TAR Lazio (Rm) Sez. II-quater n.9294 del 11 agosto 2017
Urbanistica.Impugnazione ordinanza di demolizione e soggetti controinteressati

Nell'impugnazione di un'ordinanza di demolizione non sono configurabili controinteressati nei confronti dei quali sia necessario instaurare un contraddittorio, anche nel caso in cui sia palese la posizione di vantaggio che scaturirebbe per il terzo dall'esecuzione della misura repressiva ed anche quando il terzo avesse provveduto a segnalare all'amministrazione l'illecito edilizio da altri commesso. Infatti, la qualità di controinteressato, cui il ricorso deve essere notificato, va riconosciuta non già a chi abbia un interesse, anche legittimo, a mantenere in vita il provvedimento impugnato e tanto meno a chi ne subisca conseguenze soltanto indirette riflesse, ma solo a chi dal provvedimento stesso riceva un vantaggio diretto e immediato, ossia un positivo ampliamento della propria sfera giuridica (segnalazione Ing. Mauro Federici)



Pubblicato il 11/08/2017

N. 09294/2017 REG.PROV.COLL.

N. 14121/2015 REG.RIC.

logo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14121 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
PEGASO 90 S.p.a., in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Mario Sanino, Francesco Pappalardo, Carlo Celani e Lorenzo Coraggio ed elettivamente domiciliata presso lo Studio legale Sanino in Roma, Viale Parioli n. 180;

contro

il COMUNE DI FIANO ROMANO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Ruggero Frascaroli, presso il cui Studio è elettivamente domiciliato in Roma, Viale Regina Margherita n. 46;
il MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA’ CULTURALI E DEL TURISMO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domicilia per legge in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
la REGIONE LAZIO, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, non costituita in giudizio;

e con l'intervento di

ad opponendum:
FERRARA Calogero, rappresentato e difeso dall’avv. Xavier Santiapichi, presso il cui Studio è elettivamente domiciliato in Roma, Via Antonio Bertoloni n. 44/46;

per l'annullamento, previa adozione di misure cautelari, anche per effetto di motivi aggiunti

- (ricorso introduttivo) dell’ordinanza n. 95 dell’1 ottobre 2015 recante l’ingiunzione alla demolizione delle opere abusivamente realizzate ed al ripristino del precedente stato dei luoghi;

- (primo ricorso recante motivi aggiunti) dell’atto prot. n. 11401 dell’11 aprile 2016 di accertamento dell’inottemperanza all’ordinanza n. 95/2015;

- (secondo ricorso recante motivi aggiunti) dell’avviso di immissione in possesso prot. n. 19409 del 20 giugno 2016 conseguente alla notifica dell’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ordinanza n. 95/2015.


Visto il ricorso introduttivo ed i due ricorsi recanti motivi aggiunti con i relativi allegati;

Vista la costituzione in giudizio del Comune di Fiano Romano e del Ministero intimato nonché l’intervento ad opponendum del Signor Calogero Ferrara e i documenti prodotti;

Vista, con riferimento al ricorso introduttivo, l’ordinanza 17 febbraio 2016 n. 804 di reiezione della domanda cautelare proposta dalla società ricorrente nei confronti dell’ordinanza di demolizione;

Visti, con riferimento al secondo ricorso recante motivi aggiunti, il decreto presidenziale 14 luglio 2016 n. 3840 con il quale è stata accolta l’istanza cautelare fissando la camera di consiglio e la conseguente ordinanza collegiale 3 agosto 2016 n. 4475 con la quale è stata respinta l’istanza cautelare proposta dalla parte ricorrente;

Vista la successiva ordinanza della Sesta sezione del Consiglio di Stato, 21 novembre 2016 n. 5202 con la quale, in accoglimento dell’appello avverso l’ordinanza della Sezione n. 4475/2016, è stata accolta l’istanza cautelare proposta dalla società ricorrente con il ricorso recante motivi aggiunti;

Esaminate le ulteriori memorie con documenti depositate in giudizio;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 aprile 2017 il dott. Stefano Toschei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – La Pegaso 90 S.p.a. riferisce che il Comune di Fiano Romano rilasciava in favore suo e della Edil Roma S.r.l. il permesso di costruire n. 36 del 19 giugno 2008 al fine di realizzare un edificio ad uso residenziale su un terreno di proprietà avente vocazione edificatoria (a destinazione mista). Puntualizza la Pegaso 90 che nel corso dell’istruttoria gli uffici comunali escludevano che fosse necessario acquisire previamente l’autorizzazione paesistica, per come attestato nei certificati urbanistici dell’epoca.

Soggiunge la Pegaso 90 che in seguito ad un esposto presentato dal Signor Calogero Ferrara la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici delle Province di Roma, Rieti e Viterbo ordinava all’amministrazione comunale di effettuare una verifica circa la presenza di un vincolo paesaggistico “Valle del Tevere” insistente sull’area, verifica che non dava segno positivo di talché il Comune di Fiano Romano, con atto n. 4914 del 10 febbraio 2009 confermava la insussistenza del vincolo.

Racconta ancora la Pegaso 90 che, in seguito ad un approfondimento di istruttoria svolto in sede di autotutela dal Comune, emergeva “un disallineamento tra la rappresentazione grafica del vincolo della Valle del Tevere presente nelle tavole del PTP del Comune di Fiano Romano e quelle di cui alle tavole dei PRG” di talché “con atto n. 16299 dell’8 giugno 2009, il Comune di Fiano Romano richiedeva quindi alla Regione Lazio di esprimersi sulla legittimità del permesso di costruire” (così, testualmente, a pag. 2 del ricorso introduttivo).

In ragione della risposta affermativa della Regione, il Comune di Fiano Romano, con provvedimento n. 16791 del 15 giugno 2009, annullava in via di autotutela il permesso di costruire a suo tempo rilasciato e quindi, con atto n. 77 sempre del 15 giugno 2009, ordinava la demolizione delle opere nel frattempo realizzate.

2. – Riferisce la Pegaso 90 di avere impugnato entrambi gli atti dinanzi al TAR del Lazio che, con sentenza n. 23285/2010, accoglieva il ricorso annullando l’atto di autotutela del permesso di costruire adottato dal Comune di Fiano Romano.

Tuttavia il Consiglio di Stato, con sentenza n. 6372/2012, accoglieva l’appello, sicché il Comune, accertava dapprima l’inottemperanza all’ordine di demolizione e quindi, con nota n. 29742 del 29 ottobre 2013, disponeva l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale del fabbricato.

La Pegaso 90, a questo punto, impugnava la nota comunale di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione n. 77 del 2009, la nota di acquisizione del fabbricato al patrimonio comunale e la ulteriore nota (14 novembre 2013 n. 29742) con la quale la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio comunicava alla società che avrebbe provveduto alla demolizione delle opere realizzate sull’area in questione.

All’esito di due gradi di giudizio la Sesta sezione del Consiglio di Stato, con sentenza 27 aprile 2015 n. 2137, riformando la sentenza del TAR del Lazio, Sez. II-bis, 4 luglio 2014 n. 7129 che aveva ritenuto il ricorso inammissibile, ha annullato gli impugnati atti in quanto il Comune, all’esito dell’annullamento in autotutela del permesso di costruire non aveva valutato, esprimendo il proprio avviso con specifica motivazione, se vi fossero comunque stati margini per convalidare il titolo abilitativo oggetto dell’atto di ritiro, visto che l’annullamento del permesso di costruire non comporta sempre e comunque di disporre la demolizione delle opere realizzate sotto la vigenza ed efficacia del titolo ritirato, in quanto l’amministrazione deve rivalutare la posizione della parte interessata per rideterminarsi in merito senza riprodurre i medesimi vizi che hanno condotto all’annullamento postumo. In particolare, con riferimento alla precedente sentenza del Consiglio di Stato n. 6372 del 2012, il giudice amministrativo d’appello rilevava che in quella decisione, seppure veniva ritenuto legittimo l’annullamento in autotutela del permesso di costruire, non era stata assunta alcuna posizione sulla legittimità o meno dell’originario ordine di demolizione n. 77 del 2009 la cui validità ed efficacia, per effetto dell’annullamento in autotutela del permesso di costruire, è venuta meno, impedendo quindi l’adozione dei successivi atti della catena repressivo sanzionatoria ed obbligando il Comune ad adottare “un nuovo atto contenente una esplicita motivazione relativa alla emendabilità o meno del vizio riscontrato” (così nella parte finale della motivazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 21372015).

3. – Si duole ora la Pegaso 90 che il Comune di Fiano Romano procedeva, in epoca successiva rispetto al verificarsi dei fatti come appena descritti, a rinnovare l’ordine di demolizione del fabbricato ed il ripristino dello stato dei luoghi, con provvedimento 1 ottobre 2015 n. 95, nei cui confronti, ritenendolo affetto da illegittimità, propone le seguenti censure:

I) Violazione e falsa applicazione della delibera consigliare della Regione Lazio n. 42/2007, eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, in particolare difetto di motivazione, manifesta ingiustizia e contraddittorietà, sviamento, in quanto nel confermare l’ordinanza di demolizione il Comune ribadisce la sussistenza del vincolo paesaggistico sull’area non tenendo però conto che il PTP n. 4 “Valle del Tevere” aveva inserito l’area in cui ricade l’immobile nell’ambito G13 (Grande Tevere Sud-Nazzano, Riano, Castelnuovo di Porto, Capena, Fiano) e che con la delibera del consiglio regionale n. 41 del 2007 era stata accolta, tra le altre, la osservazione formulata dal Comune di Fiano Romano che, sul presupposto dell’accertato scarso valore paesistico del sito e della già intervenuta diffusa sua urbanizzazione, proponeva la revisione del perimetro dell’Ambito G13 nella parte compresa tra la strada provinciale Tiberina, l’autostrada A1 (tratto Fiano-San Cesareo), la strada statale 4 dir. (Fiano-Passo Corese) e l’autostrada A1 (tratto Roma-Firenze). L’accoglimento di tale osservazione determinava lo stralcio dell’area inclusa nel perimetro territoriale sopra tracciato rimuovendo ogni vincolo dalla predetta area. D’altronde la delibera della giunta regionale n. 10591 del 1989 che aveva interessato un territorio molto vasto riconducibile alla Valle del Tevere si atteggiava a vincolo paesaggistico di insieme in attesa dell’approvazione del Piano territoriale paesistico che ebbe a contenere, con le specifiche sopra illustrate, la puntuale disciplina d’uso del territorio. Del resto anche la sentenza del Consiglio di Stato n. 2137 del 2015 imponeva al Comune di rivalutare la possibilità di convalidare l’atto (il permesso di costruire) annullato “in ragione soprattutto di eventuali sopravvenienze di fatto e di diritto e della effettiva situazione contenutistica del vincolo”, tanto che il Comune avrebbe dovuto anche “effettuare una nuova comparazione dell’interesse pubblico con quello privato al mantenimento dell’opera, eventualmente individuando soluzioni alternative all’abbattimento” (così, testualmente, a pag. 9 del ricorso introduttivo);

II) Violazione e falsa applicazione della delibera consigliare della Regione Lazio n. 42/2007, eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in particolare difetto di motivazione, manifesta ingiustizia e contraddittorietà, grave sviamento, atteso che l’unico elemento nuovo al quale il comune fa riferimento nel provvedimento impugnato è costituito dall’approvazione di una variante generale al PRG, medio tempore intervenuta ed approvata con delibera di giunta regionale n. 316 del 2011. Tuttavia la variante in questione ha introdotto previsioni che non sono idonee ad impedire il rilascio del permesso di costruire in favore della Pegaso 90, in quanto esse consistono in un incremento delle aree destinate ad espansione residenziale, attraverso la riclassificazione di aree precedentemente riclassificate come agricole, al fine di soddisfare le nuove esigenze abitative nel frattempo maturate nel territorio, mentre nessun ostacolo al rilascio del permesso di costruire deriverebbe dalla nuova viabilità pubblica provocata dall’approvazione della variante generale.

Da qui la richiesta di annullamento della nuova ordinanza di demolizione adottata con provvedimento dell’1 ottobre 2015.

4. – A tale ultimo provvedimento seguiva l’atto di accertamento di inottemperanza all’ordine di demolizione che veniva adottato dal Comune di Fiano Romano in data 11 aprile 2016 prot. n. 11401.

Tale atto veniva impugnato con ricorso recante motivi aggiunti con il quale, oltre a ribadire la illegittimità dell’ordine di demolizione quale atto presupposto, la Pegaso 90 rappresentava che nel frattempo l’immobile realizzato era stato occupato (da oltre un anno) “da svariati nuclei familiari, totalmente abusivi e stabilitisi all’insaputa della ricorrente ed eludendone la sorveglianza” (così testualmente, a pag. 8 del primo ricorso recante motivi aggiunti), situazione rispetto alla quale aveva provveduto a presentare denuncia all’Autorità giudiziaria.

Deriva da quanto sopra che la Pegaso 90 si trova nell’impossibilità materiale di eseguire l’ordine di demolizione e che dunque il verbale di inottemperanza risulta essere illegittimo come la misura della sanzione pecuniaria pari a 18.000,00 euro, prossima al valore massimo della sanzione irrogabile, non avendo il Comune affatto tenuto conto delle oggettive difficoltà incontrate dalla società ricorrente ad eseguire l’ordine di demolizione.

5. – Al verbale di inottemperanza faceva seguito il provvedimento di immissione in possesso n. 19409 del 20 giugno 2016, che veniva fatto oggetto di impugnazione con richiesta di annullamento per il tramite di un secondo ricorso recante motivi aggiunti.

Con tale atto venivano riprodotti pedissequamente, seppure in forma sintetica, i motivi dedotti nei confronti del verbale di accertamento dell’inottemperanza alla demolizione delle opere realizzate.

6. – Si è costituito, nei tre giudizi sopra descritti, il Comune di Fiano Romano contestando analiticamente le avverse prospettazioni e chiedendo la reiezione dei gravami.

In particolare il Comune resistente rammenta, aggiungendo ulteriori elementi alla ricostruzione dei fatti illustrata negli atti di gravame, che con nota prot. 110157 del 12 giugno 2009, la Regione Lazio ha espressamente affermato che “il terreno riportato in Catasto al Foglio 22 particella n. 1027, del Comune di Fiano Romano, è ricompreso nel perimetro dell’area di vincolo della Valle del Tevere in forza della D.G.R. del 05.12.1989 n. 10591, graficizzato sulle tavole B del PTPR e quindi sottoposto a vincolo paesaggistico, ai sensi dell’art. 134 lett, A) del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, D.L.vo n. 42/04 e s.m.i.” (così nel corrispondente atto depositato in giudizio dalla difesa del Comune intimato).

Inoltre in data 11 ottobre 2013, con atto prot. n. 29474, la direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici del Lazio, presso il corrispondente Ministero, aveva emesso parere favorevole alla demolizione delle opere abusive oggetto del presente giudizio ed al ripristino dello stato dei luoghi, considerando espressamente l’acquisizione come intervento non “sufficiente a giustificare l’impatto ambientale in essere”, confermando quanto già espresso in ordine alla necessità della demolizione delle opere abusive nel precedente atto-diffida 12 agosto 2013 prot. 16195 (così nei due atti citati e prodotti in giudizio dalla difesa del Comune di Fiano Romano).

Da qui la necessaria adozione degli atti della sequenza repressivo sanzionatoria nei confronti dell’opera realizzata dalla società oggi ricorrente che, una volta annullato il titolo abilitativo a costruire, risulta essere abusiva.

Ribadisce comunque il Comune non solo la inammissibilità del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti, ma anche la infondatezza delle censure di talché chiede la reiezione dell’intero complesso impugnatorio.

7. – Ha proposto intervento ad opponendum il Signor Calogero Ferrara il quale ha preliminarmente eccepito la inammissibilità del ricorso perché a lui non notificato in qualità di controinteressato, avendo acquisito tale configurazione processuale essendo stato coinvolto in tutti i giudizi intentati da Pegaso ’90 a seguito della sentenza del Consiglio di Stato n. 6372/2012 nella qualità di controinteressato e ricevendo le relative notifiche nonché per avere a suo tempo denunciato la illegittimità del permesso di costruire rilasciato alla Pegaso ’90 ed essere stato parte del giudizio di appello che si concluse con la sentenza n. 6372/2016, atteso che nell’ambito del presente giudizio la ricorrente non gli ha notificato il ricorso introduttivo.

Nel merito ha comunque sostenuto la infondatezza delle censure dedotte dalla parte ricorrente e la inammissibilità dei gravami perché proposti nei confronti di atti non impugnabili, in parte perché non aventi carattere provvedimentale ed in parte perché meramente esecutivi di giudicato.

Chiedeva quindi la reiezione dei gravami.

8. – Con ordinanza 17 febbraio 2016 n. 804 la Sezione respingeva la domanda cautelare proposta con il ricorso introduttivo dalla società ricorrente nei confronti dell’ordinanza di demolizione puntualizzando testualmente che “il ricorso, pur al sommario esame proprio della fase cautelare, non appare assistito da sufficienti profili di fumus boni iuris, in relazione all’accertamento contenuto nella sentenza del Consiglio di Stato n. 6372 del 2012 circa la necessità dell’autorizzazione paesaggistica per la legittimità del permesso di costruire annullato e alla disciplina posta dall’art 167 del d.lgs. n. 42 del 2004, relativa alle ipotesi di accertamento di compatibilità paesaggistica di opere già realizzate”.

Successivamente, con riferimento al secondo ricorso recante motivi aggiunti, era adottato il decreto presidenziale 14 luglio 2016 n. 3840 con il quale veniva accolta l’istanza cautelare fissando la camera di consiglio, nel corso della quale era però respinta la medesima istanza cautelare, con ordinanza 3 agosto 2016 n. 4475, perché “i provvedimenti impugnati con i motivi aggiunti sono atti conseguenziali al provvedimento di demolizione” impugnato con il ricorso introduttivo, rispetto al quale “con ordinanza n. 804 del 2016 questo Tribunale ha respinto la domanda cautelare avverso il provvedimento di demolizione delle opere oggetto di accertamento giurisdizionale (Consiglio di Stato n. 6372 del 2012)”, tenuto conto anche “(…) quanto alla circostanza della occupazione abusiva dell’immobile, che non risulta in atti alcun elemento in fatto relativo all’adempimento dell’ordine di demolizione (…)”.

La Pegaso 90 proponeva appello cautelare nei confronti dell’ordinanza della Sezione 4475/2016 che veniva deciso con l’ordinanza della Sesta sezione del Consiglio di Stato, 21 novembre 2016 n. 5202 con la quale, in accoglimento dell’appello, è stata accolta l’istanza cautelare proposta dalla società ricorrente con il ricorso recante motivi aggiunti al solo fine di sollecitare la definizione nel merito del giudizio e stimolando il giudice di primo grado, ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a., a fissare tempestivamente la data per la decisione nel merito della controversia, garantendo nel contempo la posizione del ricorrente in quanto “nelle more, valutati comparativamente gli opposti interessi, prevale l’esigenza di lasciare inalterata la situazione di fatto, sospendendo l’esecutività del provvedimento impugnato”.

Sono state quindi prodotte ulteriori memorie con documenti attraverso le parti hanno confermato le opposte e già rassegnate conclusioni.

Tenuta riservata la decisione alla udienza pubblica dell’11 aprile 2017, la riserva è stata sciolta nel corso della camera di consiglio del 15 maggio 2017.

9. – Va anzitutto scrutinata l’eccezione preliminare sollevata dalla parte intervenuta ad opponendum che sostiene la inammissibilità del ricorso perché alla stessa non notificaoa nella qualità di controinteressato.

L’eccezione non ha pregio.

Come è noto, per giurisprudenza costante, va distinto l’interesse di fatto del vicino, del proprietario dell’immobile nel quale sarebbero stati realizzati abusi edilizi, acché tali opere abusive siano eliminate, rispetto all’interesse dello stesso ad essere presente nel giudizio proposto nei confronti dell’ordinanza di demolizione in qualità di parte necessaria del processo nella veste di controinteressato, tanto da doversi ritenere inammissibile il gravame proposto senza che sia stato notificato al vicino (o, comunque, a colui che ha denunciato la costruzione di opere abusive al competente Comune).

Si afferma in proposito, infatti, che:

- la qualità di controinteressato, cui il ricorso giurisdizionale dev'essere notificato, va riconosciuta non già a chi abbia un interesse, anche legittimo, a mantenere efficace il provvedimento impugnato - e men che mai a chi ne subisca conseguenze indirette o riflesse -, ma soltanto al soggetto che da quest'ultimo riceve un vantaggio diretto ed immediato, ossia il vantaggioso accrescimento della propria sfera giuridica. Siffatto riconoscimento opera non in relazione ad esigenze processuali, ma dev'essere condotto sulla scorta o del c.d. elemento sostanziale (individuazione della titolarità di un interesse analogo e contrario alla posizione legittimante del ricorrente), oppure del c.d. elemento formale (indicazione nominativa nel provvedimento di colui che ne abbia un interesse qualificato alla conservazione); in conformità a ciò, il proprietario finitimo di un fabbricato, in ordine al quale sia stata ordinata la demolizione di una scala interna, non riveste una posizione giuridica di contro interesse nel giudizio instaurato per l'annullamento dell'ordinanza (così Cons. Stato, Sez. V, 3 luglio 1995 n. 991);

- pertanto, nell'impugnazione di un'ordinanza di demolizione non sono configurabili controinteressati nei confronti dei quali sia necessario instaurare un contraddittorio, anche nel caso in cui sia palese la posizione di vantaggio che scaturirebbe per il terzo dall'esecuzione della misura repressiva ed anche quando il terzo avesse provveduto a segnalare all'amministrazione l'illecito edilizio da altri commesso. Infatti, la qualità di controinteressato, cui il ricorso deve essere notificato, va riconosciuta non già a chi abbia un interesse, anche legittimo, a mantenere in vita il provvedimento impugnato e tanto meno a chi ne subisca conseguenze soltanto indirette riflesse, ma solo a chi dal provvedimento stesso riceva un vantaggio diretto e immediato, ossia un positivo ampliamento della propria sfera giuridica (così, Cons. Stato, Sez. IV, 6 giugno 2011 n. 3380);

- se ne può dunque concludere che nell'impugnazione di un diniego di permesso di costruire o di un'ordinanza di demolizione non sono normalmente configurabili controinteressati nei confronti dei quali sia necessario instaurare un contraddittorio, e ciò anche nel caso in cui sia palese la posizione di vantaggio che scaturirebbe per il terzo dall'esecuzione della misura repressiva ed anche quando il terzo avesse provveduto a segnalare all'amministrazione l'illecito edilizio da altri commesso atteso che la qualità di controinteressato, cui il ricorso deve essere notificato, va riconosciuta non già a chi abbia un interesse, anche legittimo, a mantenere in vita il provvedimento impugnato (e tanto meno a chi ne subisca conseguenze soltanto indirette o riflesse), ma solo a chi dal provvedimento stesso riceva un vantaggio diretto e immediato, ossia un positivo ampliamento della propria sfera giuridica (così, Cons. Stato, Sez. III, 12 dicembre 2014 n. 6138).

Pertanto, in ragione di quanto sopra, se è vero che la qualità di controinteressato in senso formale e quindi di contraddittore necessario nel processo amministrativo impugnatorio va riconosciuta al soggetto che dal provvedimento impugnato riceva una concreta e diretta utilità giuridica e abbia pertanto un qualificato interesse a mantenere nel proprio patrimonio tale utilità, il vicino o il denunciante l’abuso edilizio, pur essendo stato coinvolto in processi aventi ad oggetto l’impugnazione di un pregresso permesso di costruire ovvero di una ordinanza di demolizione e pur avendo un indiscutibile interesse a opporsi a trasformazioni urbanistiche sul suolo che non siano legittime, non è destinatario in forza dell'ordinanza di demolizione impugnata di alcuna diretta utilità giuridica. In altri termini il vantaggio che il vicino o il denunciante riceve dalla eventuale reiezione del ricorso avverso l’ordinanza di ingiunzione a demolire le opere abusive è indiretto e mediato e, se ciò lo legittima senz'altro a intervenire nel processo, non gli conferisce la qualità di controinteressato in senso formale, cioè di (unico) contraddittore, da cui discenderebbe, non essendo stato chiamato in giudizio, la declaratoria di inammissibilità del ricorso (cfr., in tal senso, T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 11 gennaio 2017 n. 12, T.A.R. Marche, Sez. I, 11 dicembre 2015 n. 871, T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 9 dicembre 2015 n. 1850, T.A.R. Campania Napoli, Sez. VI, 3 marzo 2015 n. 1356 e T.A.R. Liguria, Sez. I, 12 febbraio 2015 n. 176).

Nel caso di specie, quindi, correttamente la Pegaso ’90 non ha notificato il ricorso introduttivo (che è dunque ammissibile) al Signor Calogero Ferrara e, altrettanto correttamente, quest’ultimo è intervenuto in giudizio ad opponendum per poter illustrare nel corso del processo le proprie ragioni e valutazioni in ordine alla ammissibilità e fondatezza degli atti di gravame.

10. – Passando all’esame del merito della controversia il Collegio ritiene di selezionare, rispetto alla complessa ricostruzione della vicenda operata dalle parti presenti nel processo, alcuni profili che ritiene fondamentali ai fini della decisione del giudizio.

In primo luogo va detto che il presente giudizio ha quale oggetto principale la richiesta di annullamento, con il ricorso introduttivo, dell’ordinanza di ingiunzione a demolire con ripristino dello stato dei luoghi n. 95 emessa dal Comune di Fiano Romano il 1° ottobre 2015.

In detto provvedimento il responsabile del Servizio urbanistica e sviluppo del territorio del Comune di Fiano Romano, ripercorrendo nelle premesse la lunga e complessa vicenda dei rapporti intercorsi tra il Comune e la società Pegaso 90 e relativi alla realizzazione di un edificio ad uso residenziale, assentita con permesso di costruire n. 36 del 2008, poi annullato con provvedimento in autotutela prot. 16791 del 15 giugno 2009, segnalava come in seguito all’atto di annullamento di autotutela era stata emanata l’ordinanza di demolizione n. 77 del 15 giugno 2009.

Riferisce il funzionario comunale a pag. 3 del provvedimento qui impugnato in via principale che “il Permesso di costruire n. 36/2008 è stato annullato in ragione dell’accertata presenza del vincolo paesaggistico dichiarativo ex art. 136 D.Lgs. 42/2004, denominato “Valle del Tevere” e del mancato previo rilascio della prescritta Autorizzazione Paesaggistica ai sensi dell’art. 146 dello stesso D.Lgs. 42/2004”.

Si è già più sopra riferito che il ricorso proposto dalla Pegaso 90 nei confronti dell’annullamento del permesso di costruire, accolto in primo grado (dal TAR del Lazio con sentenza n. 23285/2010) veniva respinto in appello (dal Consiglio di Stato con sentenza n. 6372/2012).

Al punto 10 della sentenza della Sesta sezione del Consiglio di Stato n. 6372/2012 si legge testualmente che “Ritiene il Collegio che le risultanze emerse nel corso del giudizio – anche a seguito degli incombenti istruttori disposti – evidenziano l’effettiva sussistenza del vincolo paesaggistico (così come aveva già rilevato il certificato emesso dalla Regione n. 110157 del 12 giugno 2009), in forza della deliberazione di G.R. del 5 dicembre 1989, n. 10591. Orbene le deliberazioni regionali (sia di giunta che di consiglio) con le quali sono stati adottati o approvati nuovi PTP o PTPR (n. 556 del 25 luglio 2007 e n. 1025 del 21 dicembre 2007 di giunta; n. 41 del 31 luglio 2007 di consiglio) non potevano modificare, né hanno modificato, il vincolo imposto con la deliberazione di G.R. del 5 dicembre 1989, n. 10591. In assenza di un’esplicita, quanto illegittima, modificazione del vincolo (di cui alla deliberazione di G.R. del 5 dicembre 1989, n. 10591) contenuta nelle predette deliberazioni or ora citate, l’interprete deve riconoscere la permanenza del vicolo”.

Tale pronunciamento, mai superato né in sede giudiziale né in occasione di ulteriori interventi amministrativi idonei a mutare le condizioni giuridiche dell’area in questione, deve ritenersi incontrovertibile e quindi è confermativo della circostanza che, in assenza di autorizzazione paesaggistica, nella suddetta zona non è rilasciabile alcun titolo abilitativo a costruire.

11. - Fermo quanto sopra, è vero che la Pegaso 90 ha successivamente impugnato la nota comunale, n. 29742 del 29 ottobre 2013, di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione n. 77 del 2009, la nota di acquisizione del fabbricato al patrimonio comunale e la ulteriore nota (14 novembre 2013 n. 29742) con la quale la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio comunicava alla società che avrebbe provveduto alla demolizione delle opere realizzate sull’area in questione ed è anche vero che la Sesta sezione del Consiglio di Stato, con sentenza 27 aprile 2015 n. 2137, riformando la sentenza del TAR del Lazio, Sez. II-bis, 4 luglio 2014 n. 7129 che aveva ritenuto il ricorso inammissibile, ha annullato gli impugnati, ma ciò è accaduto in quanto il Comune di Fiano Romano aveva mancato di valutare, esprimendo il proprio avviso con specifica motivazione, se, nonostante l’intervenuto annullamento in autotutela del permesso di costruire a causa della “scoperta” dell’esistenza del vincolo paesaggistico sull’area, non restassero comunque margini per convalidare il titolo abilitativo oggetto dell’atto di ritiro, visto che l’annullamento del permesso di costruire non comporta sempre e comunque di disporre la demolizione delle opere realizzate sotto la vigenza ed efficacia del titolo ritirato, in quanto l’amministrazione deve rivalutare la posizione della parte interessata per rideterminarsi in merito senza riprodurre i medesimi vizi che hanno condotto all’annullamento postumo.

In particolare, si specifica nel punto 4 della sentenza 2137/2015 che “Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 6372 del 2012, ha ritenuto legittimo l’atto di autotutela ma non si è espresso, come erroneamente ritenuto, invece, dal primo giudice, in ordine alla legittimità dell’originario ordine di demolizione. Deve, pertanto, ritenersi che l’annullamento in autotutela del permesso di costruire abbia determinato il “superamento” dell’originario ordine di demolizione che non conteneva le valutazioni motivazionali sopra indicate. Ne consegue che il Comune non poteva accertare l’inottemperanza al suddetto ordine, ma avrebbe dovuto adottare un nuovo atto contenente una esplicita motivazione relativa alla emendabilità o meno del vizio riscontrato”.

Ciò che però non ha potuto segnalare la sentenza n. 2137/2015 del Consiglio di Stato è la conferma da parte della soprintendenza ministeriale, anche in epoca successiva rispetto all’adozione dell’atto di autotutela da parte del Comune di Fiano Romano nonché rispetto alla pubblicazione della sentenza n. 6372/2012 (sempre del Consiglio di Stato), della presenza del vincolo paesaggistico sull’area in questione.

Infatti:

- con nota prot. 110157 del 12 giugno 2009, la Regione Lazio ha espressamente affermato che “il terreno riportato in Catasto al Foglio 22 particella n. 1027, del Comune di Fiano Romano, è ricompreso nel perimetro dell’area di vincolo della Valle del Tevere in forza della D.G.R. del 05.12.1989 n. 10591, graficizzato sulle tavole B del PTPR e quindi sottoposto a vincolo paesaggistico, ai sensi dell’art. 134 lett, A) del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, D.L.vo n. 42/04 e s.m.i.” (così nel corrispondente atto depositato in giudizio dalla difesa del Comune intimato);

- in data 11 ottobre 2013, con atto prot. n. 29474, la direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici del Lazio, presso il corrispondente Ministero, aveva emesso parere favorevole alla demolizione delle opere abusive oggetto del presente giudizio ed al ripristino dello stato dei luoghi, considerando espressamente l’acquisizione come intervento non “sufficiente a giustificare l’impatto ambientale in essere”, confermando quanto già espresso in ordine alla necessità della demolizione delle opere abusive nel precedente atto-diffida 12 agosto 2013 prot. 16195 (così nei due atti citati e prodotti in giudizio dalla difesa del Comune di Fiano Romano).

Di tale conferma è stato dato espressamente conto nella nuova ordinanza di demolizione qui impugnata nella quale espressamente si fa riferimento alla circostanza che l’Area regionale vigilanza urbanistico edilizia, con nota prot. 358957 del 3 luglio 2015 “premettendo che per effetto del provvedimento di annullamento del permesso di costruire, l’opera deve considerarsi abusiva, gli uffici della Regione Lazio chiedevano chiarimenti riguardo la mancata demolizione, prefigurando la possibilità di attivazione dei previsti poteri sostitutivi attraverso la nomina di commissario ad acta” (così, testualmente, a pag. 4 del provvedimento qui principalmente impugnato).

12. – Tutto quanto sopra si è riferito permette di giungere alla seguenti conclusioni:

A) l’area in questione è vincolata paesaggisticamente e né il Comune né la Regione hanno espresso l’intendimento di mutarne la vocazione paesaggistica;

B) in tali condizioni il permesso di costruire a suo tempo rilasciato si conferma come correttamente annullato in sede di autotutela dal Comune di Fiano Romano e non vi è alcuno spazio per una convalida dello stesso;

C) di tali problematiche e valutazioni il Comune di Fiano Romano ha dato ampiamente conto nella complessa ed esaustiva motivazione che accompagna l’ordinanza di demolizione 1 ottobre 2015 n. 95, nella quale si dà congruamente conto degli impedimenti giuridico fattuali alla realizzazione del fabbricato che, eretto senza titolo abilitativo per effetto dell’annullamento in autotutela del permesso di costruire n. 36 del 2008, deve considerarsi abusivo, secondo quanto hanno ribadito anche la soprintendenza regionale ed i competenti uffici della Regione Lazio;

D) detto provvedimento risponde quindi alle caratteristiche richieste dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 2137/2015, avendo provveduto l’ente locale ad “adottare un nuovo atto contenente una esplicita motivazione relativa alla emendabilità o meno del vizio riscontrato” (ancora, con riferimento al punto 4, nella sentenza n. 2137/2015).

Conseguentemente entrambi i motivi di doglianza dedotti nel ricorso introduttivo debbono ritenersi infondati.

13. – Passando ora ad esaminare i due ulteriori gravami proposti con ricorsi recanti entrambi motivi aggiunti, va segnalato come con il primo dei due mezzi di impugnazione la Pegaso 90 ha chiesto l’annullamento dell’atto di accertamento di inottemperanza all’ordine di demolizione n. 95/2015, adottato dal Comune di Fiano Romano in data 11 aprile 2016 prot. n. 11401.

Con tale atto gli uffici comunali, dopo aver nuovamente ripercorso nella parte in premessa l’intera vicenda che, a partire dal rilascio del permesso di costruire n. 36 del 19 giugno 2008, aveva condotto, attraverso le già note peripezie giudiziarie, all’emanazione dell’ordinanza di demolizione n. 95 dell’1 ottobre 2015, si limitavano:

1) a ricordare come “in data 05/04/2016 al prot. 10808 è stata prodotta, dal Responsabile del Procedimento Geom. Bruno Di Giulio, puntuale relazione (allegata al presente atto) relativa al sopralluogo condotto in data 01/04/2016, dal quale si evince con certezza che il fabbricato oggetto di ordinanza 95/2015, distinto in catasto, con l'area di sua stretta pertinenza, al foglio 22 particella 1069, non è stato demolito, e che si è accertato inoltre che l'immobile è occupato da diverse famiglie”;

2) a dare atto di avere accertato “ai sensi dell'art. 15 della L.R. 15/2008, l'inottemperanza all'Ordinanza n. 95 del 01/10/2015, attraverso la quale veniva disposta la demolizione con ripristino dello stato dei luoghi del fabbricato residenziale insistente sul terreno attualmente distinto in catasto al foglio 22 particella 1069, corrispondente alla superficie coperta del fabbricato stesso ed all'area di sua stretta pertinenza con complessiva consistenza pari a mq 800, constando il fabbricato di 13 appartamenti, ciascuno di consistenza tra 2,5 e 3 vani catastali, disposti su 5 livelli fuori terra”;

3) ad avvisare che “tenuto conto dell'avvenuta ultimazione delle opere e della presenza di vincolo paesaggistico, il presente atto di accertamento dell'inottemperanza, previa notifica, costituisce, ai sensi dell'art. 15 comma 3 della L.R. 15/2008, titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari; l'acquisizione, secondo quanto disposto dall'art. 15 comma 6 della L.R. 15/2008, avviene "... a favore dell'ente cui compete la -vigilanza sull'osservanza del vincolo ..." "... che procede alla demolizione delle opere abusive e al ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell'abuso”;

4) e nel contempo ad “applicare alla Pegaso 90 spa, valutata l'entità delle opere, una sanzione pecuniaria pari a euro 18.000,00 (diciottomila/00) ai sensi dell'art. 15 c. 3 L.R. 15/2008, il quale prevede che " ... l'accertamento dell'inottemperanza comporta, altresì, l'applicazione di una sanzione pecuniaria da un minimo di 2 mila euro ad un massimo di 20 mila euro, in relazione all'entità delle opere".

14. – Dei quattro punti sopra riprodotti, attraverso i quali si è ritenuto di scomporre per comodità l’atto impugnato con il primo ricorso recante motivi aggiunti dalla Pegaso 90, i primi tre attengono ad un ordinario accertamento di inottemperanza all’ordine di ingiunzione a demolire n. 95 dell’1 ottobre 2015 rispetto al quale va dichiarata la inammissibilità del gravame.

Sul punto è sufficiente richiamare il diffusissimo orientamento giurisprudenziale a mente del quale il ricorso proposto contro l’atto di accertamento dell’inottemperanza ad un ordine di demolizione è inammissibile, in quanto avente ad oggetto un atto endoprocedimentale ad efficacia meramente dichiarativa delle operazioni effettuate dalla polizia municipale alla quale non è attribuita la competenza all'adozione di atti di amministrazione attiva, allo scopo occorrendo un formale atto di accertamento della competente autorità amministrativa. Tale atto endoprocedimentale è inidoneo a produrre alcun effetto lesivo nella sfera giuridica del privato, la quale viene incisa solo a seguito e per l'effetto dell'emanazione del provvedimento conclusivo del procedimento amministrativo, costituito dall'ordinanza di acquisizione gratuita al patrimonio comunale, unico atto contro cui è possibile proporre impugnazione (cfr., tra le ultime, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 6 febbraio 2017 n. 749, T.A.R. Lazio, Sez. I, 4 maggio 2016 n. 5123 e T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, Sez. II, 13 maggio 2015 n. 458).

Ne deriva che in parte qua il primo ricorso recante motivi aggiunti è inammissibile per originaria carenza di interesse, in quanto prodotto avverso un verbale di accertamento di ottemperanza che, in quanto atto endoprocedimentale, non è suscettibile di autonoma impugnazione.

15. - Tale gravame è invece correttamente proposto nei confronti dell’accertamento della sanzione pecuniaria inflitta alla società, costituendo il provvedimento impugnato un (nuovo) atto di ingiunzione.

Tuttavia la Pegaso 90 si è limitata a censurare tale parte dell’atto impugnato ritenendola illegittima solo perché la sanzione irrogata per l'importo di euro 18.000 è prossima al massimo edittale (così a pag. 9 del primo ricorso recante motivi aggiunti).

La legge regionale del Lazio 11 agosto 2008, n. 15 al comma 3, ultimo periodo così recita “L’accertamento dell’inottemperanza comporta, altresì, l’applicazione di una sanzione pecuniaria da un minimo di 2 mila euro ad un massimo di 20 mila euro, in relazione all’entità delle opere”. Il Comune di Fiano Romano, nel provvedimento che contiene anche l’ingiunzione al pagamento della sanzione, seppure con modalità estremamente sintetiche, ha sostenuto di avere valutato l’entità dell’abuso prima di definire l’importo della sanzione. Nello stesso tempo però la Pegaso 90 non ha espresso alcuna puntuale considerazione circa la illegittimità di tale conclusione neppure censurando per insufficienza della motivazione tale punto del provvedimento impugnato segnalando opportunamente per quali ragioni l’amministrazione avrebbe dovuto considerare una individuazione dell’ammontare della sanzione in misura più ridotta.

Ne deriva che tale profilo di censura si presenta generico, tenuto conto dell’art. 40 c.p.a. e quindi anche su tale quarto aspetto del primo ricorso recante motivi aggiunti lo stesso va dichiarato inammissibile.

16. – Passando ora allo scrutinio del secondo ricorso recante motivi aggiunti con il quale viene chiesto l’annullamento, prevalentemente per illegittimità derivata dagli atti ad esso presupposti e qui anch’essi gravati, dell’avviso di immissione nel possesso 20 giugno 2016 n. 19409, merita di riprodurne l’esatto contenuto nei termini che qui di seguito possono leggersi:

- che il prossimo mercoledì 27 luglio 2016, alle ore 10:30, il sottoscritto Ing. Giancarlo Cureio, in qualità di Responsabile del Servizio Urbanistica e Sviluppo del Territorio del Comune di Fiano Romano), procederà in loco alle operazioni di redazione dello stato di consistenza e di immissione in possesso dell'immobile oggetto dell'Ordinanza 95/2015, sito in Via Venezia angolo Via delle Felciare e distinto, coi l'area di sua stretta pertinenza al Foglio 22 particella i 069 del Catasto;

- che la Pegaso 90 spa, che attualmente detiene la disponibilità dell'immobile, dovrà provvedere per tempo a sgomberare il citato immobiie da persone e cose ed essere presente alle predette operazioni, al fine di constatare lo stato effettivo dell'immobile stesso all'atto dell'immissione in possesso;

- che in caso dì assenza di rappresentatiti della Pegaso 90 spa, si procederà ugualmente alle operazioni di immissione in possesso e il relativo verbale sarà sottoscritto da due testimoni e dal redattore;

- che successivamente all'immissione in possesso, si procederà alla conseguente trascrizione nei registri immobiliari dell'avvenuta acquisizione al patrimonio del Comune di Fieno Romano;

- che il fabbricato acquisito, secondo quanto disposto dall'art. 15 comma 4 della L. R. 15/2008, sarà demolito a spese dell'attuale soggetto intestatario, in quanto non si ravvisa l'esistenza di prevalenti interessi pubblici al suo mantenimento, per incompatibilità con la sussistenza del vincolo "Valle del Tevere";

- che la sanzione di euro 18,000 (diciottomila/00) per la mancata ottemperanza alla demolizione deve, per le motivazioni di cui sopra, considerarsi confermata.

Pare evidente quindi, dalla lettura di quanto sopra, che il tenore dell’atto non va oltre una mera comunicazione operativa destinata alla Pegaso 90 al fine di organizzare materialmente le operazioni di sgombero e, come tale, inidoneo a costituire uno strumento di nuova espressione di potere, in forma autonoma rispetto agli atti della sequenza repressivo sanzionatoria che lo precedono, da parte del Comune di Fiano Romano e quindi di per sé non impugnabile.

Anche il secondo ricorso recante motivi aggiunti va, dunque, dichiarato inammissibile.

17. – In virtù delle suesposte osservazioni i motivi di censura dedotti con il ricorso introduttivo si presentano infondati nei termini di cui in motivazione ed il ricorso medesimo va dunque respinto. Vanno poi dichiarati entrambi inammissibili i due ricorsi proposti con motivi aggiunti.

In ragione della peculiarità della vicenda contenziosa e della complessità delle questioni che la caratterizzano, stima il Collegio che sussistano i presupposti, di cui all'art. 92 c.p.c. novellato, per come richiamato espressamente dall'art. 26, comma 1, c.p.a., per compensare le spese di giudizio tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater) pronunciando in via definitiva sul ricorso indicato in epigrafe in parte lo respinge e in parte lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle Camere di consiglio dell’11 aprile 2017 e del 15 maggio 2017 con l'intervento dei magistrati:

Leonardo Pasanisi, Presidente

Francesco Arzillo, Consigliere

Stefano Toschei, Consigliere, Estensore

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Stefano Toschei        Leonardo Pasanisi