Il piano paesaggistico inibisce i progetti immobiliari incompatibili

di Stefano DELIPERI

Il T.A.R. Sardegna, con sentenza Sez. II, 14 gennaio 2015, n. 15, ha respinto il ricorso della Edilizia Alta Italia s.p.a. (Gruppo Berlusconi), titolare del noto progetto immobiliare “Costa Turchese” (circa 500.000 metri cubi di volumetrie previste in un’area di più di 7 milioni di metri quadri sul litorale di Murta Maria – Capo Ceraso, in Comune di Olbia) avverso il piano paesaggistico regionale (P.P.R.) della Sardegna (I stralcio costiero), promulgato con D.P.Re. 7 settembre 2006, n. 82.

La prospettazione del Soggetto ricorrente ha inteso contestare in toto l’impianto pianificatorio del paesaggio costiero della Sardegna.

Le argomentazioni non sono state ritenute condivisibili dal Giudice amministrativo.

Infatti, “la tesi di fondo della ricorrente, che si evince da un ‘esame complessivo’ delle censure dedotte, è che il Piano paesaggistico regionale sia affetto da numerosi vizi relativi alla procedura seguita per la sua adozione e approvazione”. Però “tale eccezione non può essere condivisa, quanto meno in questa sua portata generale e onnicomprensiva. Difatti, se è vero che non è possibile impugnare un intero atto pianificatorio e generale senza dedurre censure in grado di “spazzare via” (anche) le specifiche previsioni dello stesso asseritamente lesive, resta però il fatto che un simile effetto ben può essere ottenuto anche sulla base di doglianze capaci di ‘minare’ il Piano alla sua base e nel suo insieme, fermo restando che in simili casi l’eventuale accoglimento del ricorso non potrebbe, comunque, comportare l’annullamento di parti del Piano diverse da quelle direttamente lesive per la parte ricorrente; deve, in altre parole, correttamente distinguersi tra il profilo della causa petendi (e quindi delle censure prospettabili), che può essere varia anche quella descritta, e il profilo del petitum (cioè delle parti di Piano che si chiede di annullare), che possono consistere soltanto in previsioni di cui il ricorrente prospetti una concreta e attuale capacità lesiva della propria sfera soggettiva”.

Il soggetto ricorrente ha l’onere, quindi, di individuare quelle disposizioni di piano che ledono illegittimamente i propri interessi legittimamente tutelati e, nel caso, travolgano l’intera impalcatura pianificatoria.

L’individuazione dev’essere specifica e puntuale, come non si rinviene però negli atti di ricorso.

Tale non è nemmeno la ”richiesta istruttoria, per il suo contenuto amplissimo e sostanzialmente onnicomprensivo”, in realtà con “funzione ‘esplorativa’, corrispondente cioè all’intento della ricorrente di instaurare una sorta di ‘causa nella causa’, sostanzialmente ‘nuova’ rispetto al gravame introduttivo, andando ‘a caccia’ di nuove ragioni di illegittimità anche non precedentemente dedotte”.

E vengono meno, così, tutte le osservazioni inerenti la forma e le attività del Comitato scientifico a supporto della pianificazione, dei rapporti invero esistenti con il Ministero per i beni e le attività culturali e gli Enti locali interessati, puntualmente rispondenti ai contenuti di legge.

Le procedure di adozione e approvazione definitiva del P.P.R. della Sardegna – 1° stralcio costiero vengono riconosciute legittime, ancora una volta, dal Giudice amministrativo.

 

dott. Stefano Deliperi

 

 

 



 











N. 00015/2015 REG.PROV.COLL.

N. 01091/2006 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1091 del 2006, proposto da: 
Edilizia Alta Italia s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Silvana Congiu, Pietro Corda e Rinaldo Bonatti, con domicilio eletto presso lo studio della prima, in Cagliari, Vico II Merello n. 1. 

contro

- Regione Autonoma della Sardegna, rappresentata e difesa dagli avv.ti Mattia Pani e Giovanni Parisi, con domicilio eletto presso l’Ufficio legale dell’Ente, in Cagliari, viale Trento n. 69; 
- Comune di Olbia, rappresentato e difeso dall'avv. Emanuela Traina, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luisa Armandi,. in Cagliari, via Cugia n.14. 

nei confronti di

Shenk Helmar, Todde Giorgio, Lai Ersilia, Melis Mario, non costituiti in giudizio.

per l'annullamento:

- del Piano Paesaggistico Regionale - Primo Ambito Omogeneo - della Regione Autonoma della Sardegna, adottato con deliberazione 24.5.2006 n. 22/3, della Giunta Regionale e approvato con deliberazione 5.9.2006, n. 36/7, della stessa Giunta Regionale;

- del decreto 24.5.2006, n. 46, con cui il Presidente della Regione Sardegna ha disposto la pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione del “testo normativo approvato dalla Giunta Regionale con propria deliberazione n. 22/3 del 24.5.2006”;

- del decreto 7.9.2006, n. 82, con cui il Presidente della Regione Sardegna ha disposto la pubblicazione nel B.U.R.A.S., “ai fini della sua entrata in vigore”, “della deliberazione n. 36/7 del 5.9.2006 di approvazione del Piano Paesaggistico Regionale - Primo Ambito Omogeneo - e delle relative Norme Tecniche di Attuazione”;

Visti il ricorso e i relativi allegati.

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Sardegna e del Comune di Olbia.

Viste le memorie difensive.

Visti tutti gli atti della causa.

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 novembre 2014 il dott. Antonio Plaisant e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società ricorrente espone quanto segue:

- è proprietaria di un esteso complesso di aree in Comune di Olbia, loc. Murta Maria, raggruppate in un comparto complessivamente denominato Costa Turchese, per una superficie complessiva di oltre 7.000.000 mq.;

- nel 1991 aveva presentato al Comune di Olbia un progetto di pianificazione attuativa -basato sul vigente Piano di fabbricazione e sullo Studio di disciplina delle Zone F- da approvarsi con accordo di programma e tale proposta era stata poi adeguata alla sopravvenuta disciplina recata dall’art. 28 bis della legge 1989, n. 45 (introdotto dalla legge regionale 7 maggio 1993, n. 23) e dal Piano territoriale paesistico n. 1 della Gallura, entrato in vigore nel novembre 1993, prevedendo l’edificazione di una superficie pari a mq. 657.000;

- la medesima proposta era stata poi condivisa dal Comune di Olbia, che aveva adottato il relativo Piano di lottizzazione con deliberazioni consiliari 30 giugno 1997, n. 56 e 30 luglio 1998, n. 78;

- nelle more della sottoscrizione del necessario Accordo di programma, il TAR Sardegna aveva annullato il Piano territoriale paesistico, ma il Comune di Olbia, con deliberazione consiliare 8 maggio 2004, n. 60, aveva approvato una variante generale al Piano di Fabbricazione, adeguandola al Piano di lottizzazione sopra citato, che in tal modo restava concretamente attuabile;

- in tale contesto, dapprima è intervenuta la deliberazione della Giunta regionale 10 agosto 2004, n. 33/1, con la quale sono state sospesi per tre mesi tutti gli interventi di trasformazione del territorio nelle Zone (tra le altre) urbanistiche F comprese nei 2.000 metri dalla linea di battigia (come quella di interesse dell’attuale ricorrente) e, successivamente, è stata emanata la legge regionale 25 novembre 2004, n. 8, che all’art. 3, comma 1, lett. a), ha prolungato il divieto sino all’entrata in vigore del nuovo Piano paesaggistico regionale, facendo salvi, all’art. 8, i soli interventi relativi a Comuni che avessero quanto meno adottato il Piano urbanistico comunale alla data di pubblicazione della deliberazione della Giunta regionale n. 33/1 del 2004, tra i quali non rientrava però il Comune di Olbia, che aveva adottato il nuovo strumento urbanistico solo successivamente, essendo in precedenza dotato solo di un Piano di fabbricazione;

- è poi intervenuto il nuovo Piano paesaggistico regionale, la cui approvazione (con deliberazione della Giunta regionale 5 settembre 2006, n. 36/7) è stata pubblicata sul B.U.R.A.S. dell’8 settembre 2006; sulla base degli elaborati tecnici facenti parte integrante del Piano, i terreni di proprietà della ricorrente, inseriti nell’Ambito di paesaggio contrassegnato in parte con il n. 444-1 e in parte con il n. 444-2, rientrano nella cd. Fascia costiera (che nella zona di interesse della ricorrente è estesa ben oltre i 2 km. dal mare), tutelata dall’art. 19 delle NTA del PPR tutela come “bene paesaggistico di insieme”, su cui l’art. 20 delle stesse NTA preclude qualunque intervento di trasformazione a eccezione di quelli previsti dall’art. 12 delle NTA e dal comma 2 dello stesso art. 20; in sostanza l’area de qua è divenuta inedificabile.

Su tali premesse in fatto, la ricorrente impugna le delibere di adozione, approvazione e pubblicazione del PPR, deducendo le seguenti censure:

1) Incompetenza, violazione e falsa applicazione dell’art. 11 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45, introdotto dall’art. 2 della legge regionale 25 novembre 2004, n. 8, violazione dello Statuto speciale della Sardegna.

2) Violazione delle Linee guida per l’elaborazione del PPR, eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di istruttoria e di presupposti, difetto di motivazione.

3) Violazione dell’art. 11 della legge regionale n. 45/1989, dell’art. 97 della Costituzione, degli artt. 3 e 27 dello Statuto speciale sardo.

4) Violazione dell’art. 11 della legge regionale n. 45/1989, eccesso di potere per falsità dei presupposti, difetto di istruttoria, contraddittorietà e difetto di motivazione.

5) Violazione dell’art. 11 della legge regionale n. 45/1989, eccesso di potere per falsità dei presupposti, illogicità, contraddittorietà e difetto di motivazione.

6) Violazione dell’art. 11, comma 3, della legge regionale n. 45/1989, nel testo introdotto dall’art. 2 della legge regionale 8/2004, eccesso di potere per falsità dei presupposti.

7) Violazione dell’art. 11 della legge regionale n. 45/1989, eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione.

8) Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 della legge regionale n. 45/1989, dell’art. 144 del d.lgs. n. 42/2004 e dell’art. 18 della legge regionale 22 agosto 1990, n. 240, eccesso di potere per falsità dei presupposti.

9) Violazione dell’art. 145 del d.lgs. n. 42/2004.

10) Violazione dell’art. 11 della legge regionale n. 45/1989, eccesso di potere per falsità dei presupposti, illogicità e difetto di motivazione.

11) Violazione dell’art. 11 della legge regionale n. 45/1989, eccesso di potere per difetto di motivazione.

12) Illegittimità derivata.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione regionale, eccependo l’inammissibilità del ricorso per genericità e difetto di interesse, nonché sollecitandone la reiezione.

È seguito lo scambio di ulteriori memorie difensive con cui ciascuna delle parti ha ulteriormente argomentato le proprie tesi.

Infine parte ricorrente, da ultimo con memoria del 20 giugno 2013, ha formulato un’articolata istanza istruttoria, chiedendo che il Collegio disponga il deposito, a cura della Regione, di molteplici atti inerenti la procedura di adozione e approvazione del PPR.

Alla pubblica udienza del 12 novembre 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

La tesi di fondo della ricorrente, che si evince da un “esame complessivo” delle censure dedotte, è che il Piano paesaggistico regionale sia affetto da numerosi vizi relativi alla procedura seguita per la sua adozione e approvazione.

Difatti la difesa regionale eccepisce l’inammissibilità di un’impugnazione siffatta, laddove essa che si fonda -non già su censure esclusivamente riferibili alle disposizioni del PPR direttamente incidenti sulla posizione soggettiva individuale della ricorrente, bensì- su doglianze che investono la complessiva struttura e procedura di approvazione del Piano stesso.

Tale eccezione non può essere condivisa, quanto meno in questa sua portata generale e onnicomprensiva.

Difatti, se è vero che non è possibile impugnare un intero atto pianificatorio e generale senza dedurre censure in grado di “spazzare via” (anche) le specifiche previsioni dello stesso asseritamente lesive, resta però il fatto che un simile effetto ben può essere ottenuto anche sulla base di doglianze capaci di “minare” il Piano alla sua base e nel suo insieme, fermo restando che in simili casi l’eventuale accoglimento del ricorso non potrebbe, comunque, comportare l’annullamento di parti del Piano diverse da quelle direttamente lesive per la parte ricorrente; deve, in altre parole, correttamente distinguersi tra il profilo della causa petendi (e quindi delle censure prospettabili), che può essere varia anche quella descritta, e il profilo del petitum (cioè delle parti di Piano che si chiede di annullare), che possono consistere soltanto in previsioni di cui il ricorrente prospetti una concreta e attuale capacità lesiva della propria sfera soggettiva.

Nel caso di specie l’odierna parte ricorrente, dopo aver individuato le disposizioni del PPR che direttamente incidono sulla sua specifica posizione e che ha, quindi, interesse a contestare (si tratta, in particolare, degli artt. 12, 19 e 20 delle NTA del PPR: cfr. le pagg. 9 e 10 del ricorso), ha poi dedotto censure essenzialmente incentrate sulla procedura seguita per l’adozione e l’approvazione del Piano, il che, come detto, rientra nell’ambito delle possibili scelte difensive, per cui il ricorso è da considerarsi, sotto questo profilo, ammissibile.

Resta, però, un’importante precisazione ulteriore.

Deve, infatti, rilevarsi che quanto sin qui premesso non esclude che l’ammissibilità di ciascuna censura dedotta debba poi essere singolarmente verificata alla stregua dei principi generali, tra i quali assume importanza dirimente l’onere per chi ricorre di prospettare doglianze sufficientemente precise, specifiche e riferibili ad un proprio interesse concreto e attuale; così, ad esempio, laddove deduce censure inerenti l’istruttoria che ha preceduto l’adozione e approvazione della proposta di Piano, la ricorrente ha l’onere di precisare, in relazione a ciascuno dei prospettati vizi istruttori, le concrete conseguenze dannose che potrebbe avere arrecato sul contenuto finale di una disposizione pianificatoria dimostratasi concretamente lesiva e ricollegabile all’oggetto specifico del ricorso; ma, come si vedrà fra breve, non tutte le censure sottoposte all’attenzione del Collegio rispondono a tali requisiti, ragion per cui alcune di esse dovranno essere dichiarate inammissibili (vedi infra).

Non merita, poi, accoglimento l’istanza istruttoria prospettata dalla ricorrente (da ultimo con nota del 20 giugno 2013), che sostanzialmente riguarda “tutti gli atti di cui è composto il PPR”, sia sotto il profilo dei suoi contenuti (in particolare si citano le cartografie allegate al Piano, che sarebbero indispensabili ai fini di una corretta individuazione dell’efficacia territoriale delle nuove disposizioni vincolistiche), che sotto il profilo della procedura di adozione e approvazione del Piano (in particolare,riportando testualmente l’istanza istruttoria formulata dalla ricorrente, si la stessa cita i seguenti atti: “Linee guida preventivamente stabilite per la sua elaborazione, tutti gli atti relativi alle eventuali intese precedenti all’adozione del PPR, tutti gli atti del Comitato scientifico, con l’individuazione dei soggetti ai quali tali atti sono stati trasmessi e delle date in cui i soggetti destinatari li hanno ricevuti, tutti gli atti relativi alla istituzione e costituzione dei “Gruppi di lavoro” per l’esame e la gestione delle osservazioni al PPR proposto e ai poteri loro attribuiti, tutte le proposte formulate dai cd. “Gruppi istruttori”, tutti gli atti relativi agli ulteriori approfondimenti…., atti coi quali tutti gli atti del PPR , le relative osservazioni e gli esiti dell’attività dei Gruppi istruttori sono stati trasmessi al Comitato tecnico regionale per l’urbanistica, verbali delle sedute nelle quali il CTRU ha esaminato il PPR, le relative osservazioni e gli esiti dell’attività dei Gruppi istruttori, il parere del CTRU trasmesso alla Giunta regionale prima che questa adottasse il PPR, atti coi quali le osservazioni al PPR sono state trasmesse alla Giunta regionale e verbali delle sedute della Giunta regionale ha esaminato e deciso le osservazioni alla proposta di PPR, tutti gli atti relativi alla istruttoria pubblica di cui all’art. 11 della l.r. 45/1989, nel testo introdotto dalla l.r. n. 8/2004 e, in particolare, quelli relativi all’istruttoria pubblica che ha riguardato il Comune di Olbia, tutti gli atti relativi alle conferenze di copianificazione, i rilievi del CTRU e verbali delle sue riunioni, tutti gli altri atti coi quali è stato predisposto l’iter procedurale di esame e gestione delle osservazioni alla proposta di PPR da parte dei preistruttori, degli istruttori e dei postistruttori, tutti gli atti coi quali, dopo il parere della Quarta Commissione consiliare, è stata fatta la revisione del testo adottato dal Piano sulla base delle ulteriori osservazioni pervenute dai soggetti istituzionali, nonché da quelli portatori di interessi diffusi, tutti i pareri espressi dalla Quarta Commissione consiliare, le ulteriori osservazioni pervenute da parte dei soggetti istituzionali nonché da quelle di portatori di interessi diffusi, atti coi quali dette ulteriori osservazioni sono state sottoposte al parere del CTRU e all’esame della Giunta regionale nonché il parere espresso su di esse dal CTRU e dalla Giunta, tutti gli atti posti in essere…. in adeguamento della complessa proposta di PPR ai decreti legislativi n. 152/2006 e n. 157/2006, anche mediante riferimenti normativi conseguenti all’emanazione del DPCM 12 dicembre 2005 in materia di verifica di compatibilità paesaggistica, tutti gli specifici atti relativi alle valutazioni e alle scelte del PPR che interessano l’areale di proprietà della ricorrente compreso nel tratto costiero del Comune di Olbia da Murta Maria a Porto Istana”.

Difatti una siffatta richiesta istruttoria, per il suo contenuto amplissimo e sostanzialmente onnicomprensivo, non appare concretamente finalizzata al reperimento di “materiale documentale” idoneo a sorreggere le censure formulate in ricorso, assumendo piuttosto funzione “esplorativa”, corrispondente cioè all’intento della ricorrente di instaurare una sorta di “causa nella causa”, sostanzialmente “nuova” rispetto al gravame introduttivo, andando “a caccia” di nuove ragioni di illegittimità anche non precedentemente dedotte.

Tutto ciò premesso è possibile passare all’esame nel merito delle singole doglianze dedotte da parte ricorrente.

Con il primo motivo - violazione dell’art. 11 della legge Regione Sardegna 22 dicembre 1989, n. 45, nel testo introdotto dall’art. 2 della legge Regione Sardegna 25 novembre 2004, n. 8, violazione dell’art. 27 dello Statuto speciale della Regione Sardegna - la ricorrente si duole del fatto che le Norme Tecniche di Attuazione del nuovo Piano paesaggistico, aventi natura e contenuto regolamentari, sono state adottate e approvate dalla Giunta regionale invece che dal Consiglio, il che non troverebbe adeguato fondamento nell’art. 11 della l.r. n. 45/1989 e s.m.i., ove sarebbe stato attribuito alla Giunta il solo potere di approvare il Piano quale atto di “ricognizione generale” del territorio e delle aree tutelate, non anche quale “regolamento paesaggistico”; diversamente opinando la citata previsione legislativa regionale sarebbe costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 27 dello Statuto speciale della Regione Sardegna, che riserva al Consiglio gli atti di natura regolamentare con la sola eccezione di quelli necessari all’esecuzione delle leggi regionali.

La censura è infondata e sul punto è sufficiente riportare quanto già osservato da questa stessa Sezione con la sentenza 13 dicembre 2007, n. 2241, che peraltro ha ribadito un’impostazione che inaugurata dalla precedente sentenza 8 ottobre 2007, n. 1807.

In particolare si legge nella sentenza n. 2241/2007 che “Nei piani di nuova generazione assume rilevanza determinante la fase di ricognizione delle qualità intrinseche del territorio disciplinato ed il conseguente quadro cartografico. In altri termini, il massimo rilievo deve essere dato alla parte tecnica e figurativa delle diverse categorie di beni presi in considerazione, in particolare dei beni paesaggistici e di quelli identitari, disciplinati e qualificati in virtù del nuovo potere attribuito alle regioni dal codice Urbani, in coerenza con le definizioni e secondo i principi illustrati nelle norme tecniche. Come affermato dalla Sezione nella sentenza sopracitata: "La disciplina di attuazione, se posta in correlazione con la coerente parte cartografica, ha, nel contesto del piano, una funzione strumentale e servente di categorie ben definite, e le contestate caratteristiche di generalità ed astrattezza sono apparenti, laddove siano riconducibili a specifici ambiti e beni. Se poi la Giunta, nel formulare tali norme, ha esorbitato dalle funzioni che gli attribuisce la legge ed ha adottato disposizioni che esulano dalla disciplina del territorio a fini di tutela del paesaggio attraverso il mantenimento, l'individuazione di linee di sviluppo, recupero, o valorizzazione, ovvero ha introdotto regole che derogano o modificano previsioni normative, è il provvedimento in quelle sue parti ad essere illegittimo (ndr già questo Tribunale ha di recente annullato diverse previsioni delle NTA ritenendole illegittime proprio in quanto dirette ad introdurre nell'ordinamento, con provvedimento, nuovi procedimenti e competenze), ma non può valere il processo logico inverso, diretto a legittimare uno spostamento di competenze a causa della natura regolamentare eventualmente riconoscibile in alcune, limitate previsioni di un complesso atto di pianificazione". Conclusivamente: "stante la natura conformativa del piano impugnato, espressione di potestà amministrativa e diretto alla cura degli interessi pubblici, e la relazione di strumentalità delle norme tecniche rispetto alla parte di piano nella quale si è proceduto all'articolazione delle fasi disciplinate dall'art. 143 del codice Urbani, il provvedimento nel suo complesso ha le caratteristiche di atto amministrativo generale di pianificazione e non di regolamento ed è stato quindi correttamente approvato dalla Giunta”.

Il Collegio condivide pienamente questa prospettazione e giudica, pertanto, infondata la censura in esame.

Con il secondo motivo - violazione delle Linee guida per l’elaborazione del PPR, eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di istruttoria e di presupposti, difetto di motivazione - la ricorrente sostiene che la Regione avrebbe approvato il Piano paesaggistico senza alcuna previa intesa con il competenti Ministeri e con le Amministrazioni locali interessate, in violazione delle “Linee Guida per l’elaborazione del P.P.R.” che la Regione aveva preventivamente approvato, le quali prevedevano che la bozza di PPR dovesse essere previamente condivisa con le dianzi citate amministrazioni.

La censura è priva di pregio.

Quanto alle amministrazioni locali, la doglianza è prima di tutto infondata in fatto, essendo assolutamente notorio (e noto alla stessa ricorrente, come dimostra il contenuto di alcune delle successive censure: vedi infra) che il “progetto di Piano” è stato con le stesse discusso prima della sua definitiva approvazione, tanto che questa stessa Sezione si è più volte occupata dei contenziosi scaturenti proprio dalla relativa fase di confronto procedimentale (cfr. ad esempio, T.A.R. Sardegna, Sez. II, 6 ottobre 2009, n. 1489).

Quanto, invece, ai Ministeri, rileva esattamente la difesa regionale che la disciplina legislativa all’epoca vigente non imponeva con essi alcuna intesa preventiva, così come le stesse Linee guida citate dalla ricorrente (che neppure le indica con precisione), probabilmente da identificare con le “Linee guida per il lavoro di predisposizione del  Piano Paesaggistico Regionale” approvate dal Consiglio Regionale nella seduta del 25 maggio 2005, descrivono l’intesa con i Ministeri alla stregua di uno strumento possibile e auspicabile, non certamente obbligatorio (cfr. il par. 3.2.2. delle predette Linee guida, intitolato “Concertazione istituzionale”).

Con il terzo motivo - violazione dell’art. 11 della legge Regione Sardegna n. 45/1989, dell’art. 97 della Costituzione e degli artt. 3, 27 e 42 dello Statuto speciale della Sardegna - parte ricorrente sostiene che l’intero procedimento di formazione del PPR sia inficiato dalla partecipazione allo stesso, con funzioni di consulenza tecnica, del cd. “Comitato Scientifico”, organo non istituito dal legislatore regionale, in contrasto con le richiamate norme di rango costituzionale; per la stessa ragione sarebbe illegittima anche la determinazione del Direttore generale dell’Assessorato degli Enti locali finanze e urbanistica 30 marzo 2006, n. 243, con la quale fu istituito apposito “Gruppo di lavoro” e affidata allo stesso l’istruttoria preliminare relativa alle osservazioni pervenute sulla proposta di PPR.

Il motivo è infondato.

Quanto al “Comitato scientifico” la relativa censura è stata già esaminata da questa Sezione, che l’ha ritenuta assolutamente infondata con la sentenza 13 dicembre 2007, n. 2241, della quale si riporta per intero la relativa parte, tuttora pienamente condivisa dal Collegio: “La Giunta, organo competente all’adozione e, quindi, all’approvazione del piano, non ha affatto istituito un nuovo ufficio, ma, dovendo predisporre uno strumento da far precedere, secondo i rilievi espressi nelle sentenze del giudice amministrativo sui vecchi piani, da uno studio ampio e nel contempo dettagliato della realtà fisica, storica e culturale del territorio, ha coerentemente scelto l’assistenza di soggetti dotati di specifiche professionalità, precisamente dal “Comitato scientifico di supporto e di coordinamento”, per elaborare un provvedimento molto complesso ed articolato; in tale collocazione di supporto tecnico interno, l’organismo in questione, che tra l’altro, come risulta dagli atti del procedimento, ha collaborato con gli Uffici regionali attraverso un continuo scambio di dati ed elementi tecnici, non assume il ruolo di una Commissione in senso stretto, con poteri autonomamente rilevanti all’esterno, ma funge da fonte di acquisizione di dati nella fase ricognitiva e di studio preliminare dei luoghi o in quella di apporto collaborativo in merito a scelte di indirizzo, con finalità istruttorie . Nel caso di specie, difatti, gli organi competenti per legge, in fase consultiva e di determinazione finale, hanno, su tali basi, elaborato scelte proprie ed autonome appropriandosi, ove condivise, delle risultanze delle istruttorie condotte e concluse dai tecnici all’uopo nominati, togliendo qualsivoglia rilevanza giuridico-istituzionale al Comitato in questione…D’altro canto non risulta che, al di là della censura formale sul modo di nomina, sia stata contestata la professionalità e competenza dei soggetti scelti”.

Discorso analogo vale per i cd. “Gruppi di lavoro”, la cui costituzione è da ritenersi perfettamente legittima per le stesse ragioni, cui si aggiunge il fatto che in questo caso non vi è stato neppure alcun apporto di professionalità esterne, bensì una semplice “organizzazione ad hoc” del personale interno della Regione, in vista della delicata attività di predisposizione del PPR, il che è, come ovvio, perfettamente legittimo.

Con il quarto motivo di ricorso - violazione dell’art. 11 della l.r. n. 45/1989, eccesso di potere per falsità dei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà - la ricorrente fa leva sul fatto che nella deliberazione della Giunta regionale 24 maggio 2006, n. 22/3, era stato rilevato che alcune delle osservazioni formulate sulla “proposta di Piano”, soprattutto in relazione a presunti errori cartografici, sarebbero state oggetto di successivo approfondimento, sul cui esito non stata però fornita alcuna notizia.

La doglianza è chiaramente inammissibile, per la sua assoluta genericità, dato che la ricorrente neppure definisce esattamente il contenuto delle osservazioni in questione, nè lo pone in relazione con l’oggetto specifico del ricorso).

Con il quinto motivo (violazione dell’art. 11 della l.r. n. 45/1989, eccesso di potere per falsità dei presupposti, illogicità, contraddittorietà e difetto di e di motivazione), il sesto motivo (violazione dell’art. 11, comma 3, della l.r. n. 45/1989 nel testo introdotto dalla l.r. n. 8/2004, eccesso di potere per falsità dei presupposti) e il settimo motivo (violazione dell’art. 11 della l.r. n. 45/1989, eccesso di potere per assoluto difetto di motivazione),tra loro strettamente connessi, si sostiene, in sintesi, che le osservazioni presentate sulla proposta di Piano, delle quali il cd. Gruppo di lavoro avrebbe proposto il rigetto, sarebbero poi “sparite nel nulla” e comunque mai nemmeno portate a conoscenza della Giunta regionale, la quale tanto meno le avrebbe esaminate e concretamente valutate; discorso analogo varrebbe anche per il Comitato tecnico regionale per l’urbanistica, chiamato dall’art. 11, comma 3, della l.r. n. 45/1989 a rendere un parere preventivo sulle osservazioni presentate, ed alla cui attenzione sarebbe stata, invece, sottoposta solo una minima parte delle osservazioni presentate.

Tali censure sono chiaramente inammissibili e comunque infondate.

Inammissibili perché, esattamente già osservato per la precedente censura, la ricorrente non si preoccupa neppure di individuare quali osservazioni sarebbero state di fatto “occultate”, né di precisare se le stesse siano riferibili al contenuto del ricorso ora in esame.

Infondate perché, come già affermato da questa Sezione anche in precedenti decisioni (cfr. le già richiamate sentenze n. 2241/2007 e n. 1489/2009), l’attività istruttoria svolta dalla Regione prima della definitiva approvazione del Piano è stata imponente, con l’esame di oltre 2.000 osservazioni, per cui neppure si sarebbe potuto ipotizzare un esame diretto delle stesse da parte della Giunta, mentre deve riconfermarsi la totale correttezza del sistema utilizzato dagli Uffici regionali, basato sul filtro preventivo delle osservazioni da parte del cd. Gruppo di lavoro prima e del Comitato tecnico regionale per l’urbanistica poi.

Con l’ottavo motivo di ricorso -violazione dell’art. 11 della l.r. n. 45/1989, dell’art. 144 del d.lgvo n. 42/2004 e dell’art. 18 della l.r. n. 40/1990, eccesso di potere per falsità dei presupposti- la ricorrente stigmatizza il fatto che le cd. “conferenze di copianificazione”, nel corso delle quali la Regione ha esaminato la proposta di Piano insieme ai Comuni interessati, si sono svolte pochi giorni dopo la pubblicazione dei relativi, privando così le amministrazioni locali interessate di ogni possibilità di partecipare attivamente al procedimento, sulla base di una reale conoscenza della proposta e delle sue eventuali criticità.

La censura non merita accoglimento, se non altro perché formulata ancora una volta in modo assolutamente generico, laddove la ricorrente non evidenzia alcun concreto profilo di lesività relativo alla propria sfera personale di interesse e nemmeno indica gli specifici tempi e modi con cui si è realizzata la cd. “copianificazione preventiva” in relazione al Comune di Olbia, nel cui ambito soltanto insistono i fondi oggetto della presente controversia.

Con il nono motivo di ricorso - “violazione dell’art. 145 della l.r. n. 45/1989” - la ricorrente si duole del fatto che il PPR non conterrebbe idonee misure di coordinamento con gli strumenti di pianificazione urbanistica nazionali, regionali e comunali.

La censura è chiaramente infondata, se non altro perché non tiene conto delle apposite previsioni dettate agli artt. 104 e segg. delle NTA del PPR, dedicate proprio al coordinamento di quest’ultimo con gli altri strumenti di pianificazione.

Con il decimo motivo (violazione dell’art. 11 della l.r. n. 45/1989, eccesso di potere per falsità dei presupposti, illogicità e difetto di motivazione) e con l’undicesimo motivo (violazione dell’art. 11 della l.r. n. 45/1989, eccesso di potere per difetto di motivazione, la ricorrente denuncia il fatto che la Giunta regionale non avrebbe provveduto ad apportare alla proposta di Piano le modifiche divenute necessarie a seguito del parere espresso dalla competente Commissione urbanistica e delle modifiche normative apportate, nel corso del procedimento, dai d.lgv. n. 156 e n. 157 del 2006, affidandosi ancora una volta ai cd. Gruppi di lavoro.

Tali censure sono prive di pregio per le stesse ragioni già esposte in relazione al terzo e quarto motivo di gravame, cui si fa integrale rinvio; inoltre si rileva, anche in questo caso, l’assoluta genericità delle doglianze proposte, sganciate da qualunque specifico riferimento alle conseguenze che i vizi procedimentali dedotti avrebbero prodotto sulle specifiche disposizioni pianificatorie lesive della sfera giuridica della ricorrente.

Con la dodicesima censura si tenta di estendere, in via derivata, le censure proposte avverso le impugnate deliberazioni della Giunta regionale (di adozione e approvazione del PPR) ai relativi decreti presidenziali di pubblicazione delle stesse sul BURAS; pertanto la censura in esame deve essere respinta sulla base di quanto già osservato in relazione alle precedenti doglianze.

Per quanto premesso il ricorso è infondato e deve essere, quindi, respinto

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe descritto.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore della Regione Sardegna, che liquida in euro 3.500,00 (tremilacinquecento/00), oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 12 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Alessandro Maggio, Presidente FF

Tito Aru, Consigliere

Antonio Plaisant, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14/01/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)