Consiglio di Stato Sez. VI n. 8701 del 6 ottobre 2023
Urbanistica.Vincolo di destinazione alberghiera

La previsione del vincolo di destinazione alberghiera deriva dalla volontà del legislatore di accordare una tutela prioritaria allo sviluppo del settore turistico, ritenuto strategico per l’economia nazionale, e trova giustificazione nel fatto che occorre evitare di snaturare i tessuti turistico-ricettivi già esistenti e impedire forme di speculazione derivanti dalla trasformazione delle predette strutture in immobili destinati ad usi abitativi, anche in considerazione del fatto che spesso le strutture ricettive si trovano in luoghi di particolare pregio ambientale, paesaggistico o anche solo turistico

Pubblicato il 06/10/2023

N. 08701/2023REG.PROV.COLL.

N. 04873/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4873 del 2020, proposto da
Paola Assereto, rappresentata e difesa dall'avvocato Adriano Tortora, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Cicerone 49;

contro

Comune di Rapallo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Vanessa Perdelli, Mario Alberto Quaglia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Gorgonia Immobiliare S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Aldo Travi e Raffaella Chiummiento, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Raffaella Chiummiento in Roma, via Salaria 103;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 00101/2020, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Rapallo e di Gorgonia Immobiliare S.r.l.;

Visto il ricorso incidentale di Gorgonia Immobiliare S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 18 settembre 2023 il Cons. Carmelina Addesso e uditi per le parti gli avvocati Adriano Tortora, Vanessa Perdelli ed Elena Travi, in sostituzione di Aldo Travi, in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l'utilizzo della piattaforma "Microsoft Teams”.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in trattazione la signora Paola Assereto ha impugnato la sentenza segnata in epigrafe che ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti avverso i provvedimenti di sanatoria rilasciati dal Comune di Rapallo a favore della società Gorgonia Immobiliare s.r.l. per il frazionamento e il mutamento della destinazione d’uso di un edificio sito in via Don Minzoni, al civico n. 16.

2. Deduce in fatto l’appellante di essere proprietaria di un edificio adiacente a quello oggetto di frazionamento (quest’ultimo denominato Pensione Belvedere) e di esercitare in relazione allo stesso una servitù di passaggio per accedere all’immobile di sua proprietà.

3. Con nove provvedimenti di sanatoria il Comune di Rapallo accoglieva altrettante domande di condono presentate in data 1° marzo 1995 dalla società Clelia Immobiliare s.r.l. (dante causa dell’odierna appellate incidentale, Gorgonia Immobiliare s.r.l.) per opere meramente interne eseguite in otto delle undici unità immobiliari oggetto di frazionamento nonché per le parti comuni dell’edificio.

3.1 Le opere esterne relative alle rimanenti tre unità immobiliari erano oggetto di successivi provvedimenti di sanatoria in quanto soggette ad autorizzazione della Soprintendenza in ragione del vincolo paesaggistico esistente.

4. Con ricorso al TAR, integrato da successivi motivi aggiunti, l’interessata impugnava i provvedimenti sopra indicati, unitamente alle proposte di accoglimento della domanda di autorizzazione paesaggistica.

4.1 Il TAR adito, con sentenza n. 101 del 7 febbraio 2020, dichiarava improcedibile il ricorso avverso le proposte di accoglimento dell’autorizzazione paesaggistica, respingendolo per il resto, unitamente ai motivi aggiunti.

5. L’originaria ricorrente impugna la sentenza di primo grado, chiedendone la riforma per le seguenti ragioni:

1) Erroneità della sentenza per mancata individuazione della violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 2 bis e ss. della L.R. 7 febbraio 2008, n. 1 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione dell’art. 39 della Legge 23 dicembre 1994, n. 724 e s.m.i. perché il TAR ha del trascurato che il vincolo di destinazione alberghiera gravante sull’edificio non ne consentiva la sanatoria mediante condono;

2) Erroneità della sentenza per mancata individuazione della violazione e falsa applicazione dell’art. 39 della Legge 23 dicembre 1994, n. 724 e s.m.i. perché il TAR non ha rilevato la contraddittorietà dei provvedimenti impugnati con la precedente comunicazione di motivi ostativi ex art. 10 bis L. 241/1990 con cui il medesimo Comune ha ritenuto non provato l’avvenuto frazionamento e l’avvenuto completamento delle opere de quibus entro la data del 31 dicembre 1993.;

3) Erroneità della sentenza per mancata individuazione della violazione e falsa applicazione dell’art. 39 della Legge 23 dicembre 1994, n. 724 perché il TAR ha ritenuto non provata l’afferenza dell’immobile di proprietà della ricorrente alla Pensione Belvedere e, quindi, ha ritenuto non conferente la presunzione di comproprietà del sottotetto ex art. 1117 c.c.;

4) Erroneità della sentenza per mancata individuazione della violazione e falsa applicazione dell’art. 39 della Legge 23 dicembre 1994, n. 724 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione degli art. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i. per non avere il TAR rilevato l’ingiusto ed illegittimo pregiudizio recato dal condono alla ricorrente, consistente nell’impedimento al libero transito verso il suo immobile;

5) Erroneità della sentenza per mancata individuazione della violazione dell’art. 32 L. 28 febbraio 1985, n. 47 e dell’art. 39 della L. 23 dicembre 1994, n. 724 perché il TAR ha del tutto pretermesso la natura unitaria delle singole istanze di condono, tali da non poter essere valutate in via distinta e irrelata;

6) Erroneità della sentenza per mancata individuazione della violazione dell’art. 46 della Norme Attuative del Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico della Regione Liguria (D.C.R. n. 6 del 26 Febbraio 1990) per avere il TAR affermato l’adeguatezza della generica e onnicomprensiva motivazione in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento su cui si fondano i provvedimenti impugnati.

6. Si è costituito in giudizio il Comune di Rapallo che ha depositato successiva memoria, eccependo l’inammissibilità dell’appello per violazione dell’art 101 c.p.a. nonché la sua infondatezza nel merito.

7. Si è costituita, altresì, l’appellata Gorgonia Immobiliare s.r.l. che ha proposto appello incidentale avverso il capo della sentenza impugnata con cui è stata respinta la censura di inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di interesse in relazione a nove dei dodici provvedimenti di condono impugnati poiché concernenti opere esclusivamente interne alla proprietà.

8. Con ordinanza cautelare n. 5390 del 14 settembre 2020 la Sezione ha respinto l’istanza cautelare formulata dall’appellante.

9. In vista dell’udienza di discussione tutte le parti costituite in giudizio hanno depositato memorie e memorie di replica, insistendo sulle rispettive conclusioni.

10. All’udienza di smaltimento del 18 settembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

11. Deve essere prioritariamente scrutinato l’appello incidentale proposto da Gorgonia Immobiliare s.r.l. poichè esso reca la censura di inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di interesse in capo all’odierna appellante, attesa la natura meramente interna delle opere assentite con nove dei provvedimenti impugnati.

12. L’appello incidentale è infondato.

12.1 L’appellante è proprietaria di un immobile adiacente a quello della società e lamenta il pregiudizio recato alla sua proprietà dall’intervento oggetto di sanatoria.

12.2 In disparte ogni considerazione in ordine all’effettiva titolarità del diritto di servitù vantato dalla ricorrente, che afferisce a profili di fondatezza nel merito dell’impugnazione come nel prosieguo chiarito, non può revocarsi in dubbio la sussistenza in capo alla medesima sia della legittimazione, in ragione della c.d. vicinitas, sia l’interesse a ricorrere, tenuto conto che il frazionamento e il cambio di destinazione d’uso, sebbene correlati ad interventi di natura puramente interna, non sono irrilevanti sul piano urbanistico ed edilizio con conseguenti ricadute anche sulle proprietà adiacenti che si trovano a confinare non più con un albergo, ma con undici appartamenti.

12.3 Come chiarito dall’Adunanza Plenaria n. 22 del 9 dicembre 2021, lo specifico pregiudizio derivante dall’intervento edilizio che si assume illegittimo, e che è necessario sussista, può comunque ricavarsi, in termini di prospettazione, dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso, suscettibili di essere precisate e comprovate laddove il pregiudizio fosse posto in dubbio dalle controparti o dai rilievi del giudicante.

12.4 Nel caso di specie l’appellante incidentale si è limitata ad affermare il difetto di interesse per la natura meramente interna delle opere, senza considerare che il pregiudizio prospettato dalla ricorrente e che radica il suo interesse ricorrere non discende tanto dalle opere in sé quanto dall’avvenuto frazionamento e dal cambio di destinazione d’uso che attraverso quelle opere si è determinato.

12.5 Per le sopra esposte ragioni l’appello incidentale è infondato e deve essere respinto.

13. Passando all’esame dell’appello principale, il Collegio ne rileva l’infondatezza nel merito, circostanza che consente di prescindere, sulla scorta della c.d. “ragione più liquida”, dall’eccezione di inammissibilità per difetto di specificità dei motivi di impugnazione nn. 2, 3, 4, 5 e 6 proposta dal Comune di Rapallo.

14. Con il primo motivo di appello l’appellante censura la sentenza di primo grado nella parte in cui ha respinto il primo motivo di ricorso, ritenendo del tutto irrilevante l’apposizione del vincolo di destinazione alberghiera sul compendio immobiliare ad opera della l.r. 1/2008, in quanto successivo rispetto alla data di presentazione dell’istanza di condono. Deduce che la sentenza disattende il principio della rilevanza dello ius superveniens nel corso procedimento amministrativo, in quanto la norma sopravvenuta definisce la regola di contemperamento tra interessi pubblico e privato più attuale e quindi, nella logica giuridica del prior in tempore potior in iure, prevalente. Ad avviso dell’appellante, il vincolo di destinazione alberghiera ha natura urbanistica e non può essere rimosso tramite una procedura di carattere meramente amministrativo qual’è quella prevista per il condono edilizio dall’art. 39 della L. 724/1994.

14.1 Il motivo è infondato.

14.2 Come chiarito dalla giurisprudenza, la previsione del vincolo di destinazione alberghiera deriva dalla volontà del legislatore di accordare una tutela prioritaria allo sviluppo del settore turistico, ritenuto strategico per l’economia nazionale, e trova giustificazione nel fatto che occorre evitare di snaturare i tessuti turistico-ricettivi già esistenti e impedire forme di speculazione derivanti dalla trasformazione delle predette strutture in immobili destinati ad usi abitativi, anche in considerazione del fatto che spesso le strutture ricettive si trovano in luoghi di particolare pregio ambientale, paesaggistico o anche solo turistico (Cons. Stato sez. I, parere del 25 marzo 2021 n. 475; sez. IV 9 giugno 2023 n. 5674).

14.3 Il vincolo di destinazione alberghiera, sebbene di natura conformativa, è, quindi, un mero vincolo di destinazione d’uso, posto a tutela del settore turistico, e non un vincolo di inedificabilità ostativo alla sanatoria ai sensi dell’art. 33 l. 47/1985.

14.4 La natura eccezionale della disciplina del condono ne preclude l’applicazione in via analogica con riferimento non solo ai presupposti della sanatoria, ma anche ai vincoli ostativi alla sanatoria medesima.

14.5 Peraltro, il requisito della conformità delle opere edilizie alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici è stata introdotta solo per il c.d. “terzo condono” ex art. 32 comma 27 d.l. 269/2003 e non riguarda l’intervento per cui è causa (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 25/01/2023 n. 835).

14.6 L’interpretazione proposta dall’appellante, secondo cui l’immobile gravato da un vincolo di destinazione alberghiera ex l.r. 1/2008 sarebbe insuscettibile sanatoria, determina il contrasto della citata legge regionale con l’art. 117 Cost., poiché rientra nella competenza esclusiva statale la determinazione massima dei fenomeni condonabili, cui devono senz’altro ricondursi anche le disposizioni che individuano le tipologie di opere insuscettibili di sanatoria (Corte Cost. sent. 19 dicembre 2022 n. 252).

14.7 Per le sopra esposte ragioni è irrilevante la natura originaria o sopravvenuta del vincolo in questione rispetto alla realizzazione delle opere e alla presentazione dell’istanza.

14.8 Sotto tale profilo, giova osservare che l’eventuale sopravvenienza del vincolo non si traduce tout court nel diniego di condono, ma fa sorgere l’obbligo, in capo all’amministrazione competente ad esaminare l’istanza, di acquisire il parere della autorità preposta alla tutela del vincolo sopravvenuto (Cons. Stato, Sez. VI, 8 novembre 2022, n. 9805; sez. VI, 26/03/2018 n.1887; Ad. Plen. 20/1999).

14.9 I principi giurisprudenziali sopra esposti, richiamati anche dall’appellante, non si attagliano al caso di specie, poiché la legge regionale n. 1/2008 non indica alcuna autorità competente all’adozione del parere, contemplando una mera procedura di svincolo e ponendosi -ove interpretata nel senso sostenuto dall’appellante- anche sotto tale ulteriore profilo in contrasto con l’art 117 Cost.

14.10 Il motivo deve, pertanto, essere respinto in quanto infondato.

15. Con il secondo motivo di appello l’appellante censura la sentenza nella parte in cui ha respinto il secondo motivo di ricorso con cui si era dedotto che l’amministrazione, dopo aver comunicato i motivi ostativi all’accoglimento perché dalla documentazione prodotta a corredo di dette istanze non risultava l’avvenuto frazionamento e l’avvenuta ultimazione delle opere oggetto di condono alla data del 31.12.1993, ha successivamente rilasciato la sanatoria a fronte di un’integrazione documentale prodotta dalla società istante che non aggiungeva alcuna novità in fatto o in diritto sull’istruttoria della pratica.

15.1 Il motivo è infondato.

15.2 I provvedimenti di sanatoria danno espressamente atto delle integrazioni istruttorie prodotte dall’istante a seguito della comunicazione del preavviso di diniego e delle ragioni per cui sono state considerate idonee a superare i motivi ostativi afferenti alla mancata prova del frazionamento e del mutamento di destinazione in data antecedente al 31.12.1993.

15.3 In particolare, si legge (pagg. 4-8 di ciascun provvedimento) che: “la società Gorgonia Immobiliare s.r.1., con nota in data 17 luglio 2018 (prot. 34266), ha provveduto ad argomentare in termini circostanziati l'avvenuto cambio di destinazione d'uso da alberghiero a residenziale entro il 31 dicembre 1993 — come specificamente richiesto dall'articolo 39 della L.724/1994 — tenuto conto, in particolare, dei seguenti atti:

a). del ricorso innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria presentato il 22 luglio 2006 dalla società Clelia Immobiliare s.r.l. a firma dell'avvocato Daniele Granara avverso la comunicazione dei motivi ostativi comunicati dal Comune di Rapallo;

b) della perizia redatta in data 9 giugno 2016 dal geometra Pier Emilio Copello (in qualità di perito nominato dal Tribunale di Genova nell'ambito della procedura fallimentare recentemente conclusasi e dianzi richiamata);

c) della perizia integrativa redatta in data 30 novembre 2016 dal geometra Pier Emilio Copello;

d) della osservazione al PUC 2010 presenta il 18 febbraio 2011 dall'allora proprietario (e residente in una delle unità immobiliari presenti all'interno dell'immobile stesso) Luigi Assereto”.

15.4 Le integrazioni istruttorie prodotte dalla società hanno consentito una puntuale e analitica ricostruzione degli accadimenti da parte dell’ente che è pervenuto motivatamente alla conclusione che l’attività alberghiera non è stata più esercitata a far data dal 1992 e che “tenuto conto che la società Clelia Immobiliare s.r.l. è subentrata nella proprietà dell'immobile il 1° aprile 1993 è verosimile che abbia effettivamente frazionato l'immobile nel corso del 1993”.

15.5 Per tali ragioni, va condiviso quanto osservato dal giudice di primo grado, poiché i chiarimenti forniti a seguito di preavviso ex art. 10 bis l. 241, sebbene non connotati da alcun elemento di novità sul piano conoscitivo, hanno tuttavia consentito all’ente una chiara e completa ricostruzione della cronologia degli eventi, consentendogli di giungere alla logica conclusione che l’avvenuto frazionamento e il mutamento di destinazione erano già avvenuti alla data del 31.12.1993.

15.6 Il motivo deve, quindi, essere respinto in quanto infondato.

16. Con il terzo e quarto motivo, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto tra loro connessi, l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza per le seguenti ragioni: i) poiché l’immobile oggetto di condono è utilizzato dalla ricorrente per accedere al suo immobile ed è caratterizzato dalla presenza di parti comuni, il sottotetto è condominiale ai sensi dell’art. 1117 c.c. per cui il titolo in sanatoria non poteva essere rilasciato senza il consenso della stessa in quanto comproprietaria; ii) la sentenza oggetto di gravame non ha rilevato l’ingiusto pregiudizio che il condono le reca, consistente nell’impedimento al libero transito verso il suo immobile.

16.1. I motivi non meritano accoglimento.

16.2 Sotto il primo profilo, difetta qualunque prova dell’esistenza di un condominio di edifici tra la proprietà dell’appellante e quella dell’appellata (presupposto, questo, logicamente antecedente rispetto alla presunzione di comproprietà del sottotetto ex art. 1117 c.c. suscettibile di applicazione nella misura in cui un condominio sia effettivamente sussistente), atteso che, nel caso di condominio, le parti comuni sono poste al servizio delle proprietà individuali. Siffatta comunione non può certo desumersi dal mero esercizio di una servitù di passaggio che presuppone un rapporto tra fondi appartenenti a diversi proprietari, ma non la destinazione di una parte comune al servizio delle proprietà individuali.

16.3 A sostegno dell’asserita comproprietà delle parti comuni l’appellante non ha prodotto alcuna documentazione da cui desumere l’effettiva esistenza di un condominio di edifici.

16.4 Per contro, la società Gorgonia Immobiliare ha dimostrato di essere proprietaria esclusiva del sottotetto, depositando in giudizio gli atti della procedura esecutiva (decreto di trasferimento del Tribunale, relazione peritale predisposta su incarico del Tribunale in vista dell’asta giudiziaria, risultanze catastali allegate: cfr. doc. n.ri 15, 16 e 17 produzioni di primo grado Gorgonia Immobiliare) a seguito della quale ha acquistato la proprietà del compendio.

16.5 Sotto il secondo profilo, giova rilevare che non solo l’appellante non ha fornito alcuna prova della servitù di passaggio, ma che l’eventuale esistenza della medesima non rileva ai fini della legittimità dei provvedimenti di sanatoria, i quali sono stati espressamente rilasciati fatti salvi i diritti dei terzi.

16.6 Le eventuali molestie al diritto reale di cui l’appellante rivendica la titolarità, pertanto, non possono trovare tutela dinanzi al giudice amministrativo poiché afferiscono ad una controversia tra soggetti privati.

16.7 Alla luce delle sopra esposte considerazioni anche il terzo e quarto motivo devono essere respinti.

17. Con il quinto motivo di appello l’appellante censura la pronuncia nella parte in cui non ha rilevato la natura unitaria delle singole istanze di condono, che troverebbero la loro ragion d’essere nella trasformazione globale e unitaria dell’intero edificio. Ad avviso dell’appellante, anche ammettendo che la concessione del condono edilizio possa svincolare l’immobile dalla sua destinazione alberghiera (agendo sul piano urbanistico, anziché edilizio), il rilascio dei permessi in sanatoria relativi ad alcuni interventi, prescindendo dall’esito dell’accertamento di compatibilità paesistica relativo ai restanti interventi, sarebbe comunque illegittimo. Infatti, ciò consentirebbe la suddivisione del medesimo immobile in una parte a destinazione residenziale (riferibile agli interventi già “sanati”) e in una parte a destinazione alberghiera (riferibile agli interventi soggetti ad accertamento della compatibilità paesistica).

17.1 Il motivo non merita accoglimento.

17.2 Poiché si tratta di abusi concernenti distinte unità immobiliari, anche se facenti parte di un unico edificio, correttamente sono stati istaurati diversi e distinti procedimenti di condono, uno dei quali, peraltro, ha riguardato le parti comuni dell’edificio (in disparte la necessaria valutazione unitaria ai fini della determinazione del limite massimo di cubatura condonabile, sulla quale l’appellante nulla ha eccepito).

17.3 Non convince l’assunto difensivo che fonda la pretesa unitarietà del procedimento amministrativo sulla mera identità di destinazione residenziale delle distinte unità scaturenti dal frazionamento, da valutare nell’ambito di un condono globale e onnicomprensivo. Nel caso di specie, per contro, non è ravvisabile alcuna artificiosa frammentazione dell’abuso suscettibile di qualificazione unitaria poiché è pacifico che si tratta di diversi appartamenti, autonomi dal punto di vista materiale e commerciale.

17.4 Come chiarito dal giudice di primo grado, le opere oggetto del condono non presentavano alcun profilo unitario, ma sono relative a ciascuna unità immobiliare e ciò tanto con riguardo alle opere interne quanto alle opere esterne, che hanno riguardato solo alcuni appartamenti, peraltro in misura non particolarmente rilevante.

17.5 Per tale ragione, la sussistenza dei presupposti della sanatoria deve essere accertata in relazione ciascuna delle unità dotate di propria autonomia e rilevanza sul piano edilizio, senza che possa predicarsi alcuna valutazione globale e unitaria.

17.6 Il motivo deve, pertanto, essere respinto.

18. Con il sesto motivo di appello l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza impugnata laddove che ha respinto le censure di illegittimità degli atti impugnati afferenti al difetto di motivazione in ordine alla compatibilità paesistica dell’intervento. I provvedimenti impugnati difetterebbero di qualunque specifico riferimento ai vincoli insistenti sull’area né recherebbero alcuna valutazione di compatibilità fra tali vincoli e l’intervento realizzato. Gli stessi, inoltre, indicherebbero del tutto erroneamente che “l’intervento realizzato è conforme con la disciplina normativa relativa alla zona ‘tessuto urbano – TU’” poiché la zonizzazione insediativa dell’area dell’intervento non è quella ivi indicata bensì quella di area a insediamento diffuso con regime normativo di “modificabilità di tipo A (ID-MO-A)”, prevista all’art. 46 delle Norme Attuative al PTCP, che avrebbe imposto la previa adozione di uno Studio Organico d’Insieme. Un ulteriore profilo di erroneità della sentenza di primo grado discenderebbe dall’aver ritenuto che nel caso di specie si fosse formato il silenzio assenso sul parere della soprintendenza ai sensi dell’art. 146 comma 9 d.lgs 42/2004, mentre avrebbe dovuto applicarsi l’art. 167 del d.lgs. 42/2004 che disciplina la compatibilità paesaggistica e che non contempla alcun silenzio assenso. In ogni caso, il silenzio-assenso in materia paesistica sarebbe applicabile soltanto con riferimento all’esame di vincoli generici e non laddove, come nel caso de quo, il vincolo sia puntuale e contenuto in apposito Decreto Ministeriale richiamato dall’art. 136, co. 1, lett. d) del d.lgs. n. 42/2004.

18.1 Il motivo è infondato.

18.2 I provvedimenti impugnati sono adeguatamente motivati in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento, in considerazione, da un lato, dei vincoli insistenti sull’area e, dall’altro lato, del limitato impatto delle opere esterne realizzate.

18.3 Si tratta, infatti, di minime modifiche ad un edificio esistente, non comportanti alcun incremento di volume e consistenti nell’inserimento di un serramento di vetro in un porticato esistente, nella creazione di una finestra a filo della falda del tetto, e nell’inserimento - all’interno della falda - di un spazio destinato a terrazzo.

18.4 Le richiamate circostanze confermano l’adeguatezza della motivazione in ordine all’assenza di effetti negativi sull’edificio e sul paesaggio di riferimento, motivazione dalla quale non emerge alcuna palese illogicità o travisamento dei fatti nell’esercizio dell’attività tecnico discrezionale.

18.5 Quanto all’errata indicazione della zonizzazione insediativa e alla necessità di uno Studio Organico d’Insieme previsto dall’art. 46 delle Norme Attuative al PTCP, l’appellante si limita a una mera riproposizione della censura di primo grado e non formula alcuna critica puntuale al capo della pronuncia in questione, ove si osserva, che la tesi propugnata dalla ricorrente richiede “come presupposto per la determinazione di uno “Studio Organico d'Insieme”, che si tratti di “interventi di urbanizzazione e di nuova edificazione o comunque incidenti in misura rilevante sull’assetto della zona”, laddove, nel caso di specie, nessuna delle tre ipotesi citate può dirsi sussistere, in considerazione della natura e dell’entità delle opere oggetto di autorizzazione paesaggistica”.

18.6 In disparte il profilo di inammissibilità della censura sopra rilevato, la stessa è infondata nel merito tenuto conto che, come osservato dal giudice di primo grado, la disposizione sopra richiamata non è applicabile alla tipologia di interventi per cui è causa, in ragione dell’esiguità delle opere esterne.

18.7 Del pari infondata è la censura afferente alla pretesa applicazione del procedimento di accertamento della compatibilità paesaggistica previsto dall’art. 167 d.lgs 42/04 in luogo di quello di autorizzazione paesaggistica previsto dall’art. 146 del medesimo decreto, con conseguente illegittimità dei provvedimenti impugnati per assenza del parere espresso della Soprintendenza.

18.8 Giova ricordare che sono suscettibili di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica esclusivamente gli interventi contemplati dall’art. 167 comma 4 del d.lgs 42/04, ossia gli interventi realizzati in assenza o difformità dell’autorizzazione paesaggistica- che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati-, l’impiego di materiali diversi da quelli prescritti dall’autorizzazione paesaggistica nonchè i lavori configurabili come interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi della disciplina edilizia (Cons. Stato, sez. VI, 4/01/2021 n. 40).

18.9 E’ pacifico che l’intervento oggetto di condono non rientra in nessuna delle ipotesi contemplate dall’invocata disposizione, sicché correttamente la Soprintendenza nella nota prot. 2998 del 7/02/2019, avente ad oggetto la richiesta di integrazioni documentali, ha richiamato la procedura ordinaria di cui all’art. 146 d lgs 42/04 (applicabile anche in caso di opere oggetto di condono: cfr. Cons Stato, sez. VI, 11/09/2013, n.4492), avendo cura di precisare che “il termine per la conclusione del procedimento viene interrotto e inizierà nuovamente a decorrere dalla data di presentazione della documentazione integrativa”.

18.10 Ne discende che, una volta trasmessa tutta la documentazione richiesta e decorso il termine di sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte della Soprintendenza senza che la stessa avesse reso il prescritto parere, il Comune ha provveduto sulla domanda di condono, conformemente a quanto consentito dall’art. 146 comma 9 del citato decreto.

18.11 Le sopra esposte considerazioni conducono alla reiezione anche della censura afferente alla distinzione, ai fini dell’applicazione dell’art.167 comma 5 in luogo dell’art.146 comma 9 del citato decreto, tra vincoli generici e vincoli specifici, distinzione che non trova fondamento in nessuna delle richiamate disposizioni.

18.12 Anche il sesto motivo deve, quindi, essere respinto, con conseguente reiezione dell’appello e della domanda risarcitoria ivi proposta.

19. In conclusione, devono essere respinti sia l’appello principale che l’appello incidentale.

20. Sussistono giustificati motivi, in ragione della reciproca soccombenza, per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge sia l’appello principale che quello incidentale.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 settembre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Oreste Mario Caputo, Presidente FF

Giordano Lamberti, Consigliere

Giovanni Sabbato, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere

Carmelina Addesso, Consigliere, Estensore