Consiglio di Stato Sez. VI n. 4320 del 14 maggio 2024
Modificazioni genetiche.Compatibilità con il diritto UE delle norme sulla coltivazione del mais OGM.

Sono rimesse alla Corte di giustizia UE le seguenti questioni pregiudiziali ai sensi dell’art. 267 TFUE: “se gli artt. 26-ter e 26-quater della direttiva 2001/18/CE, come modificata dalla direttiva 2015/412/UE, siano conformi all’art. 34 del regolamento n. 1829/2003, all’art. 3 del TUE, agli artt. 2, 3, 26, 34, 35, e 36 del TFUE, agli artt. 16 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; in caso di risposta negativa al quesito che precede: se la decisione di esecuzione (UE) 2016/321 della Commissione, del 3 marzo 2016, adottata sulla base dell’art. 26-quater della direttiva 2001/18/CE, per effetto della accertata non conformità di tale articolo rispetto alle superiori norme del TUE e del TFUE., possa essere disapplicata dal giudice del rinvio o dichiarata inefficace

Pubblicato il 14/05/2024

N. 04320/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01465/2023 REG.RIC.           

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 1465 del 2023, proposto da

Fidenato Giorgio in proprio nonche' quale titolare dell'azienda agricola in Trois, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanni Martorana, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Agricoltura della Sovranita' Alimentare e delle Foreste, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Marconato Jessica Annalisa in proprio e quale titolare e rappresentante legale dell'Azienda Agricola Li Pocis di Marconato Jessica, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima) n. 00334/2022, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Agricoltura della Sovranita' Alimentare e delle Foreste;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2023 il Cons. Roberta Ravasio e uditi per le parti gli avvocati;


A – ESPOSIZIONE SUCCINTA DELL’OGGETTO DELLA CONTROVERSIA.

1. Il ricorrente, dott. Giorgio Fidenato è titolare della azienda agricola “In Trois”, con sede in Arba (Provincia di Pordenone) ed in tale sua qualità egli ha avviato, sui terrenti siti in località Collaredo di Monte Albano, censiti al catasto terrenti al Foglio 6, mapp. 196 e 295, una coltivazione di 16 file di mais OGM MON 810, tipo DKC 6729 YG e DKC 5741 YG, impiantate nell’anno di semina 2021.

2. In data 8 settembre 2021 veniva eseguito un sopralluogo presso i suddetti fondi ed effettuato un prelievo di campioni, che sono stati sottoposti ad analisi per verificare la presenza di OGM: in tale occasione il dott. Fidenato dichiarava trattarsi di semina effettuata esclusivamente a scopo di ricerca e che “la semina sperimentale e commerciale continuerà ad essere svolta fino a quando la questione della legittimità della Direttiva (UE) 412/2015 non sarà posta all’attenzione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea affinché si pronunci in merito”.

3. Con provvedimento del 14 ottobre 2021, n. 511800, impugnato nel primo grado del giudizio, il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha dato atto che le analisi di laboratorio avevano riscontrato, in entrambi i campioni prelevati dai fondi coltivati dalla ditta Fidenato, presenza del promotore transgenico 355 CaMV, e quindi la presenza di OGM nelle coltivazioni di mais presenti sui terrenti utilizzati ; quindi, rammentato che con decisione di esecuzione (UE) n. 2016/321 della Commissione del 3 marzo 2016, la coltivazione del granturco geneticamente modificato MON 810 é stata vietata nel territorio degli Stati che hanno fatto richiesta in tal senso nei termini previsti dalla normativa comunitaria, tra i quali anche l’Italia, il Ministero ha irrogato al dott. Fidenato la sanzione prevista dall’art. 35 bis del D. L.vo 224/2003, come introdotto dal D. L.vo 227/2016, il quale sanziona colui che viola, tra gli altri, i divieti di coltivazione introdotti con l’adeguamento dell’ambito geografico stabilito da uno dei provvedimenti in tale norma elencati. Per l’effetto è stato ordinato al dott. Fidenato, in qualità di titolare della “Azienda Agricola In Trois di Fidenato Dott. Giorgio”, con sede in via Giovani Pascoli n. 19 ad Arba (PN), di procedere, mediante trinciatura ed interramento, alla distruzione delle coltivazioni di OGM illecitamente impiantate sui terreni siti in Località Colloredo di Monte Albano (UD) al Foglio 6, mappali nn. 196 e 295, nonché al ripristino dello stato dei luoghi a proprie spese, il tutto entro e non oltre 5 giorni dalla notifica del provvedimento e con avviso che in difetto di spontanea esecuzione entro il suddetto termine l’Amministrazione avrebbe proceduto all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.

4. Il 19 ottobre 2021, constatato che il ricorrente non aveva adempiuto all’ordine di distruzione del mais OGM coltivato, personale della Forestale ha proceduto al suo abbattimento.

4. Avverso tale provvedimento il dott. Fidenato ha proposto ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, deducendo l’illegittimità dell’atto sia per vizi propri che da illegittimità derivata, in quanto adottato sulla scorta di norme interne e comunitarie non conformi al diritto primario della U.E. ed al suo ordinamento.

5. Il ricorso è stato respinto dal Tribunale di primo grado.

6. Il dott. Fidenato ha quindi proposto a questo Consiglio di Stato appello, fondato sulle censure che si possono sintetizzare come di seguito indicato:

(i) la coltivazione di che trattasi doveva essere considerata di carattere scientifico e di ricerca, avendo il dott. Fidenato reso edotte le Autorità competenti a tale riguardo; ha quindi errato il primo giudice a non considerarlo tale;

(ii) il mais MON 810 ha ricevuto autorizzazione alla coltivazione con decisione della Commissione 294/1998, sulla base dell’art. 19 Direttiva 2001/18/CE e sulla base del § 74 della sentenza C-36/11; secondo l’appellante per normativa e giurisprudenza comunitaria, quando un mais OGM ha ottenuto l’autorizzazione alla coltivazione e versa nella situazione della sua totale e piena libertà di circolazione di cui all’art. 19 della direttiva 2001/18/CE (come ribadito dalla C.G.U.E. al punto 74 della sua sentenza C-36/11, all. 3), è lo Stato membro a dover giustificare la deroga alla libera circolazione di detta merce e non il privato cittadino; in ogni caso la possibilità di escludere la coltivazione di un OGM autorizzato può essere legata a motivazione di danno o pericolo alla salute o all’ambiente;

(iii) la Direttiva, laddove permette di introdurre un divieto di coltivazione - definito «adeguamento dell’ambito geografico» -, di un OGM autorizzato sulla base di una semplice e non motivata richiesta dello Stato membro, rivolta al titolare dell’autorizzazione, risulta contraria all’art. 36 T.F.U.E., che pur prevedendo, per alcune motivazioni di vario ordine (moralità pubblica, ordine pubblico, pubblica sicurezza, protezione patrimonio artistico, ecc…), la possibilità di introdurre divieti o restrizioni alla libera circolazione delle merci, specifica anche che “Tuttavia, tali divieti e restrizioni non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri…”; allo stesso modo, la contrarietà della Direttiva alla indicata norma si apprezza anche laddove essa ha previsto che uno Stato membro può introdurre un divieto di coltivazione sulla base delle nuove e diverse motivazioni contemplate nel suo par. 3 dell’art. 26 ter e par. 4 dell’art. 26 quater;

(iv) le misure previste dalla Direttiva si porrebbero in aperto e insanabile contrasto con il contenuto essenziale dei diritti di libertà, nella parte in cui le misure previste si rilevano non necessarie e non rispondenti in termini effettivi a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione Europea: l’autorizzazione già rilasciata alla coltivazione del mais OGM MON 810 dimostra che non sussiste un concreto pericolo di danno per la salute e per l’ambiente, tale da far ritenere recessivo l’interesse economico dell’appellante;

(v) sotto diverso profilo, il divieto, totale o parziale, di coltivazione di OGM si dimostrerebbe uno strumento sproporzionato ed irragionevole per l’appropriato ed efficace perseguimento dell’obbiettivo di consentire l’esercizio del diritto all’attività di impresa nei limiti e nel contemperamento della tutela della salute e dell’ambiente, atteso che esistono tecniche agronomiche idonee ad impedire la presenza involontaria di OGM in altri prodotti coltivati nelle vicinanze: l’appellante fa riferimento, in particolare, alle tecniche agronomiche indicate nel documento elaborato nel 2010 dallo European Coexistence Bureau, proprio con la finalità di affrontare il problema della compresenza di colture diverse, sottolineando che in tale documento non si menziona il divieto di coltivare il mais che possa essere all’origine della commistione;

(vi) con il sesto motivo d’appello il dott. Fidenato in sostanza tende a far accertare la legittimità del comportamento dallo stesso tenuto ed estrinsecatosi nell’aver impiantato il mais OGM vietato: ciò sul rilievo che il sistema giuridico nazionale non offre altro modo per spingere l’amministrazione competente a vietare la coltivazione di un mais OGM, a prescindere dalla sussistenza di un comportamento sanzionabile;

(vii) con il settimo motivo l’appellante lamenta che il TAR ha violato l’obbligo di rimessione alla Corte di Giustizia delle questioni pregiudiziali dal medesimo indicate, contestando le motivazioni addotte dal giudice di primo grado per non disporre il rinvio pregiudiziale, ovvero l’affermazione secondo cui nel caso di specie la corretta applicazione del diritto comunitario si imponeva con evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio: in particolare, secondo l’appellante non è stata offerta, in giudizio, alcuna prova circostanziata circa l’assenza di alcun ragionevole dubbio.

6.1. Il dott. Fidenato ha quindi concluso l’atto d’appello insistendo per la totale riforma della sentenza e, poi, per l’annullamento degli atti impugnati e per la condanna del Ministero al risarcimento del danno, previa rimessione a Codesta Corte di Giustizia di alcuni quesiti pregiudiziali.

7. In giudizio si è costituito il Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare e delle Foreste, che ha insistito per la reiezione dell’appello.

8. La causa è stata chiamata all’udienza per la discussione del merito del 21 dicembre 2023, in occasione della quale il Collegio ha ritenuto di sottoporre alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea i quesiti che in appressa si vanno a illustrare.

B – IL CONTENUTO DELLE DISPOSIZIONI NAZIONALI CHE TROVANO APPLICAZIONE NEL CASO DI SPECIE E IL DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA.

9. Le disposizioni europee.

9.1. Il Regolamento n. 1829/2003, art. 34 (Misure di emergenza):

“Quando sia manifesto che prodotti autorizzati dal presente regolamento o conformemente allo stesso possono comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l'ambiente ovvero qualora, alla luce di un parere dell'Autorità formulato ai sensi degli articoli 10 e 22, sorga la necessità di sospendere o modificare urgentemente un'autorizzazione, sono adottate misure conformemente alle procedure previste agli articoli 53 e 54 del regolamento (CE) n. 178/2002.”

9.2. La direttiva n. 2001/18/CE, come modificata dalla direttiva 2015/412/UE:

- art. 22, “Libera circolazione”: “Fatto salvo l'articolo 23, gli Stati membri non possono vietare, limitare o impedire l'immissione in commercio di OGM, come tali o contenuti in prodotti, conformi ai requisiti della presente direttiva”.

- art. 23, “Clausola di salvaguardia”: “1. Qualora uno Stato membro, sulla base di nuove o ulteriori informazioni divenute disponibili dopo la data dell'autorizzazione e che riguardino la valutazione di rischi ambientali o una nuova valutazione delle informazioni esistenti basata su nuove o supplementari conoscenze scientifiche, abbia fondati motivi di ritenere che un OGM come tale o contenuto in un prodotto debitamente notificato e autorizzato per iscritto in base alla presente direttiva rappresenti un rischio per la salute umana o l'ambiente, può temporaneamente limitarne o vietarne l'uso o la vendita sul proprio territorio. Lo Stato membro provvede affinché, in caso di grave rischio, siano attuate misure di emergenza, quali la sospensione o la cessazione dell'immissione in commercio, e l'informazione del pubblico. Lo Stato membro informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri circa le azioni adottate a norma del presente articolo e motiva la propria decisione, fornendo un nuovo giudizio sulla valutazione di rischi ambientali, indicando se e come le condizioni poste dall'autorizzazione debbano essere modificate o l'autorizzazione debba essere revocata e, se necessario, le nuove o ulteriori informazioni su cui è basata la decisione.

2. Una decisione in materia è adottata entro 60 giorni, secondo la procedura di cui all'articolo 30, paragrafo 2. Per il calcolo del termine di 60 giorni non sono computati i periodi di tempo durante i quali la Commissione è in attesa di ulteriori informazioni eventualmente richieste al notificante oppure del parere di comitati scientifici da essa consultati. Il periodo di tempo durante il quale la Commissione è in attesa del parere del o dei comitati scientifici consultati non supera i 60 giorni. Analogamente non è computato il tempo impiegato dal Consiglio per deliberare secondo la procedura di cui all'articolo 30, paragrafo 2.”

- art. 26 ter: “1. Nel corso della procedura di autorizzazione di un determinato OGM o del rinnovo dell'autorizzazione, uno Stato membro può richiedere di adeguare l'ambito geografico dell'autorizzazione scritta o dell'autorizzazione in modo che tutto il territorio di tale Stato membro o parte di esso debba essere escluso dalla coltivazione. Tale richiesta è comunicata alla Commissione al più tardi entro 45 giorni dalla trasmissione della relazione di valutazione effettuata a norma dell'articolo 14, paragrafo 2, della presente direttiva oppure dal ricevimento del parere dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare a norma dell'articolo 6, paragrafo 6, e dell'articolo 18, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 1829/2003. La Commissione presenta senza indugio la richiesta dello Stato membro al notificante/richiedente e agli altri Stati membri. La Commissione pubblica la richiesta per via elettronica.

2. Entro 30 giorni dalla presentazione della richiesta da parte della Commissione, il notificante/richiedente può adeguare o confermare l'ambito geografico della sua notifica/domanda iniziale.

In mancanza di conferma, l'ambito geografico della notifica/domanda è adeguato di conseguenza nell'autorizzazione scritta rilasciata a norma della presente direttiva e, se del caso, nella decisione emessa conformemente all'articolo 19 della presente direttiva, nonché nella decisione di autorizzazione adottata a norma degli articoli 7 e 19 del regolamento (CE) n. 1829/2003.

L'autorizzazione scritta rilasciata a norma della presente direttiva e, se del caso, la decisione emessa conformemente all'articolo 19 della presente direttiva, nonché la decisione di autorizzazione adottata a norma degli articoli 7 e 19 del regolamento (CE) n. 1829/2003, sono quindi emesse sulla base dell'ambito di applicazione geografico modificato della notifica/domanda.

Laddove la richiesta di cui al paragrafo 1 del presente articolo è comunicata alla Commissione dopo la data di trasmissione della relazione di valutazione effettuata a norma dell'articolo 14, paragrafo 2, della presente direttiva oppure dopo il ricevimento del parere dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare a norma dell'articolo 6, paragrafo 6, e dell'articolo 18, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 1829/2003, il termine per l'emissione dell'autorizzazione scritta di cui all'articolo 15 della presente direttiva o, a seconda del caso, il termine per la presentazione al comitato di un progetto di decisione da adottare di cui agli articoli 7 e 19 del regolamento (CE) n. 1829/2003 sono prorogati una sola volta di 15 giorni indipendentemente dal numero di Stati membri che presentano tale richiesta.

3. Se non è stata presentata alcuna richiesta a norma del paragrafo 1 del presente articolo o se il notificante/richiedente ha confermato l'ambito geografico della sua notifica/domanda iniziale, uno Stato membro può adottare misure che limitano o vietano in tutto il suo territorio o in parte di esso la coltivazione di un OGM o di un gruppo di OGM definiti in base alla coltura o al tratto, una volta autorizzati a norma della parte C della presente direttiva o del regolamento (CE) n. 1829/2003, a condizione che tali misure siano conformi al diritto dell'Unione, motivate e rispettose dei principi di proporzionalità e di non discriminazione e, inoltre, che siano basate su fattori imperativi quali quelli connessi a:

a) obiettivi di politica ambientale;

b) pianificazione urbana e territoriale;

c) uso del suolo;

d) impatti socio-economici;

e) esigenza di evitare la presenza di OGM in altri prodotti, fatto salvo l'articolo 26 bis;

f) obiettivi di politica agricola;

g) ordine pubblico.

Tali motivazioni possono essere addotte individualmente o in combinazione, ad eccezione della motivazione prevista dalla lettera g) che non può essere utilizzata individualmente, a seconda delle circostanze particolari dello Stato membro, della regione o dell'area in cui si applicano dette misure ma, in ogni caso, non devono contrastare con la valutazione di rischio ambientale effettuata a norma della presente direttiva o del regolamento (CE) n. 1829/2003.

4. Uno Stato membro che intende adottare misure a norma del paragrafo 3 del presente articolo trasmette preventivamente alla Commissione un progetto di tali misure e le corrispondenti motivazioni addotte. Tale comunicazione può avvenire prima del completamento della procedura di autorizzazione di un OGM a norma della parte C della presente direttiva o del regolamento (CE) n. 1829/2003. Nel corso di un periodo di 75 giorni dalla data di tale comunicazione:

a) lo Stato membro interessato si astiene dall'adottare e dall'attuare tali misure;

b) lo Stato membro interessato assicura che gli operatori si astengano dal piantare l'OGM o gli OGM interessati; e

c) la Commissione può formulare le osservazioni che ritiene opportune.

Alla scadenza del periodo di 75 giorni di cui al primo comma, lo Stato membro interessato può, per tutta la durata dell'autorizzazione e a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'autorizzazione dell'Unione, adottare misure nella forma originariamente proposta o in una versione modificata al fine di tenere conto delle osservazioni non vincolanti ricevute dalla Commissione. Tali misure sono comunicate senza indugio alla Commissione, agli altri Stati membri e al titolare dell'autorizzazione.

Gli Stati membri rendono pubblicamente disponibili tali misure a tutti gli operatori interessati, compresi i coltivatori.

5. Qualora uno Stato membro desideri che tutto il suo territorio o parte di esso sia reintegrato nell'ambito geografico dell'autorizzazione dal quale era stato precedentemente escluso ai sensi del paragrafo 2, può fare una richiesta a tal fine all'autorità competente che ha rilasciato l'autorizzazione scritta a norma della presente direttiva o alla Commissione se l'OGM è stato autorizzato a norma del regolamento (CE) n. 1829/2003. L'autorità competente che ha rilasciato l'autorizzazione scritta o la Commissione, a seconda dei casi, modifica di conseguenza l'ambito geografico dell'autorizzazione o della decisione di autorizzazione.

6. Ai fini dell'adeguamento dell'ambito geografico dell'autorizzazione di un OGM ai sensi del paragrafo 5:

a) per un OGM autorizzato a norma della presente direttiva, l'autorità competente che ha rilasciato l'autorizzazione scritta modifica di conseguenza l'ambito geografico dell'autorizzazione e informa la Commissione, gli Stati membri e il titolare dell'autorizzazione una volta completata la modifica;

b) per un OGM che è stato autorizzato a norma del regolamento (CE) n. 1829/2003, la Commissione modifica di conseguenza la decisione di autorizzazione, senza applicare la procedura di cui all'articolo 35, paragrafo 2, di detto regolamento. La Commissione informa di conseguenza gli Stati membri e il titolare dell'autorizzazione.

7. Qualora uno Stato membro abbia revocato misure adottate ai sensi dei paragrafi 3 e 4, ne informa senza indugio la Commissione e gli altri Stati membri.

8. Le misure adottate ai sensi del presente articolo non incidono sulla libera circolazione degli OGM autorizzati, come tali o contenuti in prodotti.”

- art. 26 quater, secondo cui:

“1. Dal 2 aprile 2015 al 3 ottobre 2015, uno Stato membro può richiedere di adeguare l'ambito geografico di una notifica/domanda presentata, o di un'autorizzazione concessa, a norma della presente direttiva o del regolamento (CE) n. 1829/2003 anteriormente al 2 aprile 2015. La Commissione presenta senza indugio la richiesta dello Stato membro al notificante/richiedente e agli altri Stati membri.

2. Qualora una notifica/domanda sia pendente e il notificante/richiedente non abbia confermato l'ambito geografico della sua notifica/domanda iniziale entro 30 giorni dalla comunicazione della richiesta di cui al paragrafo 1 del presente articolo, l'ambito geografico della notifica/domanda è adeguato di conseguenza. L'autorizzazione scritta rilasciata a norma della presente direttiva e, se del caso, la decisione emessa conformemente all'articolo 19 della presente direttiva, nonché la decisione di autorizzazione adottata a norma degli articoli 7 e 19 del regolamento (CE) n. 1829/2003, sono quindi emesse sulla base dell'ambito di applicazione geografico modificato della notifica/domanda.

3. Qualora l'autorizzazione sia già stata concessa e il titolare dell'autorizzazione non abbia confermato l'ambito geografico dell'autorizzazione entro 30 giorni dalla comunicazione della richiesta di cui al paragrafo 1 del presente articolo, l'autorizzazione è modificata di conseguenza. Per un'autorizzazione scritta a norma della presente direttiva, l'autorità competente modifica di conseguenza l'ambito geografico dell'autorizzazione e informa la Commissione, gli Stati membri e il titolare dell'autorizzazione una volta completata la modifica. Per un'autorizzazione a norma del regolamento (CE) n. 1829/2003, la Commissione modifica di conseguenza la decisione di autorizzazione, senza applicare la procedura di cui all'articolo 35, paragrafo 2, di detto regolamento. La Commissione informa di conseguenza gli Stati membri e il titolare dell'autorizzazione.

4. Se non è stata presentata alcuna richiesta a norma del paragrafo 1 del presente articolo o se un notificante/richiedente o, a seconda dei casi, un titolare di autorizzazione ha confermato l'ambito geografico della sua domanda iniziale o, se del caso, della sua autorizzazione, si applica mutatis mutandis l'articolo 26 ter, paragrafi da 3 a 8.

5. Il presente articolo lascia impregiudicata la coltivazione di sementi e materiale di moltiplicazione delle piante geneticamente modificati autorizzati che siano stati piantati legalmente prima che la coltivazione dell'OGM fosse limitata o vietata nello Stato membro.

6. Le misure adottate ai sensi del presente articolo non incidono sulla libera circolazione degli OGM autorizzati come tali o contenuti in prodotti.”

9.3. La decisione di esecuzione (UE) 2016/321 della Commissione, del 3 marzo 2016, che modifica l'ambito geografico dell'autorizzazione alla coltivazione del granturco geneticamente modificato (Zea mays L.) MON 810 (MON-ØØ81Ø-6), la quale ha vietato la coltivazione del granturco genericamente modificato (Zea mays L.) MON 810 nei territori di cui all’elenco allegato, tra i quali anche l’Italia, sul presupposto (considerando n. 5) che “Diciannove Stati membri hanno chiesto, a norma dell'articolo 26 quater della direttiva 2001/18/CE, il divieto della coltivazione di granturco MON 810 in tutto loro territorio o parte di esso. La Commissione ha ricevuto entro il 3 ottobre 2015 le seguenti domande:…….. ; il 1° ottobre 2015 dalla Danimarca e dall'Italia…”

9.4. Disposizioni del T.U.E.:

- art. 3, par. 3: « L'Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico. ».

- art. 6, par. 1: “L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati. Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell'Unione definite nei trattati. I diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformità delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni.”;

- art. 19, par. 1: “La Corte di giustizia dell'Unione europea comprende la Corte di giustizia, il Tribunale e i tribunali specializzati. Assicura il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati. Gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell'Unione.”

9.5. Disposizioni del T.F.U.E.:

- art. 2: “1. Quando i trattati attribuiscono all'Unione una competenza concorrente con quella degli Stati membri in un determinato settore, l'Unione e gli Stati membri possono legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti in tale settore. Gli Stati membri esercitano la loro competenza nella misura in cui l'Unione non ha esercitato la propria. Gli Stati membri esercitano nuovamente la loro competenza nella misura in cui l'Unione ha deciso di cessare di esercitare la propria. 2. Quando i trattati attribuiscono all'Unione una competenza concorrente con quella degli Stati membri in un determinato settore, l'Unione e gli Stati membri possono legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti in tale settore. Gli Stati membri esercitano la loro competenza nella misura in cui l'Unione non ha esercitato la propria. Gli Stati membri esercitano nuovamente la loro competenza nella misura in cui l'Unione ha deciso di cessare di esercitare la propria.”.

- art. 3, comma 1, lett. b): “L'Unione ha competenza esclusiva nei seguenti settori:… b) definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno;..”

- art. 26: “L'Unione adotta le misure destinate all'instaurazione o al funzionamento del mercato interno, conformemente alle disposizioni pertinenti dei trattati. 2. Il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali secondo le disposizioni dei trattati. 3. Il Consiglio, su proposta della Commissione, definisce gli orientamenti e le condizioni necessari per garantire un progresso equilibrato nell'insieme dei settori considerati.”

- art. 34: “Sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all'importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente.”

- art. 35: “Sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all'esportazione e qualsiasi misura di effetto equivalente.”

- art. 36: “Le disposizioni degli articoli 34 e 35 lasciano impregiudicati i divieti o restrizioni all'importazione, all'esportazione e al transito giustificati da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale, o di tutela della proprietà industriale e commerciale. Tuttavia, tali divieti o restrizioni non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri”.

9.6. Disposizioni della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea:

- art. 16, “Libertà d’impresa”: “È riconosciuta la libertà d’impresa, conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi nazionali.”;

- art. 52, par. 1: “Portata e interpretazione dei diritti e dei principi”: “1. Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.”

10. Normativa nazionale italiana:

10.1. L’art. 35 bis del D. L.vo n. 224/2003, “Sanzioni relative al Titolo III-bis”, secondo cui:

“Salvo che il fatto costituisca reato, e' punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 25.000 a euro 75.000 chiunque viola:

a) i divieti di coltivazione introdotti con l'adeguamento dell'ambito geografico stabilito, nei casi previsti, da uno dei seguenti provvedimenti:

1) l'autorizzazione concessa dalla Commissione europea, ai sensi degli articoli 7 e 19 del regolamento (CE) n. 1829/2003;

2) l'autorizzazione emessa dall'autorita' nazionale competente di uno Stato membro ai sensi degli articoli 15, 17 e 18 della direttiva 2001/18/CE;

3) l'autorizzazione rilasciata dall'autorita' nazionale competente di cui all'articolo 2, comma 1, ai sensi dell'articolo 18, comma 1, e, se ne ricorrono i presupposti, la decisione adottata dalla medesima autorita', ai sensi dell'articolo 18, comma 3;

b) i divieti di coltivazione adottati ai sensi dell'articolo 26-quater, comma 6;

c) i divieti temporanei di impianto dell'OGM o degli OGM interessati previsti dall'articolo 26-quater, comma 5, lettera b), e dall'articolo 26-sexies, comma 3.

2. Al trasgressore e' applicata con ordinanza-ingiunzione, la sanzione amministrativa accessoria della sospensione, fino a sei mesi, della facolta' di coltivazione di OGM attribuita con i provvedimenti di immissione in commercio.

3. Chiunque viola i divieti di cui al comma 1 e' tenuto a procedere alla distruzione delle coltivazioni di OGM illecitamente impiantate e al ripristino dello stato dei luoghi a proprie spese in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. L'Autorita' di cui al comma 4 dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.

4. Il Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualita' e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e' autorita' competente all'irrogazione delle sanzioni amministrative previste dal presente articolo. Restano ferme le competenze spettanti, ai sensi della normativa vigente, agli organi preposti all'accertamento delle violazioni.

5. Il pagamento delle somme dovute per le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo e' devoluto ad apposito capitolo del capo XVII dello stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato.”.

C – ILLUSTRAZIONE DEI MOTIVI DEL RINVIO PREGIUDIZIALE.

11. La coltivazione di mais del tipo MON 810 è diventata interdetta in Italia a seguito della decisione di esecuzione della Commissione UE 2016/321, del 3 marzo 2016. Tale prodotto era stato inizialmente autorizzato a favore di Monsanto Europea SA a norma della direttiva 90/220/CEE, con decisione della Commissione n. 294/1998, ed era in seguito proseguita sulla base dell’art. 8, par. 1, lett. a) del regolamento n. 1829/2003, in virtù del quale i “prodotti esistenti” - cioè quelli autorizzati nel vigore della direttiva 90/220/CEE e legalmente immessi sul mercato comunitario prima del 18 aprile 2004 - potevano rimanere sul mercato ed essere utilizzati e lavorati a patto che fossero notificati alla Commissione entro il 18 ottobre 2004. L’art. 8, par. 4, del reg. n. 1829/2003 prevedeva, inoltre, la possibilità di ottenere il rinnovo dell’autorizzazione.

12. Monsanto Europe SA ha notificato alla Commissione il mais MON 810, quale “prodotto esistente”, l’11 luglio 2004, e il 4 maggio 2007 ha notificato la richiesta di rinnovo dell’autorizzazione. Ne consegue, tenuto conto di quanto affermato dalla Corte di Giustizia nella causa C-36/11, Pioneer Hi Bread Italia, del 6 settembre 2012, che il prodotto mais MON 810 doveva considerarsi autorizzato sulla base del regolamento n. 1829/2003, e quindi aver superato la valutazione del rischio per la salute e l’ambiente.

13. Con la direttiva n. 2015/415/UE é stata introdotta la possibilità, per uno Stato membro, di richiedere l’adeguamento dell'ambito geografico di un'autorizzazione alla coltivazione già concessa, in modo da escludere la coltivazione da tutto il suo territorio o da parte di esso: a tal fine le domande dovevano essere presentate tra il 2 aprile 2015 e il 3 ottobre 2015.

14. Lo Stato italiano ha presentato, unitamente ad altri 18 Stati membri, simile domanda di adeguamento con riferimento al mais MON 810, chiedendo di escluderne la coltivazione dall’intero territorio; per tale ragione con la decisione di esecuzione n. 2016/321 del 3 marzo 2016, adottata ai sensi dell’art. 26 quater della direttiva 2001/18, par. 3, la coltivazione del granturco geneticamente modificato (Zea mays L.) MON 810 è stata vietata nei territori degli Stati richiedenti, tra i quali anche l’Italia.

15. Dopo che le Autorità italiane hanno accertato che il dott. Fidenato aveva impiantato 16 file di mais MON 810, gli hanno contestato l’illecito previsto all’art. 35 bis del D. L.vo n. 224/2003, che punisce “i divieti di coltivazione introdotti con l'adeguamento dell'ambito geografico stabilito, nei casi previsti, da uno dei seguenti provvedimenti: …b) i divieti di coltivazione adottati ai sensi dell'articolo 26-quater, comma 6”: tale norma prevede l’irrogazione di una sanzione di tipo pecuniario, oltre che la sanzione accessoria dell’obbligo di procedere alla distruzione delle coltivazioni di OGM illecitamente impiantate e al ripristino dello stato dei luoghi a proprie spese in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area.

15. Con il ricorso introduttivo del primo grado di giudizio il dott. Fidenato ha impugnato l’ordine di distruzione della coltivazione e ripristino dello stato dei luoghi.

16. L’appellante sostiene l’illegittimità degli artt. 26 ter e 26 quater della direttiva 2001/18/CEE, introdotti con la direttiva 2015/415, che a loro volta sarebbero all’origine della illegittimità della decisione di esecuzione della Commissione 2016/321 del 3 marzo 2016, adottata sulla base del citato art. 26 quater.

17. In particolare, l’appellante rileva che il sistema introdotto dagli artt. 26 ter e 26 quater della direttiva 2001/18/CEE produce l’effetto di vietare la coltivazione di alcuni prodotti OGM solo in una parte degli Stati membri, e in tal modo porrebbe in essere le condizioni per la creazione di squilibri nel mercato interno. Si verrebbe quindi a determinare una situazione contingente incompatibile con quanto disposto all’art. 3, par. 3, del T.U.E., oltre che dagli artt. 26, 34, 35, e 36 del T.F.U.E., dal momento che le decisioni sul c.d. “adeguamento geografico delle autorizzazioni” creerebbero delle vere e proprie barriere interne al mercato unico, ostacolerebbero la circolazione dei prodotti, determinerebbero restrizioni quantitative.

18. A detta dell’appellante non sarebbe neppure corretto invocare l’art. 36 T.F.U.E. a sostegno della legittimità degli artt. 26 ter e 26 quater della direttiva 2001/18/CEE, dal momento che tali articoli presuppongono il già avvenuto rilascio di una autorizzazione alla immissione in commercio di un prodotto OGM, autorizzazione che di per sé testimonia del superamento, con esito favorevole, di una valutazione avente ad oggetto l’impatto sulla salute umana e sull’ambiente. In sostanza, l’esistenza di una autorizzazione, rilasciata ai sensi della direttiva (abrogata) n. 90/220/CE, o del regolamento n. 1829/2003, presupporrebbe, quantomeno allo stato dell’arte, l’assenza di un pericolo concreto di danno che il prodotto OGM potrebbe cagionare alla salute o all’ambiente, ragione per cui non si comprende per quale ragione il legislatore europeo abbia consentito alla possibilità che su semplice richiesta di alcuni Stati membri, l’autorizzazione possa subire modificazioni nella estensione geografica, senza che gli Stati richiedenti debbano fornire alcuna giustificazione (ad esempio una documentazione attestante la scoperta di rischi prima sconosciuti).

19. La necessità che debba sussistere un grave rischio per la salute, umana e degli animali, o per l’ambiente, affinché possa disporsi la sospensione o la modifica urgente di una autorizzazione, emerge anche dall’art. 34 del regolamento n. 1829/2003, come interpretato dalla Corte di Giustizia nell’ordinanza resa nella causa C-107/16 e nella sentenza resa nella causa C-111/16, ove la Corte ha escluso che la Commissione sia tenuta ad adottare misure di emergenza “ quando non sia manifesto che un prodotto autorizzato dal regolamento n. 1829/2003 o conformemente allo stesso può presentare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l’ambiente”, precisando, inoltre, che “L’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003, in combinato disposto con il principio di precauzione come formulato all’articolo 7 del regolamento n. 178/2002, dev’essere interpretato nel senso che non conferisce agli Stati membri la facoltà di adottare, ai sensi dell’articolo 54 del regolamento n. 178/2002, misure di emergenza provvisorie sul solo fondamento di tale principio, senza che siano soddisfatte le condizioni sostanziali previste all’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003”.

20. Giova precisare che nelle sentenze citate al paragrafo che precede la Corte di Giustizia ha dato atto del fatto che il Governo italiano, con decreto ministeriale del 12 luglio 2013 aveva già adottato, a titolo di misure di emergenza, la decisione di vietare la coltivazione della varietà di mais MON 810, e che, tuttavia, il 24 settembre 2013 l’EFSA aveva emesso l’opinione scientifica n. 3371, nella quale si affermava che il gruppo di lavoro sugli organismi geneticamente modificati (OGM) non aveva identificato, nella documentazione fornita dal governo italiano a supporto delle misure di emergenza relative al mais MON 810, alcuna nuova evidenza basata sulla scienza che giustificasse le misure di emergenza richieste. Di conseguenza, tale gruppo aveva considerato che le sue precedenti conclusioni sulla valutazione del rischio relativo al mais MON 810 rimanevano applicabili. A fronte di simili accertamenti tecnici, nonché a fronte della chiara disposizione di cui all’art. 34 del Regolamento n. 1829/2003, la soluzione adottata con gli artt. 26 ter e 26 quater della direttiva 2001/18/CE, desta perplessità, in quanto quest’ultima sostanzialmente concede agli Stati membri di ottenere una modificazione dell’estensione geografica di una autorizzazione relativa a un prodotto OGM, senza dover allegare qualsiasi giustificazione o dimostrazione della sussistenza di una possibile grave pregiudizio.

21. I considerando da 6 a 8 della direttiva 2015/412/UE, che ha modificato la direttiva 2001718/CE, affermano che:

“L'esperienza ha dimostrato che la coltivazione degli OGM è una questione affrontata in modo più approfondito a livello di Stati membri. Le questioni relative all'immissione in commercio e all'importazione degli OGM dovrebbero continuare ad essere disciplinate a livello di Unione al fine di salvaguardare il mercato interno. Tuttavia la coltivazione può richiedere maggiore flessibilità in certi casi, essendo una questione con forte dimensione nazionale, regionale e locale dato il suo legame con l'uso del suolo, le strutture agricole locali e la protezione o il mantenimento degli habitat, degli ecosistemi e dei paesaggi. In conformità dell'articolo 2, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), gli Stati membri hanno diritto di adottare atti giuridicamente vincolanti che limitano o vietano la coltivazione degli OGM sul loro territorio, dopo che per tali OGM è stata rilasciata l'autorizzazione all'immissione in commercio dell'Unione. Tale flessibilità non dovrebbe tuttavia incidere negativamente sulla procedura di autorizzazione comune, in particolare sul processo di valutazione condotto principalmente dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare («Autorità»);

Per limitare o proibire la coltivazione di OGM, alcuni Stati membri hanno fatto ricorso in passato alle clausole di salvaguardia e alle misure di emergenza ai sensi dell'articolo 23 della direttiva 2001/18/CE e dell'articolo 34 del regolamento (CE) n. 1829/2003 sulla base, a seconda dei casi, di nuove o ulteriori informazioni divenute disponibili dopo la data dell'autorizzazione e che riguardano la valutazione di rischi ambientali o di una nuova valutazione delle informazioni esistenti. Altri Stati membri hanno fatto ricorso alla procedura di notifica di cui all'articolo 114, paragrafi 5 e 6, TFUE, che richiede la presentazione di nuove prove scientifiche inerenti alla protezione dell'ambiente o dell'ambiente di lavoro. Inoltre il processo decisionale è risultato particolarmente difficoltoso per quanto riguarda la coltivazione di OGM, in quanto sono state espresse preoccupazioni nazionali non dettate unicamente da questioni legate alla sicurezza degli OGM per la salute e per l'ambiente;

In questo contesto, è opportuno garantire agli Stati membri, conformemente al principio di sussidiarietà, maggiore flessibilità nel decidere se desiderino oppure no coltivare OGM nel loro territorio, senza conseguenze per la valutazione del rischio prevista dal sistema dell'Unione di autorizzazione degli OGM, nel corso della procedura di autorizzazione o successivamente, e indipendentemente dalle misure che gli Stati membri che coltivano OGM sono autorizzati o tenuti a prendere a norma della direttiva 2001/18/CE per evitare la presenza involontaria di OGM in altri prodotti. Dare questa possibilità agli Stati membri può migliorare il processo di autorizzazione degli OGM e, al tempo stesso, può garantire la libertà di scelta dei consumatori, degli agricoltori e degli operatori, assicurando maggiore chiarezza alle parti interessate per quanto riguarda la coltivazione di OGM nell'Unione. La presente direttiva dovrebbe pertanto favorire il corretto funzionamento del mercato interno.”

22. E’ dunque palese che la direttiva 2015/412/UE, che ha inserito nel corpo della direttiva 2001/18/CE gli artt. 26 ter e 26 quater, non nasce assolutamente dalla intenzione di mettere in discussione l’affidamento riposto nella valutazione del rischio che viene effettuata in occasione del rilascio di una autorizzazione relativa a un prodotto OGM, tanto da dare atto che in realtà l’opposizione di alcuni Stati membri agli OGM origina da considerazioni non dettate da questioni legate alla sicurezza per la salute e per l’ambiente. E’ invece evidente che la direttiva ha voluto concedere agli Stati membri uno spazio di autonomia decisionale, ma sulla base di una motivazione che appare forzata: le limitazioni opposte da uno Stato membro, infatti, ad avviso del Collegio possono accrescere la mancanza di fiducia dei cittadini di quello stesso Stato verso i prodotti OGM, rendendone più difficile la circolazione nel territorio dell’Unione, e questo malgrado il fatto che la relativa produzione e immissione in commercio sia legittimata da una autorizzazione rilasciata ai sensi delle disposizioni europee.

23. Gli artt. 26 ter e quater, inoltre, stridono con l’art. 22 della stessa direttiva 2001/18/CE, che impone agli Stati membri di non vietare, limitare o impedire l’immissione in commercio di OGM; nonché con l’art. 23, che prevede la clausola di salvaguardia in forza della quale gli Stati membri possono temporaneamente limitare o vietare l’uso di prodotti OGM se abbiano fondati motivi di ritenere che presentino rischi per la salute o l’ambiente sulla base di nuove o supplementari conoscenze scientifiche : dunque, da una parte il sistema - per di più la stessa direttiva – ribadisce che limitazioni alla circolazione di prodotti OGM già autorizzati sono ammissibili solo se supportate da nuovi studi che ne evidenzino la pericolosità, d’altra parte consente agli Stati membri di sottrarsi all’obbligo di consentire la libera circolazione di prodotti legittimati da una apposita autorizzazione, rilasciata a valle di una valutazione del rischio.

24. Il fondamento giuridico degli artt. 26 ter e 26 quater, della direttiva 2001/18/CE, così come enunciato nei “considerando” dianzi esaminati, non appare quindi idoneo a giustificare la lesione che viene cagionata ai diritti degli operatori economici, lesione direttamente collegata agli “adeguamenti geografici” delle autorizzazioni alla immissione e produzione di prodotti OGM; siffatta lesione, in quanto non sorretta da una solida motivazione, non può ritenersi rispondente al principio di proporzionalità; né si può concordare sul fatto che tali norme non siano idonee a incidere sul mercato interno, sulla quale cosa – del resto – anche il considerando n. 8 si esprime in maniera dubitativa.

24. Ove ritenuta, sulla base delle considerazioni che precedono, l’illegittimità degli artt. 26 ter e quater della direttiva 2001/18/CE, come modificata dalla direttiva 2015/412/UE, si pone il problema di valutare la tenuta della decisione di esecuzione 2016/321 della Commissione, del 3 marzo 2016, che di fatto ha consentito allo Stato italiano di vietare la coltivazione di mais tipo MON 810 nel territorio italiano.

D – FORMULAZIONE DEI QUESITI.

25. Alla luce delle considerazioni che precedono il Consiglio di Stato, Sez. VI, sottopone alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea i seguenti quesiti:

I) se gli artt. 26 ter e 26 quater della direttiva 2001/18/CE, come modificata dalla direttiva 2015/412/UE, siano conformi all’art. 34 del Regolamento n. 1829/2003, all’art. 3 del T.U.E., agli artt. 2, 3, 26, 34, 35, e 36 del T.F.U.E. , agli artt. 16 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea;

II) in caso di risposta negativa al quesito che precede: se la decisione di esecuzione (UE) 2016/321 della Commissione, del 3 marzo 2016, adottata sulla base dell’art. 26 quater della direttiva 2001718/CE, per effetto della accertata non conformità di tale articolo rispetto alle superiori norme del T.U.E. e del T.F.U.E., possa essere disapplicata dal giudice del rinvio o dichiarata inefficace.

E – RILEVANZA DELLE QUESTIONI CON RIFERIMENTO AL CASO DI SPECIE.

26. Ad eccezione del primo motivo d’appello, tutti gli altri, come anche gli originari motivi articolati nel ricorso di primo grado, ruotano intorno alla affermata illegittimità degli artt. 26 ter e 26 quater della direttiva 2001/18/CE, e, di conseguenza della decisione di esecuzione (UE) 2016/321 della Commissione, del 3 marzo 2016, adottata sulla base dell’art. 26 quater della direttiva.

27. Con il primo motivo d’appello il dott. Fidenato denuncia l’illegittimità della sanzione in ragione del fatto che la coltivazione impiantata avrebbe finalità esclusivamente di ricerca e scientifica: egli, tuttavia, non ha fornito dimostrazione di tale assunto, e del resto proprio lo stesso appellante ha affermato di aver intrapreso la coltivazione precisamente per farsi sanzionare ed avere, così, l’opportunità di impugnare un atto in sede giurisdizionale e di investire la Corte di Giustizia di alcuni quesiti. Il Collegio ritiene quindi di non poter accogliere l’appello, né il ricorso di primo grado, sulla base della ritenuta natura scientifica/di ricerca della coltivazione contestata all’appellante.

28. Non possono determinare l’accoglimento dell’appello e l’annullamento della sanzione i motivi sesto e settimo. Relativamente al sesto motivo è agevole rilevare che la necessità di portare la questione avanti la Corte di Giustizia non legittima la violazione compiuta, mentre il settimo motivo attiene unicamente alla decisione impugnata, e non anche al merito degli atti impugnati.

29. In conseguenza di quanto sopra precisato il Collegio rileva che la sentenza appellata non potrebbe essere riformata, e l’atto impugnato non potrebbe essere annullato, sulla base dei motivi primo, sesto e settimo.

30. Assumono pertanto rilevanza, ai fini del decidere, i motivi dal secondo al quinto, i quali tendono, nel complesso, a far dichiarare (i) che gli articoli 26 ter e 26 quater della direttiva 2001/18/CE sono illegittimi per contrarietà a norme europee di rango superiore, (ii) che la decisione di esecuzione (UE) 2016/321 della Commissione, del 3 marzo 2016, è affetta da illegittimità derivata e, come tale, deve essere dichiarata inefficace o disapplicata, (iii) che la coltivazione del mais MON810, non essendo questa vietata da una valida decisione della Commissione, non ricade nell’ambito di applicazione dell’art. 25 bis del D. L.vo 224/2003.

31. L’eventuale declaratoria di illegittimità degli artt. 26 ter e 26 quater della direttiva 2001/18/CE, pertanto, secondo la prospettazione di questo giudice porterebbe certamente all’annullamento della sanzione impugnata nel presente giudizio.

F – CONCLUSIONI.

Ai sensi delle Raccomandazioni si dispone che la Segreteria di questa Sezione trasmetta alla cancelleria della Corte di Giustizia, mediante plico raccomandato, il fascicolo di causa.

Visto l’art. 79 cod. proc. amm. e il punto 25 delle Raccomandazioni, il presente giudizio viene sospeso nelle more della definizione del procedimento incidentale di rinvio e ogni ulteriore decisione, anche in ordine al regolamento delle spese processuali, è riservata alla pronuncia definitiva, una volta ricevuta la notificazione della decisione emessa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (v. i punti 11 e 32 delle Raccomandazioni).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta):

a) rimette alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea le questioni pregiudiziali indicate in motivazione;

b) dispone la trasmissione, a cura della Segreteria, alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea della presente ordinanza e di copia degli atti indicati in motivazione, nonché di ogni ulteriore atto eventualmente richiesto, in futuro, dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea;

c) sospende il presente giudizio fino alla notificazione a questo Consiglio di Stato, da parte della Cancelleria della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, della decisione emessa dalla suddetta Corte.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Sergio De Felice, Presidente

Stefano Toschei, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere

Lorenzo Cordi', Consigliere

Roberta Ravasio, Consigliere, Estensore