Cass. Sez. III n. 35621 del 21 settembre 2007 (Ud. 27 giu. 2007)
Pres. Papa Est. Mancini Ric. PM in proc. Laini
Rifiuti. Inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione ed offensività della condotta

Nei reati formali quali quello, in materia di rifiuti, che sanziona la " inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni nonché.. .l'inosservanza dei requisiti e delle condizioni richiesti dalle iscrizioni o comunicazioni" il legislatore appresta una difesa per così dire a monte, preoccupandosi che certe condotte puramente formali, di osservanza di mere condizioni formali, non collegate alla tutela di un interesse esplicitamente indicato e neppure immediatamente percepibile, siano scrupolosamente tenute e la violazione delle stesse è penalmente sanzionata a prescindere da qualsiasi accertamento di una qualsiasi lesione concreta di un qualsiasi concreto interesse. In questi casi, il contenuto offensivo del reato è espresso dalla stessa struttura della norma ed il legislatore giudica con una sua valutazione vincolante per l'interprete che certe formalità debbano essere osservate con il suggello addirittura della sanzione penale.

Svolgimento del processo

Il tribunale di Bergamo sede distaccata di Grumello del Monte con sentenza del 26 gennaio 2006 ha assolto Laini Alberto con la formula perché il fatto non costituisce reato dalla imputazione di cui all’art. 51 co. 4 in relazione al precedente comma 1 lett. a) del D.L.vo 22 del 1997 contestatagli per avere raccolto rifiuti in quantità superiore a quella comunicata ex art. 33 di tale decreto legislativo.

Il tribunale dà atto che la fattispecie contravvenzionale si è integrata in tutti i suoi elementi, oggettivi e soggettivi, ma attribuisce la condotta incriminata ad un errore, ritenuto inoffensivo, nella comunicazione dei dati di cui sopra.

Il PM ha proposto ricorso immediato per cassazione rilevando che “la cosiddetta offensività del fatto non costituisce elemento aggiuntivo rispetto a quelli essenziali indicati nella norma incriminatrice “.

 

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e merita di essere accolto.

La norma incriminatrice violata dal ricorrente, più sopra citata, prevede la “inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni nonché… l’inosservanza dei requisiti e delle condizioni richiesti dalle iscrizioni o comunicazioni”.

E’ assodato che nella specie sono state recuperate quantità di rifiuti della tipologia 1.1 e 9.1 in quantità superiori a quelle indicate nella comunicazione effettuata ai sensi dell’art. 33 dello stesso decreto legislativo, contenente, tale articolo, la disciplina delle operazioni di recupero dei rifiuti secondo le procedure semplificate; più specificamente, come rileva il PM nel suo ricorso, nel corso di due anni ha raccolto quantità di rifiuti doppie rispetto a quelle denunciate.

E lo stesso tribunale, che pure ha assolto l’imputato, riconosce che la fattispecie contravvenzionale si è integrata in tutti i suoi elementi costitutivi, oggettivo e soggettivo.

Richiamando tuttavia la categoria giurisprudenziale del falso grossolano assume, sulla base della deposizione di un teste, funzionario del servizio rifiuti della provincia, che nella specie la falsa comunicazione dei quantitativi di rifiuti non avrebbe prodotto alcun “effetto giuridicamente rilevante”.

Al riguardo correttamente il PM ricorrente ricorda (aderendo in tal modo alla giurisprudenza di questa Sezione della Corte Suprema, quale affermata nella sentenza n. 12374 del 2005 citata nello stesso ricorso) il principio secondo cui, per usare le parole della sentenza stessa, la cosiddetta offensività del fatto non costituisce un elemento aggiuntivo rispetto a quelli essenziali indicati nella norma incriminatrice“ e “il contenuto offensivo del reato è espresso dalla stessa struttura della norma”.

Ora è bensì vero che nella citata sentenza di questa Sezione si richiamano i concetti elaborati dalla giurisprudenza del falso grossolano e della calunnia incredibile ma solo per escluderne la concreta applicazione in quella peraltro diversa fattispecie contravvenzionale.

Nel caso in esame per contro si tratta di reato formale stricto sensu in relazione al quale è difficile se non impossibile parlare della concreta offensività della condotta.

In materia di falso, trattandosi di reati caratterizzati dalla presenza di un evento, naturale o giuridico, è ben possibile ipotizzare una condotta apparentemente ricompresa nella fattispecie legale ma in realtà inoffensiva del bene protetto dalla norma: in sostanza la immutatio veri, evento del falso documentale, è talmente grossolana che nessuno in realtà può essere tratto in inganno da quella che ha soltanto l’apparenza - non la concreta insidiosità - di una falsificazione.

Nei reati formali quale quello di cui si tratta nella specie (non a caso dianzi definito formale stricto sensu ed a differenza di altri cui più propriamente spetterebbe la qualifica di reati di pericolo presunto, come ad esempio la fattispecie di cui all’art. 163 D.L.vo 490 del 1999 per la quale ultima, v. Cass. Sez. III n. 10641 del 2003 Rv 224355, si è posto il problema della necessità della verifica da parte del giudice della offensività specifica della condotta tenuta”) ci si deve invece pone in una ottica diversa perché in essi non si ravvisa un evento nel senso ordinario del termine, naturale o giuridico, e quindi neppure è possibile che si verifichi l’evento lesivo del bene protetto.

Il legislatore infatti in tal caso appresta una difesa per così dire a monte, preoccupandosi che certe condotte puramente formali, di osservanza di mere condizioni formali, non collegate alla tutela di un interesse esplicitamente indicato e neppure immediatamente percepibile, siano scrupolosamente tenute e la violazione delle stesse è penalmente sanzionata a prescindere da qualsiasi accertamento di una qualsiasi lesione concreta di un qualsiasi concreto interesse. In questi casi, come si esprime la più volte citata sentenza di questa Sezione “il contenuto offensivo del reato è espresso dalla stessa struttura della norma” ed il legislatore giudica con una sua valutazione vincolante per l’interprete che certe formalità debbano essere osservate con il suggello addirittura della sanzione penale.

Consegue all’accoglimento del ricorso l’annullamento della impugnata sentenza con rinvio, ai sensi del comma 4 dell’art. 569 del codice di rito, al giudice competente per l’appello che terrà conto nel nuovo giudizio del principio di diritto appena affermato.