Sez. 3, Sentenzan. 21576 del 06/05/2004 (Ud. 11/03/2004 n.00470 ) Rv. 228720
Presidente: Savignano G. Estensore: Squassoni C. Imputato: Moretto. P.M. Esposito V. (Parz. Diff.)
(Annulla senza rinvio, Trib. Pordenone, 5 giugno 2001).
SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Attività di raccolta e recupero di rifiuti non pericolosi - Messa in riserva - Procedura semplificata - Applicabilità - Fattispecie relativa a materiale proveniente da demolizione non destinato al riutilizzo.
CON MOTIVAZIONE
Massima (Fonte CED Cassazione)
In tema di stoccaggio e recupero di rifiuti non pericolosi, le operazioni di raccolta in un cantiere di materiale proveniente da demolizione, non destinato ad alcun riutilizzo, costituiscono la cosiddetta messa in riserva, regolamentata dal decreto ministeriale 5 febbraio 1998, sottoposta alla procedura semplificata di cui all'art. 33 del
D.Lgs. n.22 del 1997; per tale attività non è necessaria l'autorizzazione, ma è sufficiente la tenuta dei registri di carico e scarico e delle bolle di trasporto.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. SAVIGNANO Giuseppe - Presidente - del 11/03/2004
Dott. ZUMBO Antonio - Consigliere - SENTENZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 00470
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. VANGELISTA Vittorio - Consigliere - N. 039739/2001
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) MORETTO SILVIA, N. IL 30/11/1975;
2) MORETTO GIUSEPPE, N. IL 03/09/1939;
avverso SENTENZA del 05/06/2001 TRIBUNALE di PORDENONE;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. SQUASSONI CLAUDIA;
Udito il P.M. nella persona del Dott. ESPOSITO Vitaliano, che ha concluso: annullamento con rinvio della sentenza impugnata. MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe precisata, il Tribunale di Pordenone ha ritenuto gli imputati Moretto Silvia e Moretto Giuseppe responsabili del reato previsto dall'art. 51 c. 1 lett. a D.Lvo 22/1997 (attività di gestione di rifiuti non autorizzata) e li ha condannati alla pena di giustizia.
Per giungere a tale conclusione, il Giudice ha rilevato che gli imputati, abilitati alla procedura semplificata di cui agli artt. 32, 33 D.Lvo 22/1997, hanno effettuato una operazioni di recupero di materiale proveniente da demolizione, da qualificarsi messa in riserva regolamentata dal DM 5.2.1998; gli imputati hanno effettuato la comunicazione alla Provincia di inizio della attività, ma non hanno atteso il tempo richiesto dall'art. 33 c. 1 D.Lvo 22/1997 (giorni novanta) prima di intraprendere l'attività di messa in riserva impedendo all'autorità competente le eventuali verifiche. Pertanto il Giudice ha reputato che la operazione per cui è processo sia intervenuta senza la necessaria autorizzazione e, come riferito, ha ritenuto gli imputati responsabili del reato loro ascritto. Per l'annullamento della sentenza, i Moretto ricorrono in Cassazione deducendo violazione di legge. Sostengono, con articolati motivi, che la norma applicabile al caso non è c. 1 del ricordato art. 33, bensì il c. 10 (in quanto i rifiuti in oggetto non vengono riutilizzati con operazioni di recupero previste dall'allegato C del D.Lvo 22/1997) per cui la attività era soggetta solo alle prescrizioni, che sono state ottemperate, della tenuta dei registri di carico e scarico e delle bolle di trasporto.
Il Collegio ritiene che le deduzioni siano meritevoli di accoglimento. Deve, innanzi tutto, precisarsi come non vi sia incertezza alcuna sulla ricostruzione storica dei fatti posti alla base del processo in quanto è indiscusso che i Moretto (titolari di una ditta di demolizione di immobili le cui macerie sono sottoposte a frantumazione e vaglio con frantoio mobile) abbiano posizionato in un cantiere, in attesa del recupero, materiale proveniente da demolizione effettuata in altro sito.
La condotta è stata correttamente qualificata dal Giudice come messa in riserva da intendersi come un insieme di operazioni rientranti nella definizione di stoccaggio, che costituiscono attività di recupero di rifiuti e che possono generate prodotti direttamente sottoponibili al regime delle materie secondarie.
Il referente normativo, come ritenuto dal primo Giudice e dai ricorrenti, è da individuarsi nel DM 5.2.1998 che, all'art. 6, disciplina la messa in riserva dei rifiuti non pericolosi individuati e destinati ad una delle attività comprese negli allegati 1, 2 (l'allegato 1 al punto 7/1 annovera i rifiuti provenienti da demolizione e destinati alla produzione di materie secondarie per la edilizia mediante fasi meccaniche e tecnologicamente interconnesse di macinazione, vagliatura, selezione granuvolumetrica). In virtù dell'art. 6 c. 1 del DM 5.2.1998, la messa in riserva è sottoposta alla proceduta semplificata di cui all'art. 33 D.Lvo 22/1997 (qualora vengano rispettate alcune condizioni che, nel caso concreto, devono ritenersi ottemperate in quanto il primo Giudice non ha mosso rilievi sul punto).
Il c. 1 dell'art. 33 citato disciplina le operazioni di recupero dei rifiuti prevedendo che possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla competente Provincia; il c. 10 stabilisce che, in assenza dei trattamenti di recupero indicati nell'allegato C, l'operatore è tenuto esclusivamente ad attenersi alle disposizioni di cui agli art. 10 c. 3, 11, 12, 15.
Tale ultima norma è applicabile al caso perché nessuna delle operazioni indicate da R1 a R12 dello Allegato C alla D.Lvo 22/1997 riguarda la frantumazione di materiali inerti da demolizione da convertire in materie prime secondarie a granulometria variabile. Pertanto, gli imputati erano obbligati solo ad ottemperare alle incombenze imposte dall'art. 33 c. 10 D.Lvo 22/1997 che, nello specifico, erano la tenuta dei registri di carico e scarico e delle bolle di trasporto che sono allegati agli atti.
Di conseguenza la procedura seguita dai ricorrenti era quella normativamente richiesta.
P.Q.M.
La Corte annulla senza rinvio la impugnata sentenza perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, il 11 marzo 2004.
Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2004