Cass. Sez. III n. 3430 del 23 gennaio 2013 (ud. 4 lug. 2012)
Pres. Mannino Est. Grillo Ric. Chianese
Rifiuti. Discarica abusiva ed elemento soggettivo del reato

Ai fini della configurabilità dei reato di gestione abusiva di una discarica è sufficiente la colpa, consistente in una negligente condotta omissiva, ovvero il non aver verificato le condizioni del luogo di deposito dei rifiuti

 

 RITENUTO IN FATTO

1.1 Con sentenza dell'8 febbraio 2011, la Corte di Appello di Napoli confermava la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere - Sezione distaccata di Aversa - pronunciata il 10 giugno 2009 con la quale C.G., imputato per il reato di cui all'art. 110 c.p. e D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256 (gestione di una discarica di rifiuti senza autorizzazione), era stato condannato, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di anno uno e mesi quattro di arresto ed Euro 6.000,00 di ammenda.

1.2 Osservava la Corte di Appello che l'area sulla quale risultava - sulla base di articolate indagini di P.G. - attivata una discarica (area situata nel Comune di (OMISSIS)), era stata ceduta dal proprietario C.G. era legale rappresentante. Come ricordato dalla Corte territoriale, tale discarica operava a cielo aperto e al suo interno stazionavano rifiuti di ogni genere, pericolosi e non. La Corte dopo aver richiamato le argomentazioni del primo giudice, condividendole, ribadiva che il C. doveva rispondere del reato ascrittogli in concorso con tale CA. G. (socio della GREEN GARDEN) a titolo di colpa disattendendo la tesi difensiva secondo la quale il C. andava esente da responsabilità essendo stata affidata al solo CA. la gestione della società, senza peraltro, che tale dato fosse stato riscontrato.

1.3 Ricorre avverso la detta sentenza l'imputato personalmente deducendo con unico motivo nullità della sentenza impugnata per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e illogicità manifesta della motivazione: lamenta, in particolare, il ricorrente che la Corte territoriale in modo errato ed illogico aveva ritenuto il ruolo partecipativo attivo del C. nella condotta di interramento di rifiuti pericolosi, a dispetto dei dati processuali che smentivano tale assunto.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato, pertanto, inammissibile. Oltre che sostanzialmente generico nella misura in cui il ricorrente sì duole di una errata qualificazione della propria condotta derivata da un'altrettanta erronea valutazione del proprio ruolo all'interno della società, senza tuttavia addurre alcun dato a conforto di tale tesi, in ogni caso la censura non tiene conto del dato - correttamente evidenziato dalla Corte territoriale - relativo all'elemento soggettivo del reato richiesto dalla fattispecie.

2. Premesso come regola generale che nei reati contravvenzionali anche la colpa vale ad integrare il reato sotto l'aspetto dell'elemento soggettivo, con riguardo alla fattispecie in esame questa Corte ha già avuto modo di precisare che ai fini della configurabilità del reato di gestione abusiva di una discarica è sufficiente la colpa, consistente in una negligente condotta omissiva, ovvero il non aver verificato le condizioni del luogo di deposito dei rifiuti (Cass. Sez. 3A 11.3.2008 n. 18364, Giordano ed altro, Rv. 240034). La Corte territoriale, aderendo a tale orientamento, ha sottolineato in modo corretto e soprattutto congruo con i dati processuali esaminati, il contegno emissivo - in termini di necessaria diligenza - mantenuto dal C., sottolineando come la circostanza dell'asserito affidamento ad altri (il CA., socio della ditta) della gestione non esonerasse affatto il C. dall'obbligo di vigilanza soprattutto in relazione alle dimensioni dell'area ed alla tipologia, davvero eterogenea, dei rifiuti ivi esistenti. Lungi, quindi, dal dover individuare un ruolo attivo (che il ricorrente verosimilmente identifica con una gestione in concreto della attività di gestione della discarica) la Corte territoriale si è soffermata proprio sugli obblighi di vigilanza incombenti sul C. non solo quale contitolare della società, ma soprattutto quale amministratore e legale rappresentante (cariche non contestate dal ricorrente che si è limitato a riaffermare l'assenza di qualsivoglia ruolo attivo nella vicenda).

5. Segue alla inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento della somma - ritenuta congrua - di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, trovandosi in colpa il ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 4 luglio 2012.