Pres. Papa Est. Mancini Ric. PM in proc. Laini
Rifiuti. Inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione ed offensività della condotta
Nei reati formali quali quello, in materia di rifiuti, che sanziona la " inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni nonché.. .l'inosservanza dei requisiti e delle condizioni richiesti dalle iscrizioni o comunicazioni" il legislatore appresta una difesa per così dire a monte, preoccupandosi che certe condotte puramente formali, di osservanza di mere condizioni formali, non collegate alla tutela di un interesse esplicitamente indicato e neppure immediatamente percepibile, siano scrupolosamente tenute e la violazione delle stesse è penalmente sanzionata a prescindere da qualsiasi accertamento di una qualsiasi lesione concreta di un qualsiasi concreto interesse. In questi casi, il contenuto offensivo del reato è espresso dalla stessa struttura della norma ed il legislatore giudica con una sua valutazione vincolante per l'interprete che certe formalità debbano essere osservate con il suggello addirittura della sanzione penale.
Svolgimento del processo
Il tribunale di Bergamo sede distaccata di
Grumello del Monte con sentenza del 26 gennaio
Il tribunale dà atto che la fattispecie
contravvenzionale si è integrata in tutti i suoi elementi, oggettivi e
soggettivi, ma attribuisce la condotta incriminata ad un errore,
ritenuto
inoffensivo, nella comunicazione dei dati di cui sopra.
Il PM ha proposto ricorso immediato per
cassazione rilevando che “la cosiddetta offensività del fatto non
costituisce
elemento aggiuntivo rispetto a quelli essenziali indicati nella norma
incriminatrice “.
Motivi
della
decisione
Il ricorso è fondato e merita di essere accolto.
La norma incriminatrice violata dal
ricorrente, più sopra citata, prevede la “inosservanza delle
prescrizioni
contenute o richiamate nelle autorizzazioni nonché… l’inosservanza dei
requisiti e delle condizioni richiesti dalle iscrizioni o
comunicazioni”.
E’ assodato che nella specie sono state
recuperate quantità di rifiuti della tipologia 1.1 e
E lo stesso tribunale, che pure ha assolto
l’imputato, riconosce che la fattispecie contravvenzionale si è
integrata in
tutti i suoi elementi costitutivi, oggettivo e soggettivo.
Richiamando tuttavia la categoria
giurisprudenziale del falso grossolano assume, sulla base della
deposizione di
un teste, funzionario del servizio rifiuti della provincia, che nella
specie la
falsa comunicazione dei quantitativi di rifiuti non avrebbe prodotto
alcun “effetto
giuridicamente rilevante”.
Al riguardo correttamente il PM ricorrente ricorda
(aderendo in tal modo alla giurisprudenza di questa Sezione della Corte
Suprema, quale affermata nella sentenza n. 12374 del 2005 citata nello
stesso
ricorso) il principio secondo cui, per usare le parole della sentenza
stessa,
la cosiddetta offensività del fatto non costituisce un elemento
aggiuntivo
rispetto a quelli essenziali indicati nella norma incriminatrice“ e “il
contenuto offensivo del reato è espresso dalla stessa struttura della
norma”.
Ora è bensì vero che nella citata sentenza di
questa Sezione si richiamano i concetti elaborati dalla giurisprudenza
del
falso grossolano e della calunnia incredibile ma solo per escluderne la
concreta applicazione in quella peraltro diversa fattispecie
contravvenzionale.
Nel caso in esame per contro si tratta di
reato formale stricto sensu in relazione al quale è difficile se non
impossibile parlare della concreta offensività della condotta.
In materia di falso, trattandosi di reati
caratterizzati dalla presenza di un evento, naturale o giuridico, è ben
possibile
ipotizzare una condotta apparentemente ricompresa nella fattispecie
legale ma
in realtà inoffensiva del bene protetto dalla norma: in sostanza la
immutatio
veri, evento del falso documentale, è talmente grossolana che nessuno
in realtà
può essere tratto in inganno da quella che ha soltanto l’apparenza -
non la
concreta insidiosità - di una falsificazione.
Nei reati formali quale quello di cui si
tratta nella specie (non a caso dianzi definito formale stricto sensu
ed a
differenza di altri cui più propriamente spetterebbe la qualifica di
reati di
pericolo presunto, come ad esempio la fattispecie di cui all’art. 163
D.L.vo
490 del 1999 per la quale ultima, v. Cass. Sez. III n. 10641 del 2003
Rv
224355, si è posto il problema della necessità della verifica da parte
del
giudice della offensività specifica della condotta tenuta”) ci si deve
invece
pone in una ottica diversa perché in essi non si ravvisa un evento nel
senso
ordinario del termine, naturale o giuridico, e quindi neppure è
possibile che
si verifichi l’evento lesivo del bene protetto.
Il legislatore infatti in tal caso appresta una difesa per così dire a monte, preoccupandosi che certe condotte puramente formali, di osservanza di mere condizioni formali, non collegate alla tutela di un interesse esplicitamente indicato e neppure immediatamente percepibile, siano scrupolosamente tenute e la violazione delle stesse è penalmente sanzionata a prescindere da qualsiasi accertamento di una qualsiasi lesione concreta di un qualsiasi concreto interesse. In questi casi, come si esprime la più volte citata sentenza di questa Sezione “il contenuto offensivo del reato è espresso dalla stessa struttura della norma” ed il legislatore giudica con una sua valutazione vincolante per l’interprete che certe formalità debbano essere osservate con il suggello addirittura della sanzione penale.
Consegue all’accoglimento del ricorso
l’annullamento della impugnata
sentenza con rinvio, ai sensi del comma 4 dell’art. 569 del codice di
rito, al
giudice competente per l’appello che terrà conto nel nuovo giudizio del
principio di diritto appena affermato.