L'intervento in giudizio delle associazioni ambientaliste

a cura di Cipriani Gemino

Fin dall’emanazione della Legge n.349/86 istitutiva del Ministero dell’ambiente, numerose sono state le tavole rotonde che si sono aperte sull’importanza dell’intervento in giudizio delle associazioni ambientaliste
Dispone in tal senso l'art.18 comma 5 della legge n.349, il quale afferma:"Le associazioni individuate in base all'art.13 possono intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi".
Infatti in base all'art. 13 della suddetta legge "Le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque Regioni sono individuate con decreto dal Ministro dell'ambiente sulla base delle finalità programmatiche e dell'ordinamento interno democratico previsti dallo statuto, nonché della continuità dell'azione e della sua rilevanza esterna, previo parere del Consiglio nazionale per l'ambiente da esprimere entro 90 giorni dalla richiesta. Decorso tale termine senza che il parere sia stato espresso il Ministro dell'ambiente decide". Pertanto alle associazioni ambientaliste giuridicamente riconosciute, in base all'art.13 e all’art.18 comma 5 L.n.349/86, compete il diritto di intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento degli atti illegittimi.
Tale facoltà va coordinata con il disposto dell'art.18 comma 4 che attribuisce alle associazioni e ai cittadini "il potere di denunciare i fatti lesivi dei beni ambientali dei quali siano a conoscenza al fine di sollecitare l'esercizio dell'azione da parte dei soggetti legittimati".
Quindi la legge, con il riservare la legittimazione ad agire allo Stato e agli enti territoriali sembrerebbe precludere la possibilità di un'autonoma legittimazione ad agire in sede civile e penale alle associazioni di protezione ambientale limitandosi ad ammettere solo una facoltà di intervento nel giudizio di accertamento del danno: dottrina e giurisprudenza hanno elaborato diverse tesi al fine di garantire a tali enti la partecipazione in sede processuale.
Innanzitutto dobbiamo rilevare come la norma non faccia alcun riferimento alla possibilità per le associazioni di costituirsi parte civile nei processi penali e tale mancanza ha dato luogo a non poche difficoltà in sede interpretativa.
Per una parte della dottrina l'azione di danno ambientale è un potere-dovere attribuito esclusivamente allo Stato e agli enti territoriali, senza alcuna possibilità di estensione alle associazioni protezionistiche. Ciò comporta uno sbarramento alla possibilità per tali associazioni di costituirsi parte civile nei processi penali, aventi ad oggetto la cognizione di fatti tipici di danno ambientale. In tal senso le associazioni di cui all'art.13 non possono essere qualificate ex art.22 c.p.p., né danneggiate, né offese dal reato.
Secondo un altro indirizzo, successivamente risultato prevalente anche in giurisprudenza, il quadro normativo emergente dalla Legge n.349/86 sembra aver previsto a favore di tali associazioni una particolare forma di “risarcimento per danno indiretto”. Tale situazione si verifica quando un soggetto non titolare del bene direttamente danneggiato subisce a sua volta pregiudizio dalla lesione del bene altrui ( ad esempio sono rinvenibili nella lesione del risarcimento del credito o nella responsabilità amministrativa per fatto del dipendente ).
A tale riguardo la sfera giuridica che viene ad essere lesa dall'illecito ambientale è quella di concorrere alla salvaguardia del patrimonio ambientale italiano, determinata nello statuto e nei fini sociali. Tali finalità sono riconosciute non meritevoli di tutela giuridica da parte dell'ordinamento (mediante il riconoscimento della qualità di ente morale ), ma di tutela specifica nel momento in cui la legge del 1986 ha previsto:
a) l'individuazione delle associazioni ambientaliste più rappresentative con decreto ministeriale (art.13 comma 1)
b) il loro inserimento, tramite rappresentanze, nell'organo di indirizzo e di alta consulenza del Ministero dell'ambiente ossia Consiglio Nazionale dell' Ambiente (art.13 comma 2)
c) il loro finanziamento da parte dello Stato, sia per programmi finalizzati, sia per le spese sostenute per l'esercizio della facoltà di intervento processuale (art.6 legge n.59/1987)
La legittimazione attiva delle associazioni ambientaliste non può essere limitata al solo potere di promuovere o di intervenire nei giudizi civili e di ricorrere in via autonoma nei processi amministrativi ( come invece ritiene una tesi restrittiva di una parte della giurisprudenza Trib. Vallo di Lucania, 20 novembre 1986 n.131), ma si estende all'intervento in qualità di parte civile, anche nel processo penale.
Non appare sostenibile la tesi per cui la legittimazione processuale alla costituzione di parte civile nei giudizi penali spetta esclusivamente allo Stato, dal momento che tale considerazione non spiega la concorrente legittimazione processuale accordata agli enti territoriali. Pur essendo pacifico che il diritto al risarcimento del danno ambientale appare riservato dalla legge solo allo Stato, tuttavia l'intervento previsto per gli enti e le associazioni dal nuovo codice di procedura penale non esclude che essi in base ai principi generali possano costituirsi parte civile quando da un reato abbiano subito un danno a un loro specifico interesse divenuto lo scopo dell'ente e perciò elemento costitutivo di questo.
Un altro aspetto che dobbiamo mettere in evidenza laddove parliamo di intervento in giudizio delle associazioni ambientaliste, è costituito dalla facoltà di proporre azioni risarcitorie di competenza del giudice ordinario che spettino al Comune e alla Provincia, conseguenti a danno ambientale. L'eventuale risarcimento è liquidato in favore dell'ente sostituito e le spese processuali sono liquidate a favore o a carico dell'associazione.
L'art.4 comma 3 della L. n.265/99, riformulato integralmente nell'art.9 comma 3 del Testo Unico degli Enti locali approvato con D.lgs. n.267/2000, ha introdotto l'azione surrogatoria delle associazioni di protezione ambientale in sostituzione del Comune e della Provincia.
La norma afferma: " Le associazioni di protezione ambientale di cui all'art.13 della legge 8 luglio 1986 n.349, possono proporre le azioni risarcitorie di competenza del giudice ordinario che spettano al Comune e alla Provincia, conseguenti a danno ambientale. L'eventuale risarcimento è liquidato in favore dell'ente sostituito e le spese processuali sono liquidate in favore o a carico dell'associazione"
Contenuta in una legge di riforma degli enti locali, la norma, in coerenza col principio di sussidiarietà, costituzionalizzato nel nuovo titolo V della Costituzione, rivoluziona il sistema di legittimazione previsto dall'art. 18 della L.n.349/86 ed imputa il danno ambientale anche in capo agli enti locali minori. Questi, in caso di inerzia, "potranno essere sostituiti da un'associazione di protezione ambientale riconosciuta, che potrà esercitare l'azione innanzi al giudice ordinario. Essa non ha solo un contenuto processuale, in quanto comune e provincia vengono implicitamente qualificati come titolari del risarcimento del danno ambientale, inteso quale danno all'intera collettività. Il danno ambientale è azionabile indifferentemente sia dallo Stato, sia da Comuni e Province ed, in sostituzione di quest'ultimi, dalle associazioni di protezione ambientale.
L'azione surrogatoria delle associazioni si configura come "autonoma e distinta" rispetto a quella esercitata da Comuni e Province. L'azione surrogatoria, consente alle associazioni di agire non per il risarcimento di un danno alla propria sfera giuridica, conseguente al reato ambientale, ma per il risarcimento del danno pubblico ambientale ex art. 18 L.n. 349/86, sia pure in sostituzione di comune o provincia.
Il potere di sostituzione è esercitabile sul presupposto esclusivo dell'inerzia del Comune o della Provincia, legittimati ad agire ex art. 18, comma 5, L.n. 349/86.
In relazione a questo argomento vi sono ancora pronunce del giudice civile , mentre, in sede penale, si registrano alcune importanti decisioni.
Al riguardo si può osservare la decisione del Tribunale di Reggio Emilia (8 giugno 2000 n.474) in composizione monocratica, che afferma:"Alle associazioni ambientaliste riconosciute con decreto ministeriale è attribuita, ex art. 4, comma 3, legge 3 agosto 1999, n. 265, la legittimazione a stare in giudizio in luogo degli enti Comune e Provincia ai quali, a norma dell'art. 18, comma 3, legge 8 luglio 1986, n. 349, spetta istituzionalmente l'esercizio dell'azione di risarcimento del danno ambientale e nel cui territorio si trova il bene oggetto del fatto lesivo. La costituzione di parte civile delle associazioni di protezione dell'ambiente non è subordinata, ai sensi dell'art. 4, comma 3, legge 3 agosto 1999, n. 265, al consenso da parte dell'ente territoriale sostituito e i presupposti legittimanti l'azione sono il riconoscimento giuridico dell'associazione e l'inerzia dell'ente territoriale sostituito. L'eventuale risarcimento del danno ambientale viene liquidato in favore dell'ente sostituito e le spese processuali sono liquidate in favore o a carico dell'associazione".
"Quanto all'eccezione relativa all'impossibilità per alcune parti civili, costituitesi ai sensi dell'art. 4, comma 3, L. 265199, di far valere diritti o situazioni inerenti a fatti pregressi all'entrata in vigore della norma, l'eccezione va respinta in considerazione del fatto che la norma indicata ha natura processuale ed in applicazione del principio tempus regit actum".
"Da respingere è l'adombrata questione di illegittimità costituzionale della disposizione, con riferimento ai principi di buon andamento ed imparzialità della P.A., stante la sua manifesta infondatezza, non ravvisandosi alcun contrasto con norme costituzionali nella possibilità, in materia specifica, offerta alle associazioni ambientaliste di subentrare agli enti territoriali che si dimostrino inerti da questo punto di vista, permanendo fra l'altro l'azione esercitata in capo agli enti medesimi, sia pure in via surrogata" (Tribunale di Rovigo, in composizione monocratica, Sez. Pen., Est. F. Palmieri, ordinanza 26 settembre 2000).
L'attribuzione di tale potere di surrogazione sottende il riconoscimento in capo all'associazione di tutela ambientale di un interesse pubblicistico alla protezione dell'ecosistema coincidente a quello dello Stato/Comunità. Quest'ultimo è l'ente rappresentativo per eccellenza di tutti i cittadini, che a loro volta trovano l'espressione organizzata delle loro istanze nelle associazioni di cui si discute.
Da tali considerazioni ne consegue che la menzionata disposizione di cui all'art. 4 L.n. 265/99, (anziché escludere che le associazioni in esame siano titolari del diritto di costituirsi parte civile) non rappresenta altro che la conferma della rinnovata volontà legislativa di investire le associazioni ambientaliste di ulteriori funzioni pubblicistiche sovrapponibili a quelle dello Stato nell'azione di tutela dell'ambiente innanzi al giudice ordinario nell'ipotesi di inerzia degli enti locali