Tar Campania (NA) Sez. VIII n. 3312 del 30 giugno 2016
Beni ambientali.Autorizzazione paesaggistica in sanatoria e normativa temporalmente applicabile
 
Ancorchè sia passato un lasso di tempo lunghissimo dalla domanda di autorizzazione paesaggistica sanatoria la normativa applicabile non può che essere quella vigente al momento dell’adozione dell’atto, non potendosi ammettere un rilascio dell’autorizzazione con riferimento alla disciplina vigente al momento della domanda, secondo il principio dell’ “ora per allora”


N. 03312/2016 REG.PROV.COLL.

N. 05686/2011 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5686 del 2011, proposto da:
Flavia Petteruti, rappresentata e difesa dagli avv. Alfredo Zaza D'Aulisio e Jessica Quatrale, con domicilio eletto presso l’avv. Fernando Chianese in Napoli, Via Carlo Poerio, 86;

contro

Comune di Roccamonfina in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Giorgio Montefusco, domiciliato in Napoli, presso la Segreteria del T.A.R. Campania, in p.zza Municipio, 64;

per l'annullamento

provvedimento n. 3741 del 15/06/2011 recante il diniego di sanatoria edilizia relativa a un manufatto ad uso agricolo;

nonché

per il risarcimento del danno subito;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Roccamonfina in persona del Sindaco pro tempore;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 maggio 2016 il dott. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato il 10.10.2011, parte ricorrente ha impugnato il provvedimento n. 3741 del 15/06/2011 di diniego di sanatoria edilizia, relativa a un manufatto ad uso agricolo realizzato nel Comune di Roccamonfina, sul terreno sito in loc. Muti, contraddistinto in catasto al foglio 7, mappale 143/a.

In particolare, con la concessione edilizia n. 57/88, il Comune in questione assentiva la realizzazione di un fabbricato a uso agricolo sul terreno indicato.

Il manufatto veniva realizzato e otteneva il certificato di agibilità.

Decorsi quasi due anni dall'ultimazione del fabbricato, il Commissario Straordinario del Comune di Roccamonfina, con le note n. 5045 e n. 5046 del 17/10/1991, disponeva l'annullamento della concessione edilizia rilasciata alla ricorrente, per non essere stato preventivamente acquisito il nulla osta paesaggistico ex art. 7, 1egge n. 1497/1939, e ordinava la demolizione del fabbricato.

Parte ricorrente impugnava i suddetti provvedimenti dinanzi a questo T.A.R. con il ricorso di cui al R.G. 10382/1991, che veniva rigettato con sentenza n. 21780/2010, in riferimento alla quale pende giudizio di appello.

Presentava, nel frattempo, una istanza di nulla osta paesaggistico in sanatoria (prot. 6530 del 17.12.1991).

Trascorreva un notevole lasso di tempo e, solo in data 14.2.2011 e 10.5.2011, parte ricorrente sollecitava l’amministrazione ad adottare un provvedimento sull'istanza di sanatoria paesaggistica presentata.

Il Comune in questione, con provvedimento n. 3741 del 15/06/2011, denegava la richiesta di provvedimento di autorizzazione paesaggistica in sanatoria.

Il diniego riporta la seguente motivazione “Si riscontra la Vs. nota in oggetto e si comunica che l'istanza presentata dalla S.V. il 17/12/1991, intesa ad ottenere l'autorizzazione a sanatoria ai sensi dell'ex art. 7 della legge n. 1497/39, relativa alla costruzione di un fabbricato ad uso deposito agricolo, autorizzata con concessione edilizia n. 57/88 del 02/06/1989, non può essere presa in considerazione perché, tale pratica, con l'emissione dell'Ordinanza Commissariale n. 114/91 del 17/10/1991 di revoca della C. E. n. 57/88 e di demolizione del manufatto, innanzi citato, conseguentemente venne annullata.

Andava riproposta, pertanto, al fine di legittimare il manufatto realizzato, concessione edilizia a sanatoria ai sensi dell'art. 13 della legge n. 47/85 ivi compresa l'autorizzazione ai fini ambientali. Altresì, per tale legittimazione, poteva essere inoltrata richiesta di condono edilizio ai sensi della legge n. 724/94, cosa che non risulta agli atti dei competenti uffici di questo Comune.

Oggi tale legittimazione trova contrasto ai fini ambientali ai sensi dell'art. 27 del D. Lgs 24/03/2006, n. 157”.

Parte ricorrente ha impugnato, come indicato, quest’ultimo provvedimento chiedendone l’annullamento per violazione di legge ed eccesso di potere e ha formulato, in subordine, un’istanza risarcitoria per il danno subito, nell’ipotesi in cui a causa dell’inerzia dell’amministrazione nell’esitare l’istanza, non fosse più possibile ottenere la sanatoria paesaggistica, per il sopravvenuto mutamento della normativa vigente.

Si è costituito in giudizio il Comune di Roccamonfina formulando argomentazioni difensive.

DIRITTO

1) Il ricorso si rivela infondato.

Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente lamenta l’illegittimità del provvedimento di diniego del nulla osta paesaggistico in sanatoria, per l’erroneità della motivazione di rigetto dell’amministrazione che ha ritenuto come, a fronte del sopravvenuto art. 27 del D. Lgs. n. 157/2006, non sarebbe ormai più possibile il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica per immobili già realizzati.

Parte ricorrente deduce al riguardo che il suddetto nulla osta paesaggistico era stato chiesto nel 1991 e, quindi, in un periodo in cui l’ordinamento ammetteva l’autorizzazione paesaggistica postuma. Il rilascio dello stesso è stato impedito solo dall’inerzia della p.a. che ha violato il suo obbligo di provvedere entro i termini di legge, pronunciandosi oltre venti anni dopo. La medesima autorizzazione, sempre secondo parte ricorrente, potrebbe quindi essere rilasciata ora per allora, essendo peraltro il manufatto in questione perfettamente conforme al piano paesaggistico della Comunità Montana di “Monte Santa Croce”.

La censura è infondata.

Attualmente l’art. 146, comma 4, l’art. 159, comma 5, e l’art. 167, comma 4 e 5, del d.lgs. 22/01/2004, n. 42 (Codice dei beni culturali) non consentono la sanatoria edilizia di interventi realizzati in assenza o in difformità dall'autorizzazione paesaggistica, ammettendo il rilascio di un provvedimento di compatibilità soltanto nel caso di abusi minori (Cons. Stato Sez. VI, 26-03-2014, n. 1472; Sez. VI, 30-05-2014, n. 2806)

In particolare, l’art. 146, comma 4, del d.lgs. n. 42 del 22 gennaio 2004, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio, ha vietato, salvo casi eccezionali, il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica postuma, stabilendo che al di fuori dei limitati casi «di cui all’articolo 167, commi 4 e 5, l’autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi».

La normativa applicabile all’istanza del rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, in sanatoria o meno, non può che essere quella del momento in cui l’autorizzazione deve essere rilasciata e non quella vigente al momento della domanda.

Ciò in conformità al noto principio del tempus regit actum che disciplina la successione di norme nel tempo nell’ambito del procedimento amministrativo, sancendo il principio secondo cui ogni atto deve essere adottato in base alla disciplina vigente al momento della sua adozione.

Tale principio generale è applicabile anche in materia di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica (Cons. Stato, sez. VI 28 dicembre 2011 n. 6878 e Cons. Stato Sez. V, 03-07-2012, n. 3886, secondo le quali laddove la conclusione del procedimento per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica sia avvenuta successivamente all'entrata in vigore dell'art. 146 comma 10, lett. c), d.lg. 22 gennaio 2004 n. 42 non può che applicarsi l'art. 146 comma 10, lett. c) citato, secondo il principio tempus regit actum, per il quale la legittimità degli atti amministrativi deve essere rapportata alla situazione di diritto riscontrabile alla data della relativa emanazione).

L’atto di diniego si rivela, quindi, legittimo, in forza dell’ormai vigente divieto di autorizzazione paesaggistica postuma.

Nel caso di specie, infatti, ancorchè sia passato un lasso di tempo lunghissimo dalla domanda di sanatoria la normativa applicabile non poteva che essere quella vigente al momento dell’adozione dell’atto, non potendosi ammettere un rilascio dell’autorizzazione con riferimento alla disciplina vigente al momento della domanda, secondo il principio dell’ “ora per allora”, invocato da parte ricorrente.

Il ritardo nell’adozione del provvedimento potrebbe, infatti, assumere rilevanza solo al fine di produrre eventuali conseguenze a livello risarcitorio, al ricorrere dei necessari presupposti per la sussistenza di un illecito risarcibile, di cui si tratterà nel prosieguo.

D’altra parte il privato avrebbe avuto un valido strumento per compulsare l’amministrazione a provvedere, quale l’azione per il silenzio, eventualmente riproponendo la domanda alla scadenza del termine per la sua proposizione.

2) Da rigettare è, inoltre, anche la censura relativa alla violazione dell’art.10 bis legge n.241/90, per omissione del preavviso di rigetto.

Ritiene al riguardo il Collegio che, per i motivi indicati nei punti che precedono, possa farsi applicazione dell’art.21 octies, comma 2, della legge n.241/90, trattandosi di ambito provvedimentale a carattere vincolato e risultando che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, considerata l’applicabilità di quest’ultima norma anche alle violazioni dell’art. 10 bis legge n.241/90 (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 23 marzo 2011 , n. 541; Consiglio Stato , sez. VI, 18 marzo 2011 , n. 1673; T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 12 settembre 2006 , n. 4412; T.A.R. Piemonte, sez. I, 14 giugno 2006 , n. 2487; T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. II, 06 novembre 2006 , n. 2875).

3) Parte ricorrente ha formulato una domanda risarcitoria subordinata all’accertata impossibilità di conseguire l’autorizzazione paesaggistica postuma e motivata dalla circostanza che tale impossibilità sia stata cagionata dal ritardo della p.a. a provvedere sull’istanza di sanatoria paesaggistica.

L’indicata domanda deve essere rigettata in quanto parte ricorrente, dopo aver articolato la domanda in modo generico, non ha dato minima prova dell’an dell’esistenza di un effettivo danno risarcibile, né alcun elemento di valutazione del quantum, come invece era suo preciso onere fare.

Inoltre, la parte ricorrente avrebbe avuto nell’azione avverso il silenzio della p.a. ex art. 117 c.p.a. uno strumento idoneo a far cessare l’inerzia dell’amministrazione ed evitare il danno procurato dal sopravvenire di una nuova disciplina legislativa, tanto più considerando che tale inerzia si è protratta per oltre due decenni.

Il Collegio ritiene, quindi, in ogni caso sussistere gli estremi di applicabilità dell'art. 30, comma 3, c.p.a., secondo cui il giudice nel determinare il risarcimento valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti ed esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti dall’ordinamento (v. TAR Campania, Napoli, Sez. III, 14 maggio 2013 n. 2505, circa la non spettanza del risarcimento del danno derivante da ritardo quando l’interessato non abbia reagito all'inerzia impugnando il silenzio-rifiuto).

Anche il comportamento di parte ricorrente è stato improntato all’assenza di diligenza, sicché subisce interamente le conseguenze dell’impossibilità di conseguire la sanatoria paesaggistica in forza di una norma sopravvenuta.

4) Per le suesposte ragioni il ricorso va rigettato.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663).

Alla luce del complessivo comportamento delle parti e delle questioni interpretative in ordine alla valenza dell’inerzia della p.a. ai fini della definizione del giudizio, il Collegio ritiene sussistano gravi ed eccezionali motivi per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2016 con l'intervento dei magistrati:

Italo Caso, Presidente

Fabrizio D'Alessandri, Consigliere, Estensore

Francesca Petrucciani, Primo Referendario

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
         
         
         
         
         

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 30/06/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)