Cass.Pen. Sez. III n. 32746 del 27 luglio 2023 (UP 3 lug 2023)
Pres. Ramacci Rel. Liberati Ric. Loiacono
Beni ambientali.Rilascio postumo autorizzazione paesaggistica

Il rilascio postumo dell'autorizzazione paesaggistica al di fuori dei limiti in cui essa è consentita ai sensi dell'art. 167, commi 4 e 5, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, non consente la sanatoria urbanistica ex art. 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, non produce alcun effetto estintivo dei reati edilizi né preclude l'emissione dell'ordine di rimessione in pristino dell'immobile abusivo edificato in zona vincolata

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 9 giugno 2022 la Corte d’appello di Palermo, provvedendo sulla impugnazione proposta dal Procuratore Generale nei confronti della sentenza del 28 settembre 2021 del Tribunale di Trapani, con la quale Maria Paola Assunta Lo Iacono era stata dichiarata non punibile per intervenuta definizione amministrativa in relazione ai reati di cui agli artt. 44, lett. c), d.P.R. 380/2001 (contestatole per avere realizzato, in area sottoposta a vincolo paesaggistico, un pergolato in legno delle dimensioni di m. 3,60 per m. 6,55, con copertura in pvc e sottostante area attrezzata e cucina in muratura e chiusura a serramenti; in San Vito Lo Capo, il 5/4/2017, capo A della rubrica) e 181 d.lgs. n. 42 del 2004 (per aver cagionato una modificazione ambientale realizzando le opere di cui al capo A senza avere ottenuto la preventiva autorizzazione della Regione Sicilia o, comunque, della Soprintendenza ai beni artistici, culturali e ambientali di Trapani, alla quale la Regione ha affidato la relativa competenza; in San Vito Lo Capo, il 5/4/2017, capo B della rubrica), ha escluso la rilevanza degli atti amministrativi posti a fondamento della decisione del Tribunale, che ha riformato, dichiarando l’imputata responsabile di entrambi i reati e condannandola alla pena complessiva di due mesi di arresto e 33.000,00 euro di ammenda, disponendo altresì la demolizione delle opere abusive e la rimessione in pristino dello stato dei luoghi.

2. Avverso tale sentenza l’imputata ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’Avvocato Antonino Sammartano, che lo ha affidato a quattro motivi, eccependo, in via preliminare, l’intervenuta estinzione per prescrizione di entrambi i reati, essendo decorso prima della pronuncia della sentenza impugnata, ossia il 7 giugno 2022, il relativo termine quinquennale, pur tenendo conto di 64 giorni di sospensione ex art. 83 d.l. n. 18 del 2020 a causa del rinvio dell’udienza del 14 aprile 2020 in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Sars COVID19.
2.1. Con il primo motivo ha quindi denunciato un vizio della motivazione, che sarebbe contraddittoria e manifestamente illogica in quanto fondata su un acritico rinvio ai motivi di impugnazione del Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Palermo e priva della necessaria autonoma valutazione degli elementi di prova, in particolare degli atti amministrativi che avevano determinato il Tribunale a dichiarare non punibili le condotte contestate, la cui decisione era stata integralmente riformata in assenza di una esauriente e autonoma valutazione delle deduzioni delle parti.
2.2. Con il secondo motivo ha denunciato l’erronea applicazione degli artt. 36 e 45 d.P.R. 380/2001 e dell’art. 14 della l. Regione Sicilia n. 16 del 2016 e un ulteriore vizio della motivazione, in relazione alla affermazione di responsabilità per il reato edilizio di cui al capo a), non essendo stato correttamente considerato il permesso di costruire (n. 36 del 22/9/2021) rilasciato alla ricorrente dal Comune di San Vito Lo Capo a seguito del positivo accertamento di conformità ai sensi della l. Regione Sicilia n. 16 del 2016, che determinerebbe l’estinzione delle contravvenzioni urbanistiche ai sensi dell’art. 45, comma 3, d.P.R. 380/2011, anche perché accompagnato dall’accertamento di compatibilità paesaggistica rilasciato dalla Soprintendenza per i Beni Artistici Culturali e Ambientali di Trapani in data 15/9/2021, pur essendo sufficiente, ai fini del rilascio del permesso di costruire, il solo nulla osta paesaggistico.
2.3. Con il terzo motivo ha denunciato l’erronea applicazione degli artt. 146, 167 e 181 d.lgs. n. 42 del 2004 e dell’art. 32, comma 27, d.l. 269/2003, con riferimento alla affermazione di responsabilità in ordine al reato paesaggistico di cui al capo b), laddove la Corte d’appello aveva escluso la rilevanza dell’accertamento di compatibilità paesaggistica (che avrebbe spiegato effetti solo con riferimento al reato urbanistico, di cui, però, contraddittoriamente, era stata affermata la configurabilità ed esistenza), ritenendo che le opere realizzate non rientrino tra quelle suscettibili di sanatoria paesaggistica in quanto non comprese tra quelle previste dall’art. 181, comma 1 ter, lett. a), b), c), nonostante il Comune di San Vito Lo Capo avesse ritenuto ammissibile tale sanatoria trattandosi di opere rientranti tra quelle previste dall’art. 167, comma 4, lett. a), d.lgs. 42/2004, non essendo stati realizzati superfici o volumi, e la Soprintendenza di Trapani si fosse espressa nel senso della loro compatibilità paesaggistica, con la conseguente sussistenza dei presupposti per poter ritenere applicabile la causa di esclusione della responsabilità prevista dall’art. 181, comma 1 ter, lett. a), d.lgs. 42/2004.
Ha evidenziato anche come l’accertamento postumo di compatibilità paesaggistica escluda, secondo un orientamento della giurisprudenza di legittimità (si richiamano le sentenze n. 24410 del 2016 e n. 8059 del 2013), la demolizione e la rimessione in pristino dei luoghi, che, quindi, avrebbero dovuto essere eliminate.
2.4. Infine, con il quarto motivo ha denunciato la violazione dell’art. 14, comma 1, lett. f) ed n), dello Statuto della Regione Sicilia, e dell’art. 25 bis l. Regione Sicilia 15/2004 (introdotto dalla l. regionale n. 19 del 2021), che consentirebbe la regolarizzazione delle opere abusive realizzate in aree sottoposte a vincoli che non determinino inedificabilità assoluta.

3. Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso, sottolineando la mancata considerazione delle ulteriori sospensioni del termine di prescrizione, per rinvii d’udienza chiesti dalla difesa, che ne collocavano il compimento alla data del primo febbraio 2023, e la correttezza della esclusione dell’effetto sanante invocato dalla ricorrente e dichiarato dal Tribunale, per essere stata accertata l'avvenuta realizzazione di una serie di opere abusive in un'area sottoposta a vincolo paesaggistico ambientale, in assenza del prescritto permesso di costruire e senza il preventivo ottenimento dell'autorizzazione rilasciata dalla Soprintendenza dei beni culturali e ambientali.

4. Con memoria del 26 giugno 2023 la ricorrente ha replicato a tali richieste, insistendo per l’accoglimento del ricorso, ribadendo la fondatezza della eccezione di prescrizione, comunque intervenuta in pendenza del ricorso per cassazione, e degli altri motivi di ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. L’eccezione di prescrizione sollevata in via preliminare è manifestamente infondata, in quanto la ricorrente, nell’affermare l’avvenuto decorso del termine massimo di prescrizione per entrambi i reati contestati anteriormente alla pronuncia della sentenza impugnata, resa il 9 giugno 2022, non ha considerato le sospensioni di tale termine per rinvii chiesti dalla difesa, per legittimo impedimento del difensore della imputata e per l’emergenza epidemiologica, per complessivi 302 giorni (di 56 giorni per rinvio su richiesta della difesa dal 25/5/2021 al 20/7/2021; di 84 giorni per rinvio richiesto dalla difesa dal 2/3/2021 al 25/5/201; di 15 giorni per rinvio richiesto dalla difesa dal 14/9/2020 al 29/9/2020; di 29 giorni dal 14/4/2020 al 11/5/2020 per rinvio dell’udienza del 14/4/2020 per l’emergenza epidemiologica da Sars COVID19; di 57 giorni per rinvio dal 17/2/2020 al 14/4/2020 per impedimento del difensore; di 63 giorni per rinvio dal 16/12/2019 al 17/2/2020 richiesto dalla difesa), che determinano la scadenza di detto termine in data 1 febbraio 2023, successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, che ha del tutto infondatamente lamentato il mancato rilievo di tale causa estintiva da parte della Corte d’appello di Palermo.

3. Ciò premesso, il primo motivo, mediante il quale è stato denunciato un vizio della motivazione, che sarebbe illogica e contraddittoria, a causa dell’acritica adesione alla prospettazione contenuta nell’atto d’appello del pubblico ministero, è manifestamente infondato.
Premesso che il vizio denunciato determinerebbe, semmai, l’insufficienza della motivazione, con la conseguente errata individuazione del vizio denunciabile, circostanza che già di per sé determina l’inammissibilità del ricorso, privo della necessaria specificità nella individuazione e nella illustrazione della doglianza, essendo necessaria, ai fini della ammissibilità del ricorso per cassazione, l’esatta individuazione, tra quelli denunciabili, del vizio di motivazione che si lamenta, risultando altrimenti la doglianza generica e indeterminata, alla luce delle diverse tipologie di vizi della motivazione denunciabili ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. e della loro ontologica differenza, in ogni caso nel caso in esame la motivazione della sentenza impugnata non è certamente mancante né frutto di acritica adesione a quanto esposto nell’atto d’appello del pubblico ministero.
La Corte d’appello di Palermo è, infatti, pervenuta alla riforma della decisione di improcedibilità adottata dal Tribunale di Trapani all’esito di una compiuta ricostruzione della vicenda e delle caratteristiche delle violazioni realizzate dalla imputata, nonché di una approfondita analisi della disciplina applicabile, per concludere per l’irrilevanza del permesso di costruire in sanatoria e del parere di compatibilità paesaggistica ottenuti dalla Lo Iacono, dando in tal modo conto in modo adeguato delle ragioni della decisione e, soprattutto, della diversa valutazione dei titoli abilitativi ottenuti dalla imputata, sulla base di una valutazione che, se pure coincidente, necessariamente (essendo stata accolta l’impugnazione), con quella del pubblico ministero appellante, non risulta né immotivata né frutto di adesione acritica e ingiustificata alla tesi dell’accusa, bensì fondata su una ampia e autonoma giustificazione delle ragioni della decisione.
Ne consegue, in definitiva, la manifesta infondatezza dei rilievi sollevati con il primo motivo di ricorso.

4. Anche gli altri motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente in considerazione della sovrapponibilità delle censure con essi formulate, tutte relative alla idoneità dei titoli abilitativi in sanatoria ottenuti dalla ricorrente a estinguere sia il reato edilizio sia quello paesaggistico, sono manifestamente infondati.
Giova premettere, per la miglior comprensione della vicenda, che il Tribunale di Trapani aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti della Lo Iacono ritenendo estinto il reato edilizio, a seguito del rilascio del permesso di costruire in sanatoria e in presenza del requisito della doppia conformità (cioè della assentibilità delle opere sia all’epoca della loro realizzazione sia al momento del rilascio del titolo edilizio), e del nulla osta paesaggistico rilasciato dalla Soprintendenza ai Beni Artistici Culturali e Ambientali di Trapani, qualificando come di minore rilevanza le opere realizzate dalla Lo Iacono.
La Corte d’appello di Palermo, investita dalla impugnazione del pubblico ministero avverso la decisione liberatoria del Tribunale di Trapani, è pervenuta a conclusioni opposte rispetto a quelle raggiunte dal Tribunale, escludendo l’effetto estintivo del reato edilizio in conseguenza del rilascio del permesso di costruire in sanatoria, in considerazione della realizzazione delle opere abusive in area sottoposta a vincolo paesaggistico, ostativo a qualsiasi sanatoria ai sensi dell’art. 32, comma 27, lett. a), l. n 326/2003 per opere non qualificabili come di minore rilevanza (cioè di restauro, risanamento conservativo e manutenzione ordinaria), come quelle realizzate dalla ricorrente, consistenti in un pergolato in legno delle dimensioni di m. 3,60 per m. 6,55, con copertura in pvc e sottostante area attrezzata e cucina in muratura e chiusura a serramenti, implicanti aumento di superficie e di volumetria; la Corte d’appello ha anche escluso l’effetto estintivo del reato paesaggistico in considerazione dell’assorbente rilievo che le opere realizzate dalla ricorrente, implicanti, come ricordato, aumenti di superficie e di volumetria, non rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 181, comma 1 ter, d.lgs. 42/2004.

5. Si tratta di considerazioni corrette e conformi al consolidato e univoco orientamento interpretativo della giurisprudenza di legittimità, con le quali, tra l’altro, il ricorrente non si è realmente confrontato, in quanto il condono previsto dall'art. 32 del d.l. n. 269 del 2003 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 326 del 2003) è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell'allegato 1 del citato d.l. (e cioè di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e previo parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo, mentre non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai precedenti numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato, anche se l'area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (Sez. 3, n. 40676 del 20/05/2016, Armenante, Rv. 268079; nel medesimo senso Sez. 3, n. 44957 del 02/07/2019, Errico, Rv. 277264, con la quale è stata anche chiarita l’inderogabilità di tale disciplina da parte di leggi regionali, con la conseguente esclusione della condonabilità di interventi diversi da quelli di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria e per i quali vi sia stato il previo parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo).
Ne consegue che correttamente la Corte d’appello di Palermo ha escluso l’effetto sanante del permesso di costruire in sanatoria ottenuto dalla ricorrente, anche in presenza del parere favorevole di compatibilità paesaggistica rilasciato dalla Soprintendenza di Trapani, trattandosi di opere chiaramente implicanti aumento di superficie e di volumetria, come tali non sanabili, anche in presenza di parere di compatibilità paesaggistica (inidoneo a determinare l’effetto sanante di cui all’art. 181, comma 1 ter, d.lgs. 42/2004) e neppure suscettibili di condono ambientale (cfr. Sez. 3, n. 5750 del 02/02/2023, Lettieri, Rv. 284314, secondo cui in tema di sanatoria ex art. 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, di opere realizzate in area vincolata, il rilascio postumo del permesso di costruire, in assenza di autorizzazione paesaggistica, non ha efficacia sanante neanche in relazione al solo profilo urbanistico dell'intervento già realizzato).

6. L’effetto sanante del parere favorevole di compatibilità paesaggistica è stato, anch’esso, correttamente escluso, sia perché la ricorrente non ha mai compiuto alcun atto di impulso del procedimento di condono ambientale, essendosi limitata ad avanzare istanza per l'ottenimento del condono edilizio (cfr. Sez. 3, n. 24410 del 09/02/2016, Pezzuto, Rv. 267191, secondo cui l'autorizzazione paesaggistica in sanatoria, al di fuori dei casi previsti dall'art. 167, commi quarto e quinto, d.lgs. n. 42 del 2004, non può essere rilasciata successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi, e, non avendo equipollenti, produce l'estinzione del reato previsto dall'art. 181 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 solo se rilasciata all'esito della procedura prevista dal comma primo quater della medesima norma, con la conseguente esclusione dell'efficacia sanante del parere favorevole espresso dal soprintendente nell'ambito del separato procedimento per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001, o in sede di conferenza di servizi, ex art. 14, comma terzo bis, l. n. 241 del 1990); sia perché tale effetto sanante si determina solamente, ai sensi del citato art. 181, comma 1 ter, d.lgs. 42/2004, per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione  paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati, ovvero per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica, o per i lavori configurabili quali  interventi  di  manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, con la conseguente esclusione dei lavori realizzati dalla Lo Iacono dal novero di quelli suscettibili di sanatoria ambientale, che hanno, come già ricordato, comportato l’aumento di superfici e volumi (cfr. Sez. 3, n. 190 del 12/11/2020, dep. 2021, Susana, Rv. 281131, secondo cui il rilascio postumo dell'autorizzazione paesaggistica al di fuori dei limiti in cui essa è consentita ai sensi dell'art. 167, commi 4 e 5, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, non consentendo la sanatoria urbanistica ex art. 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, non produce alcun effetto estintivo dei reati edilizi né preclude l'emissione dell'ordine di rimessione in pristino dell'immobile abusivo edificato in zona vincolata).

7. Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile, a cagione della manifesta infondatezza di tutti i motivi ai quali è stato affidato.
L’inammissibilità originaria del ricorso esclude il rilievo della eventuale prescrizione verificatasi successivamente alla sentenza di secondo grado, giacché detta inammissibilità impedisce la costituzione di un valido rapporto processuale di impugnazione innanzi al giudice di legittimità, e preclude l'apprezzamento di una eventuale causa di estinzione del reato intervenuta successivamente alla decisione impugnata (Sez. un., 22 novembre 2000, n. 32, De Luca, Rv. 217266; conformi, Sez. un., 2/3/2005, n. 23428, Bracale, Rv. 231164, e Sez. un., 28/2/2008, n. 19601, Niccoli, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8.5.2013, Rv. 256463; Sez. 2, n. 53663 del 20/11/2014, Rasizzi Scalora, Rv. 261616; nonché Sez.  U, n. 6903 del 27/05/2016, dep. 14/02/2017, Aiello, Rv. 268966).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 3/7/2023