Cass. Sez. III sent. 32022 del 8 agosto 2007 (Ud. 7 giu. 2007)
Pres. Papa Est. Fiale Ric. De Masi
Caccia. Esercizio in periodo di divieto

Il reato di esercizio venatorio in periodo di divieto generale, previsto dall'art. 30, comma primo lett. a), della legge 11 febbraio 1992 n. 157, è configurabile anche nel caso in cui venga abbattuto un esemplare nel periodo della stagione venatoria, ma al di fuori del più limitato arco temporale nel quale, ai sensi dell'art. 18 della citata legge, è consentita la caccia alla specie cui l'animale abbattuto apparteneva.

OSSERVA

Con sentenza del Tribunale, in composizione monocratica, di Lucera, datata 19/5/'04, D.M.A. veniva condannato, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche dichiarate prevalenti sulla recidiva contestatagli e con i benefici di cui agli artt. 163 e 175 c.p., alla pena di Euro 700,00 di ammenda, con confisca del fucile in sequestro, quale colpevole del reato previsto dalla L. n. 11 febbraio 1992, n. 157, art. 30, comma 1, lett. a), in relazione alla L.R. Puglia 13 agosto 1998, n. 27, art. 30, lett. a), e art. 48, lett. a), del quale era chiamato a rispondere per avere esercitato in località (OMISSIS) di (OMISSIS), il 6/9/'03, attività venatoria in periodo di divieto generale.

Affermava e riteneva, fra l'altro, il Giudice di merito:

a) che il 6/9/'03 nella Regione Puglia la caccia era vietata ai non residenti nella Regione stessa, non muniti di specifica autorizzazione, com'era il D.M.;

b) che il calendario venatario in vigore per l'anno 2003/'04 aveva fissato l'inizio della stagione venatoria l'1/9/'03, per i residenti nella Regione e per i cacciatori extraregionali possessori di fondi agricoli nella Regione e la terza domenica di Settembre '03, per i non residenti nella Regione, in possesso di autorizzazione annuale rilasciata dall'A.T.C. (Ambito territoriale di caccia);

c) che l'imputato, non essendo residente nella Regione Puglia, non avendo in essa alcun fondo agricolo e non essendo munito di autorizzazione annuale rilasciatagli dallo A.T.C., stava dunque esercitando la caccia in periodo di divieto generale, previsto dalla L. n. 157 del 1992, artt. 18 e 30;

d) che la L. da ultimo richiamata, art. 1, demanda alle Regioni a statuto ordinario il potere di emanare norme relative alla gestione e tutela della fauna selvatica come patrimonio indisponibile dello Stato e l'art. 18, della cit. L., nel prevedere i periodi in cui è consentito abbattere esemplari di fauna selvatica, conferisce alle dette Regioni il potere di modificarli, nell'arco di tempo compreso fra l'1 Settembre ed il 31 Gennaio dell'anno, "per determinate specie, in relazione alle situazioni ambientali delle diverse realtà territoriali";

e) che la L. Reg. Puglia 13 agosto 1998, n. 27, all'art. 31, comma 4, recependo la norma di cui alla L. n. 157 del 1992, art. 18, aveva fissato i termini entro cui era consentito l'esercizio della caccia stabilendo che essi dovessero essere comunque contenuti fra l'1 Settembre ed il 31 Gennaio dell'anno successivo;

f) che la L.R. Puglia n. 27 del 1998, art. 48, comma 1, lett. a), disciplinava le violazioni alle disposizioni della legge stessa ribadendo che costituiva reato, punibile con pene analoghe a quelle indicate nella L. n. 157 del 1992, art. 30, comma 1, lett. a), la condotta di chi avesse esercitato la caccia in periodo di divieto;

g) che la regola di condotta violata dal D.M. - esercizio della caccia in periodo di divieto generale - assurgeva al rango di illecito penale sulla scorta di un giudizio di disvalore contenuto nella legge statale e recepito da quella regionale.

Avverso tale decisione l'imputato ha proposto ricorso per Cassazione e ne chiede lo annullamento per violazione di legge e difetto di motivazione.

Deduce, in particolare, il ricorrente che la sua responsabilità penale, in ordine al reato ascrittogli, sarebbe stata affermata illegittimamente e con motivazione inadeguata ed illogica, perchè:

- quando egli venne sorpreso mentre era intento all'esercizio di attività venataria non si era in periodo considerabile come di divieto generale di caccia, in quanto per tale dovrebbe intendersi quel periodo in cui a nessuno è consentito cacciare, mentre il 6/9/'03 la caccia, nella Regione Puglia, sarebbe stata vietata solo a determinate categorie di persone, non residenti nella Regione e sprovviste di autorizzazione;

- L'interpretazione data dal Tribunale al combinato disposto della legge statale e di quella regionale sopra richiamata sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 117 Cost.;

- l'autorizzazione all'esercizio di attività venataria, prevista dalla L.R. Puglia n. 27 del 1998, per i residenti nella Regione, avrebbe fatto venir meno il "divieto generale" di cui alla L. n. 157 del 1992, art. 30, comma 1, lett. a), sicchè il fatto ascrittogli non costituirebbe reato.

Il ricorso è destituito di fondamento e, come tale, deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente - a mente dell'art. 616 c.p.p. - al pagamento delle spese processuali.

La L. 11 febbraio 1992, n. 157, art. 18, comma 2, prevede che "i termini di cui al comma uno possono essere modificati per determinate specie, in relazione alle situazioni ambientali delle diverse realtà territoriali. Le Regioni autorizzano le modifiche previo parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. termini debbono essere comunque contenuti fra l'1 Settembre ed il 31 Gennaio dell'anno, nel rispetto dell'arco temporale massimo indicato nel comma uno....".

La L.R. Puglia 13 agosto 1998, n. 27, art. 31, fissa i termini entro cui è consentito esercitare la attività venataria specificando, al comma 4, sulla scorta dei medesimi limiti temporali fissati dalla legge statale e l'art. 48, comma 1, lett. a), della medesima legge regionale, nel disciplinare le violazioni delle relative disposizioni, stabilisce che costituisce contravvenzione, punibile con pene analoghe a quelle indicate nella L. n. 157 del 1992, art. 30, comma 1, lett. a), la condotta di chi esercita la caccia in periodo di divieto generale.

L'interpretazione letterale, logica e sistematica di tali norme di legge induce a ritenere ed affermare che la L. n. 157 del 1992, art. 30, al comma 1, lett. a), sanziona l'esercizio venatario nei periodi di divieto generale in cui, a norma dell'art. 18, per le singole specie la caccia non è consentita, mentre alla lett. h), punisce la caccia, in periodo di apertura, di mammiferi o uccelli nei cui confronti essa non è mai ammessa (v. conf. Cass. sez. 3^ pen. 1 l/10/'05, Rossi 6/4/'93, Batini).

In conseguenza, il reato di esercizio venatario "in periodo di divieto generale", previsto dal L. n. 157 del 1992, citato art. 30, comma 1, lett. a), è configurabile anche nel caso in cui sia stato abbattuto un animale nel periodo della stagione venataria - che va dall'1 Settembre al 31 Gennaio - ma al di fuori del più limitato arco di tempo nel quale, ai sensi dell'art. 18 della stessa legge, era consentita la caccia alla specie cui l'animale predetto apparteneva (v. conf. Cass. sez. 3^ pen. 9/10/'99, Con valle; 14/10/'02, Signorini e 11/10/'05, Rossi).

La Corte Costituzionale ha statuito che, in base all'esigenza unitaria espressa dall'art. 117, comma 2, lett. s), della Costituzione, la disciplina statale rivolta alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema può incidere sulla materia della caccia, pur riservata alla potestà legislativa regionale, ove l'intervento statale sia rivolto a garantire standards minimi, uniformi di tutela della fauna e, trattandosi di limiti unificanti che rispondono ad esigenze riconducigli ad ambiti riservati alla competenza esclusiva dello Stato, la delimitazione temporale del prelievo venatorio disposta dalla L. n. 157 del 1992, art. 18, è rivolta ad assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili e, quindi, risponde all'esigenza di tutela dell'ambiente (v. Corte Cost., 4/7/'03, n. 226 Pres. Cons. c. Reg. Puglia).

Questa Corte ha già affermato che, in tema di esercizio della caccia, le eventuali deroghe alla disciplina generale nazionale, contenuta nella L. n. 157 del 1992, stabilite con leggi regionali, hanno portata ed efficacia temporanea, atteso che la loro adozione è subordinata ad una serie di condizioni contingenti relative all'equilibrio ambientale e faunistico e che integra gli estremi del reato di cui alla L. n. 157 del 1992, art. 30, comma 1, lett. a), l'esercizio di attività venatoria in periodo in cui, pur essendo generalmente consentita la caccia, essa è tuttavia vietata con riguardo alla specie cui appartiene l'esemplare abbattuto o alle condizioni soggettive del cacciatore (v. Cass. Sez. 3^ pen., 11/7/'03, Richiedei; 7/6/'02, Signorini e 7/7/'99, Convalle).

Nella fattispecie in esame, il D.M. venne sorpreso mentre esercitava la caccia nella Regione Puglia, in cui non era residente, il 6/9/'03, sebbene sprovvisto di specifica autorizzazione.

Vero è che tale data ricadeva nel periodo generale di apertura della caccia, previsto dalla L. n. 157 del 1992, art. 18, comma 2, ma è anche vero che la Regione Puglia aveva legittimamente vietato, in quella data, l'esercizio dell'attività venatoria ai non residenti sprovvisti di apposita autorizzazione rilasciabile dall'A.T.C..

La tesi del ricorrente il quale, pur non deducendo formalmente profili di illegittimità costituzionale delle norme regionali applicategli, ritiene che il fatto ascrittogli non costituirebbe reato perchè non dovrebbe essere considerato come periodo di divieto generale di esercizio della attività venatoria quello in cui determinate categorie di cittadini possono cacciare, non è condivisibile in quanto è la stessa legge statale, la cui legittimità costituzionale è stata già riconosciuta più volte, che - come detto - autorizza le Regioni a modificare, nell'ambito del periodo di apertura generale della caccia ed all'interno del loro territorio, i termini e le condizioni di esercizio dell'attività venatoria.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso proposto da D.M.A. avverso la sentenza del Tribunale, in composizione monocratica, di Lucera, datata 19/5/'04 e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2007.