TAR Lombardia (BS), Sez. II, n. 365, del 9 aprile 2014
Caccia e animali.L’apertura della caccia sulla neve fuori dalla Zona Alpi è in contrasto con la L. 157/92

Il legislatore regionale (art. 43 L.r. 26/93) al comma 1 lett. m) vieta di “cacciare su terreni coperti in tutto o nella maggior parte di neve e nei piccoli specchi di acqua circostanti, salvo che nella zona faunistica delle Alpi e nei territori delle comunità montane, …”. In questo quadro normativo, è evidente il contrasto della previsione regionale con la vincolante statuizione del legislatore nazionale di cui alla L. 157/92. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00365/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01191/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1191 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Wwf Italia Ong-Onlus, rappresentata e difesa dall’avv.to Paola Brambilla, con domicilio ex lege presso la Segreteria della Sezione in Brescia, Via Carlo Zima n. 3;

contro

Provincia di Bergamo, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giorgio Vavassori, Bortolo Pasinelli e Katia Nava, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.to Enrico Codignola in Brescia, Via Romanino n. 16; 
Regione Lombardia, rappresentata e difesa dagli avv.ti Sabrina Gallonetto e Annalisa Santagostino, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.to Donatella Mento in Brescia, Via Cipro n. 30;

nei confronti di

Associazione Nazionale Arcicaccia, non costituitasi in giudizio;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Federazione Italiana della Caccia - Fidc, rappresentata e difesa dagli avv. Stefano Bernasconi, Lorenzo Bertacchi, con domicilio ex lege presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Carlo Zima, 3;

per l'annullamento

- DELLA DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA PROVINCIALE IN DATA 9/7/2012 N. 253, RECANTE DISPOSIZIONI PER L’ESERCIZIO VENATORIO SUL TERRITORIO DELLA PROVINCIA DI BERGAMO – STAGIONE VENATORIA 2012/2013;

- DI OGNI ALTRO ATTO PRESUPPOSTO, CONNESSO E CONSEQUENZIALE.

Motivi aggiunti:

- DELLA DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO PROVINCIALE IN DATA 10/7/2013 N. 79, RECANTE L’APPROVAZIONE DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO DELLA PROVINCIA DI BERGAMO;

- DELLE DELIBERAZIONI GIUNTALI 25/7/2013 N. 249 E 23/9/2013 N. 346;

- DELLA DETERMINAZIONE DIRIGENZIALE 13/9/2013 N. 1904 RECANTE IL CALENDARIO VENATORIO PER LA STAGIONE 2013/2014.



Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate;

Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 marzo 2014 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Riferisce l’Associazione ricorrente che, in mancanza del Piano faunistico venatorio regionale e di un Piano provinciale vigente, sono state indebitamente dettate disposizioni sul calendario venatorio provinciale.

Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione parte ricorrente impugna l’atto in epigrafe, deducendo i seguenti motivi in diritto:

a) Violazione degli artt. 10, 14 e 18 della L. 157/92, degli artt. 12, 13, 14, 22 e 24 della L.r. 26/93, carenza di potere regolamentare in assenza di atti di pianificazione regionale e provinciale, elusione del giudicato, in quanto la caccia può essere esercitata previo esercizio della pianificazione del territorio agro-silvo-pastorale ad opera di Regioni e Provincie;

b) Violazione dell’art. 18 comma 4 della L. 157/92, dell’art. 40 comma 5 della L.r. 26/93, dell’art. 117 comma 2 lett. s) della Costituzione, illegittimità costituzionale della L.r. 17/2004, dato che la Giunta regionale dovrebbe pubblicare annualmente un calendario, entro il 15 giugno, sentito l’INFS, e ciononostante nel 2004 la Regione ha provveduto con legge – per ostacolare le impugnazioni delle associazioni ambientaliste – in assenza della dovuta valutazione dell’ISPRA;

c) Violazione dell’art. 18 commi 1-bis e 4 della L. 157/92, omesso adeguamento alla legge comunitaria, mancato rispetto delle linee dettate dall’ISPRA;

d) Violazione degli artt. 18 commi 5 e 6 della L. 157/92 e dell’art. 40 comma 8 della L.r. 26/93, per il disposto aumento del numero delle giornate di caccia settimanali, in violazione del parere ISPRA;

e) Violazione dell’art. 12 comma 5 della L. 157/92, illegittimità costituzionale dell’art. 35 comma 1-bis della L.r. 26/93, poiché l’esercizio venatorio è ammesso o in forma vagante in zona Alpi, o da appostamento fisso o in altro modo ma sempre in esclusiva, e invece la legge regionale consente di esercitare 2 forme di caccia contemporaneamente;

f) Violazione dell’art. 27 comma 7 della L.r. 26/93 per omessa comunicazione dell’altitudine massima raggiungibile in esercizio o con mezzi motorizzati nei comprensori alpini;

g) Violazione dell’art. 21 lett. m) della L. 157/92 per l’apertura della caccia sulla neve fuori dalla zona Alpi, illegittimità costituzionale dell’art. 43 della L.r. 26/93.

Con motivi aggiunti depositati il 30/10/2013 parte ricorrente impugna la deliberazione del Consiglio provinciale 10/7/2013 n. 79, di approvazione del Piano faunistico venatorio (PFV) e le successive deliberazioni e determinazioni sulla stagione venatoria 2013/2014. L’atto di ricorso riepiloga le vicende pregresse e in particolare rammenta la portata della sentenza n. 1532/2010 di questo T.A.R. passata in giudicato, la quale ha accolto i profili riguardanti l’erronea individuazione della zona alpina; la necessità di revisione della quota protetta TASP con espunzione delle aree non utili per la fauna selvatica (fasce di rispetto stradali, ferroviarie e urbane); l’insufficienza delle zone di protezione dei valichi alpini per le rotte di migrazione; la georeferenziazione e la valutazione di incidenza dei capanni (appostamenti fissi).

Dopo la proposizione del ricorso per l’ottemperanza al giudicato, WWF e Provincia raggiungevano un accordo sui profili appena evidenziati, ma il PFV sarebbe stato approvato in modo del tutto difforme.

I motivi di ricorso sono i seguenti:

h) Nullità per violazione ed elusione del giudicato ovvero (in subordine) violazione dell’art. 11 della L. 157/92 e degli artt. 13 e 14 commi 1 e 3 della L.r. 26/93, eccesso di potere per travisamento dei fatti, in quanto il confine della zona faunistica delle Alpi è stato indebitamente abbassato a sud, fino a farlo coincidere con l’ex confine dell’ATC prealpino, divenuto CAC (comprensorio alpino caccia) prealpino;

i) Nullità per violazione e elusione del giudicato ovvero in subordine violazione degli artt. 5 commi 1, 2 e 8 e 6 del D.P.R. 357/97, dell’art. 6 della direttiva 92/43/CEE e della direttiva 147/2009/CE per mancata ri-acquisizione della valutazione di incidenza (VINCA) sul piano approvato e per lo scostamento dalle prescrizioni racchiuse nella medesima;

l) Nullità per violazione ed elusione del giudicato ovvero in subordine violazione degli artt. 1 comma 5 della L. 157/92, degli artt. 3 e 7 della direttiva 147/2009/CE, eccesso di potere per contraddittorietà e sviamento per mancata corretta istituzione delle zone di protezione lungo le rotte di migrazione, dato che la perizia resa nel giudizio r.g. 37/2007 affermava la necessità di istituire dette zone, collocabili anche in pianura, per consentire a terra – in corrispondenza dei tracciati – fasce di salvaguardia dell’avifauna migratoria;

m) Nullità per violazione ed elusione del giudicato ovvero in subordine inosservanza degli artt. 13 comma 3 della L.r. 26/93 e 10 comma 3 della L. 157/92, eccesso di potere per contraddittorietà e sviamento, visto che la violazione della normativa sui criteri di individuazione della Zona Alpi ha comportato l’indebita riduzione del TASP al 10%, quando all’esterno della Zona Alpi la quota minima è pari al 20%;

n) Nullità per violazione ed elusione del giudicato ovvero in subordine violazione degli artt. 21 comma 3 e 12 della L. 157/92, degli artt. 5 e ss. del D.P.R. 357/97, eccesso di potere per contraddittorietà e sviamento per mancata corretta protezione dei valichi e omessa valutazione di incidenza degli appostamenti fissi;

o) Violazione dell’art. 49 del TUEL per omessa motivazione dello scostamento dal parere negativo del Responsabile del servizio;

p) Violazione dell’art. 27 comma 11 della L.r. 26/93, in quanto in area alpina è previsto un esame di abilitazione per gli aspiranti cacciatori, mentre il Piano prevede il riconoscimento automatico dell’idoneità;

q) Illegittimità derivata del calendario venatorio e illegittimità propria per omessa sottoposizione a VINCA e mancato recepimento delle indicazioni della VINCA regionale sulla regolamentazione della caccia;

r) Violazione dell’art. 10 comma 2 e dell’art. 11 comma 4 della L. 157/92, dell’art. 12 della L.r. 26/93, per omessa preventiva pianificazione regionale;

s) Violazione dell’art. 18 comma 1-bis e 4 della L. 157/92 per mancato adeguamento alla legge comunitaria e omessa previsione di divieti di caccia nei periodi di riproduzione e migrazione, inosservanza delle linee guida ISPRA per la predisposizione dei calendari venatori, mancato preventivo svolgimento dei censimenti della fauna stanziale;

t) Illegittimità costituzionale dell’art. 35 comma 1-bis della L.r. 26/93, che ammette la possibilità di esercitare contemporaneamente due forme di caccia;

u) Illegittimità costituzionale dell’art. 43 della L.r. 26/93, per la possibile apertura della caccia sulla neve fuori dalla Zona Alpi.

Si sono costituite in giudizio l’amministrazione provinciale e la Regione Lombardia, chiedendo la reiezione del gravame. E’ intervenuta ad opponendumla Federazione Italiana della Caccia.

Con ordinanza n. 539, adottata in esito alla Camera di consiglio del 14/11/2013, è stata motivatamente respinta la domanda cautelare.

Alla pubblica udienza del 12/3/2014 il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti sono stati chiamati per la discussione e trattenuti in decisione.

DIRITTO

La ricorrente censura il provvedimento della Giunta provinciale che ha introdotto disposizioni per l’esercizio venatorio per la stagione 2012/2013 e, con motivi aggiunti, denuncia l’illegittimità della deliberazione consiliare di approvazione del nuovo Piano Faunistico Venatorio.

L’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo per sopravvenuta carenza di interesse non è meritevole di accoglimento, in quanto, se è pur vero che l'atto impugnato ha esaurito i suoi effetti, è innegabile che una pronuncia di questo Tribunale favorevole alla ricorrente sarebbe destinata ad orientare e conformare l'attività amministrativa futura, allo scopo di evitare la ripetizione di condotte contra legem, oltre ai possibili riflessi in relazione ad un ipotetico giudizio di tipo risarcitorio (cfr. da ultimo T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV – 16/7/2013 n. 1865).

1. Passando all’esame del ricorso introduttivo, con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 10, 14 e 18 della L. 157/92, degli artt. 12, 13, 14, 22 e 24 della L.r. 26/93, la carenza di potere regolamentare in assenza di atti di pianificazione regionale e provinciale, l’elusione del giudicato, in quanto la caccia può essere esercitata previo esercizio della pianificazione del territorio agro-silvo-pastorale (art. 10 comma 1 della L. 157/92) ad opera di Regioni e Province; in proposito l’art. 14 della Legge quadro affida alle Regioni il compito di approvare il Piano faunistico-venatorio regionale, e in senso analogo la L.r. 26/93 affida alla Regione funzioni programmatorie (artt. 2 commi 2 e 12 della L.r. 26/93), mentre la Provincia è titolare di funzioni pianificatorie di dettaglio; ciononostante la Giunta regionale non ha mai approvato il Piano con cadenza annuale, mentre il Piano provinciale è stato annullato da questo T.A.R. con sentenza 1532/2010 e la Provincia non ha mai ottemperato al giudicato, malgrado un l’accordo intervenuto con il WWF, cosicché è preclusa ogni attività di regolazione in assenza di una cornice pianificatoria presupposta.

La doglianza è infondata.

1.1 Anzitutto la Provincia ha evidenziato l’avvenuto avvio, con deliberazione giuntale 18/4/2011 n. 203, del procedimento di modifica e adeguamento del PFV provinciale in esito all’annullamento disposto da questo Tribunale con la sentenza n. 1532/2010, con individuazione dell’autorità procedente (Settore Caccia Pesca e Sport) e dell’autorità competente (Settore Urbanistica e Agricoltura) per la VAS, istituzione della Conferenza di Verifica e Valutazione e indicazione dei soggetti (territorialmente coinvolti) da invitare, comprese le Associazioni interessate all’iter decisionale.

Peraltro, già con le deliberazioni giuntali 3/5/2010 n. 157 e 24/1/2011 n. 43 la Provincia aveva stabilito di ottemperare alla sentenza di questo T.A.R., secondo un puntuale percorso metodologico da intraprendere.

1.2 Sulla questione principale osserva il Collegio che il quadro pianificatorio in materia faunistico venatoria non è completamente assente, dato che la sentenza n. 1532/2010 non ha esteso il suo “effetto caducante” nei confronti del Piano Faunistico Venatorio 2006 (emendato nel 2007): in proposito l’art. 14 della L.r. 26/93 novellato dalla L.r. 19/2006 dispone che i PFV continuino a esplicare i loro effetti, fino a quando non siano espressamente modificati. Dunque, se le disposizioni introdotte con la deliberazione consiliare n. 44/2008 sono state annullate da questo Tribunale con la predetta sentenza, il Piano Faunistico Venatorio 2006 può legittimamente costituire il punto di riferimento per la dovuta attività di riedizione della programmazione, da porre in essere sulla base delle statuizioni passate in giudicato. Detta impostazione si rivela altresì ragionevole, in quanto evita gli effetti dannosi che un vuoto normativo provocherebbe sull’intero territorio, il quale resterebbe privo di ogni protezione.

1.3 Da ultimo, come correttamente evidenziato dalla difesa regionale, la pianificazione in materia è attuata mediante il coordinamento degli strumenti di programmazione provinciale (art. 10 comma 10 della L. 157/92), sicché la mancanza di un Piano faunistico approvato dalla Regione non impedisce l’espletamento delle dovute funzioni di regolazione da parte degli Enti locali.

2. Con la seconda censura parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 18 comma 4 della L. 157/92, dell’art. 40 comma 5 della L.r. 26/93, dell’art. 117 comma 2 lett. s) della Costituzione, l’illegittimità costituzionale della L.r. 17/2004, dato che la Giunta regionale dovrebbe pubblicare annualmente un calendario, entro il 15 giugno, sentito l’INFS, e ciononostante nel 2004 la Regione ha provveduto con legge – per ostacolare le impugnazioni delle associazioni ambientaliste – in assenza del parere dell’ISPRA e, quindi, di una valutazione annuale della consistenza dello stato di conservazione delle specie; il termine del 15 giugno è perentorio ed è illegittimo provvedere con legge regionale, come ha statuito la Corte costituzionale con le sentenze 20/2012 (L.r. Abruzzo), 105/2012 (L.r. Liguria) e 116/2012 (L.r. Marche).

L’assunto non merita condivisione.

2.1 Va premesso che, in linea con la giurisprudenza costituzionale, non è preclusa alla legge ordinaria, e neppure alla legge regionale, la possibilità di attrarre nella propria sfera di disciplina oggetti o materie normalmente affidati all'autorità amministrativa, non sussistendo un divieto di adozione di leggi a contenuto particolare e concreto. Il diritto vivente creato dalla Corte costituzionale ha infatti escluso che il legislatore incontri il limite di una riserva di amministrazione e ha ammesso pertanto che la legge possa avere qualsiasi contenuto sostanziale, anche diverso da quello consistente nel dettare disposizioni generali ed astratte (cfr. Corte costituzionale 2/7/2008 n. 241). Tuttavia, come ribadito da un orientamento consolidato della Corte costituzionale (cfr., fra le altre, sentenze n. 94 e 137 del 2009 e n. 267 del 2007), queste leggi sono ammissibili entro limiti non solo specifici, qual è quello del rispetto della funzione giurisdizionale in ordine alla decisione delle cause in corso, ma anche generali, e cioè quello del rispetto del principio di ragionevolezza e non arbitrarietà (cfr. da ultimo T.A.R. Campania Napoli, sez. I – 6/2/2014 n. 856).

In proposito la Corte costituzionale ha avuto modo di affermare che i diritti di difesa del cittadino, in caso di approvazione con legge di un atto amministrativo lesivo dei suoi interessi, non vengono sacrificati, ma si trasferiscono, secondo il regime di controllo proprio del provvedimento normativo medio tempore intervenuto, dalla giurisdizione amministrativa alla giustizia costituzionale (Corte Costituzionale – 16/2/1993 n. 62).

2.2 Il Collegio è indotto a ricondurre la legge in esame nella categoria delle leggi-provvedimento – per avere contenuto particolare e concreto e dirigersi verso un numero determinato e limitato di destinatari – per le quali occorre valutare se essa rispetti i limiti tracciati dalla giurisprudenza costituzionale e, in primo luogo, quello della ragionevolezza e non arbitrarietà. In proposito la legge regionale n. 17/2004 in verità non contempla il calendario annuale dell’esercizio venatorio, bensì detta regole sulla stagione venatoria, su giornate e orari di caccia (con possibilità per le Provincie di stabilire anticipazioni e limitazioni previo parere ISPRA), sul carniere giornaliero, allevamento dei cani e tesserino venatorio, nonché sulle specie cacciabili e sui periodi di caccia (con spazi di pianificazione riservati alle amministrazioni provinciali).

2.3 Il Collegio conosce le conclusioni cui è pervenuta l’invocata sentenza della Corte costituzionale n. 20/2012 e tuttavia ritiene che, in questo giudizio, il thema decidendum investa le condizioni che caratterizzano il territorio provinciale, regolate dall’Ente locale di riferimento che elabora i propri Piani, sottoposti al sindacato del giudice amministrativo. In questo senso si può affermare che sulla questione di legittimità costituzionale della L.r. 17/2004 soccorrono i principi enucleati nelle precedenti sentenze della Sezione n. 19/7/2012 n. 1393 e 22/1/2014 n. 56 laddove – seppur con riferimento ad una questione di compatibilità con l’ordinamento comunitario – si è affermato che i sospetti di incostituzionalità della legge regionale“non devono distrarre il presente giudizio dal suo oggetto primario, che consiste nella valutazione della compatibilità sostanziale tra la disciplina amministrativa provinciale e la normativa comunitaria. All'interno di questa valutazione potrebbe essere necessario accertare la difformità della normativa regionale rispetto a quella comunitaria, ma questa operazione interpretativa non sfocia inevitabilmente nella proposizione di una questione di legittimità costituzionale. Dal punto di vista dell'ordinamento comunitario tutti gli strumenti normativi nazionali operano infatti congiuntamente sullo stesso piano, indipendentemente dal fatto che siano qualificati come leggi o come atti amministrativi: quello che deve essere preservato è l'effetto utile delle direttive ….”. Trasponendo il ragionamento sul piano che ci occupa occorre allora preliminarmente esaminare se le disposizioni provinciali (coordinate con il quadro legislativo regionale) siano incorse in specifici vizi di legittimità per contrasto con la normativa di rango primario. Detto modus procedendi non determina alcun vulnus alla difesa processuale della ricorrente e al contrario obbedisce a primari principi costituzionali di effettività di tutela e di ragionevole durata del processo.

2.4 La Provincia, prima di approvare il calendario e nella prospettiva di avvalersi della facoltà di deroga, ha acquisito i pareri dell’I.S.P.R.A., formulati con le note pervenute il 5/6/2012, sia in ordine all’integrazione di due giornate settimanali di caccia da appostamento fisso alla selvaggina migratoria – sia in ordine alla data di apertura della caccia di selezione agli ungulati per singole specie.

3. La ricorrente sostiene la violazione dell’art. 18 commi 1-bis e 4 della L. 157/92, l’omesso adeguamento alla legge comunitaria e il mancato rispetto delle linee dettate dall’ISPRA, in quanto:

• l’art. 18 comma 1-bis della L. 157/92 (emanato con L. comunitaria 2009 – L. 96/2010) prevede il divieto di esercizio venatorio durante il ritorno al luogo di nidificazione e durante il periodo di nidificazione e durante le fasi di riproduzione e dipendenza degli uccelli (i periodi nuziali e migratori sono stati individuati nelle linee guida ISPRA); dal 2004 il calendario regionale e provinciale è rimasto invariato, mantenendo aperta la caccia in periodo nuziale e migratorio, senza motivare la difformità alle previsioni ISPRA;

• ISPRA ha raccomandato la sospensione della caccia per le specie in declino (come fagiano di monte, codone, quaglia, pavoncella, beccaccia, tortora e allodola), mentre il calendario provinciale consente la caccia, senza stimare la consistenza numerica con monitoraggi e piani di gestione e conservazione;

• il calendario provinciale ha autorizzato il prelievo fino al 31/1 per colombaccio, cornacchia grigia, gazza, ghiandaia, cesena, tordo bottaccio e tordo sassello, quando ISPRA ha indicato la data di chiusura del 20/1 per le prime tre e il 10/1 per le altre; per la beccaccia (cacciabile fino al 31/1) ISPRA ha raccomandato il 31/12; inoltre non ha limitato al 20/1 il periodo di caccia per gli acquatici;

• è violata anche la legge regionale (art. 34 lett. a) per la mancanza dei dovuti censimenti della fauna selvatica stanziale, non effettuati per starna e fagiano e pernice rossa.

La doglianza è priva di pregio.

3.1 Ai sensi dell’art. 18 comma 2 della L. 157/92, i tempi di caccia stabiliti in via generale dal legislatore statale sono modificabili dalle Regioni per determinate specie, in relazione alle situazioni ambientali e previo parere ISPRA.

La deliberazione impugnata ha ridotto il periodo di caccia per tordo bottaccio e beccaccia al 31 dicembre, nonostante il documento orientativo dell’ISPRA ritenga tecnicamente sostenibile il periodo di caccia sino al 10 gennaio (cfr. guida 28/7/2010 – doc. 18 Provincia). Dunque l’autorità provinciale ha riconosciuto un periodo di prelievo più limitato e, dunque, cautelativo e di salvaguardia per la fauna selvatica, poiché più restrittivo rispetto alla L. 157/92, che ammette il prelievo sino al 31 gennaio sia per il tordo bottaccio sia per la beccaccia (art. 18 comma 1 lett. b) della L. 157/92).

Quanto a colombaccio, cornacchia grigia, gazza e ghiandaia, l’ISPRA (cfr. guida 28/7/2010) esprime comunque un giudizio di compatibilità per il periodo di caccia compreso tra la terza domenica di settembre e il 31 gennaio (il primo con la forma di caccia da appostamento). Per il resto lo spostamento di alcuni giorni non appare suscettibile di arrecare un immediato vulnus alle specie enunciate, le quali sono considerate cacciabili a livello europeo. Anche dalla stessa tabella di pagina 2 della memoria di replica, depositata il 4/2/2014, non traspaiono gravi ripercussioni per le specie indicate, provocate dai limitati disallineamenti temporali dell’anticipazione e chiusura della caccia tra la L. 157/92 e le linee guida ISPRA del 2010.

Per quanto attiene all'asserito mancato censimento delle tre specie – starna, fagiano e pernice rossa, comunemente riproducibili in allevamento a scopo di ripopolamento – si richiama quanto disposto dall'art. 42 “Ripopolamenti” della L.r. 26/93, che, al comma 2, dispone: “l'introduzione o l'immissione di fauna selvatica viva appartenente alle specie autoctone, proveniente da allevamenti nazionali o esteri è effettuata dalla Province, nonché previa autorizzazione della Provincia competente dagli ambiti territoriali o comprensori alpini di caccia e dalle associazioni venatorie, in qualunque periodo dell'anno ...”. E' evidente che, come argomentato dalla Provincia, a differenza di altre specie non oggetto di immissioni periodiche sul territorio, il censimento di questi tre galliformi, da parte degli agenti del Corpo di Polizia provinciale, comporterebbe un impegno di risorse finanziarie ed umane difficilmente giustificabile soprattutto nell'attuale congiuntura economica. Peraltro la Provincia di Bergamo ha dato conto di aver valutato la consistenza numerica delle tre specie di galliformi ripopolabili al fine dell'indicazione dei capi di fauna selvatica stanziale prelevabili durante la stagione venatoria, in sede di approvazione della D.G.P. n. 93 del 26/3/2012.

4. Infondata è la dedotta violazione degli artt. 18 commi 5 e 6 della L. 157/92, dell’art. 40 comma 8 della L.r. 26/93 per l’aumento del numero delle giornate di caccia settimanali in violazione del parere ISPRA: l’art. 18 comma 5 della L. 157 prevede un massimo 3 giornate (a scelta, con silenzio venatorio obbligatorio il martedì e venerdì), mentre è possibile uno scostamento per la caccia da appostamento fisso, nel periodo compreso tra l’1/10 e il 30/11 e previa acquisizione del parere ISPRA; ebbene sono state previste 2 mezze giornate integrative in ottobre e novembre quando il parere ISPRA del 4/6/2012 ne ammetteva una sola (intera) ovvero suggeriva un mese soltanto anziché due, in modo da alleggerire la pressione venatoria (doc. 14 integrato da conferma doc. 16).

4.1 L’art. 18 comma 5 della L. 157/92 statuisce che “Il numero delle giornate di caccia settimanali non può essere superiore a tre. Le regioni possono consentirne la libera scelta al cacciatore, escludendo i giorni di martedì e venerdì, nei quali l'esercizio dell'attività venatoria è in ogni caso sospeso”. Il comma 6 aggiunge che “Fermo restando il silenzio venatorio nei giorni di martedì e venerdì, le regioni, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica e tenuto conto delle consuetudini locali, possono, anche in deroga al comma 5, regolamentare diversamente l'esercizio venatorio da appostamento alla fauna selvatica migratoria nei periodi intercorrenti fra il 1° ottobre e il 30 novembre”.

La Regione Lombardia ha esercitato l’opzione accordata dal legislatore nazionale, e con l’art. 40 comma 8 ha previsto che “Fermo restando il silenzio venatorio nei giorni di martedì e venerdì, la provincia, sentito l'istituto nazionale per la fauna selvatica e tenuto conto delle consuetudini locali, disciplina diversamente l'esercizio venatorio da appostamento fisso alla fauna selvatica migratoria nei periodi intercorrenti fra il 1°ottobre e il 30 novembre, integrandolo con due giornate settimanali di caccia”. La Provincia di Bergamo ha acquisito in proposito il ISPRA 4/6/2012, nel quale si osserva che “si è del parere che la concessione prevista dall'art. 40, comma 8 della LR 26/1993 e succ. modif. possa essere autorizzata solo parzialmente, prevedendo limitazioni all'arco temporale entro cui le giornate integrative possono essere fruite, oppure autorizzando una sola giornata aggiuntiva a settimana”. Con deliberazione giuntale 9/7/2012 n. 253 la Provincia di Bergamo ha previsto due giornate settimanali integrative (lunedì e giovedì) e ha circoscritto lo spazio temporale per l’esercizio venatorio sino alle ore 13.00. Alla luce dell’apporto consultivo predetto non è riscontrabile un vizio di legittimità, poiché l’indirizzo di ISPRA contemplava la riduzione dell’estensione oraria delle giornate in surplus, e l’Ente locale ha agito in conformità con la previsione di 2 mezze giornate. L’ulteriore parere di ISPRA in atti è stato acquisito direttamente dal WWF e non risulta che sia stato inoltrato, né con comunicazione istituzionale né in via informale, alla Provincia di Bergamo, la quale dunque non poteva in alcun modo tenerne conto.

5. WWF censura la violazione dell’art. 12 comma 5 della L. 157/92 e l’illegittimità costituzionale dell’art. 35 comma 1-bis della L.r. 26/93, poiché l’esercizio venatorio è ammesso o in forma vagante in zona Alpi o da appostamento fisso (o in altro modo) ma sempre in esclusiva, e invece la legge regionale consente l’esercizio di 2 forme di caccia contemporaneamente (invoca in proposito la recente sentenza della Corte costituzionale n. 116/2012 che ha cassato un’analoga legge della Regione Marche).

5.1 La questione di legittimità costituzionale dell’art. 35 comma 1-bis della L.r. 26/93 – per indebita deroga al principio di specializzazione delineato dal legislatore nazionale nell’esercizio della potestà legislativa esclusiva – è priva di rilevanza per l’assenza di previsioni specifiche nel provvedimento impugnato, sicché la normativa invocata non interferisce con le clausole ivi racchiuse.

5.2 Peraltro, anche nel merito il profilo è privo di fondamento poiché, come ha dimostrato la difesa dell’amministrazione provinciale, la L. 157/92 afferma l’esclusività dell’opzione fra le tre forme di caccia senza indicarne la durata temporale, e la L.r. 26/93, all’art. 35 comma 1-bis, consente al cacciatore di optare fra l’esercizio delle 15 giornate di caccia da appostamento fisso in tutti gli ambiti territoriali e nei comprensori alpini della Regione, e l’esercizio delle quindici giornate di caccia vagante alla selvaggina migratoria anche con l’uso del cane: in questo contesto l’esclusività non viene meno poiché l’una forma di caccia esclude l’altra, come chiaramente enunciato dall’art. 35, comma 1 bis, ultimo capoverso, della L.r. 26/93, che recita: “Nella giornata in cui il cacciatore usufruisce di tale facoltà non gli è consentito esercitare altra forma di caccia”.

6. WWF lamenta la violazione dell’art. 27 comma 7 della L.r. 26/93 per omessa comunicazione dell’altitudine massima raggiungibile con mezzi motorizzati nei comprensori alpini.

La doglianza è infondata in fatto.

6.1 La disposizione invocata stabilisce che “Le province, sentiti i comitati di gestione interessati, individuano per ogni comprensorio l'altitudine massima raggiungibile in esercizio o attitudine di caccia con mezzi motorizzati; di tale altitudine, che preferibilmente dovrà corrispondere a luoghi facilmente identificabili, è data comunicazione nel calendario venatorio”.

La Provincia ha dato conto dei seguenti passaggi procedimentali:

- con nota del 12/07/2012 (cfr. doc. da 21 a 24) i quattro Comprensori Alpini di Caccia (C.A.C.) interessati sono stati sollecitati a formulare proposte in merito;

- ciascun Comprensorio ha riscontrato la richiesta (cfr. doc. 25-27);

- la Provincia di Bergamo, con decreto direttoriale 21/08/2012 n. 2119 (doc. 26), recante “Individuazione per ogni Comprensorio Alpino di Caccia dell'altitudine massima raggiungibile in esercizio o attitudine di caccia con mezzi motorizzati” ha definito puntualmente località e altitudine, assolvendo all’obbligo di legge;

- non era pertanto necessario inserire nuovamente la previsione nell’atto impugnato in questa sede.

7. Con ulteriore motivo la ricorrente si duole della violazione dell’art. 21 lett. m) della L. 157/92 per l’apertura della caccia sulla neve fuori dalla zona Alpi, e sottopone la questione di legittimità costituzionale dell’art. 43 della L.r. 26/93, dato che non si può cacciare in zona coperta da neve salvo nella zona faunistica alpi, mentre la L.r. la consente anche fuori zona alpi nel territorio delle Comunità montane ove è ammesso il prelievo di tordo sassello e cesena (segnala la sentenza della Corte costituzionale 26/4/2012 n. 106 sulla norma adottata per la Provincia di Genova).

La prospettazione è condivisibile.

7.1 La Provincia ha in effetti ristretto l’applicazione della disposizione rispetto alla legge regionale. L’art. 21 comma 1 lett. m) della legge nazionale statuisce il divieto di “cacciare su terreni coperti in tutto o nella maggior parte di neve, salvo che nella zona faunistica delle Alpi, secondo le disposizioni emanante dalle regioni interessate”, mentre il legislatore regionale (art. 43 L.r. 26/93) al comma 1 lett. m) vieta di “cacciare su terreni coperti in tutto o nella maggior parte di neve e nei piccoli specchi di acqua circostanti, salvo che nella zona faunistica delle Alpi e nei territori delle comunità montane, …”.

In questo quadro normativo, è evidente il contrasto della previsione regionale con la vincolante statuizione del legislatore nazionale. A questo punto tuttavia, ritiene il Collegio di richiamare quanto già affermato al paragrafo 2.2, vagliando se le disposizioni provinciali (coordinate con il quadro legislativo regionale) siano incorse in specifici vizi di legittimità. Detto modus procedendi anche in questo caso obbedisce a primari principi costituzionali di effettività di tutela e ragionevole durata del processo, tenuto conto dell’interesse perseguito dalla parte ricorrente. Ebbene, così opinando la disposizione provinciale si rivela illegittima, ponendosi in contrasto (ancorché parziale) con la L. 157/92, per cui sul punto il provvedimento impugnato è viziato e il profilo merita accoglimento.

8. Passando all’esame dei motivi aggiunti, WWF denuncia la nullità dei provvedimenti impugnati per violazione e elusione del giudicato ovvero (in subordine) violazione dell’art. 11 della L. 157/92 e degli artt. 13 e 14 commi 1 e 3 della L.r. 26/93, l’eccesso di potere per travisamento dei fatti, in quanto il confine della zona faunistica delle Alpi è stato indebitamente abbassato a sud fino a farlo coincidere con l’ex confine dell’ATC prealpino, divenuto CAC (comprensorio alpino caccia) prealpino. Sostiene l’Associazione ricorrente che lo spostamento della linea di demarcazione verso sud (del tutto eccessivo) ingloba territori di pianura che non ospitano fauna alpina (vi sono i Comune di Castelli Calepio e Albano S. Alessandro) e produce due conseguenze negative: la contrazione del TASP tutelato nella fascia prealpina dal 20% al 10%, (la superficie diventa 6.735,85 ettari quando avrebbe dovuto occupare 13.471,70 ettari se fosse stato correttamente mantenuta la fascia prealpina) e la riduzione del numero e dell’estensione delle Oasi di protezione da istituire per la tutela del TASP sottratto alla caccia (con indebito “salvataggio” di 100 appostamenti fissi). Infine, invoca la relazione del CTU Zanetti (doc. 25) posta a fondamento della sentenza di accoglimento n. 1532/2010, e osserva che il nuovo confine è artefatto e non supportato da letteratura scientifica.

La doglianza non è passibile di positivo scrutinio.

8.1 Come anticipato nell’ordinanza cautelare di reiezione, il dedotto vizio di elusione del giudicato deve essere correttamente vagliato alla luce della pronuncia irrevocabile di questo Tribunale, mentre l’accordo raggiunto ex post tra le parti (che ha fatto venir meno l’interesse della ricorrente ad agire in sede di ottemperanza) non può costituire ulteriore parametro per dilatare la portata delle statuizioni giurisdizionali. In questa prospettiva non è condivisibile la posizione espressa dalla ricorrente nella memoria del 24/1/2014. Il giudizio di ottemperanza ha contenuto misto di esecuzione e di cognizione, e se un eventuale patto consensualmente stipulato ha effetto estintivo del giudizio per esaurimento dell’interesse all’esecuzione del comando giurisdizionale, tuttavia il contenuto e le vicende dell’intesa esulano dalla sfera di controllo del giudice, il quale assume come unico riferimento la pronuncia irrevocabile e le statuizioni ivi racchiuse. In altri termini, nella sede dell’ottemperanza si svolge certamente un giudizio di merito, che tuttavia ha un oggetto preciso identificabile nelle sentenze o nei provvedimenti ad esse equiparati (anche del giudice ordinario) e dei lodi arbitrali esecutivi (cfr. art. 112 C.p.a.): qualora le parti del giudizio decidano di intraprendere attività concordate (ossia mediante azioni tese a estendere o a comprimere le statuizioni della sentenza) non possono interferire in via diretta sul giudicato, il quale mantiene la sua autonoma portata anche nei confronti dei successivi sviluppi dell’azione amministrativa (salva la possibilità di far valere l’inosservanza dell’accordo tra Ente pubblico e soggetto privato – ove perfezionato nelle forme riconosciute dalla legge – in altre sedi).

Ciò premesso, è opinione del Collegio che l’abbassamento a sud del confine della zona faunistica delle Alpi (con creazione del comprensorio alpino di caccia) non infranga il decisum di questo Tribunale nella sentenza n. 1532/2010, nella quale è stato affermato il deficit istruttorio e di valutazione sui criteri di individuazione della zona predetta.

8.2 La sentenza n. 1532/2010 statuisce sul punto che <<non esistono criteri scientifici univoci e condivisi da tutti i quali consentano di individuare un dato territorio come “zona alpina” … Secondo tutti gli esperti interpellati, infatti, sono in sintesi possibili più soluzioni, … 13. In tale contesto si inserisce il rilievo fondamentale operato dal CTU, per cui il PFV “non contiene alcuna considerazione che consenta di comprendere quale istruttoria e quali valutazioni abbiano preceduto l’individuazione della zona Alpi. …. In tali termini, l’atto amministrativo rappresentato dalla approvazione del Piano in esame si deve ritenere illegittimo, perché anche gli strumenti pianificatori, pur non soggetti come si è detto ad un obbligo puntuale di motivazione ai sensi dell’art. 3 della . 241/1990, debbono pur sempre giustificare le scelte compiute in termini razionali, e non è all’evidenza razionale una scelta che non renda in alcun modo esplicita la metodologia seguita nel conformarsi ad un criterio o ad un altro, allorquando più di uno sia in astratto possibile …>>. In buona sostanza, la pronuncia ha stigmatizzato la mancata elaborazione di un preciso criterio metodologico.

8.3 WWF ha correttamente evidenziato che l’art. 11 della L. 157/92 statuisce che la zona faunistica delle Alpi è individuata dalla “consistente presenza della tipica flora e fauna alpina” e pure l’art. 13 della L.r. 26/93 stabilisce che i Piani faunistico venatori devono essere articolati per “comprensori omogenei con specifico riferimento alle caratteristiche orografiche e faunistico-vegetazionali”.

La nuova linea tracciata appare supportata dall’approfondimento degli aspetti faunistici e floristico-vegetazionali, compiuta ai paragrafi 2.1 e 2.2 del capitolo I del Piano, aventi per oggetto la riperimetrazione territoriale della Zona Faunistica delle Alpi (doc. 49 Provincia). La relazione afferma che la nuova linea di confine si diffonde su un buon numero di variabili biotiche, abiotiche e antropiche e tiene conto della Convenzione per la protezione delle Alpi e dell’elaborazione delle tre facoltà universitarie coinvolte per la proposta di PFV regionale, con la valorizzazione della “linea di contatto delle alluvioni, cioè della pianura con i rilievi collinari”. Inoltre, il nuovo tracciato si ispira alle indicazioni dello stesso CTU incaricato nella causa sfociata nella pronuncia n. 1532/2010 (cfr. pagine 23 e 24 – doc. 32 WWF), laddove auspicava un abbassamento a sud del confine della zona Alpi “che consentirebbe anche un miglioramento gestionale dei territori confinanti con altre province e in quelli caratterizzati dalla presenza di tipica fauna alpina”. Sotto altro punto di vista, l’abbassamento del TASP (dal 20% al 10%) va bilanciato con le maggiori limitazioni all’esercizio della caccia nella Zona Alpi, consistenti nella riduzione delle giornate e del periodo di caccia e delle munizioni utilizzabili. Per il resto, il Collegio è dell’opinione che il PFV racchiuda una diffusa e analitica esternazione della metodologia utilizzata, con l’adesione al criterio cd. “geografico” ritenuto più soddisfacente (sotto il profilo della tutela di numerose specie di fauna alpina) del criterio cd. “ecologico” e l’estensione ai territori “vocazionalmente adatti alle specie alpina” (pagg. 19 e 20 PFV).

9. La ricorrente si duole della nullità per violazione ed elusione del giudicato ovvero in subordine della violazione degli artt. 5 commi 1, 2 e 8 e 6 del D.P.R. 357/97, dell’art. 6 della direttiva 92/43/CEE e direttiva 147/2009/CE per mancata acquisizione della valutazione di incidenza (VINCA) sul piano approvato e per lo scostamento dalle prescrizioni della medesima: l’approvazione degli emendamenti ha modificato il Piano e ne ha realizzato un importante variazione nei contenuti, e ciononostante non si è avuta alcuna rinnovazione o integrazione della VINCA rispetto al decreto regionale n. 4400 del 27/5/2013 (doc. 22). In particolare:

* le 15 oasi di protezione lungo le rotte di migrazione (oltre a Crocette di Zambia) avevano maggiore estensione, con un raggio di protezione di 400 metri dai loro confini (inibizione della caccia in generale) e divieto di installazione di capanni (valutati negativamente nello studio di incidenza, e obbligo di VINCA per ogni autorizzazione); né ricorrono le condizioni per procedere malgrado la VINCA negativa (art. 5 comma 9 D.P.R. 357/97);

* il decreto regionale conteneva prescrizioni operative non solo nei siti di Rete natura 2000 ma anche all’esterno degli stessi su tutto il territorio provinciale, per prevenire gli impatti dell’attività faunistico venatoria (pagg. 23 e ss, prescrizioni n. 19 divieto di impianto di essenze autoctone lungo i capanni, n. 21 divieto di ripopolamento di pernice rossa, n. 22 divieto di ripopolamento di muflone, n. 23 divieto di immissione di fagiani in oasi di protezione, n. 26 ripopolamenti autoctoni e finitimi, n. 28 obbligo di VINCA per qualsiasi ripopolamento, prescrizioni n. 30, 31, 32, 33); il Piano approvato ha disatteso la prescrizione finale (punto n. 38) e ha limitato le prescrizioni per i siti della Rete Natura 2000, mentre l’indicazione regionale era di trasfondere capitolo per capitolo le prescrizioni che condizionavano il rilascio della VINCA favorevole condizionata.

L’articolata doglianza è priva di fondamento.

9.1 Il Collegio premette che il Piano Faunistico Venatorio persegue tra l’altro lo scopo della conservazione e tutela della fauna e degli habitat necessari per i siti di rete Natura 2000.

Natura 2000 è il sistema organizzato (cd. "rete") di aree (cd. “siti”) destinate alla conservazione della biodiversità presente nel territorio dell'Unione Europea e, in particolare, alla tutela di una serie di habitat e di specie animali e vegetali rari e minacciati. La Rete ecologica Natura 2000 è costituita dall’insieme dei siti individuati per la conservazione della diversità biologica. Essa trae origine dalla Direttiva dell'Unione Europea n. 43 del 1992 ("Habitat") finalizzata alla tutela di una serie di habitat e di specie animali e vegetali particolarmente rari indicati nei relativi Allegati I e II. La Direttiva “Habitat” prevede che gli Stati dell'Unione Europea contribuiscano alla costituzione della rete ecologica europea Natura 2000 in funzione della presenza e della rappresentatività sul proprio territorio di questi ambienti e delle specie, individuando aree di particolare pregio ambientale denominate Siti di Importanza Comunitaria (SIC), che vanno ad affiancare le Zone di Protezione Speciale (ZPS), previste dalla Direttiva n. 409 del 1979, denominata "Uccelli".

9.2 In questo contesto si colloca la valutazione d’incidenza, prevista dalla direttiva 92/43/CE ai sensi della quale “Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva” (art. 6 comma 2), e“Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell'incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell'opinione pubblica” (art. 6 comma 3).

La normativa nazionale di attuazione (D.P.R. 8/9/1997 n. 357) statuisce che “Nella pianificazione e programmazione territoriale si deve tenere conto della valenza naturalistico-ambientale dei proposti siti di importanza comunitaria, dei siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione” (art. 5 comma 1), e“I proponenti di piani territoriali, urbanistici e di settore, ivi compresi i piani agricoli e faunistico-venatori e le loro varianti, predispongono, …, uno studio per individuare e valutare gli effetti che il piano può avere sul sito, tenuto conto degli obiettivi di conservazione del medesimo” (comma 2). Ai sensi dell’art. 25-bis comma 3 della L.r. 86/83 spetta alla Regione “… la valutazione di incidenza dei piani territoriali, urbanistici e di settore e dei programmi di livello regionale e provinciale, nonché nell’ambito della procedura di VIA di competenza regionale”.

La VINCA è dunque il procedimento al quale va sottoposto ogni intervento pianificatorio o progettuale che interessi il territorio dei siti, o proposti siti, della Rete Natura 2000, quali Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e Zone di Protezione Speciale (ZPS), onde poter valutare gli effetti che la realizzazione dei piani/progetti può determinare sulla conservazione degli habitat e delle specie presenti in un sito: in particolare lo scopo della VINCA è accertare l’assenza di danno al territorio interessato provocato dalla realizzazione delle tali opere, e solo in questo caso tale opera o piano potrà essere realizzato, previa autorizzazione da parte dell’autorità competente.

9.3 Tornando allo specifico motivo di ricorso, deve essere in primo luogo sottolineato che il Piano, nel corso di un ampio e complesso iterprocedimentale, è stato sottoposto a VINCA ed è stata ritualmente esperita la procedura di VAS, le cui risultanze non sono in alcun modo contestate in questa sede. Ad avviso del Collegio gli emendamenti recepiti nella versione definitiva del Piano non hanno determinato uno stravolgimento complessivo rispetto alla versione sottoposta all’organo consiliare, e peraltro tale “screening preventivo” è stato compiuto dal tecnico incaricato dott. Vitali sull’emendamento n. 3 (pagg. 29, 30 e 31 della memoria dell’amministrazione). La Provincia ha poi smentito quanto affermato dalla ricorrente sul ridimensionamento delle aree interessate dalle numerose prescrizioni di tutela, circostanza appurabile dall’esame dei singoli capitoli e in particolare del capitolo XIII. Per gli altri profili si rimanda ai paragrafi successivi.

10. Con ulteriore motivo, WWF lamenta la violazione ed elusione del giudicato ovvero in subordine la violazione degli artt. 1 comma 5 della L. 157/92, degli artt. 3 e 7 della direttiva 147/2009/CE, l’eccesso di potere per contraddittorietà e sviamento per mancata corretta istituzione delle zone di protezione lungo le rotte di migrazione, dato che la perizia resa nel giudizio r.g. 37/2007 affermava la necessità di istituire dette zone, collocabili anche in pianura, per consentire a terra – in corrispondenza dei tracciati – aree di salvaguardia dell’avifauna migratoria; nella perizia Zanetti (pagina 8) sono stati censurati i piani previgenti che prevedevano aree circolari di modesto raggio (100 metri), mentre le rotte richiedevano una diversa conformazione ed estensione; in particolare in tali zone doveva essere istituito un divieto totale di caccia (senza presenza di capanni) nei 400 metri dibuffer e la proposta di Piano in effetti prevedeva per le 15 oasi di protezione il divieto di appostamenti fissi nuovi nei 400 metri dai confini (schede 171 e 183 della proposta di Piano); in sede di approvazione alcuni emendamenti (nonostante il parere contrario dei funzionari) riportavano le dimensioni a quelle del 2006 (si veda pagina 176 ss.), eliminando il divieto generale di caccia e il buffer di 400 metri con divieto di appostamenti fissi, e ridefinivano i confini con una forma poligonale prossima alla cerchiatura (doc. 26, 27 e 28); detta consistente modifica non è stata infine sottoposta a una rinnovata valutazione di incidenza.

La prospettazione non è condivisibile.

10.1 Come ha correttamente evidenziato la Provincia, l’art. 14 comma 3 della L.r. 26/93 non enuclea – tra gli elementi essenziali del Piano – le zone di protezione lungo le rotte di migrazione, e tuttavia l’autorità procedente ha confermato i predetti istituti. Sono state in particolare individuate 16 zone di protezione (una in più rispetto alla proposta) per le quali vale il divieto di caccia alla fauna migratoria, mentre presso le Oasi di protezione coinvolte (Passada e Passo del Pertus) il divieto è totale. Premesso che il legislatore non si esprime sulla forma del perimetro, la riduzione del raggio di protezione (originariamente fissato a 400 metri) non ha comportato la riedizione della precedente forma circolare ma di un disegno poligonale, come si può evincere dalla documentazione esibita in giudizio dalla ricorrente. Assume la Provincia che la ri-perimetrazione ha avuto luogo secondo“confini naturali, sentieri e/o manufatti, tenendo conto della presenza di habitat idonei alla sosta della fauna selvatica migratoria” (cfr. pag. 178 PFV). Al riguardo, WWF non enuclea specifiche illogicità o incongruenze nella delimitazione delle singole zone di protezione (di colore azzurro) – che risultano comunque più estese di quelle preesistenti (di colore giallo) – ma formula una doglianza di principio sull’ampiezza del raggio (che non garantirebbe un livello adeguato di salvaguardia): in proposito si deve tenere conto dell’introduzione, quale misura di tutela e mitigazione, dell’obbligo di sottoporre a VINCA le procedure di rilascio di nuove autorizzazioni, di rinnovo e cambio di titolare degli appostamenti fissi di caccia situati in SIC e ZPS e entro 1.000 metri di distanza dagli stessi (prescrizioni nn. 15 e 16 del decreto VINCA). In conclusione, la previsione censurata non risulta irragionevole, né assume un impatto tale da richiedere una nuova valutazione di incidenza.

11. La ricorrente sostiene la nullità per violazione ed elusione del giudicato ovvero in subordine l’inosservanza degli artt. 13 comma 3 della L.r. 26/93 e 10 comma 3 della L. 157/92, l’eccesso di potere per contraddittorietà e sviamento, visto che la violazione della normativa sui criteri di individuazione della Zona Alpi hanno comportato la riduzione del TASP – che all’esterno della Zona Alpi è pari come minimo al 20% – al 10%; il TASP non rispetta neppure la sentenza di questo T.A.R. n. 1532/2010, con valorizzazione di territori antropizzatissimi e la scelta di Oasi di protezione prive di coerenza e funzione faunistica.

La doglianza è priva di fondamento.

11.1 Alle pagine 30-37 del Piano la Provincia illustra le modalità seguite (dando atto della necessità di osservare la sentenza n. 1532/2010 di questo Tribunale passata in giudicato) per la determinazione del territorio improduttivo a fini faunistici (di origine antropica o naturale), da sottrarre dal totale della superficie territoriale provinciale. Nel calcolo del TASP l’autorità preposta si è conformata ai criteri della deliberazione regionale 34983/1993. Ritiene il Collegio che la quota sia stata legittimamente calcolata alla luce dell’orientamento del Consiglio di Stato (pronuncia della sez. VI – 10/5/2010 n. 2789, per cui “La questione era stata portata alla Corte sulla considerazione della irragionevolezza di una normativa che consente di includere, nella percentuale di territorio destinato a protezione della fauna selvatica, aree in cui sia “comunque” vietata l’attività venatoria, anche per effetto di altre leggi e disposizioni, e cioè anche aree che, purché definibili come agro-silvo-pastorali, sarebbero inidonee, per la loro limitata estensione o per la vicinanza a vie di comunicazione, a garantire gli obiettivi protettivi fissati dalle leggi in questione. La Corte ha negato la sussistenza di siffatta irragionevolezza sul rilievo che, nel sistema della legge statale, “non necessariamente tutto il territorio destinato alla tutela faunistica deve rivestire le caratteristiche proprie delle «zone di protezione» e cioè di quelle aree che, secondo la definizione del comma 8 (dell’art. 10, l. n. 157/1992) sono destinate al «rifugio, alla riproduzione e alla sosta della fauna selvatica»; detto territorio «comprende» sì queste ultime, (comma 4), ma resta affidato, per la ulteriore sua individuazione, alla pianificazione faunistico-venatoria regionale e provinciale, cui spetta enucleare, secondo i criteri stabiliti nel menzionato art. 10, «comprensori omogenei» nei quali si articola la destinazione differenziata del territorio stesso”). Ebbene, la Provincia ha sottolineato di aver scelto (diversamente che nel Piano del 2008) di non valorizzare – tra le percentuali di territorio protetto – le aree di rispetto stradale e delle linee ferroviarie e che la porzione è stata individuata direttamente nei vari Istituti di protezione. Ciò denota l’osservanza delle statuizioni della sentenza n. 1532/2010 di questa Sezione (divenuta irrevocabile) e la lodevole ottica di conservazione e salvaguardia della fauna selvatica, malgrado l’orientamento del Consiglio di Stato consentisse opzioni differenti e di obiettiva minor tutela. Infine, per la denunciata illegittimità della perimetrazione della Zona Alpi si rinvia a quanto statuito nel precedente paragrafo 8, mentre non pare assistita da elementi concreti la lamentata previsione di Oasi di protezione prive di funzione faunistica.

12. La ricorrente afferma la nullità dei provvedimenti impugnati per violazione ed elusione del giudicato ovvero in subordine la violazione degli artt. 21 comma 3 e 12 della L. 157/92, degli artt. 5 e ss. del D.P.R. 357/97, l’eccesso di potere per contraddittorietà e sviamento per mancata corretta protezione dei valichi e omessa valutazione di incidenza degli appostamenti fissi: sui valichi montani interessati dalle rotte di migrazione dell’avifauna, la legge nazionale vieta la caccia per una distanza di 1000 metri, mentre la legge regionale ha snaturato lo standard uniforme demandando l’individuazione al Consiglio regionale; in Lombardia possono essere individuati esclusivamente nella zona faunistica Alpi, eliminando la possibilità di tutela dei valichi poste al di fuori, e inoltre l’individuazione del comparto di maggior tutela non è un obbligo per le Province ma una mera possibilità. La ricorrente aggiunge che la legge regionale limita l’operatività degli obblighi imposti dalla legge statale, per cui solleva la questione di legittimità costituzionale dell’art. 43 comma 3 della L.r. 26/93 nella parte in cui limita la tutela dei valichi di importanza strategica che non rientrino nella zona Alpi.

La doglianza è infondata.

12.1 Premette il Collegio che sono stati individuati 7 valichi montani, per i quali vale il divieto di caccia per un raggio di 1.000 metri, indipendentemente dalla qualificazione come oasi di protezione.

12.2 L’art. 21 comma 3 della L. 157/1992, prevede che “La caccia è vietata su tutti i valichi montani interessati dalle rotte di migrazione dell’avifauna, per una distanza di mille metri dagli stessi”. Pertanto il divieto di caccia opera per i passaggi dei rilievi montuosi i quali ospitano flussi migratori. L’art. 43, comma 3, della L.r. 26/1993 precisa che: “La caccia è vietata sui valichi montani interessati dalle rotte di migrazione dell'avifauna per una distanza di mille metri dagli stessi; i valichi sono individuati dal Consiglio regionale su proposta delle province sentito l'INFS, esclusivamente nel comparto di maggior tutela della zona faunistica delle Alpi e devono essere indicati nei piani di cui agli artt. 12 e 14 e nei calendari venatori”.

12.3 Il Piano Faunistico Venatorio provinciale (pagg. 173-177) indica i valichi montani ai sensi dell’art. 43 comma 3 della L.r. 26/93, malgrado gli stessi non siano stati preventivamente individuati dal Consiglio Regionale su proposta delle Province. I 7 valichi sono Passo del Giovo (BG-BS), Passo della Manina (BG), Passo Portula (BG), Passo di Valsanguigno (BG), Passo Cà San Marco (BG-SO), Giogo della Presolana (BG-BS), Passo del Vivione (BG-BS), ossia i 5 indicati nella pianificazione annullata con la sentenza n. 1532/2010 con l’aggiunta degli ultimi due. Il Piano prende in considerazione gli elementi geomorfologici, vegetazionali e faunistici del territorio orobico, e identifica i valichi montani confermando quelli già individuati nelle precedenti pianificazioni (Piani Faunistici del 2002, 2006 e 2007), in quanto ritenuti di maggiore rilevanza ai fini della conservazione dei flussi migratori. In presenza di un fenomeno di tipo dinamico, ulteriori valichi montani potranno essere istituiti nel tempo, in quanto interessati dall’incremento del flusso degli uccelli migratori.

12.4 Ciò premesso, per quanto riguarda l’ambito della Zona di maggior tutela, nella cartografia di pagina 177 del PFV i valichi montani sono individuati con un perimetro circolare, derivato da un raggio di 1.000 metri, nei quali insiste ex lege (art. 21 comma 3 L. 157/92 e art. 43 comma 3 della L.r. 26/93) il divieto assoluto e generale di caccia.

Il Piano dà conto del recepimento delle indicazioni rese dall’Università degli Studi di Milano Bicocca, dall’Università degli Studi dell’Insubria e dall’Università degli studi di Pavia, le quali hanno predisposto, su richiesta di Regione Lombardia, il testo, ancorché non ancora approvato, del Piano faunistico-venatorio della regione Lombardia. Ad avviso del Collegio l’elencazione è motivata in modo esaustivo e fondata su approfondimenti tecnico-scientifici di sicuro rilievo, che hanno indotto a mantenere i valichi già introdotti in precedenza e ad aggiungere i due nuovi. Va aggiunto che nelle zone a maggior tutela vige il divieto di impiantare nuovi appostamenti fissi e che eventuali nuove istanze in tal senso dovranno essere sottoposte a VINCA ove ricadenti in SIC e ZPS o nei 1.000 metri dagli stessi. Non risultano infine indicati dalla parte ricorrente specifici valichi, posti al di fuori della zona alpi, che resterebbero del tutto privi di tutela compromettendo l’attraversamento specie determinate.

Alla luce di tali considerazioni, la questione legittimità Costituzionale posta da WWF si rivela priva di rilevanza.

13. Per quanto concerne le ulteriori censure si può sinteticamente rilevare che:

- sulla violazione dell’art. 49 del TUEL per mancata motivazione dello scostamento del parere negativo del Responsabile del servizio, è sufficiente rilevare che si sono svolte ampie discussioni sugli emendamenti nel corso dell’iter procedimentale e che sugli stessi sono stati acquisiti articolati pareri; in definitiva non si ritiene necessaria un’analitica confutazione delle posizioni espresse dai dirigenti dell’Ente quando le questioni siano state adeguatamente sviluppate nel corso dell’istruttoria;

- non sussiste la violazione dell’art. 27 comma 11 della L.r. 26/93 – in quanto il Piano consentirebbe l’abilitazione automatica alla caccia nel CAC dei cacciatori ivi residenti, senza l’esame prescritto dall’articolo invocato – dato che l’obbligo del colloquio vale solo per coloro che (in numero limitato) esercitano la caccia in forma vagante e l’esonero è ammesso per i soggetti che hanno già esercitato tale tipologia venatoria nella medesima zona (oggi riclassificata in zona Alpi) e per i quali si può ragionevolmente presumere il possesso di conoscenze adeguate dei luoghi. Se l’art. 27 comma 11 statuisce che “I cacciatori che per la prima volta intendano essere ammessi alla caccia vagante nella zona Alpi e appenninica, o che vengano riammessi dopo aver subito un anno di sospensione, sono tenuti a superare un colloquio vertente su nozioni agro-faunistiche venatorie relative alle predette zone, da sostenersi presso le province territorialmente interessate avanti alla commissione di cui al successivo art. 44”, la ratio della norma risulta pienamente rispettata;

- non è riscontrabile l’illegittimità derivata del calendario e l’illegittimità propria per mancata acquisizione della VINCA, visto che il calendario venatorio assume natura applicativa della cornice pianificatoria presupposta (PFV), per cui non deve essere assoggettato ad autonomo e ulteriore procedimento di VINCA regionale; sul mancato recepimento delle prescrizioni VINCA (come quella del divieto di uso di munizioni al piombo), la Provincia ha evidenziato la generale trasfusione delle statuizioni contemplate dal decreto regionale (cfr. premesse alla deliberazione giuntale n. 249 del 22/7/2013) e la limitazione del divieto di utilizzo delle predette munizioni solo per le specie problematiche e per gli interventi dei Siti di Rete Natura 2000;

- non ricorre la violazione dell’art. 10 commi 2 e 11 comma 4 della L. 157/92, dell’art. 12 della L.r. 26/93 per mancata previa pianificazione regionale, dato che la mancata approvazione del Piano Faunistico Venatorio regionale non elimina la potestà, in capo alle Province, di provvedere alla pianificazione nel rispetto degli indirizzi dettati dall’autorità regionale stessa (cfr. paragrafo 1 del ricorso introduttivo);

- la censura afferente al mancato adeguamento alla legge comunitaria, alla violazione dell’art. 18 comma 1-bis e 4 della L. 157/92 per mancata previsione di divieti in periodo di riproduzione migrazione e mancati censimenti della fauna stanziale, è già stata esaminata e respinta con il ricorso originario;

- sulle questioni di legittimità costituzionale, la prima è stata già respinta nel ricorso introduttivo (cfr. par. 5) per irrilevanza e manifesta infondatezza.

14. Merita un trattamento a sé l’ulteriore censura di illegittimità costituzionale dell’art. 43 della L.r. 26/93 per la possibile apertura della caccia sulla neve fuori dalla Zona Alpi. Come già sottolineato al paragrafo 7, l’illegittimità della disposizione provinciale, la quale si pone comunque in contrasto (ancorché parziale) con la L. 157/92, rende viziato il provvedimento impugnato, sicché sotto questo specifico profilo anche il motivo aggiunto merita accoglimento.

In conclusione, il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti sono parzialmente fondati (limitatamente alle censure di cui ai paragrafi 7 e 14) e meritano parziale accoglimento.

Le spese di lite possono essere compensate, per la complessità delle numerose questioni sottoposte.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando accoglie parzialmente, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso introduttivo in epigrafe e per l’effetto annulla in parte qua il provvedimento impugnato.

Accoglie, nei limiti di cui in motivazione, i motivi aggiunti e per l’effetto annulla in parte qua il Piano impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 12 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:

Giorgio Calderoni, Presidente

Stefano Tenca, Consigliere, Estensore

Mara Bertagnolli, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/04/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)