Cons. Stato Sez. VI sent. 370 del 31 gennaio 2007
Beni Ambientali. cave e torbiere (valutazione impatto ambientale)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 370/07
Reg.Dec.
N. 10270 Reg.Ric.
ANNO 2005
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha
pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto da Mei Gualtiero, titolare
dell’omonima ditta Mei Gualtiero Ghiaia, rappresentato e
difeso dagli avv.ti Franco Buonassisi e Luciana Colantoni, ed
elettivamente domiciliato presso quest’ultima, in Roma, via
G.G. Belli, n. 60;
contro
Regione Marche, in persona del Presidente pro tempore della Giunta
regionale, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall'
avv.to Simonella Coen, ed elettivamente domiciliato presso
l’Avv. Sergio Del Vecchio, in Roma, viale Angelico, n. 38;
e nei confronti
Comune di Saltara, non costituitosi in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche,
Sezione I, n. 989/2005;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Marche;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 14-11-2006 relatore il Consigliere Roberto
Chieppa.
Uditi l'Avv. Colantoni e l'Avv. Del Vecchio per delega
dell’Avv. Coen;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O E D I R I T T O
1. Con l’impugnata sentenza il Tar ha respinto il ricorso
proposto dalla ditta Mei Gualtiero Ghiaia e Sabbia avverso la
deliberazione della Giunta regionale delle Marche,con la quale
è stata negata la compatibilità paesistico
ambientale di cui agli artt. 43 e 63/ter delle norme tecniche di
attuazione (N.T.A.) del Piano Paesaggistico Ambientale della Regione
Marche - P.P.A.R. e l’autorizzazione paesaggistica di cui
all’art. 7 della legge n. 1497 del 1939, relativamente al
progetto presentato dalla stessa ditta ricorrente, recante variante al
progetto di ampliamento e recupero della cava di materiale
ghiaioso-sabbioso, sita in località Piano dei Laghi del
Comune di Saltara.
A seguito di una verificazione disposta in corso di giudizio, il
giudice di primo grado ha ritenuto che:
- il progetto di variante di un precedente intervento di recupero di
cava dovesse essere ricompreso tra quelli di rilevante trasformazione
del territorio, assoggettabili a dichiarazione di valutazione di
impatto ambientale;
- la valutazione negativa, effettuata dalla Regione, era corretta e
logica, tenuto conto che il progetto interessava porzioni della fascia
di rispetto fluviale sottoposta a vincolo di tutela integrale, con un
notevole incremento delle asportazioni di materiale ghiaioso e sabbioso
all’interno della fascia di tutela, in conseguenza del
previsto rimodellamento morfologico dell’area, attraverso la
realizzazione di un’unica scarpata alta 12 metri, in
sostituzione delle due scarpate alte tra i 5 e i 7 metri previste
nell’originario progetto approvato nell’anno 1996;
- la circostanza che il Piano regolatore comunale avesse dato ai
terreni interessati dall’area di cava una destinazione di
zona agricola con attività estrattiva non faceva comunque
venire meno la necessità del rispetto dei regimi di vincolo
paesaggistico ed ambientale presenti nella stessa zona ed imposti dal
P.P.A.R..
La ditta Mei Gualtiero Ghiaia e Sabbia ha impugnato tale decisione,
deducendo:
1) la violazione dell’art. 45 del III comma del P.P.A.R., e
dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, in quanto le
attività estrattive e le opere connesse in base alle norme
invocate non sono da considerare come intervento di rilevante
trasformazione del territorio e, come tali, non sono soggette a
dichiarazione di compatibilità paesistico-ambientale,
soprattutto allorché risultano di modesta entità,
come quelle interessate dalla variante del progetto di cava di cui si
controverte; con l’impugnata deliberazione, invece,
è stato ingiustificatamente sottoposto a tale giudizio di
compatibilità con il P.P.A.R. il progetto di variante, per
giunta senza fornire alcuna giustificazione in ordine alle
caratteristiche tecniche dell’intervento progettuale, tali da
ricomprenderlo tra quelli individuati dall’art. 43 delle
N.T.A. del suddetto Piano Paesaggistico Ambientale Regionale.
2) eccesso di potere sotto i diversi profili
dell’erroneità, della carenza di istruttoria e di
violazione del principio di buona amministrazione, in quanto, come
emerso dalla stessa verificazione, la richiesta variante, oltre ad
essere compatibile con le previsioni urbanistiche comunali, risulta
essere migliorativa sotto il profilo della tutela ambientale e comporta
una limitata modificazione del progetto di cava già
assentito dall’Autorità regionale.
La Regione Marche si è costituita in giudizio, chiedendo la
reiezione del ricorso in appello.
All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in
decisione.
2. Il primo motivo del ricorso, relativo all’asserita assenza
del requisito della rilevante trasformazione del territorio,
è infondato.
L’art. 45 delle norme tecniche di attuazione (N.T.A.) del
Piano Paesaggistico Ambientale Regionale (P.P.A.R.), approvato con
Delibera del Consiglio Regionale delle Marche n.198 del 3 novembre
1989, ha ricompreso le attività estrattive e le opere
connesse tra gli interventi di rilevante trasformazione del territorio
la cui realizzazione è subordinata alla preventiva
dichiarazione di compatibilità paesistico-ambientale da
parte della Giunta regionale, ai sensi di quanto espressamente
stabilito dall’art.63/ter dello stesso P.P.A.R..
Con la stessa disposizione è precisato che non sono da
considerarsi interventi di rilevante trasformazione del territorio,
quelli di modesta entità, tali da non modificare i caratteri
costitutivi del contesto paesistico ambientale o della singola risorsa.
Nell’impugnata deliberazione della Giunta regionale
è presente un ampia descrizione dell’intervento
richiesto in variante con conseguente accertamento che lo stesso
rientra tra le opere di rilevante trasformazione del territorio, di cui
al citato art. 45 del P.P.A.R..
Non è quindi vero che l’amministrazione non abbia
verificato la ricorrenza del presupposto per l’esercizio
della sua funzione, come sostenuto dal ricorrente.
Né tale valutazione risulta insufficientemente motivata, in
quanto la giustificazione del predetto accertamento si ricava dalla
descrizione dell’intervento e dal richiamo della precedente
valutazione di compatibilità e delle modifiche apportate nel
corso della precedente istruttoria, in cui a seguito di contatti con
l’ufficio urbanistica la ricorrente aveva modificato
l’originario progetto, che prevedeva soluzioni simili a
quelle poi richieste nuovamente in sede di variante.
La verificazione, disposta dal Tar, non ha costituito, quindi, una
motivazione postuma dell’assoggettabilità
dell’intervento alla menzionata valutazione, ma ha
rappresentato un accertamento istruttorio idoneo a confermare la
correttezza della valutazione, contenuta nell’impugnato
provvedimento.
Non è neanche corretto limitare la valutazione
sull’entità dell’intervento al solo dato
del nuovo materiale movimentato, in quanto la rilevanza del progetto
non può prescindere dal fatto che si tratta di una variante
ad un precedente intervento, già autorizzato a seguito di
positiva valutazione di impatto.
Costituisce principio pacifico quello secondo cui la rinnovazione del
giudizio di compatibilità ambientale si impone
allorché le varianti progettuali determinino la costruzione
di un intervento significativamente diverso da quello già
esaminato.
Nel caso di un’autorizzazione alla realizzazione di un
intervento in più fasi, è necessaria una
valutazione dell’impatto ambientale se nel corso della
seconda fase (e, quindi, anche in sede di variante) il progetto
può avere un impatto ambientale importante, in particolare
per la sua natura, le sue dimensioni o la sua ubicazione (in tal senso,
Cons. Stato, VI, n. 2694/2006; principio conforme a Corte Giust., 4
maggio 2006, C-290/2003).
Nel caso di specie, le modifiche apportate al progetto approvato in
precedenza, pur non delineando un’opera sostanzialmente
diversa, non sono certo costituite da marginali variazioni, ma
integrano importanti modifiche incidenti anche sull’aspetto
ambientale, come emerso a seguito della verificazione, in relazione
alle nuove movimentazioni previste, alla quantità del
materiale da asportare, alle caratteristiche morfologiche
dell’intervento ed alla sua incidenza su beni
specificatamente tutelati.
Non può, peraltro, essere trascurato il fatto che il
progetto in variante, pur non ricalcando fedelmente
l’originario progetto inizialmente presentato dalla
ricorrente e poi sostituito con quello autorizzato nel 1996, presenta
aspetti simili ad un intervento, che proprio a seguito della precedente
istruttoria era stato modificato al fine di ottenere la valutazione
positiva.
Sarebbe elusivo della precedente autorizzazione consentire che in sede
di variante possano essere riproposte soluzioni simili a quelle
già esaminate in precedenza, senza
“passare” da una nuova valutazione di impatto.
3. E’ infondato anche l’ulteriore motivo, con cui
l’appellante contesta la correttezza e la logicità
della valutazione negativa, contenuta nell’impugnato
provvedimento.
Innanzitutto, come rilevato dal Tar, non rileva il fatto che il Piano
regolatore comunale avesse dato ai terreni interessati
dall’area di cava una destinazione di zona agricola con
attività estrattiva, perché era comunque
necessario il rispetto dei regimi di vincolo paesaggistico ed
ambientale presenti nella stessa zona ed imposti dal P.P.A.R., tanto
più che, come certificato dal verificatore,
l’Autorità regionale, in sede di approvazione del
P.R.G. del Comune di Saltara (delibera G.R. n.452 del 19.12.1994) aveva
espressamente prescritto che la destinazione urbanistica suddetta
comportava comunque il mantenimento dell’ambito di tutela
integrale imposto dal P.P.A.R. sulle fasce di rispetto della sponda del
fiume Metauro, da verificare di volta in volta in sede di valutazione
della compatibilità paesistico-ambientale dei progetti
singoli di intervento di trasformazione del territorio incidenti su
tale zona di rispetto.
In sede di verificazione è stato, inoltre, confermato che la
variante interessa la fascia di rispetto fluviale sottoposta a vincolo
di tutela integrale, con un notevole incremento delle asportazioni di
materiale ghiaioso e sabbioso all’interno della fascia di
tutela.
L’appellante valorizza alcune delle conclusioni del soggetto
incaricato della verificazione, per cercare di dimostrare come la
variante fosse migliorativa del precedente progetto e dovesse, quindi,
essere autorizzata.
Viene, in particolare sottolineato come, in sede di verificazione sia
emerso che:
- la soluzione della doppia scarpata, presente nel precedente progetto
e sostituita da una unica scarpata in variante, non fosse da
considerare essenziale ai fini della compatibilità
paesistico ambientale;
- la variante non ricalca fedelmente l’originario progetto,
poi sostituito dalla stessa ditta;
- il progetto respinto era migliorativo rispetto a quello
già autorizzato.
Al riguardo, va evidenziato che tale ultimo giudizio è
riferito al fatto che l’intervento già autorizzato
prevede una doppia scarpata in prossimità del fiume Metauro,
mentre quello richiesto in variante comporta un rimodellamento
morfologico dell’area, attraverso la realizzazione di
un’unica scarpata alta 12 metri, in sostituzione delle due
scarpate alte tra i 5 e i 7 metri previste nell’originario
progetto approvato nell’anno 1996.
Il soggetto verificatore ritiene migliorativa la soluzione
dell’unica scarpata, considerando la doppia scarpata un
“terrazzo antropico, che poco ha a che fare con le
caratteristiche geomorfologiche naturali preesistenti”.
Tuttavia, la valutazione negativa non è stata espressa per
un giudizio negativo sulla soluzione dell’unica scarpata, ma
per una maggiore escavazione nella fascia di tutela del fiume Metauro.
Tale valutazione è corretta e logica, in quanto
l’introduzione di una soluzione tecnica migliorativa (unica
scarpata) non può costituire il pretesto per ottenere
necessariamente l’incremento del materiale ghiaioso-sabbioso
da asportare all’interno della fascia di tutela fluviale con
il conseguente abbassamento del piano di campagna.
Nella relazione del verificatore è, infatti, indicato che
tale ulteriore asportazione andrebbe a ridurre “il piano di
campagna dalla locale superficie piezometrica, riducendo il fianco di
protezione e di conseguenza aumentando la vulnerabilità
della falda sotterranea”.
Del resto, l’amministrazione regionale, con la nota del
23-4-2002, ha spiegato che con la relazione di sopralluogo del 7-7-2000
erano state espresse valutazioni positive in ordine alla soluzione
dell’unica scarpata, ma era stato precisato che tale proposta
non dovesse fornire il pretesto per una continuazione
dell’attività estrattiva.
Deve, quindi, ritenersi che il progetto di variante, pur presentando
alcuni aspetti migliorativi, sia stato legittimamente respinto
dall’amministrazione regionale in ragione delle menzionate
considerazioni inerente l’aumento del materiale da asportare.
La ditta ricorrente avrebbe potuto, e può, eventualmente
presentare un progetto di variante che mantenga le soluzioni
migliorative e le renda compatibili con le esigenze di tutela,
rappresentate dall’amministrazione sulla base di valutazioni,
non scalfite dalla disposta verificazione.
4. In conclusione, l’appello deve essere respinto.
Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le
spese di giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge
il ricorso in appello indicato in epigrafe.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma, il 14-11-2006 dal Consiglio di Stato in
sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con
l'intervento dei Signori:
Claudio Varrone Presidente
G.Paolo Cirillo Consigliere
Luciano Barra Caracciolo Consigliere
Giuseppe Minicone Consigliere
Roberto Chieppa Consigliere Est.
Presidente
f.to Claudio Varrone
Consigliere
Segretario
f.to Roberto
Chieppa
f.to Glauco Simonini
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 31/01/2007
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
f.to Maria Rita Oliva
Beni Ambientali. Cave e torbiere (v.i.a.)
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