Cass. Sez. III n. 44982 del 4 dicembre 2007 (ud. 7 Nov 2007)
Pres. Postiglione Est. De Maio Ric. Patti.

Rifiuti. - Reato di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti su una determinata area - Reato di inosservanza dell\'ordinanza sindacale di ripristino del decoro e del corretto stato igienico ambientale della medesima area - Identità del fatto - Esclusione - Ragioni.

In tema di divieto di secondo giudizio, non sussiste identità del fatto tra la condotta di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti su una determinata area (art. 51, comma secondo, D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22) e quella consistente nella inosservanza del provvedimento del Sindaco con cui si ordina il ripristino del decoro e del corretto stato igienico - ambientale della medesima area interessata dai rifiuti (art. 50, comma secondo, in relazione all\'art. 14 del medesimo decreto), in quanto mentre la prima attiene alla contestazione di un illecito, la seconda, conseguendo all\'accertamento del persistere di quella condizione di illiceità, è relativa alla eliminazione di quello stesso illecito.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Presidente - del 07/11/2007
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - SENTENZA
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - N. 02660
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - N. 013420/2007
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) PATTI CARMELO N. IL 26/01/1934;
avverso SENTENZA del 17/01/2007 CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. DE MAIO GUIDO;
udito il Procuratore Generale in persona del Dott. MONTAGNA Alfredo che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. GIOVANE Ambra di Roma.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza in data 17.1.2007 la Corte d\'Appello di Milano confermò la sentenza 9.11.2005 del giudice monocratico del Tribunale di quella città, con la quale Carmelo Patti era stato condannato alla pena ritenuta di giustizia, perché riconosciuto colpevole del reato di cui al D.lgs. n. 22 del 1997, art. 50, comma 2 in relaz. all\'art. 14 ("perché, nella sua qualità di legale rappresentante della Segrate Uno srl proprietaria dell\'area sita in Segrate via Marche, non ottemperava all\'ordinanza sindacale n. 49 del 2.9.03 con la quale si ordinava il ripristino del decoro e del corretto stato igienico- ambientale di tale area, acc. in Segrate il 20.11.2003"). Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso personalmente l\'imputato, il quale con unico motivo denuncia violazione della legge penale in relazione alla mancata applicazione del ne bis in idem ex art. 649 c.p.. Il ricorrente prende le mosse dal rilievo che "la violazione della normativa ambientale è stata accertata sin dal 25.10.2001 ed ha condotto all\'instaurazione del procedimento penale n. 5148/02, conclusosi con il proscioglimento dell\'imputato per intervenuta prescrizione; detta violazione...si estrinsecava nell\'aver abbandonato o comunque depositato in modo incontrollato rifiuti pericolosi o non pericolosi nell\'area ubicata in Segrate, via Marche e veniva contestata come violazione del D.lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 2"; viene rilevato che alla richiesta del PM di voler comunicare se la stessa ordinanza è stata emessa a seguito dell\'abbandono o deposito di rifiuti di cui alla comunicazione di notizia di reato prot. 26 datata 3.12.2001, veniva confermato che "l\'ordinanza sindacale n. 49 del 2.9.03 è stata emessa a carico della stessa area già oggetto di indagine di p.g. espletata dal comando di Polizia Locale del comune di Segrate, a seguito dell\'abbandono e deposito di rifiuti di cui alla comunicazione di notizia di reato prot. 26 datata 3.12.2001, per il quale è stato iniziato il procedimento penale n. 5148/02". La tesi del ricorrente è che "non vi era stata solo un\'unica origine ma addirittura un identico fatto storico, essendo emerso in modo inconfutabile che i rifiuti abbandonati oggetto dell\'ordinanza sindacale fossero i medesimi presenti sull\'area nel 2001 e per cui si è instaurato il procedimento penale parallelo"; ne deriverebbe che "si è in presenza di un\'unica violazione consistente nell\'abbandono o nel deposito di rifiuti correlato al divieto di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 14, che ha indotto il primo procedimento penale per il reato di cui all\'art. 51, comma 2, nelle more del quale è stata emessa l\'ordinanza del Sindaco, il cui mancato rispetto è stato contestato come violazione dell\'art. 50, comma 2 di cui al presente ricorso". Si tratterebbe "di un\'unica violazione, intesa come medesimo episodio di abbandono di rifiuti", in relazione alla quale va applicata la sanzione più grave, "sanzione che deve rispettare il criterio di specialità e quindi unicamente quella prevista dall\'art. 51, comma 2 per il quale il ricorrente è stato già giudicato". Il ricorrente conclude ricordando che "principio cardine del nostro ordinamento è quello previsto dall\'art. 649 c.p.p., secondo cui l\'imputato prosciolto o condannato con sentenza irrevocabile non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, anche se diversamente considerato per il titolo". In questa sede sono stati presentati motivi nuovi ex art. 585 c.p.p., concretizzatisi nella proposizione che, essendo risultato "il susseguirsi sul terreno di proprietà della società amministrata...dal ricorrente di una serie di conduttori..., nel caso di specie non è stata mai raggiunta la prova della individuazione nel ricorrente come di colui che materialmente si rese responsabile dell\'inquinamento e così quindi allo stesso non potrà certamente essere addossata la responsabilità penale del mancato rispetto delle prescrizioni indicate nell\'ordinanza sindacale".
Il ricorso è infondato e va rigettato, dovendo rilevarsi, quanto al motivo principale, che non può trovare ingresso, rispetto all\'imputazione in esame, l\'eccezione di precedente giudicato. È, infatti, chiaro che la sentenza precedente e l\'attuale situazione in imputazione attengono a momenti e a situazione diversi (anche a voler ritenere, ma la circostanza è di ardua dimostrazione, che in entrambi i casi si trattasse proprio degli stessi rifiuti nella medesima quantità). Ed invero, la sentenza esecutiva aveva per oggetto l\'abbandono o comunque il deposito incontrollato di rifiuti pericolosi o non pericolosi nell\'area ubicata in Segrate via Marche, acc. in Segrate il 25.10.2001; il procedimento in esame ha, invece, per oggetto l\'inosservanza da parte dello stesso imputato della citata ordinanza sindacale, con la quale, come premesso, si ordinava il ripristino del decoro e del corretto stato igienico-ambientale dell\'area interessata dai rifiuti, acc. in Segrate il 20.11.2003. A nulla, come si diceva, rileva che possa per avventura trattarsi della medesima situazione di rifiuti, essendo, invece, decisivo, ai fini del rilievo della diversità delle due situazione penalmente rilevanti, che la prima, accertata il 25.10.2001, concerneva l\'abbandono o il deposito incontrollato di rifiuti; con la seconda, realizzatasi con l\'ordinanza 2.9.2003 a distanza di due anni dall\'accertamento del fatto di abbandono, veniva verificato che l\'area in questione si presentava ancora in disagiate condizioni igienico-sanitarie, per cui il Sindaco imponeva all\'interessato il ripristino del decoro e del corretto stato igienico-ambientale. La diversità è ben espressa dalla seguente dicotomia: nell\'ottobre 2001 le autorità rilevano nell\'area l\'illecita presenza di rifiuti e, in conseguenza, al Patti viene addebitato il reato di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, lett. a); a distanza di circa due anni, nel settembre 2003, l\'autorità comunale prende atto del perdurare della situazione e ingiunge all\'interessato il ripristino delle corrette condizioni. Si tratta, come si diceva di due situazioni radicalmente diverse: la prima attinente alla contestazione di un illecito; la seconda, conseguente all\'accertamento del persistente di quella condizione di illiceità, relativa all\'eliminazione di quello stesso illecito. Solo per esemplificare, può essere addotto il caso del conducente di un\'auto che, essendo stato sorpreso non in possesso della patente di guida, venga invitato ad esibire il documento nella sede dell\'autorità procedente; risulta chiaro che non esiste precedente giudicato nell\'ipotesi che quel conducente, una volta condannato per guida senza patente, sia tratto a giudizio anche per violazione dell\'art. 650, non avendo ottemperato all\'ordine di presentarsi per produrre il documento.
Il motivo nuovo oggetto dell\'atto qui depositato in data 21.10.2007 è sotto più profili inammissibile: 1) con lo stesso viene dedotta una violazione di legge non prospettata con i motivi di appello; 2) è pacifico che i motivi nuovi - che l\'art. 585 c.p.p., comma 4 consente di depositare in cancelleria fino a 15 giorni prima dell\'udienza - non possono porre questioni nuove non proposte con quelle principali; ciò significa, è stato ulteriormente chiarito, che i motivi nuovi consentiti dalla norma citata devono avere ad oggetto solo argomenti idonei a chiarire meglio, eventualmente sotto altri aspetti o in una diversa prospettiva, il contenuto e la portata di quelli già presentati, non essendo consentito, attraverso una impropria utilizzazione della norma anzidetta, introdurre un thema decidendum totalmente diverso da quello inizialmente devoluto. Nel caso in esame, non può esservi alcun dubbio che la questione della riferibilità all\'attuale ricorrente dell\'abbandono dei rifiuti non ha alcuna attinenza con quella dell\'esistenza di un precedente giudicato.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente alle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 7 novembre 2007.
Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2007