Cass. Sez. III n. 48958 del 11 dicembre 2015 (Cc 13 ott 2015)
Presidente: Franco Estensore: Amoresano Imputato: Giordano
Beni Ambientali.Struttura abusiva ultimata e concretezza ed attualità del pericolo ai fini del sequestro

In tema di sequestro preventivo per reati paesaggistici, la sola esistenza di una struttura abusiva ultimata (nella specie, l'ampliamento per mq. 13 di abitazione sita in zona dichiarata di notevole interesse pubblico) non integra i requisiti della concretezza ed attualità del pericolo, in assenza di ulteriori elementi idonei a dimostrare che la disponibilità della stessa, da parte del soggetto indagato o di terzi, possa implicare una effettiva lesione dell'ambiente e del paesaggio.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Salerno, con ordinanza in data 04/05/2015, rigettava la richiesta di riesame, proposta nell'interesse di  Giordano Anna Carmela, avverso il decreto di sequestro preventivo di un vano di circa 13 mq. adibito a cucina, emesso dal G.i.p. del Tribunale di Salerno il 27/03/2015.

Premetteva il Tribunale che, a seguito di sopralluogo effettuato dalla p.g. in data 10/03/2015, veniva accertato che era stato realizzato un vano di circa 13 mq. (erano in atto lavori di rifinitura) in ampliamento all'abitazione della Giordano, sita nel centro storico di Cetara in zona dichiarata, con D.M. 1 dicembre 1961, di notevole interesse pubblico. In data 24/03/2015 la Polizia municipale di Cetara, dopo aver constatato che i lavori erano stati ultimati e che il vano realizzato era stato adibito a cucina, disponeva il sequestro preventivo di urgenza del manufatto.

Ipotizzandosi a carico della Giordano il reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 bis su richiesta del P.M., il G.i.p. emetteva decreto di sequestro preventivo.

Tanto premesso, riteneva il Tribunale di aderire al più recente indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte (sent. n. 24539/13 e 42363/13), secondo cui anche il solo uso del fabbricato, benchè ultimato, fosse idoneo a continuare l'alterazione dell'ecosistema tutelato dal vincolo. Tale uso, infatti, integra il requisito dell'attualità del pericolo.

Sussistevano, pertanto, sia il fumus del reato ipotizzato che il periculum in mora.

2. Ricorre per cassazione  Giordano Anna Carmela a mezzo del difensore, denunciando la inosservanza ed erronea applicazione del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 bis in relazione all'art. 321 cod. proc. pen., nonchè la mancanza di motivazione.

Il Tribunale ha ritenuto che il periculum in mora, in relazione al reato paesaggistico, derivi dal solo uso del manufatto abusivo.

Si è limitato, però, a riportare precedenti giurisprudenziali, senza spiegare in che cosa consisterebbe l'aggravamento delle conseguenze del reato (derivante dall'uso dell'immobile) in riferimento all'ecosistema protetto.

Il Tribunale, quindi, non ha accertato l'esistenza di un pericolo concreto ed attuale che possa giustificare la misura cautelare.

Il principio di diritto richiamato non esime, invero, il giudice dall'accertare la effettiva compromissione degli interessi riguardanti il territorio e l'equilibrio ambientale e le ragioni per cui l'uso del bene costituisca una ulteriore lesione del bene giuridico protetto.

Anche in relazione ai manufatti realizzati in zone vincolate va, invero, applicato il principio enunciato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 12878 del 29/01/2003.

Non è conseguentemente consentito il sequestro di un immobile ultimato, realizzato in zona vincolata, in assenza di elementi concreti idonei a dimostrare che l'utilizzazione dello stesso determini l'aggravamento (già arrecato dalla realizzazione del manufatto) dei valori paesaggistici protetti dalla norma.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. Risulta pacificamente accertato, in punto di fatto, che il manufatto oggetto di sequestro consiste in un ampliamento, di circa mq. 13, dell'edificio preesistente ed è completamente ultimato (anche con le rifiniture), tanto da essere adibito a cucina, come constatato dalla Polizia municipale in data 24/03/2015.

Il Tribunale, pur dando atto dell'avvenuta ultimazione dei lavori al momento del sequestro di urgenza disposto dalla p.g., ha ritenuto, sussistente, oltre il "fumus" (il manufatto è stato realizzato senza la prescritta autorizzazione paesaggistica), anche il "periculum in mora", in quanto l'utilizzazione di un manufatto, costituente il prodotto del reato paesaggistico, integra il requisito dell'attualità del pericolo perdurando l'offesa al territorio ed all'equilibrio ambientale; sicchè il solo uso dell'immobile abusivo costituisce, secondo i Giudici del riesame, attività idonea a protrarre le conseguenze dannose del reato, pur essendo la consumazione cessata con l'ultimazione dell'opera.

L'indirizzo interpretativo, cui aderisce il Tribunale, non è condiviso dal Collegio.

2.1. In ordine alla sequestrabilità di manufatti realizzati abusivamente in zona non vincolata è stato reiteratamente affermato che il pericolo, attinente alla libera disponibilità del bene, debba presentare i caratteri della concretezza e dell'attualità.

Con le sentenze delle Sezioni Unite (prima la n. 23 del 14/12/1994 e poi la n. 12878 del 29/01/2003), veniva sottolineato che, ancorchè manchi per le misure cautelari reali una previsione esplicita di concretezza come quella codificata per le misure sulla libertà personale dell'art. 274 c.p.p., lett. c) è nella fisiologia del sequestro preventivo di cui all'art. 321 c.p.p., quale misura anch'essa limitativa di libertà costituzionalmente garantite, che il pericolo debba essere contrassegnato dalla effettività e dalla concretezza. Pertanto, spetta al giudice di merito, con adeguata motivazione, compiere una attenta valutazione del pericolo derivante dal libero uso della cosa pertinente all'illecito penale. In particolare, vanno approfonditi la reale compromissione degli interessi attinenti al territorio ed ogni altro dato utile a stabilire in che misura il godimento e la disponibilità attuale della cosa da parte dell'indagato o di terzi possa implicare una effettiva ulteriore lesione del bene giuridico protetto, ovvero se l'attuale disponibilità del manufatto costituisca un elemento neutro sotto il profilo della offensività. In altri termini, il giudice deve determinare, in concreto, il livello di pericolosità che la utilizzazione della cosa appare in grado di raggiungere in ordine all'oggetto della tutela penale, in correlazione al potere processuale di intervenire con la misura preventiva cautelare. Per esempio, nel caso di ipotizzato aggravamento del cd. carico urbanistico va delibata in fatto tale evenienza sotto il profilo della consistenza reale ed intensità del pregiudizio paventato, tenendo conto della situazione esistente al momento dell'adozione del provvedimento coercitivo".

Anche la giurisprudenza successiva ha costantemente ribadito che il sequestro preventivo di cose pertinenti al reato può essere adottato anche su un'opera ultimata, se la libera disponibilità di essa possa concretamente pregiudicare gli interessi attinenti alla gestione del territorio ed incidere sul carico urbanistico, il pregiudizio del quale va valutato avendo riguardo agli indici di consistenza dell'insediamento edilizio, del numero dei nuclei familiari, della dotazione minima degli spazi pubblici per abitare, nonchè della domanda di strutture e di opere collettive" (cfr. Cass. pen. sez. 3 n. 6599 del 24.11.2011 ed in precedenza Cass. sez. 3 n. 19761 del 25.2.2003; sez. 4 n. 15821 del 31.1.2007; Sez. 3 n. 4745 del 12.12.2007; sez. 2 n. 17170 del 23.4.2010).

2.2. Tali principi debbono essere affermati anche in relazione ad opere realizzate in zone sottoposte a vincolo paesaggistico, rientrando, come si è visto, nella finalità del sequestro preventivo, ai sensi dell'art. 321 c.p.p., che il pericolo debba essere effettivo e concreto.

Secondo l'indirizzo interpretativo richiamato dal Tribunale, invece, in relazione agli interventi eseguiti in zona sottoposta a vincolo, è possibile, comunque, disporre il sequestro, dal momento che la sola esistenza di una struttura abusiva "integra il requisito dell'attualità del pericolo, indipendentemente dall'essere l'edificazione illecita ultimata o meno, in quanto il rischio di offesa al territorio ed all'equilibrio ambientale, a prescindere dall'effettivo danno al paesaggio, perdura in stretta connessione alla utilizzazione della costruzione ultimata" (Cass. sez. 3 n. 42363 del 18/09/2013, che richiama sez. 3 n. 24539 del 20/03/2013 e le precedenti Sez. 3 n. 30932 del 24/07/2009 e n. 32247 del 31/07/2003).

Tale orientamento ritiene, quindi, che l'attualità del periculum sia "in re ipsa", stante la idoneità del mero uso del manufatto realizzato in zona vincolata a deteriorare ulteriormente l'ecosistema protetto dal vincolo.

Non viene, però, indicato il motivo per cui si debba "differenziare" l'individuazione dell'aggravamento delle conseguenze del reato a seconda che si tratti di un reato edilizio oppure di un reato paesaggistico.

Mentre per il primo si riconosce che tale aggravamento debba essere verificato tenendo conto dell'incidenza dell'intervento edilizio sul carico urbanistico, per il secondo non viene chiarito perchè si possa prescindere aprioristicamente da ogni valutazione in concreto.

Eppure anche una costruzione ultimata in zona non vincolata può, in quanto realizzata in contrasto con gli strumenti urbanistici, di per sè stravolgere la programmazione dell'uso del territorio. Ma, pacificamente ormai, se non risulti accertato l'aggravio del carico urbanistico, non è possibile procedere al sequestro dopo l'ultimazione dei lavori. Si riconosce cioè che il solo uso del manufatto abusivo non possa determinare un aggravamento del reato, da impedire con l'adozione della misura cautelare.

Prendendo ad esempio la fattispecie in esame, non è dato comprendere le ragioni per cui, in relazione ad un ampliamento, di circa 13 mq, di un edificio preesistente (con lavori ultimati) debba procedersi, prima di disporre il sequestro, ad un accertamento rigoroso dell'attualità e concretezza del pericolo di un aggravamento delle conseguenze del reato ove il manufatto sia stato realizzato in zona non vincolata, mentre se ne possa completamente prescindere se il medesimo manufatto sia stato realizzato in zona vincolata.

2.3. Ritiene, pertanto, il Collegio, in adesione al diverso indirizzo interpretativo affermatosi in precedenza, che sia, comunque, necessario un accertamento in concreto che l'uso dell'immobile, abusivamente realizzato in zona vincolata, determini un aggravamento delle conseguenze del reato; senza quindi che possa esserci una sorta di "automatismo" tra detto uso e la alterazione dell'ecosistema tutelato dal vincolo.

Non c'è dubbio che la valutazione sul punto abbia "ad oggetto l'incidenza negativa della condotta su un più delicato equilibrio rispetto a quello riguardante genericamente il carico urbanistico sul territorio, sicchè la esclusione della idoneità dell'uso della cosa a deteriorare ulteriormente l'ecosistema protetto dal vincolo deve formare oggetto di un esame particolarmente approfondito. L'ulteriore lesione del bene protetto, derivante dall'uso dell'opera abusiva, deve essere, infatti, esclusa solo ove si accerti la assoluta compatibilità di tale uso con gli interessi tutelati dal vincolo, tenendosi conto della natura di quest'ultimo e della situazione preesistente alla realizzazione dell'opera" (cfr. Cass. pen. Sez. 3 n. 40486 del 27/10/2010).

Una tale valutazione, che compete al Giudice di merito, ha omesso il Tribunale, che si è limitato, come si è visto, a ritenere, in via astratta, che debba essere, sempre e comunque, impedito l'uso di manufatti, realizzati in zona vincolata, perchè idoneo, di per sè, ad alterare ulteriormente l'ecosistema protetto dal vincolo.

2.4. L'ordinanza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Salerno, che si atterrà ai principi di diritto ed ai rilievi sopra evidenziati.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Salerno.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2015.