Cass. Sez. III n.18029 del 11 maggio 2007 (Up 27 mar. 2007)
Pres. Onorato Est. Marini Ric. Del Carratore ed altri
Rifiuti. Responsabilità

Se è vero che la presenza di un preposto alle attività di cantiere o produttive non è elemento che escluda in radice il concorso o la cooperazione del rappresentante della società negli illeciti che si realizzano nel corso delle attività produttive tale responsabilità deve essere fondata su elementi specifici che impongano di superare la natura assorbente della responsabilità dell'incaricato legittimamente preposto alla direzione e al controllo di quelle attività (fattispecie in tema di rifiuti indicati erroneamente come terre e rocce di scavo).

Svolgimento del processo

Al termine di giudizio instaurato a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, il Tribunale di Livorno, in composizione monocratica. con sentenza del 21 gennaio 2005 ha condannato i ricorrenti alla pena di Euro 1.712,35 ciascuno, in quanto ritenuti responsabili, i Sigg. Ruberti e Coli, rispettivamente quale legale rappresentante e responsabile di cantiere della soc.coop. “La Rinascita”, ed il Sig. Del Carratore, quale titolare della ditta di scavi e movimento terra incaricata dell’esecuzione dei lavori, del reato previsto dall’art. 51, comma 2 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, per avere il Sig. Del Carratore trasportato rifiuti speciali non pericolosi in assenza di autorizzazione, iscrizione o comunicazione, ed i Sigg. Ruberti e Coli abbandonato rifiuti speciali non pericolosi derivanti da lavori di scasso del manto stradale.

In particolare, il Tribunale ha ritenuto che le attività di scavo del manto di strada asfaltata comportino opera di demolizione, così che i materiali di risulta, e cioè asfalto e altri detriti, vanno qualificati come rifiuti speciali ai sensi dell’art. 7, comma 3, lett. 8) del decreto legislativo n. 22 del

1997.

Avverso tale sentenza ha proposto appello il Sig. Del Carratore, lamentando “inosservanza o erronea applicazione della legge penale”, e ciò sotto un duplice profilo:

a) erronea qualificazione come “rifiuto speciale non pericoloso” dei materiali trasportati, posto che essi consistevano esclusivamente in terra e roccia;

b) omessa considerazione della circostanza che i materiali erano strati trasportati presso un deposito temporaneo in vista delle successive attività di smaltimento, che avrebbe dovuto curare la soc. “La Rinascita”.

I Sigg. Coli e Ruberti hanno proposto impugnazione avverso sia avverso la sentenza, sia avverso l’ordinanza con cui il giudice di prime cure ha respinto l’eccezione di nullità del decreto di citazione

a giudizio in relazione alla formulazione del capo di imputazione

a) Quanto all’ordinanza omessa in data 21 gennaio 2005, il giudice di prime cure avrebbe respinto erroneamente l’eccezione di nullità del decreto di citazione nella parte in cui attribuiva ai Sigg. Coli e Ruberti ruoli non ricoperti nell’ambito della società cooperativa, a sua volta indicata con denominazione inesistente, e cioè “La Rinascente”. Proprio l’erroneità di tali indicazioni aveva costituito, secondo l’atto di impugnazione, la ragione dell’opposizione al decreto penale di condanna emanato nei confronti dei due ricorrenti in data 8 ottobre 2003. I ricorrenti chiedono pertanto che, sussistendo un vizio insanabile del capo di imputazione, venga dichiarata la nullità dell’ordinanza impugnata.

b) Quanto alla sentenza impugnata, essa avrebbe erroneamente qualificato come “rifiuti” il materiale oggetto della contestazione. Alla luce della legge n. 93 del 2001 e della legge n. 443 del medesimo anno, le terre da scavo non sono soggette ad alcuna restrizione se non vengono superati i limiti previsti per le sostanze inquinanti. In mancanza di qualsiasi accertamento sul punto, il Tribunale avrebbe dovuto escludere la sussistenza del reato

c) I ricorrenti sottolineano altresì che erroneamente il Tribunale ha omesso di considerare che i materiali oggetto di contestazione avrebbero dovuto essere riutilizzati nella fase successiva di riempimento dello scavo, e dunque all’interno del ciclo produttivo complessivo. Si tratta di circostanza che avrebbe dovuto imporre al Tribunale di escludere la qualificazione del materiale tra i “rifiuti”.

d) I ricorrenti lamentano, poi, che il Tribunale avrebbe erroneamente valutato le circostanze probatorie, da cui risulterebbe che le attività di trasporto e accumulo del materiale furono effettuate in totale autonomia decisionale dal Sig. Del Carratore.

e) Il solo Sig. Ruberti lamenta che il Tribunale avrebbe erroneamente omesso di considerare che il legale rappresentante di una società non può essere chiamato a rispondere di violazioni come quelle contestate qualora, come nel caso di specie, egli abbia espressamente delegato la responsabilità per le attività di cantiere ad altro soggetto qualificato.

 

Motivi della decisione

1. Va preliminarmente considerata la non fondatezza del ricorso nella parte in cui lamenta la mancata constatazione da parte dei giudici di merito del vizio comportante la nullità del decreto di citazione. La difesa ha sostenuto, ancora in corso di discussione, che il vizio del decreto di citazione a giudizio, consistente nella erronea denominazione della società cooperativa e nello scambio circa le qualifiche societarie dei Sigg. Ruberti e Coli, aveva comportato per i ricorrenti la impossibilità di comprendere i fatti posti a fondamento della contestazione e una violazione essenziale del diritto di difesa.

Tale prospettazione non può essere accolta. La circostanza che il capo di imputazione contenesse i descritti errori era a conoscenza degli allora imputati, che la rilevarono in sede di opposizione al decreto penale di condanna, così dimostrando di avere perfettamente compreso il contenuto dei fatti oggetto della imputazione e i profili di illiceità a ciascuno contestati. Tali errori, riprodotti del decreto di citazione a giudizio, furono quindi corretti a seguito di istanza del pubblico ministero e la correzione avvenne in corso di udienza alla presenza degli imputati, che prestarono acquiescenza. Mancano, quindi, i presupposti delle dedotta nullità.

2. La Corte ritiene che neppure il motivo di ricorso che concerne la natura dei materiali trasportati e depositati sia fondato. E’ pacifico che i materiali oggetto di scavo e, quindi, trasportati e depositati in luogo esterno al cantiere, consistevano non solo di terra e inerti, ma anche di asfalto proveniente dalla demolizione di manto stradale. L’attività posta in essere dai ricorrenti non può essere considerata mera attività di “scavo”, che, secondo il significato e le finalità della legge 21 dicembre 2001, n. 443, deve incidere su terreni e avere come oggetto terra e rocce.

In questo senso si è più volte pronunciata la Corte di cassazione, con decisioni che vengono condivise e qui richiamate. Si vedano, tra le altre, Sezione Terza Penale, 16 gennaio-26 febbraio 2004, n. 8424, Fiato (rv 227951) e 15 gennaio-26 febbraio 2002, n.7430, Dessena (rv 221382); quest’ultima, in particolare, esamina l’evoluzione della disciplina normativa e le ragioni per le quali solo i materiali consistenti in terra e rocce possono (il rinvio è al comma diciassettesimo dell’articolo unico della citata legge n. 443 del 2001) essere esclusi dal concetto di “rifiuti speciali” e sottratti alla sanzioni previste dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.

Tale conclusione deve oggi essere confermata anche alla luce dei principi affermati recentemente dalla sentenza della Terza Sezione Penale, 10 maggio-23 giugno 2006, Berrugi e altri (rv 234482), che analizza la disciplina applicabile ai materiali consistenti in “terra e rocce da scavo”.

Merita, infine, osservare che questa Corte condivide i principi affermati, con analitica motivazione, dalla sentenza della Terza Sezione Penale, 28 giugno-13 novembre 2006, n. 37401, Pietracola e altro (rv 235074), la quale ha escluso che i materiali provenienti da lavori stradali trovino nella disciplina introdotta dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (artt. 181-184) una normativa più favorevole rispetto a quella oggetto della contestazione mossa ai ricorrenti.

Così qualificati come “rifiuti” i materiali estratti, trasportati e depositati in area esterna al cantiere, non merita accoglimento la prospettazione della difesa secondo cui si verserebbe in ipotesi di mero deposito temporaneo. Sul punto, infatti, questa Corte condivide le conclusioni cui è giunta la sentenza impugnata sulla base della ricostruzione dei fatti e delle modalità della ripetuta condotta illecita. Tali modalità hanno condotto il giudice di prime cure ad escludere che i responsabili della cooperativa potessero essere all’oscuro dei termini effettivi del deposito dei materiali e della effettiva natura di questi. La decisione del Tribunale in punto di fatto è sorretta, da una motivazione coerente rispetto al materiale probatorio e immune da vizi logici, così che non può essere censurata dal giudice di legittimità; in tal senso si esprime l’orientamento ormai costante di questa Corte, a partire dalla sentenza delle Sezioni Unite Penali, n. 2120, del 23 novembre 1995-23 febbraio 1996, Fachini (rv 203767), orientamento che dopo le modifiche conosciute dalla lettera e) dell’art. 606 c.p.p. ha trovato ulteriori specificazioni nelle ampie motivazioni della sentenza della Seconda Sezione Penale, 5 maggio-7 giungo 2006, n. 19584, Capri ed altra (rv 233773, rv 233774, rv 233775) e della sentenza della Sesta Sezione Penale, 24 marzo-20 aprile 2006, n. 14054, Strazzanti (rv 233454).

3. Deve essere, invece, accolto il motivo di ricorso che riguarda la posizione del Sig. Ruberti. Sostiene il ricorrente di essere stato erroneamente ritenuto responsabile dei fatti a lui contestati nella qualità di legale rappresentante della società cooperativa “La Rinascita”, considerato che vi era stata da parte sua una espressa delega al Sig.Coli quale responsabile di cantiere.

Che il Sig.Colli operasse come capo cantiere è circostanza riconosciuta dal giudice di prime cure in conformità con la contestazione di reato mossa ai ricorrenti. La sentenza impugnata appare, invece, del tutto priva di motivazione circa le ragioni che hanno indotto il giudice a ritenere sussistente una responsabilità, anche solo a titolo di violazione del dovere di vigilanza, del legale rappresentante della cooperativa “La Rinascita”. Se è vero che la presenza di un preposto alle attività di cantiere o produttive non è elemento che escluda in radice il concorso o la cooperazione del rappresentante della società negli illeciti che si realizzano nel corso delle attività produttive, è però giurisprudenza costante di questa Corte (si vedano, tra le tante, Sezione Terza, 4 ottobre-10 novembre 2006, n. 37307, Del Gaudio, rv 235077; Sezione Terza, 6 marzo-28 aprile 2003, n. 19642, Rossetto, rv 224848) che tale responsabilità deve essere fondata su elementi specifici che impongano di superare la natura assorbente della responsabilità dell’incaricato legittimamente preposto alla direzione e al controllo di quelle attività.

Nel caso in esame la motivazione della sentenza impugnata, dopo avere accertato che il cantiere vedeva la presenza del solo Sig. Coli e che fu costui a giungere rapidamente sul luogo in occasione dei controlli, fonda la responsabilità del Sig. Ruberti esclusivamente sulla constatazione che “la qualità del Ruberti di legale rappresentante della ditta La Rinascita è emersa pacificamente...”. L’assoluta lacunosità di tale motivazione appare evidente, e la sentenza deve essere sul punto annullata mancando del tutto la prova della responsabilità del ricorrente.