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T.A.R.Emilia ,Bologna-Sez. II, Sentenza n. 2374 del 2/8/2004. Caccia in deroga a storni e passeri - in periodi diversi dalla maturazione e raccolto -previa disapplicazione da parte del giudice amministrativo della L.R. Emilia 15/2002 in contrasto con Direttiva "self-executing".Legittimazione ad agire delle associazioni di protezione ambientale. Contrasto tra normativa venatoria regionale e Direttiva 79/409/CEE "Uccelli".

Si ringrazia A. Atturo per la segnalazione

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REPUBBLICA ITALIANA

Sent. 2374/2004

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

RG. n. 1244/2002

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

PER L’EMILIA ROMAGNA

BOLOGNA

SEZIONE SECONDA

Composto dai Signori:

Dott. Luigi Papiano Presidente

Dott. Giancarlo Mozzarelli Cons. rel. est.

Dott. Grazia Brini Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

LEGA ITALIANA PER L'ABOLIZIONE DELLA CACCIA – (L.A.C.) in persona del Presidente pt, e LEGA ANTIVIVISEZIONE (L.A.V.) in persona del Presidente pt., rappresentate e difese dall'avv. Guglielmina Simoneschi ed elettivamente domiciliate in Bologna Viale XII Giugno 7 presso l'avv. Erika Greischberger;

contro

Regione Emilia Romagna in persona del Presidente della Giunta pt., rappresentata e difesa dagli avv.ti Franco Mastragostino e Maria Chiara Lista ed elettivamente domiciliata in Bologna Piazza Aldrovandi 3;

Provincia di Bologna in persona del Presidente della Giunta pt., rappresentata e difesa dall'avv. Emilia Neri ed elettivamente domiciliata in Bologna Via Zamboni 13;

e nei confronti di:

Associazione Arci Caccia in persona del legale rappresentante pt., non costituito;

e con l'intervento in opposizione di:

Federcaccia della Regione Emilia Romagna in persona del legale rappresentante pt., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Manfredi e Cristina Balli ed elettivamente domiciliata in Bologna Via Altabella 3;

per l'annullamento

della delibera n. 257 della Giunta Provinciale di Bologna, adottata in data 30.7.2002, avente ad oggetto: "Approvazione del Calendario Venatorio Provinciale per l'annata 2002/2003";

della delibera n. 258 della Giunta Provinciale di Bologna, adottata in data 30.7.2002, avente ad oggetto: "Approvazione degli orari e delle modalità relative alla caccia di selezione agli ungulati ad integrazione del calendario venatorio provinciale per l'annata 2002/2003";

nonché – occorrendo – della deliberazione n. 969 della Giunta Regionale dell'Emilia Romagna, adottata in data 10.6.2002 e avente ad oggetto: "Direttive relative alla istituzione e alla gestione tecnica delle Aziende Venatorie".

Designato relatore il Cons. dott. Giancarlo Mozzarelli;

Uditi all'udienza pubblica del 30.10.2003 gli avv.ti Guglielmina Simoneschi, S. Scalini (in sostituzione dell'avv. Emilia Neri), Maria Chiara Lista e Cristina Balli;

Considerato quanto segue:

FATTO

Le associazioni sopraindicate fanno preliminarmente presente che "la Giunta Provinciale di Bologna ha approvato, con delibera n. 257 del 30.7.2002, il Calendario Venatorio Provinciale per l'annata 2002/2003 e, con delibera n. 258 adottata in pari data, ha determinato, a completamento del primo, gli orari e le modalità relative alla caccia di selezione agli ungulati. In particolare, con il Calendario Venatorio l'Amministrazione provinciale ha stabilito, in applicazione ed integrazione del Calendario Venatorio Regionale di cui alla L.R. n. 14 del 12.7.2002, le prescrizioni tecniche valevoli negli anni 2002/2003 per la caccia nella Provincia di Bologna, e ha autorizzato, in applicazione della L.R. n. 15 del 12.7.2002, l'esercizio della caccia in deroga alla Direttiva 79/409 CEE nel territorio di propria competenza.

La Regione Emilia Romagna ha, infatti, previsto le "Norme per la definizione del Calendario Venatorio Regionale" con la L.R. n. 14 del 12.7.2002, dichiarata all'art. 10 (disposizioni finali) con validità quadriennale".

Si aggiunge che "la L.R. di settore n. 8/94 (disposizioni per la protezione della fauna selvatica e per l'esercizio dell'attività venatoria) attribuisce la relativa competenza alla Giunta Regionale, così inoltre stabilendo la natura amministrativa – e l'assoggettamento al relativo regime giuridico: iter formativo e mezzi di impugnazione – dell'atto di approvazione del Calendario Venatorio regionale, che la stessa L.R. n. 8/94 definisce annuale.

Fatto è che espressamente l'Amministrazione regionale ha correlato la propria determinazione in ordine allo strumento di disciplina della caccia nel territorio di competenza, così come le modifiche con esso apportate alla normativa di cui alla Legge statale n. 157/92 (..) alla recente riforma del Titolo V della parte II della Costituzione.

Il I comma dell'art. 1 della L.R. n. 14/02, infatti, stabilisce "La presente legge definisce il calendario venatorio regionale, sulla base della competenza legislativa della Regione nella materia della caccia, in conformità al titolo V della Parte seconda della Costituzione".

Si osserva che "analogo fondamento giustificativo sembra essere stato attribuito all'adozione della simultanea L.R. n. 15 con cui, lo stesso 12.7.2002, è stata approvata, modificando la L.R. n. 8/94, la disciplina dell'esercizio delle deroghe previste dalla Direttiva 79/409/CEE.

Con successiva L.R. n. 22 del 20.9.2002 il Consiglio Regionale ha poi integrato la stessa L.R. n. 15/2002, consentendo la detenzione e l'uso quali richiami vivi delle specie indicate dall'art. 2 della legge da ultimo citata.

E', tuttavia, da ritenersi che l'Ente regionale nell'adozione delle indicate leggi n. 14, 15 e 22 del 2002, abbia ecceduto dalla potestà legislativa costituzionalmente riconosciutagli.

A sostegno del ricorso sono presentate le censure seguenti:

A) con riguardo all’esercizio della caccia nei confronti delle specie protette Storno, Passero e Passera mattugia, in deroga alla Direttiva 79/409 UE:

1) Violazione di legge (art. 117, 1 comma Cost.; art. 249 Trattato CEE; art. 9, 1 comma, lett. A) della Direttiva CEE 79/409; art. 117, 2 comma, Cost.; art. 5 Cost.).

Si rileva che "in considerazione della rilevanza europea della tutela del patrimonio faunistico, la Direttiva del Consiglio delle Comunità Europee 79/409 del 2.4.1979 ha stabilito un generale regime di protezione degli uccelli "viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri ai quali si applica il Trattato" (art. 1).

In particolare, tra le specie oggetto della protezione di fonte comunitaria sono comprese lo Storno, il Passero e la Passera mattugia.

L'art. 5 della Direttiva dispone, inoltre, l'obbligo degli Stati membri di adeguarsi alla medesima instaurando un regime generale di tutela degli uccelli selvatici, che comprenda il divieto di ucciderli o di catturarli deliberatamente con qualsiasi metodo.

L'art. 7 consente il prelievo venatorio di alcune specie, tra le quali non sono comprese Storno, Passero e Passera mattugia, salva comunque la primaria esigenza di conservazione.

Il successivo art. 9 riconosce, infine, la possibilità di derogare a tale generale regime di protezione anche per le specie non ammesse al prelievo venatorio, ma solo in via eccezionale, e ricorrendo i presupposti e le condizioni specificamente previsti dalla norma.

In particolare, la Direttiva, al II comma, impone l'osservanza di precisi requisiti di forma, volti ad assicurare che la deroga sia contenuta entro limiti strettamente necessari e soddisfi esigenze precise e situazioni specifiche (..). La Corte di Giustizia dell'Unione europea ha al riguardo conseguentemente ritenuto che non risponde alle esigenze di protezione risultanti dalla Direttiva e viola l'obbligo comunitario di fedele trasposizione la normativa degli Stati membri che consenta la caccia in deroga in modo generale e permanente (..) o che non contenga un riferimento adeguatamente circostanziato agli elementi di cui ai numeri 1 e 2 dell'art. 9".

Si aggiunge che "con la Delibera n. 257/2002 la Provincia di Bologna, in violazione del regime di tutela di cui alla Direttiva predetta, ha autorizzato su tutto il territorio di propria competenza aperto alla caccia, e da parte di tutti i cacciatori iscritti ai relativi ATC o che vi abbiano accesso per la caccia in mobilità controllata, l'abbattimento delle specie protette Storno, Passero e Passera mattugia.

La determinazione provinciale ha così dato concreta attuazione alla L.R. n. 15/02, la quale, nel disciplinare la deroga ex art. 9 della citata Direttiva, ha peraltro omesso ogni specifica e circostanziata indicazione in ordine ai presupposti e alle condizioni prescritti dalla stessa disposizione comunitaria, di fatto così consentendo l'esercizio della caccia in deroga in modo generale e permanente".

Sulla base delle considerazioni dianzi indicate, le Associazioni ricorrenti presentano questione di legittimità costituzionale della L.R. n. 15/02, art. 1 e 2, per violazione dell'art. 117, 1 comma, Cost., in riferimento all'art. 9 Direttiva U.E. 79/409 e all'art. 249 Trattato CEE, per violazione dell'art. 117, II comma e dell'art. 5 Cost.", contestano la deliberazione giuntale n. 257/2002 per violazione di legge nei termini di cui in epigrafe alla presente censura.

Le Associazioni ricorrenti osservano al riguardo come "l'art. 117, 1 comma, Cost., stabilisce che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, così individuando i limiti generali di ogni competenza legislativa (statale e regionale).

In questi termini la Costituzione ha recepito il principio della "primautè" del diritto comunitario su quello degli Stati membri, innovazione che consente di ritenere direttamente colpita da illegittimità costituzionale la legge che risulti difforme al diritto comunitario. Censura cui (..) non si sottrae la L.R. n. 15/02.

Innanzitutto, infatti, dalla lettera dell'art. 9 della Direttiva U.E. e dalla interpretazione che della norma ha dato costantemente la Corte di Giustizia, risulta la necessità che l'eventuale introduzione nei singoli Stati membri del regime derogatorio avvenga con legge delle autorità statali (..). La L.R. n. 15/02 ha, invece, disciplinato autonomamente e in difetto di una previa normativa nazionale la deroga ex art. 9 cit..

In secondo luogo, la legge regionale non ha adempiuto con esattezza alle disposizioni della Direttiva comunitaria, mentre la stessa Corte di Giustizia ha più volte affermato la necessità di una fedele trasposizione, pena l'inadempimento degli obblighi comunitari (..).

Infatti, la L.R. n. 15/02 ha consentito la caccia in deroga omettendo di valutare, in violazione del I comma dell'art. 9 cit., la concreta possibilità di soluzioni diverse, come del resto dimostra l'efficacia quadriennale della stessa legge regionale.

I mezzi e i soggetti abilitati (tutti i cacciatori iscritti agli ATC di Bologna o che vi abbiano ingresso per la caccia in mobilità controllata), i tempi (per tutta la durata della stagione venatoria), i luoghi (tutto il territorio della Regione aperto alla caccia) e, non ultimo, il carniere giornaliero e stagionale (per gli storni rispettivamente di 25 e di 200 capi, per i passeri di 10 e 100 capi) consentiti per il prelievo in deroga dalla L.R. 15/02 dimostrano, inoltre, come esso non sia stato autorizzato limitatamente allo stretto necessario, né per esigenze e situazioni precise e specifiche".

Si aggiunge che "le centinaia di migliaia di capi di cui si autorizza l'abbattimento (in relazione all'elevato numero di cacciatori e alla considerevole durata della deroga) rappresentano una circostanza che contrasta insanabilmente con il concetto di "piccole quantità" di uccelli per le quali la Direttiva consente la cattura, la detenzione e comunque il prelievo; sicché, non può ritenersi soddisfatto neppure il requisito di cui al punto c) dell'art. 9".

Si rileva inoltre che "anche la Corte Costituzionale, confermando la propria costante giurisprudenza, ha recentemente affermato la necessità che la disciplina delle deroghe al regime di protezione sia stabilita con normativa di carattere nazionale per garantire un uniforme ed adeguato livello di salvaguardia delle specie protette (Corte Cost. sentenza n. 169/99)" e che "tanto è sufficiente per eccepire l'illegittimità costituzionale della L.R. 15/02 anche per violazione degli artt. 117, 2 comma, e 5 della Costituzione. In relazione ai denunciati profili di illegittimità costituzionale non si ritiene che essi possano essere sanati, neppure in parte, dalla circostanza che in data successiva alla L.R. 15/02 il Parlamento ha licenziato in materia una legge nazionale al momento in attesa di promulgazione e di pubblicazione.

Infatti, la L.R. è stata innanzitutto approvata quando ancora non era intervenuta quella nazionale in materia (..).

In ogni caso, poi, rispetto all'art. 19 bis sembrano sollevabili le censure mosse alla tecnica legislativa impiegata dalla L.R. 15/02, non avendo il legislatore italiano esercitato la deroga nel rispetto dei presupposti e requisiti indicati dalla predetta normativa comunitaria.

La semplice riproduzione del testo previsto dall'art. 9 della Direttiva CEE, come effettuato dall'art. 19 bis, infatti, da una parte frustra le finalità della stessa Direttiva, consentendo di fatto l'attuazione da parte delle Regioni di deroghe generali e permanenti e dall'altra viola quell'esigenza di uniformità di disciplina cui era invece preordinata la necessità di una normativa nazionale in materia".

2) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, per difetto dei presupposti di fatto e di diritto, per illogicità manifesta e per violazione del principio di proporzionalità.

Si rileva che "l'INFS, con il parere di cui alla nota prot. n. 4972 del 19.6.2002, ha valutato il prelievo in deroga consentito dalla L.R. 15/02 "biologicamente e tecnicamente immotivato e non in sintonia con quanto stabilito dalla Direttiva 409/79 CEE, art. 9".

In particolare, l'organo di consulenza (..) evidenzia la sproporzione e l'inadeguatezza dei mezzi previsti dal progetto della legge regionale rispetto allo scopo tipico, ammesso dalla stessa Direttiva e che si dichiara di voler perseguire.

L'INFS, inoltre, esclude che la proposta formulata dalla Regione per consentire l'esercizio della deroga di cui all'art. 9 cit. soddisfi in concreto le condizioni previste dallo stesso art. 9".

Si aggiunge che "tale parere, che ancorché non vincolante, non può non avere una sua specifica valenza (..) è stato disatteso, prima dalla Regione Emilia Romagna e poi dalla Provincia di Bologna, pur nel difetto di una adeguata istruttoria e motivazione" e che pertanto "la Regione Emilia Romagna e la Provincia di Bologna hanno consentito l'esercizio della deroga ex art. 9 Direttiva 79/409 CEE senza che ne ricorressero i presupposti di fatto e di diritto indicati dalla stessa norma comunitaria";

3) Violazione di legge (art. 117, 1 comma, Cost.; art. 249 Trattato CEE; artt. 5 e 9 Direttiva CEE 79/409; art. 117, 2 comma, Cost.; art. 5 Cost.; art. 4, 4 comma, L. n. 157/92).

Si rileva come "l'art. 34 della Legge comunitaria 2001 ha modificato l'art. 4 della L. n. 157/92 depennando dall'elenco delle specie catturabili per essere cedute ai fini di richiamo lo storno, il passero e la passera mattugia, in quanto protette dalla Direttiva 79/409 CEE. La modifica legislativa trae origine dalla condanna del Governo italiano, con sentenza della Corte di Giustizia (causa 159/99 del 17.5.2001) per aver permesso la cattura con le reti e la detenzione di queste tre specie di uccelli. Pronuncia che consente di ritenerne precluso altresì l'uso ai fini di richiamo".

Si aggiunge che "la Regione Emilia Romagna, in contrasto con la chiara lettera della normativa comunitaria e del nuovo art. 4 L. n. 157/92, ha consentito con la L.R. 20.9.2002, n. 22, che ha integrato la precedente L.R. n. 15/02, "la detenzione e l'uso (..) di richiami vivi provenienti da allevamenti o da catture svolte antecedentemente al DPCM del 21.3.1997, appartenenti alle specie di cui all'art. 2 (art. 2 bis)".

Il Calendario Venatorio Provinciale nel capo dedicato agli "strumenti di richiamo e metodi di caccia vietati" stabilisce che "ai sensi dell'art. 5 comma 2 e art. 4 comma 4 della L. n. 157/92, è ammesso, altresì, l'uso di esemplari vivi appartenenti alle specie consentite", così risultando consentito, per effetto della L.R. n. 15/02, come integrata dalla L.R. n. 22/02, la detenzione e l'uso di storno, passero e passera mattugia".

Sulla base delle considerazioni predette, le Associazioni ricorrenti "censurano in capo al Calendario Venatorio della Provincia di Bologna la violazione di legge [nei termini sopraindicati] e sollevano questione di legittimità costituzionale nei confronti dell'art. 1 L.R. n. 22/02 per violazione dell'art. 117, 1 comma, Cost., in relazione alla Direttiva CEE 79/409 come interpretata dalla Corte di Giustizia; dell'art. 117, II comma, Cost. e dell'art. 5 Cost., in relazione all'art. 4, 4 comma, L.n. 157/92".

B) Con riguardo a tempi e modalità dell’esercizio venatorio nei confronti delle specie ordinariamente cacciabili:

4) Violazione di legge (art. 117, 2 comma, Cost.; art. 5 Cost.; art. 18, I comma, lett. C) L.n. 157/92; art. 25, 2 comma, Cost.; art. 30, lett. a) L. n. 157/92; art. 50, 2 comma, lett. d) L.R. n. 8/94).

Eccesso di potere per difetto dei presupposti di fatto e di diritto. Difetto di istruttoria e di motivazione.

Si osserva che "le delibere provinciali impugnate hanno del tutto arbitrariamente dilatato l'arco temporale entro il quale è possibile esercitare il prelievo venatorio, in contrasto con quanto fissato e delimitato nell'art. 18 della Legge nazionale 157/92.

Tale ultima disposizione individua specifici tempi di prelievo, stabilendo in particolare per gli ungulati alla lettera c) del 1 comma, che la caccia può essere esercitata dal 1 ottobre al 30 novembre.

Il secondo comma dello stesso articolo consente alle Regioni di modificare il periodo venatorio, purché siano osservate determinate condizioni, tra le quali il rispetto dell'arco temporale massimo di cui al primo comma. Disciplina che, espressamente, lo stesso secondo comma afferma applicabile alla caccia di selezione degli ungulati.

L'art. 50, secondo comma, L.R. 8/94, stabilisce che le Province adottano il Calendario provinciale, con il quale, tra l'altro, "riportano i piani di abbattimento degli ungulati cacciabili con metodi selettivi (..) nel rispetto dell'arco temporale massimo di due mesi di cui all'art. 18 della legge statale anche non consecutivi".

L'art. 3, primo comma, L.R. n. 14/02, in applicazione della quale (..) la Provincia ha dato le prescrizioni valevoli per l'esercizio venatorio sul territorio di propria competenza, dilata, in violazione della disciplina legislativa statale e regionale sopra richiamata, il periodo di caccia degli ungulati, in particolare nei confronti di alcune classi sociali del capriolo e di tutte le classi sociali del cervo, del daino e del muflone.

La delibera provinciale n. 257/2002 afferma espressamente l'applicazione della disciplina stabilita dalla L.R. 14/02 in ordine ai tempi e alle modalità del prelievo.

La successiva delibera provinciale n. 258/02 esplicitamente dichiara che tra le innovazioni introdotte dalla L.R. 14/02, in considerazione della recente competenza legislativa esclusiva delle Regioni in materia di caccia e recepite dal Calendario Venatorio Provinciale, è da annoverare quella relativa al periodo di caccia degli ungulati, infatti consentita, in maniera differenziata specie per specie, dal mese di giugno al mese di marzo".

Si afferma che in tal modo "le delibere della Giunta Provinciale di Bologna n. 257/02 e 258/02 appaiono illegittime per la parte in cui, sommando i relativi periodi di caccia, consentono la caccia al capriolo, daino, cervo e muflone per un periodo superiore ai 60 giorni consentiti dalla L. n. 157/92 (capriolo femmina e tutti classe 0: 70 gg.; daino: 70 gg.; cervo: da un massimo di cinque mesi e mezzo a un periodo minimo di tre mesi e mezzo a seconda delle classi sociali e del sesso; muflone: tre mesi (..)".

Si aggiunge che "la illegittima dilatazione del periodo di caccia consentita dall'art. 3, primo comma, lettera d) della L.R. 14/02 e dai provvedimenti applicativi, viene a ledere il contenuto minimo del regime di protezione accordato dallo Stato al proprio patrimonio faunistico: nucleo che la giurisprudenza della Corte Costituzionale afferma inderogabile nell'interesse dell'intera Comunità nazionale, dalla normativa regionale.

Il Giudice delle leggi ha, infatti, più volte affermato che sono norme di grande riforma economico-sociale le disposizioni di cui alla L.n. 157/92, e in particolare quelle che garantiscono il nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica, tra le quali la stessa Consulta include, oltre al generale regime di protezione, le disposizioni relative alla delimitazione dei periodi venatori (Corte Cost. n. 1002/88; n. 577/90; n. 35/95; n. 272/96; n. 323/98; n. 168/99; n. 169/99; n. 4/2000).

Ciò basterebbe per radicare la censura di illegittimità costituzionale nei confronti dell'art. 3, primo comma, lett. d) della L.R. n. 14/02: ma (..) si rileva anche la violazione dell'art. 25, secondo comma, Cost., il quale stabilisce sia rispetto al precetto che alla sanzione, una riserva di legge statale in materia penale.

Invero, l'art. 30, primo comma, lett. a) L. n. 157/92, prevede l'applicazione di sanzione penale nei confronti di chi eserciti la caccia fuori dai periodi indicati nella stessa legge, sicché la Regione Emilia Romagna, dilatando il periodo venatorio, ha illegittimamente ridefinito il precetto della indicata fattispecie penale".

Si osserva, infine, che "l'aumento della pressione venatoria così consentita dalla Regione ed attuata dalla Provincia di Bologna non trova neppure giustificazione nella programmazione faunistica.

Nel Piano faunistico provinciale di Bologna 2001/2006 è, infatti, stimata una densità faunistica delle specie in esame irrisoria rispetto ai cacciatori abilitati al prelievo (nel 2000 i cacciatori di selezione erano 734: p. 184).

L'aumento della pressione venatoria è, inoltre, prevista in modo generalizzato e quindi a prescindere dalla vocazionalità faunistica del territorio, come invece richiede la pianificazione faunistica in tema di prelievi.

Rispetto ad alcuni ambiti territoriali (distretti 2 e 3 ATC BO3), infine, l'estensione dei periodi di caccia nei confronti del capriolo è stata ammessa dalla Provincia in carenza dei necessari censimenti e disattendendo, senza adeguata motivazione, il contrario parere dell'INFS";

5) Violazione di legge (art. 117, II comma, Cost.; art. 5 Cost.; art. 18, V e VI comma, L. n. 157/92). Eccesso di potere per difetto dei presupposti di fatto e di diritto.

Si rileva che "l'art. 21, 1 comma, lett. m) L. n. 157/92, stabilisce il divieto di cacciare su terreni coperti in tutto o nella maggior parte di neve, salvo che nella zona faunistica delle Alpi".

Il divieto ha evidente fine conservativo del patrimonio faunistico, esso risultando particolarmente esposto alla minaccia del prelievo venatorio in presenza di condizioni climatiche avverse.

L'art. 3, III comma, L.R. n. 14/02 di contro dispone che «la caccia agli ungulati in forma selettiva può essere consentita anche su terreni in tutto o in parte coperti di neve».

Facoltà che il Calendario Venatorio Provinciale di Bologna riconosce espressamente.

Ne consegue (..) l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, III comma, L.R. n. 14/02, per le ragioni già esposte nei motivi di ricorso che precedono, e la denunciata violazione di legge delle delibere Provinciali impugnate";

6) Violazione di legge (art. 117, II comma, Cost.; art. 5 Cost.; art. 16, I comma, lett. b) L. n. 157/92; art. 50, II comma, lett. b) L.R. n. 8/94. Eccesso di potere per travisamento, per illogicità e difetto di motivazione.

Si rileva come "l'art. 16, I comma, lett. b) L. n. 157/92 stabilisce che le Regioni, sentito l'INFS, possono autorizzare l'istituzione di Aziende Agrituristico Venatorie (AATV), nelle quali sono consentiti l'immissione e l'abbattimento per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica di allevamento. Il IV comma precisa che l'esercizio dell'attività venatoria nelle AATV è consentito nel rispetto nella presente legge.

L'art. 50, II comma, lett. b) L.R. n. 8/94 precisa al riguardo che le Province, previo parere dell'INFS, adottano il Calendario Venatorio provinciale con il quale autorizzano l'esercizio venatorio nelle AATV limitatamente alla fauna da allevamento.

L'art. 1, V comma, della L.R. 14/02 rispetto alle AATV stabilisce che esse provvedono agli abbattimenti in base alle vigenti direttive regionali".

Si aggiunge che "tali direttive adottate dalla Regione Emilia Romagna con deliberazione della Giunta regionale 10.6.2002, n. 969, consentono l'esercizio nelle AATV della caccia alla volpe (punto 3.1) che (..) non è qualificabile come fauna selvatica di allevamento.

Il Calendario Provinciale di Bologna, in applicazione dell'art. 1, V comma, L.R. n. 14/02 e della richiamata direttiva regionale, include la volpe tra le specie cacciabili nelle AATV. Ne consegue (..): a) l'illegittimità, per violazione delle norme dianzi indicate della deliberazione della Giunta Regionale n. 969/02 nella parte in cui consente nelle AATV anche la caccia a fauna selvatica non di allevamento, in particolare alla volpe; b) l'illegittimità, per violazione della legge sopraindicata e per invalidità derivata, della delibera della Giunta Provinciale n. 257/02".

Si osserva infine che "la deliberazione provinciale impugnata è sul punto censurabile anche sotto altri diversi profili. Infatti, nel parere richiesto dall'amministrazione provinciale in relazione al proprio Calendario Venatorio, l'INFS esprimeva parere sfavorevole riguardo al prelievo venatorio della volpe nelle AATV, non risultando l'ammissione coerente con la L. n. 157/92 e, in particolare con le finalità di impresa agricola che la legge statale riconosce alle aziende in oggetto.

Ciononostante la Provincia di Bologna ha autorizzato con il Calendario Venatorio la caccia della specie nelle AATV con motivazione sbrigativa ed incongrua, essa rinviando al riguardo ad una delibera manifestamente illegittima (la delibera Giunta Regionale n. 969/02)";

7) Violazione di legge (art. 117, II comma, Cost.; art. 5 Cost.; art. 1, II comma, artt. 7 e 10 L. 157/92).

Si osserva che "l'art. 9, V comma della L.R. n. 14/02 stabilisce per i soli prelievi di fauna selvatica migratoria in forma vagante il sistema di annotazione sul tesserino a consuntivo, ossia al termine della giornata di caccia.

Il Calendario Venatorio Provinciale di Bologna al punto 8 dispone l'applicazione della regola nei territori di competenza".

Si aggiunge che "come già affermato dalla Giurisprudenza amministrativa (TAR Veneto sez. II dec. 19.5.1998 n. 689), la previsione dell'indicato sistema di annotazione si appalesa erronea ed illegittima in quanto vanifica di fatto l'insieme delle rilevanti finalità proprie del tesserino di caccia.

La rilevazione è, infatti, funzionale ad un complesso di attività, tutte espressioni del principio fondamentale, enunciato dall'art. 1 della L. n. 157/92, secondo cui l'esercizio dell'attività venatoria è consentito purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della specie.

L'annotazione del bilancio finale al termine della giornata non consente in particolare l'attuazione di alcun controllo sul prelievo venatorio, né consente di ritenere attendibili i dati raccolti.

Ne consegue l'impossibilità di una corretta analisi tecnica dei carnieri e proficua azione di vigilanza. Ed ancora, la difficoltà per l'INFS di formulare, secondo le sue competenze istituzionali, gli indirizzi orientativi essenziali per la pianificazione faunistica (artt. 7 e 10 L. n. 157/92)";

8) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e per incongrua ed insufficiente motivazione. Manifesta illogicità e irragionevolezza.

Si rileva che "il VI comma dell'art. 18, L. n. 157/92 riconosce alle Regioni, per la caccia alla fauna selvatica da appostamento, la possibilità di derogare al numero delle giornate settimanali indicato al V comma, limitatamente, tuttavia, al periodo 1.10/30.11 e, comunque, sentito l'INFS e tenuto conto delle consuetudini locali.

La necessità del parere dell'INFS mira, evidentemente, ad assicurare una gestione venatoria corretta sotto il profilo della preservazione di uno status di conservazione favorevole per le singole specie".

Si aggiunge come "l'art. 4, II comma, L.R. n. 14/02, nel regolare le giornate di caccia, stabilisce alla lett. c) che dall'1 ottobre al 30 novembre, possono essere fruite per la caccia da appostamento alla fauna selvatica migratoria cinque giornate settimanali.

La deroga ex art. 18, VI comma, cit., è attuata dal Calendario Venatorio Provinciale impugnato, nonostante i difformi pareri dell'INFS.

Soprattutto con la nota prot. n. 6154 del 26.7.2002, infatti, l'INFS censura l'aumento delle giornate di caccia proposto pur nel difetto dei censimenti necessari a valutare l'impatto del conseguente maggiore prelievo sulla conservazione delle specie migratorie, alcune delle quali in flessione.

Carenza che, da una parte non consente all'Istituto di esprimere in merito un ponderato parere, dall'altra manifesta una scorretta strategia di conservazione di detta specie da parte della Provincia di Bologna.

Non solo: l'Amministrazione provinciale nel discostarsi dal giudizio INFS non si è neppure preoccupata di darne adeguata motivazione, limitandosi a richiamare, nell'atto istruttorio del 29.7.2002, le consuetudini locali e la già nota circostanza di "non essere in possesso di elementi che segnalino un pesante impatto sulle specie oggetto di caccia".

Ciò sebbene alcune delle specie migratorie ammesse alla deroga di cui al VI comma dell'art. 18 cit. siano state indicate a rischio di flessione o addirittura vulnerabili a livello europeo dall'INFS (..) e qualificate con status di conservazione sfavorevole da parte dello stesso piano Faunistico Venatorio provinciale di Bologna (pagg. 70 e segg.: particolarmente Tortora, Quaglia, Canapiglia, Codone, Marzaiola, Frullino)".

Sostanzialmente si censura di illegittimità costituzionale la norma di cui all'art. 4, secondo comma, lett. c) L. r. cit. – nella parte in cui consente, dall'1 ottobre al 30 novembre, la possibilità di fruizione di due giornate ulteriori a scelta ogni settimana per la caccia da appostamento a