Il diritto di autentica nel mercato dell’arte

di Pierpaolo CARBONE

 

Il problema dell’autenticità di un’opera d’arte è una questione fondamentale nell’ambito del relativo mercato in quanto, ogni opera o bene artistico, oltre a possedere un intrinseco valore estetico, ha una sua precisa valenza economica che dipende direttamente dal certificato di autenticità dell’opera stessa, elemento essenziale per i contratti di compravendita.

Regola fondamentale nel mercato dell’arte è quella secondo cui chi vende l'opera deve garantirne l'autenticità: l'acquirente di un'opera d'arte è infatti tenuto a richiedere al momento dell'acquisto il certificato di autenticità dell'opera e il venditore è obbligato a fornire tale certificazione.

L’art. 2 della cd. Legge Pieraccini (L. n. 1062/1971) prevedeva al riguardo un obbligo del venditore di consegnare al compratore un attestato di autenticità, consistente in una copia fotografica dell’opera con la retroscritta dichiarazione di autenticità e l’indicazione della provenienza, sottoscritti dal venditore.

L’attuale disciplina (art. 64, Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, secondo cui “chiunque esercita l'attività di vendita al pubblico, di esposizione a fini di commercio o di intermediazione finalizzata alla vendita di opere di pittura, di scultura, di grafica ovvero di oggetti d'antichità o di interesse storico od archeologico, o comunque abitualmente vende le opere o gli oggetti medesimi, ha l'obbligo di consegnare all'acquirente la documentazione che ne attesti l'autenticità o almeno la probabile attribuzione e la provenienza delle opere medesime; ovvero, in mancanza, di rilasciare, con le modalità previste dalle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, una dichiarazione recante tutte le informazioni disponibili sull'autenticità o la probabile attribuzione e la provenienza. Tale dichiarazione, ove possibile in relazione alla natura dell'opera o dell'oggetto, è apposta su copia fotografica degli stessi”1) prevede invece che il venditore consegni la documentazione attestante l’autenticità o almeno la probabile attribuzione e la provenienza dell’opera. Nel caso in cui questa documentazione manchi, il venditore deve rilasciare una dichiarazione recante tutte le informazioni disponibili sull’autenticità o la probabile attribuzione2.

Ciò posto, le modalità di attribuzione e di autenticazione di opere sono diverse e variano a seconda che si tratti di un’opera di autore vivente o defunto.

Nel primo caso, è sufficiente richiedere l’autentica o alla galleria, se l’acquisto è stato fatto per il suo tramite, ovvero direttamente all’artista il quale, ai sensi dell’art. 20 della L. n. 633/1941 (Legge sul diritto d’autore), ne riconoscerà la paternità.

Nel caso in cui, invece, si tratti di autore defunto, viene in rilievo l’art. 23 della Legge sul diritto d’autore, secondo cui, alla morte dell’artista, il diritto morale di attribuzione della paternità dell’opera è esercitatile dai suoi eredi (in particolare, dal coniuge superstite e dai figli), quale acquisto iure proprio, o da archivi, fondazioni, o associazioni che siano mandatari degli eredi medesimi.

Tuttavia, la facoltà di autentica non deve essere intesa alla stregua di un diritto riservato in esclusiva ai soggetti ivi specificati, soprattutto quando, come spesso accade, costoro non siano neppure esperti d’arte3: per costante orientamento di dottrina4 e giurisprudenza, l’expertise5, ossia il parere in merito all'autenticità ed all'attribuzione di un'opera d'arte, può essere rilasciato da chiunque sia competente ed autorevole, non trattandosi di un diritto spettante in via esclusiva agli eredi dell'artista, i quali non possono, quindi, attribuire o negare a terzi (ad es., critici d'arte o studiosi) la facoltà di rilasciare expertises in merito all'autenticità dell'opera del loro congiunto.

Ciò in quanto la formulazione dei giudizi sulla autenticità di un’opera d’arte di un artista defunto costituisce espressione del diritto alla libera manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.) e, pertanto, può essere effettuata da qualunque soggetto accreditato esperto dal mercato6, fermo restando il diritto degli eredi di rivendicare la paternità di un’opera d’arte ove erroneamente attribuita ad altri o, viceversa, disconoscerne la provenienza7.

In tale contesto, l’obbligazione gravante sull’esperto d’arte chiamato a rendere una perizia, stima, attribuzione o autenticazione di un’opera d’arte si atteggia a semplice “obbligazione di mezzi” e non “obbligazione di risultato”. Con la logica conseguenza che l’esperto, ex art. 2236 c.c.:

  1. in base al principio dell’autonomia negoziale (di cui la libertà di contrattare è una specifica manifestazione), non può essere obbligato a stipulare un contratto avente ad oggetto la manifestazione della propria opinione8. Essendo l'opinione incoercibile, non è data, in astratto, azione contro chi, esprimendo il proprio parere, disconosca l'autenticità dell'opera non archiviandola; residua, però, per il proprietario del bene, la possibilità di adire l’autorità giudiziaria attraverso le sezioni specializzate in materia di P.I.I., per ottenere un giudizio di accertamento sull’ attribuzione dell’opera de qua;

  2. potrà rispondere dei danni solo qualora si provi in giudizio che il diniego di archiviazione o di autentica sia viziato da dolo o colpa grave. Partendo dal presupposto che l'autenticazione consiste in una dichiarazione di scienza avente ad oggetto un parere tecnico, di essa può sempre rilevarsi la perizia o l'imperizia con la quale è stata effettuata nello svolgimento del rapporto obbligatorio.

In ogni caso, la legge non specifica quali requisiti formali un certificato di autenticità debba soddisfare per essere considerato valido. Anche l’art. 64 del Decreto legislativo n. 42/2004, rubricato proprio “Attestati di autenticità e di provenienza”, si limita a fare riferimento ad una generica “documentazione” o “dichiarazione”.

L’esperienza, tuttavia suggerisce di consegnare all’acquirente una riproduzione fotografica dell’opera con la retroscritta dichiarazione di autenticità e la descrizione tecnica del bene (autore, titolo, tecnica, dimensioni, anni di realizzazione, provenienza). Tale dichiarazione, ovviamente, dovrà essere sottoscritta dall’artista (o dagli altri soggetti che hanno autenticato l’opera) e dal venditore professionista.

Ciò non esclude che il certificato di autenticità, quando non sia stato rilasciato direttamente dall’artista, possa essere contestato: anche il parere rilasciato dal consulente tecnico del tribunale, per quanto motivato ed autorevole, può sempre essere messo in discussione da latro perito. In materia, occorre, infatti, tener conto della peculiarità dell’oggetto d’arte come oggetto di scambio, peculiarità che dipende principalmente dalla incertezza intrinseca della sua esatta identità e dal fatto che, soprattutto per le opere più antiche, l’identità e la provenienza dell’opera dipendono spesso da una valutazione, quella dell’esperto, che per quanto diligentemente resa, altro non è se non un giudizio, opinione, suscettibile come tale di mutamento.

 

 







 

1 Quello in esame è un effetto legale tipico, avente ad oggetto l'obbligo, in capo a chi svolge attività di vendita al pubblico, di consegnare i certificati di autenticità delle opere che provengono dall'artista (le cd. autentiche su foto), o quelli che provengono dalle Fondazioni o Archivi a tale scopo costituiti, e, in mancanza, di dichiararne l'autenticità o la probabile attribuzione e provenienza (Cfr Cass. 3 luglio 1999, n. 7299, con riguardo al medesimo obbligo imposto dall’art. 2 L. n. 1062/1971, oggi abrogato dal Codice dei beni culturali, ma anella sostanza riprodotto nell’art. 64 cit.).

2 Il mancato rilascio dell’autentica da parte del venditore costituisce secondo costante giurisprudenza un inadempimento di non scarsa importanza che può condurre la risoluzione del contratto di vendita dell’opera, posto che il difetto di autenticazione preclude di fatto l’immissione del dipinto sul mercato e la sua corretta valutazione.

3 Diversamente opinando, e cioè ritenendo che tale diritto spetti in esclusiva ai soli legittimari ed eredi del defunto artista, si finirebbe con il trasformare tali categorie di soggetti, ope legis, in esperti d'arte!

4 Cfr G. FREZZA, nota a Tribunale Roma , 16/02/2010, n. 3425, Opera d’arte e diritto all’autenticazione, in Dir. Famiglia 2011, 4, 1734.

5 In proposito, si parla pure di “certificato d’autenticità” o di “validazione”. Viene, dunque, rilasciato un certificato accompagnato dalla fotografia, in cui vengono riportati i dati tecnici relativi all’opera e il codice di identificazione della stessa,.In caso contrario, sarà, invece, emesso certificato di non “attribuibilità”.

6 Tribunale di Milano, 13 dicembre 2004, sez. spec. Proprietà intellettuale, ined. Si tratta, dunque, di una facoltà insita nel diritto alla libera manifestazione del pensiero, di cui all'art. 21, comma 1, Cost.

7 In dottrina cfr F. LEMME, in Compendio di diritto dei beni culturali, CEDAM 2013, pag. 48, il quale, a fronte del vuoto normativo in materia, giunge ad affermare che chiunque possa rivendicare per sé il ruolo di critico ufficiale di un determinato artista, “anche perché la mancata istituzione di un albo dei consulenti tecnici in materia di opere d’arte (istituzione prevista nel lontano 1971 con la cd. Legge Pieraccini, ma non ancora attuata) non introduce parametri idonei ad affermare l’esistenza di categorie privilegiate”.

8 Ad es. non esiste alcuna norma che imponga agli Archivi di certificare le opere, o che ne abbia disciplinato l'istituzione; questi infatti sono creati da Fondazioni – spesso degli stessi eredi dell'artista defunto – che dietro un corrispettivo e attraverso il lavoro di un collegio di storici dell'arte, compiono un'attività di ricerca storico-documentale di un'opera, procedendo poi all'archiviazione e al rilascio del relativo expertise.