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Corte Costituzionale Ordinanza n. 339 del 14 novembre 2003

giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 4, primo comma lett. a), 11, primo comma lettere c), e), f), 17, 20 e 21 della legge approvata dalla Assemblea regionale siciliana il 20 aprile 2001, recante «Integrazioni e modifiche alla legge regionale 1° settembre 1997, n. 33, concernente 'Norme per la protezione, la tutela e l'incremento della fauna selvatica e per la regolamentazione del prelievo venatorio. Disposizioni per il settore agricolo e forestale e in materia di lavori socialmente utili'», promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, notificato il 27 aprile 2001, depositato in Cancelleria il 7 maggio successivo ed iscritto al n. 24 del registro ricorsi 2001.

ORDINANZA N

ORDINANZA N.339
ANNO 2003
  
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Francesco AMIRANTE "  
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 4, primo comma lett. a), 11, primo comma lettere c), e), f), 17, 20 e 21 della legge approvata dalla Assemblea regionale siciliana il 20 aprile 2001, recante «Integrazioni e modifiche alla legge regionale 1° settembre 1997, n. 33, concernente 'Norme per la protezione, la tutela e l'incremento della fauna selvatica e per la regolamentazione del prelievo venatorio. Disposizioni per il settore agricolo e forestale e in materia di lavori socialmente utili'», promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, notificato il 27 aprile 2001, depositato in Cancelleria il 7 maggio successivo ed iscritto al n. 24 del registro ricorsi 2001. 
Udito nella camera di consiglio del 18 giugno 2003 il Giudice relatore Fernanda Contri. 
Ritenuto che il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, con ricorso notificato il 27 aprile 2001 e depositato il 7 maggio 2001, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione, 14, 17 e 36 dello Statuto della Regione Sicilia, 1, 10, 14, 16, 21 e 30 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), 30, primo comma, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), nonché al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642 (Disciplina dell’imposta di bollo), questione di legittimità costituzionale degli articoli 4, primo comma lett. a), 11, primo comma lettere c), e), f), 17, 20 e 21 della legge approvata dalla Assemblea regionale siciliana il 20 aprile 2001 (disegni di legge nn. 1075-775-832-1038-1054-1055-1087-1097-1131), recante «Integrazioni e modifiche alla legge regionale 1° settembre 1997, n. 33, concernente 'Norme per la protezione, la tutela e l'incremento della fauna selvatica e per la regolamentazione del prelievo venatorio. Disposizioni per il settore agricolo e forestale e in materia di lavori socialmente utili'»; che, secondo il ricorrente, le norme censurate si discosterebbero dai principi generali posti dalla legge statale n. 157 del 1992 o esulerebbero dalla competenza riconosciuta al legislatore regionale o ancora costituirebbero palese violazione di precetti costituzionali; 
che, in particolare, secondo il Commissario dello Stato, l'art. 4, primo comma, lett. a) della legge censurata, nell'attribuire il potere di individuazione delle zone del demanio forestale in cui è consentito l'esercizio venatorio alle ripartizioni faunistico-venatorie senza che il relativo provvedimento debba essere adottato d'intesa con l'Azienda delle foreste demaniali, chiamata ora solo ad esprimere un parere favorevole che si intende peraltro acquisito per silenzio assenso trascorsi trenta giorni dalla comunicazione, contrasterebbe con l'art. 21, primo comma, lett. c) della legge n. 157 del 1992, che vieta la caccia nelle foreste demaniali ad eccezione di quelle che, sentito il parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, non presentino condizioni favorevoli alla riproduzione e alla sosta della fauna selvatica; 
che la riduzione del ruolo dell'Azienda delle foreste demaniali nell'adozione del provvedimento, peraltro in assenza di un espresso richiamo all'obbligatorio parere dell'INFS, non garantirebbe il patrimonio faunistico la cui tutela costituisce un preciso obbligo posto dalla legge nazionale (art.1 della legge n. 157 del 1992) ed affermato nella giurisprudenza di questa Corte anche nei confronti delle Regioni a statuto speciale (sentenza n. 35 del 1995); 
che le disposizioni dell'art. 11, primo comma, lett. c) e lett. e) della legge censurata, nel prevedere, rispettivamente, che, qualora una provincia abbia una superficie destinata a protezione della fauna selvatica superiore al 25% del territorio agro-silvo-pastorale, l'ambito territoriale di caccia possa corrispondere con la porzione del territorio in cui è possibile esercitare l'attività venatoria e che le isole Eolie, Pelagie, Egadi, Pantelleria e Ustica facciano parte degli Ambiti territoriali di caccia (ATC) della provincia di appartenenza, sarebbero, a giudizio del ricorrente, in contrasto con quanto stabilito nell'art. 14 della legge n. 157 del 1992, che prevede la ripartizione del territorio agro-silvo-pastorale in ATC omogenei e delimitati da confini naturali, al fine di "pervenire ad una più equilibrata distribuzione dei cacciatori sul territorio" e di conferire "specifico rilievo anche alla dimensione della comunità locale in chiave di gestione, responsabilità e controllo del corretto svolgimento dell'attività venatoria" (Corte costituzionale, sentenza n. 4 del 2000); 
che in contrasto con i principi posti dall'art. 14 della legge n. 157 del 1992 sarebbe altresì la disposizione della lettera f) del medesimo art. 1, primo comma, laddove consente l'iscrizione, anche in soprannumero, negli ATC, del cacciatore che abbia conseguito la licenza nel corso della stagione venatoria, facendo prevalere, in violazione anche degli artt. 3 e 97 Cost., l'interesse del cacciatore neofita rispetto alla tutela del patrimonio faunistico; 
che l'art. 17 della legge censurata sarebbe in contrasto con l'art. 10 lett. e) e con l'art. 16, primo, secondo e quarto comma, della legge n. 157 del 1992 e costituirebbe una palese interferenza del legislatore regionale in materia penale, in quanto consentirebbe anche nelle aziende agro-venatorie le gare e gli allenamenti di caccia alternativi e l'addestramento di cani con l'impiego e l'abbattimento di specie animali prodotte in allevamento durante l'anno solare; 
che del pari costituirebbe interferenza nel sistema sanzionatorio penale la norma contenuta nell'art. 20 della legge censurata nella parte in cui prevede che possano essere individuate quali zone contigue alle aree naturali protette, anche porzioni delle zone D dei parchi, rendendo così praticabile e lecita la caccia in tali aree, nonostante il divieto posto dall'art. 11, terzo comma, lett. a) della legge n. 394 del 1991, in violazione degli artt. 30, primo comma, della suddetta legge e dell'art. 30, primo comma, lett. d) della legge n. 157 del 1992; 
che l'art. 21 della legge censurata configurerebbe, infine, una evidente violazione del regime delle competenze previsto dagli artt. 14, 17 e 36 dello Statuto speciale, introducendo, relativamente alle istanze per l'esercizio venatorio, una implicita modifica alla disciplina dell'imposta di bollo contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642; 
che, in successiva memoria, il Commissario dello Stato ha chiesto che sia dichiarata cessata la materia del contendere essendo intervenuta la promulgazione della legge con esclusione delle disposizioni sottoposte al sindacato di questa Corte. 
Considerato che questa Corte ha ritenuto, nella recente sentenza n. 314 del 2003, che il sistema di impugnativa delle leggi siciliane previsto dallo Statuto speciale resta tuttora applicabile, come riconosciuto anche dall’art. 9 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), il quale, sostituendo l’art. 31, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, fa espressamente salva “la particolare forma di controllo delle leggi prevista dallo statuto speciale della regione siciliana”, tutto ciò fino all’eventuale adeguamento dello Statuto alle norme del nuovo Titolo V della II Parte della Costituzione, secondo quanto prefigurato dall’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; che, dopo la proposizione del ricorso, la legge approvata dall’Assemblea regionale siciliana il 20 aprile 2001, recante «Integrazioni e modifiche alla legge regionale 1° settembre 1997, n. 33, concernente 'Norme per la protezione, la tutela e l'incremento della fauna selvatica e per la regolamentazione del prelievo venatorio. Disposizioni per il settore agricolo e forestale e in materia di lavori socialmente utili'», è stata promulgata con omissione delle parti censurate, sicché risulta definitivamente preclusa la possibilità che sia conferita efficacia alle disposizioni ivi contenute; che pertanto, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte (ordinanze n. 195 del 2001 e n. 382 e 381 del 2000), deve dichiararsi cessata la materia del contendere. 
  
PER QUESTI MOTIVI 
LA CORTE COSTITUZIONALE 
dichiara cessata la materia del contendere in ordine al ricorso di cui in epigrafe. 
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 novembre 2003. 
  
Riccardo CHIEPPA, Presidente 
Fernanda CONTRI, Redattore 
  
Depositata in Cancelleria il 14 novembre 2003.