seconda sentenza nella causa Friends of the Curragh Environment (42), è possibile che neppure i tribunali fossero sufficientemente informati su tale normativa. Tale sentenza riguardava i diritti di un’organizzazione non governativa, che è possibile siano stati rafforzati con l’entrata in vigore, poco prima, del Planning and Development (Strategic Infrastructure) Act 2006. Tuttavia, tale modifica normativa non viene neppure menzionata.
105. Ciò che ad ogni modo è decisivo, è che l’obbligo di informare il pubblico non può essere limitato alla pubblicazione della normativa di trasposizione. Le disposizioni di attuazione di direttive devono essere comunque pubblicate. L’obbligo espresso di informare il pubblico deve avere dunque maggiore estensione.
106. In particolare, per espressa disposizione, gli Stati membri sono tenuti a divulgare informazioni pratiche sull’accesso alla giustizia. La mera pubblicazione dei testi normativi non è pertanto sufficiente per adempiere a tale obbligo.
108. Ne consegue che l’Irlanda, non rendendo disponibili al pubblico informazioni pratiche sull’accesso alle procedure di ricorso amministrativo e giurisdizionale come previsto dagli artt. 10 bis, sesto comma, della direttiva V.I.A. e 15 bis, sesto comma, della direttiva 96/61, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 6 della direttiva 2003/35.
109. Resta ora da esaminare se l’Irlanda abbia fornito alla Commissione informazioni sufficienti sulla trasposizione degli artt. 10 bis della direttiva V.I.A. e 15 bis della direttiva 96/61. La Commissione ritiene che le informazioni comunicate circa la trasposizione del regime delle spese processuali (43) e, in genere, circa l’accesso alla giustizia, siano insufficienti.
110. Ai sensi dell’art. 6, primo comma, della direttiva 2003/35, gli Stati membri sono tenuti ad informare immediatamente la Commissione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative adottate in attuazione della direttiva.
111. Per giurisprudenza costante, gli Stati membri sono tenuti, a norma dell’art. 10 CE, ad agevolare la Commissione nello svolgimento del suo compito che ai sensi dell’art. 211 CE consiste, segnatamente, nel vegliare sull’applicazione delle norme del Trattato CE nonché delle disposizioni adottate dalle istituzioni in forza dello stesso Trattato (44). Analogamente a disposizioni analoghe di altre direttive, l’art. 6 della direttiva 2003/35 impone agli Stati membri un obbligo di informazione (45).
112. Le informazioni che gli Stati membri sono così tenuti a fornire alla Commissione devono essere chiare e precise. Esse devono indicare senza ambiguità quali siano le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative con cui lo Stato membro ritiene di aver adempiuto i vari obblighi impostigli dalla direttiva. In mancanza delle suddette informazioni, la Commissione non è in grado di stabilire se lo Stato membro abbia effettivamente e completamente attuato la direttiva. L’inadempimento di tale obbligo da parte di uno Stato membro ‑ che non abbia affatto fornito informazioni o le abbia fornite in modo non abbastanza chiaro e preciso – può giustificare, di per sé, l’avvio di un procedimento ai sensi dell’art. 226 CE per far dichiarare l’inadempimento stesso (46).
113. Per quanto riguarda le spese processuali, l’Irlanda ha già indicato nella risposta al primo parere motivato che i tribunali irlandesi sono autorizzati a statuire sulle spese a favore della parte soccombente.
114. Per il resto, l’accesso alla giustizia è assicurato in sostanza dal Planning and Development Act 2000, così come modificato dal Planning and Development (Strategic Infrastructure) Act 2006. L’Irlanda ne ha dato notificazione alla Commissione il 30 novembre 2006 e quindi prima che scadesse il termine impartito dal secondo parere motivato.
116. La Commissione lamenta, tuttavia, che l’Irlanda non le avrebbe comunicato le due sentenze della High Court irlandese nella causa Friends of the Curragh Environment (47).
117. In risposta agli argomenti della Commissione, l’Irlanda precisa anzitutto che gli Stati membri non sono obbligati a comunicare alla Commissione le disposizioni vigenti, che attuano la direttiva 2003/35. Le due sentenze si riferiscono al Planning and Development Act 2000 nella versione precedente al recepimento della direttiva 2003/35.
118. Come rileva la Commissione, la Corte si è già pronunciata sulla questione in senso opposto alla tesi sostenuta dall’Irlanda. Anche se gli Stati membri possono garantire, nel merito, la trasposizione della direttiva con disposizioni del loro vigente diritto interno, ciò non li dispensa affatto dall’obbligo formale di informare la Commissione dell’esistenza di queste ultime, affinché essa possa essere in grado di valutare la loro conformità rispetto alla detta direttiva (48).
119. L’Irlanda obietta, peraltro, che nell’ambito della risposta ad un parere motivato, è difficile illustrare come la giurisprudenza irlandese dia attuazione alle disposizioni della direttiva sull’accesso alla giustizia. Un rinvio generico a tale giurisprudenza congiuntamente ad un rinvio al capitolo pertinente del principale manuale di diritto amministrativo irlandese dovrebbero essere sufficienti. Le pronunce della High Court sono rese come obiter dicta, e non metterebbero in questione una sufficiente trasposizione. La High Court si sarebbe pronunciata correttamente solo in seguito all’ultima lettera alla Commissione (49).
120. Con questo argomento l’Irlanda disconosce tuttavia gli obblighi che incombono agli Stati membri ai fini dell’attuazione delle direttive. Tali obblighi prescindono dal fatto che uno Stato membro dia attuazione alla direttiva tramite norme di origine giurisprudenziale o provvedimenti legislativi. È comunque necessario esaminare, per ogni singola disposizione della direttiva, quali provvedimenti siano necessari alla sua attuazione. Nel caso in cui lo Stato membro voglia rilevare la continua validità di normativa già in vigore, dovrà identificare tale normativa prima di stabilire che non sono necessari ulteriori provvedimenti di attuazione.
121. È proprio questo l’esame che lo Stato membro può (e deve) comunicare alla Commissione senza significativi oneri aggiuntivi. Le difficoltà presentate da un ordinamento giuridico basato sui precedenti non risiedono nell’illustrazione di tale esame, ma piuttosto nell’esame stesso. Si tratta tuttavia di un esame che lo Stato membro deve effettuare a prescindere dall’obbligo di comunicazione.
122. Occorre dar ragione alla Commissione quando afferma che la comunicazione della trasposizione delle disposizioni di una direttiva non può escludere le informazioni che potrebbero metterne in dubbio la corretta trasposizione. Le sentenze secondo le quali una direttiva non è stata ancora recepita sono importanti proprio nel caso in cui uno Stato membro assume di averne già dato sufficiente attuazione.
123. L’Irlanda avrebbe dovuto quindi presentare alla Commissione un’esposizione della giurisprudenza irlandese dalla quale risultasse che le disposizioni della direttiva 2003/35 sull’accesso alla giustizia erano già sufficientemente attuate. In tale contesto, l’Irlanda avrebbe potuto precisare la portata delle relative dichiarazioni.
124. Occorre pertanto constatare, che l’Irlanda, non avendo comunicato alla Commissione le due sentenze della High Court nella causa Friends of the Curragh Environment non ha adempiuto all’obbligo di informazione ai sensi dell’art. 6 della direttiva 2003/35 relativamente alla trasposizione degli artt. 10 bis della direttiva V.I.A. e 15 bis della direttiva 96/61.
125. A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Soltanto la Commissione ne ha fatto domanda. Pur affermandosi come parte vittoriosa per taluni capi del ricorso, essa soccombe su più capi essenziali dello stesso ricorso. Pertanto, ciascuna delle parti va condannata a sopportare le proprie spese.
1. l’Irlanda, omettendo di adottare, in violazione degli artt. 2, n. 1, e 4, nn. 2‑4, della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE, tutte le misure necessarie a garantire sufficientemente che i progetti rientranti nella categoria «costruzione di strade» per i quali si prevede un impatto ambientale importante, quali elencati al n. 10, lett. e), dell’allegato II della direttiva 85/337/CEE, siano sottoposti, prima dell’approvazione, ad un procedimento autorizzatorio e ad una valutazione del loro impatto in conformità agli artt. 5‑10 della direttiva, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della detta direttiva;
2. L’Irlanda è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 6 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 maggio 2003, 2003/35/CE, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all’accesso alla giustizia:
– per non aver adottato tutte le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi agli artt. 3, nn. 3‑6, nonché 4, nn. 2 e 3;
– per non aver reso disponibili al pubblico, ai sensi degli artt. 10 bis della direttiva 85/337/CEE e 15 bis della direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento, come modificati dalla direttiva 2003/35/CE, informazioni pratiche sull’accesso alle procedure di ricorso amministrativo e giurisdizionale; e
6 – Approvata con decisione del Consiglio 17 febbraio 2005, 2005/370/CE, GU L 124, pag. 1. La convenzione è acclusa al testo della decisione.
7 – GU L 257, pag. 26, codificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 15 gennaio 2008, 2008/1/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (Versione codificata), GU L 24, pag. 8.
10 – Nella sentenza 25 luglio 2008, causa C‑142/07, Ecologistas en Acción-CODA (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 28) la Corte ha stabilito che giustificare un\'eccezione per le strade urbane «sarebbe contrario agli stessi obiettivi della direttiva».
14 – Sentenze 16 giugno 2005, causa C‑456/03, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑5335, punti 19 e segg.) e 30 novembre 2006, causa C‑32/05, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I‑11323, punti 52 e segg.).
17 – Planning and Development (Strategic Infrastructure) Act 2006 (Commencement) (No. 3) Order 2006 del 21 dicembre 2006, S. I. n. 684 del 2006.
18 – Planning and Development (Strategic Infrastructure) Act 2006 (Commencement) Order 2006 dell’11 ottobre 2006, S. I. n. 525 del 2006.
19 – Sentenza della High Court of Ireland, 8 dicembre 2006, Friends of the Curragh Environment Limited v An Bord Pleanála ([2006] IEHC 390).
21 – Oltre alle sentenze della High Court di cui alle note 19 e 20, si deve inoltre nominare, in particolare, la sentenza della Supreme Court irlandese, 2 maggio 2008, Harding -v- Cork County Council & anor [2008] IESC 27.
23 – V. sentenze 10 maggio 2001, causa C‑144/99, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. I‑3541, punto 21), 19 settembre 1996, causa C‑236/95, Commissione/Grecia (Racc. pag. I‑4459, punto 12 e segg.) e 12 luglio 2007, causa C‑507/04, Commissione/Austria (Racc. pag. I‑5939, punto 137).
26 – V. art. 50A, n. 3, lett. b), del Planning and Development Act 2000 così come modificato dal Planning and Development (Strategic Infrastructure) Act 2006.
27 – V. art. 50A, n. 4, del Planning and Development Act 2000 così come modificato dal Planning and Development (Strategic Infrastructure) Act 2006.
28 – V. anche la sentenza Harding (cit. alla nota 21). Con riguardo alla possibilità di interpretare il diritto irlandese in modo conforme alla direttiva, questa sentenza giunge alla sorprendente conclusione che una diversa interpretazione della nozione (aperta) di «substantial interest» sarebbe inconciliabile (contra legem) con la normativa irlandese.
36 – Non si tratta neppure della garanzia delle spese processuali, come definita nella sentenza della Supreme Court irlandese del 21 luglio 1998, Lanceford Ltd. v. An Board Pleanala (No. 2) [1999] 2 IR 270, o della possibilità prevista dall’art. 50A, n. 6, del Planning and Development Act 2000 così come modificato dal Planning and Development (Strategic Infrastructure) Act 2006, di far dipendere un procedimento dalla garanzia di risarcire di tutti i danni.
37 – La Carta è stata solennemente proclamata una prima volta a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU C 364, pag. 1) e una seconda volta a Strasburgo il 12 dicembre 2007 (GU C 303, pag. 1).
38 – V. sul punto anche le sentenze 27 giugno 2006, causa C‑540/03, Parlamento/Consiglio («diritto al ricongiungimento familiare», Racc. pag. I‑5769, punto 38) e 13 marzo 2007, causa C‑432/05, Unibet (Racc. pag. I‑2271, punto 37).
39 – Sentenze 24 marzo 1994, causa C‑2/92, Bostock (Racc. pag. I‑955, punto 16), 18 maggio 2000, causa C‑107/97, Rombi e Arkopharma (Racc. pag. I‑3367, punto 65), 6 novembre 2003, causa C‑101/01, Lindqvist (Racc. pag. I‑12971, punto 87) e Parlamento/Consiglio (cit. alla nota 39, punto 105).
40 – Sentenze 13 marzo 1997, causa C‑197/96, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑1489, punto 14), 9 marzo 2000, causa C‑358/98, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑1255, punto 17), 7 marzo 2002, causa C‑145/99, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑2235, punto 30) e 10 marzo 2005, causa C‑33/03, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. I‑1865, punto 25).
44 – Sentenze 25 maggio 1982, causa 96/81, Commissione/Paesi Bassi (96/81, Racc. pag. 1791, punto 7) e 12 settembre 2000, causa C‑408/97, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. I‑6417, punti 15 e 16).
45 – Sentenze 25 maggio 1982, Commissione/Paesi Bassi (cit. alla nota 44, punto 7) e Commissione/Italia (cit. alla nota 14, punto 26).
46 – Sentenze 25 maggio 1982, Commissione/Paesi Bassi (cit. alla nota 44, punto 8) e Commissione/Italia (cit. alla nota 14, punto 27).