Consiglio di Stato, Sez. V, n. 933, del 25 febbraio 2015
Rifiuti.Ordinanza di messa in sicurezza e bonifica del sito contaminato (svuotamento rimozione e bonifica dei serbatoi e delle linee interrate, rimozione e smaltimento delle terre contaminate, ricerca di altre eventuali fonti d’inquinamento)

La ditta è corresponsabile con ignoti di un grave fenomeno d’inquinamento da idrocarburi del sottosuolo e della falda freatica di una vasta area Infatti, sotto il profilo strettamente eziologico, la condotta omissiva addebitata, ovvero non aver svuotato completamente i serbatoi, si pone come antecedente causale dell’inquinamento, fermo restando l’accertamento dell’efficienza concausale di altri fattori ricollegabili a condotte di terzi (ad esempio la difettosità delle cisterne, l’omesso controllo dello stato delle cisterne medesime e la conseguente mancata attività di manutenzione da parte dei proprietari tornati in possesso del terreno nel 1986); in quest’ottica, da un lato, la ditta ben potrà rivalersi su eventuali altri corresponsabili dell’illecito secondo la regola generale sancita dall’art. 2055 c.c.; dall’altro, il comune valuterà se esercitare i poteri di cui ai vigenti artt. 239 – 253, d.lgs. n. 152 del 2006, anche nei confronti di altri soggetti ritenuti responsabili a titolo di concorso. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00933/2015REG.PROV.COLL.

N. 09848/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9848 del 2005, proposto dal signor Tenzon Giorgio, in proprio e nella qualità di liquidatore della Adige Petroli s.a.s., rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo Fratta Pasini e Maurizio Dell'Unto, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, Via Dora, 2; 

contro

Comune di Cerea, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Sala, e Luigi Manzi, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, Via Federico Confalonieri, 5; 

nei confronti di

Ditta Paradiso 2000 s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Mario Ettore Verino, Attilio Roberto Gastaldello e Valeria Licata, con domicilio eletto presso il primo in Roma, Via Barnaba Tortolini, 13; 

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per il Veneto - Sezione III - n. 2174 del 25 maggio 2005.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della ditta Paradiso 2000 s.r.l.;

Visto l’appello incidentale proposto dal comune di Cerea;

Viste le memorie difensive depositate dal comune di Cerea (in data 9 e 20 gennaio 2015), dal signor Giorgio Tenzon (in data in data 9 e 20 gennaio 2015) e dalla ditta Paradiso 2000 s.r.l. (in data 20 gennaio 2015);

Vista la produzione documentale depositata dal comune di Cerea (in data 30 dicembre 2014) e dal signor Giorgio Tenzon (in data 19 dicembre 2014);

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 febbraio 2015 il consigliere Vito Poli e uditi per le parti gli avvocati Verino, Dell’Unto e Manzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto del presente giudizio è costituito da una complessa sequenza di atti ed operazioni che traggono origine dall’accertamento di un grave fenomeno di inquinamento da idrocarburi del sottosuolo e della falda freatica di una vasta area ubicata nel comune di Cerea.

In particolare:

a) ordinanza comunale 12 maggio 2003, n. 41, resa ai sensi degli artt. 8, d.m. 25 ottobre 1999, n. 471, e 17, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, recante l’ordine alla Paradiso 2000 s.r.l. (in prosieguo ditta Paradiso) - nella qualità di proprietaria attuale del terreno ubicato in via San Vito – via 1° Maggio, foglio 39, mappali 133 – 467/7 - di messa in sicurezza previa bonifica del sito contaminato;

b) ordinanza comunale 24 giugno 2003, n. 54, resa ai sensi degli artt. 8, d.m. 25 ottobre 1999, n. 471, e 17, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, recante l’ordine alla ditta Adige Petroli s.a.s. di Tenzon Giorgio (successivamente posta in liquidazione, in prosieguo ditta Adige) – nella qualità di gestore, fino al 1986, di depositi di gasolio e oli combustibili collocati nel terreno ubicato in via San Vito – 1° Maggio, foglio 39, mappali 133 – 467/7 condotto in locazione - di messa in sicurezza previa bonifica del sito contaminato (segnatamente: svuotamento rimozione e bonifica dei serbatoi e delle linee interrate, rimozione e smaltimento delle terre contaminate, ricerca di altre eventuali fonti di inquinamento, approntamento di misure di sorveglianze e segnalazione di pericolo);

c) nota comunale prot. n. 14896 dell’11 novembre 2003 recante:

I) la comunicazione, ad entrambe le su menzionate ditte, della deliberazione giuntale n. 162 del 30 ottobre 2003 (che aveva approvato il piano di intervento per l’esecuzione in danno della messa in sicurezza e la bonifica del sito contaminato);

II) l’avviso che l’intervento di messa in sicurezza costituiva onere reale sull’area inquinata e che le spese sostenute erano assistite da privilegio speciale immobiliare;

d) nota comunale prot. n.16092 del 5 dicembre 2003, inoltrata alla ditta Paradiso, recante l’invito a partecipare ad un sopralluogo sulle aree interessate fissato per il giorno 12 dicembre 2003 nonché un chiarimento relativamente alla circostanza che <<…l’onere reale sull’area e del privilegio speciale immobiliare è una conseguenza prevista direttamente dalla legge restando, ovviamente, impregiudicati gli eventuali effetti della decisione del giudice amministrativo>>.

1.1. La ditta Adige ha impugnato l’ordinanza n. 54 del 2003 con ricorso allibrato al nrg. 2117/2003; la ditta Paradiso, a sua volta, ha impugnato l’ordinanza n. 41 del 2003 con ricorso allibrato al nrg. 1771/2003, e le note comunali 11 novembre 2003 e 5 dicembre 2003 con ricorso allibrato al nrg. 436/2004.

2. L’impugnata sentenza – T.a.r. per il Veneto - Sezione III - n. 2174 del 25 maggio 2005 -:

a) ha riunito i tre ricorsi;

b) ha accolto i primi due motivi posti a sostegno del ricorso nrg. 1771/2003, stabilendo che la ditta Paradiso, cui la responsabilità dell’inquinamento non poteva attribuirsi a titolo di imputazione oggettiva, non potesse ritenersi legittima destinataria dell’ordine di messa in sicurezza in quanto esente da colpa avendo acquistato il terreno in epoca recente ed ignorando la presenza del deposito interrato di idrocarburi;

c) ha respinto i restanti motivi cassatori, ha respinto la domanda di risarcimento del danno derivante dall’esecuzione dell’impugnata ordinanza, ha dichiarato il difetto di giurisdizione sulla domanda di risarcimento del danno ulteriore derivante cioè dalla condotta omissiva del comune di Cerea che non aveva informato tempestivamente la ditta Paradiso della presenza di idrocarburi nel sottosuolo del terreno rilasciando un certificato di destinazione urbanistica privo di riferimenti alla situazione di inquinamento ed alla presenza dell’onere reale (tali capi non sono stati impugnati dalla ditta Paradiso e sono coperti dalla forza del giudicato interno);

d) ha esaminato e respinto tutte le censure poste a sostegno del ricorso nrg. 2117/2003, proposto dalla ditta Adige, dopo aver assodato la sua responsabilità, a titolo di concorso, nel causare la contaminazione;

e) ha dichiarato inammissibile il ricorso nrg. 436/2004 proposto dalla ditta Paradiso sotto il triplice profilo che:

I) erano stati impugnati meri atti privi di valenza provvedimentale;

II) la lesione alla sfera giuridica della ditta Paradiso doveva farsi risalire alla delibera n. 162 del 2003 in relazione alla quale, però, non erano state articolate censure (risultando impugnata con ricorso straordinario);

III) il giudice amministrativo è privo di giurisdizione sulla domanda di accertamento negativo dell’esistenza di un onere reale (tali capi non sono stati impugnati dalla ditta Paradiso);

f) ha ritenuto insussistenti le condizioni per sospendere il giudizio in attesa della definizione del menzionato ricorso straordinario (anche tale capo non è stato impugnato);

g) ha compensato le spese di lite.

3. Con ricorso ritualmente notificato e depositato (rispettivamente in data 18 novembre e 7 dicembre 2005), la ditta Adige ha interposto appello principale avverso la su menzionata sentenza articolando due autonomi motivi:

a) il primo (pagine 5 - 9 dell’appello), diretto a evidenziare l’inesistenza della prova della propria colpevolezza, l’impossibilità di configurare una sorta di responsabilità oggettiva a carico del cessato gestore mero detentore del deposito, la colpa esclusiva del proprietario dell’area per non aver effettuato, in violazione di specifico obbligo di legge, le necessarie bonifiche;

b) il secondo (pagine 9 - 13 dell’appello), incentrato sulla falsa applicazione, da parte del T.a.r., delle norme sancite dagli artt. 14 e 17 d.lgs. n. 22 del 1997, sotto il profilo che il regime dell’imputabilità soggettiva dei danni (da deposito di rifiuti sul suolo e da inquinamento) al proprietario delle aree ed all’autore dell’inquinamento sarebbe il medesimo, dovendo entrambi rispondere a titolo di dolo o colpa e giammai a titolo di responsabilità oggettiva; nella specie, si lamenta che il comune ed il T.a.r. hanno errato nel non individuare nel proprietario del terreno l’unico responsabile della contaminazione della falda.

4. Si sono costituiti il comune di Cerea e la ditta Paradiso deducendo l’infondatezza del gravame in fatto e diritto.

4.1. Il comune di Cerea, con ricorso ritualmente notificato e depositato (rispettivamente in data 17 e 24 gennaio 2006), ha interposto appello incidentale deducendo, con un unico complesso motivo (pagine 10 – 13 dell’appello incidentale):

a) la negligente inerzia della società proprietaria dell’area, consistita nel non aver svuotato e rimosso il deposito di carburante pur avendone la piena disponibilità;

b) la responsabilità del proprietario per i danni discendenti da cose proprie incorporate nel fondo;

c) l’inconfigurabilità, nel caso di specie, di una responsabilità della ditta Paradiso per fatto altrui, e, al contrario, la dimostrazione del fatto proprio colpevole, dovendosi ritenere provato il perdurante sversamento di idrocarburi (anche successivamente all’acquisto del terreno avvenuto nel 2001), da parte di quest’ultima.

5. All’udienza pubblica del 10 febbraio 2015, la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Preliminarmente il Collegio rileva che:

a) la produzione istruttoria depositata dal comune di Cerea (in data 30 dicembre 2014) e dal signor Giorgio Tenzon (in data 19 dicembre 2014), ulteriore rispetto ai documenti acquisiti nei giudizi di primo grado, è inammissibile per violazione del divieto dei nova sancito dall’art. 104, co. 2, c.p.a.;

b) il thema decidendum del giudizio è delimitato dalle censure ritualmente introdotte in primo grado e criticamente riproposte in appello, sicché sono inammissibili le ulteriori doglianze introdotte nel corso del giudizio con memorie difensive in quanto aventi natura meramente illustrativa, non notificate e comunque intempestive (cfr. da ultimo Cons. Stato, Sez. V, n. 6454 del 2014; Sez. V, n. 244 del 2014, nella specie il riferimento è alla memoria difensiva del signor Tenzon in data 9 gennaio 2015).

7. Sia l’appello principale che quello incidentale sono infondati e devono essere respinti.

La questione centrale sottesa al presente giudizio – comune ad entrambi i gravami tanto da giustificarne l’esame congiunto – consiste nello stabilire:

a) in diritto, il diverso regime delle conseguenze dell’inquinamento di suoli a carico dell’autore della contaminazione e del proprietario del terreno nonché la natura della responsabilità civile di ciascuno dei su menzionati soggetti;

b) in fatto, l’accertamento della responsabilità di alcuna, di entrambe o di una sola fra le ditte Adige e Paradiso.

8. In ordine alle questioni di diritto che la controversia sollecita all’attenzione del Collegio, non vi è ragione di decampare dalle approfondite conclusioni cui è pervenuta l’Adunanza plenaria di questo Consiglio - cfr. le ordinanze gemelle n. 21 del 25 settembre 2013 e n. 25 del 13 novembre 2013, elaborate in base alle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 152 del 2006 (in particolare nel Titolo V della Parte IV), ma, nella sostanza e per quanto di interesse, riproduttive delle norme sancite dal d.m. 25 ottobre 1999, n. 471 e dal d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 - secondo cui:

a) il proprietario “incolpevole” del terreno inquinato è tenuto soltanto ad adottare le misure di prevenzione consistenti nelle adeguate iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia;

b) gli interventi di riparazione, di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino gravano esclusivamente sul responsabile della contaminazione, cioè sul soggetto al quale sia imputabile l’inquinamento; in materia di responsabilità civile da danno all’ambiente sono tassative le ipotesi di responsabilità oggettiva e deve escludersi che sia configurabile una responsabilità “da posizione” del proprietario;

c) se il responsabile non sia individuabile o non provveda (e non provveda spontaneamente il proprietario del sito o altro soggetto interessato), gli interventi che risultassero necessari sono adottati dall’Amministrazione competente;

d) le spese sostenute per effettuare tali interventi possono essere recuperate, sulla base di un motivato provvedimento (che giustifichi tra l’altro l’impossibilità di accertare l’identità del soggetto responsabile ovvero che giustifichi l’impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità), agendo in rivalsa verso il proprietario, che risponde nei limiti del valore di mercato del sito a seguito dell’esecuzione degli interventi medesimi;

e) a garanzia di tale diritto di rivalsa, il sito è gravato di un onere reale e di un privilegio speciale immobiliare.

Per completezza si evidenzia che la risoluzione della questione di interpretazione pregiudiziale rimessa dall’Adunanza plenaria alla Corte UE - <<Se i principi dell’Unione Europea in materia ambientale sanciti dall’art. 191, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e dalla direttiva 2004/35/Ce del 21 aprile 2004 (articoli 1 e 8, n. 3; tredicesimo e ventiquattresimo considerando), in particolare, il principio “chi inquina paga”, il principio di precauzione, il principio dell’azione preventiva, il principio, della correzione, in via prioritaria, alla fonte, dei danni causati all’ambiente, ostino ad una normativa nazionale, quale quella delineata dagli articoli 244, 245, 253 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che, in caso di accertata contaminazione di un sito e di impossibilità di individuare il soggetto responsabile della contaminazione o di impossibilità di ottenere da quest’ultimo gli interventi di riparazione, non consenta all’autorità amministrativa di imporre l’esecuzione delle misure di sicurezza d’emergenza e di bonifica al proprietario non responsabile dell’inquinamento, prevedendo, a carico di quest’ultimo, soltanto una responsabilità patrimoniale limitata al valore del sito dopo l’esecuzione degli interventi di bonifica>> - non influenza la definizione della presente controversia perché attiene ad aspetti giuridici che, all’evidenza, esulano dall’attuale thema decidendum.

9. Tanto premesso in diritto, il Collegio rileva che, dall’esame della documentazione ritualmente acquisita ai fascicoli d’ufficio di primo grado (e in particolare dagli allegati tecnici costitutivi dell’indagine geologica effettuata nel febbraio del 1999 su incarico del comune di Cerea – geologi Compri e Marocchio - e dei due piani di caratterizzazione elaborati, il primo, su incarico della ditta Paradiso nel marzo 2003 – geologo Borgogna - il secondo, sulla base della convenzione fra A.r.p.a.v. e A.t.e.r. nell’aprile del 2003 – geologo Raneri -), emerge il seguente quadro fattuale:

a) in occasione della realizzazione di due edifici di edilizia residenziale pubblica da parte dell’A.t.er. di Verona nel comune di Cerea su un terreno distinto al foglio 39, mappale 141 denominato ex Macello – nel sottosuolo di un’ampia area ubicata in prossimità delle vie Mantovana, San Vito e 1° Maggio - sono emerse presenze significative, anche nella falda freatica, di inquinamento da idrocarburi (prevalentemente gasolio), pericolose per l’uomo e per l’ambiente; è stata ipotizzata come origine della contaminazione lo sversamento da depositi di carburante interrati nei sedimi limitrofi;

b) successivamente sono state rinvenute sette cisterne interrate nel lotto distinto al foglio 39 mappale 133 – 476/7; le cisterne sono risultate fatiscenti, in stato di abbandono e non isolate; due di esse contenevano ancora residui (che fuoriuscivano) di gasolio frammisto ad acqua;

c) nel sottosuolo di un lotto distinto al foglio 39 mappale 237, occupato da una stazione di servizio Tamoil, è stata rinvenuta la presenza di MtBE (sostanza chimica antidetonante della benzina c.d. verde in uso dagli anni ’90 del secolo scorso); tale contaminazione, di origine più recente nel tempo rispetto a quella da gasolio, è stata attribuita all’attività svolta presso la stazione di servizio (dove si vende benzina c.d. verde o senza piombo e, fra gli altri depositi interrati, ve ne è uno per l’appunto dedicato alla benzina senza piombo);

d) il lotto distinto al foglio 39 mappale 133 – 476/7 ha ospitato per lunghi anni un deposito di idrocarburi; l’ultimo gestore del deposito (dal 1978 al 1986 e limitatamente a gasolio e oli combustibili) è stata la ditta Adige che ha poi trasferito la sua azienda in diversa località (San Zeno) del medesimo comune, con decorrenza 2 gennaio 1986, restituendo il terreno a suo tempo locato ai legittimi proprietari (signori Soave e Zanarotti); sul sedime in questione non è mai stata svolta altra attività di deposito carburante (fatto non contestato ma che comunque emerge dalle note della locale tenenza della Guardia di finanza versate in atti); la contaminazione dei terreni da gasolio (e in misura assai inferiore da olio combustibile) è stata individuata nella fuoriuscita degli idrocarburi dalle su indicate cisterne;

e) con rogito in data 18 aprile 2001, i signori Francesco e Angelo Giuseppe Zanarotti, in una con la signora Mariella Amalia Berardo, hanno venduto il lotto distinto al foglio 39 mappale 133 – 476/7 alla ditta Paradiso; a seguito della presentazione della domanda di concessione edilizia in data 16 gennaio 2002 (favorevolmente assentita dalla commissione edilizia comunale), la ditta Paradiso ha appreso della presenza di un fenomeno di contaminazione dell’area in proprietà.

10. Facendo applicazione al caso di specie delle risultanze istruttorie e dei principi sopra illustrati emerge in modo univoco che:

a) alcun addebito può essere mosso alla ditta Paradiso, neppure a titolo di concorso colposo, in quanto:

I) non è stato dimostrato che avesse contezza della presenza, nel terreno di proprietà, delle sette cisterne di gasolio;

II) invero, l’amministrazione comunale, pur edotta sin dal 1999 della contaminazione da idrocarburi dell’area ex Macello e della possibilità che tale evento dipendesse da cisterne interrate nell’appezzamento limitrofo (all’epoca di proprietà dei signori Zanarotti e Berardo e dal 2001 della ditta Paradiso), non risulta aver informato tempestivamente la ditta Paradiso dello stato dei luoghi neppure allorquando quest’ultima ha inoltrato domanda di concessione edilizia (in data 16 gennaio 2002); inoltre, non ha modificato la destinazione delle aree contaminate, tanto che ha rilasciato certificato di destinazione urbanistica (prot. n. 16659 del 27 novembre 2002) attestando che il terreno in proprietà della ditta Paradiso ricadeva in zona B2.2. di completamento intensivo dei corridoi commerciali e Tr (attrezzature ricettive); non risultano acquisite in atti comunicazioni inoltrate da soggetti pubblici o privati alla ditta Paradiso inerenti lo stato dei luoghi;

b) la ditta Adige è corresponsabile, allo stato con ignoti, dell’inquinamento dei suoli perché:

I) è stato assodato che la contaminazione discende da gasolio (e in parte minima da oli combustibili), nonché da MtBE (sostanza chimica antidetonante della benzina verde, rinvenuta nel sedime sottostante la stazione di vendita Tamoil, integrante una causa di inquinamento più recente rispetto a quella riconducibile al gasolio); che il rilascio del gasolio è stato cronico e risalente nel tempo; che le sette cisterne erano fatiscenti, versando in stato di abbandono, e che non risultava effettuata alcuna attività di bonifica del sito;

II) ancora nel 2003 è stata rilevata la presenza di gasolio misto ad acqua in due delle sette cisterne interrate nel deposito a suo tempo gestito dalla ditta Adige;

III) dal gennaio 1986 nessuna altra impresa ha gestito il deposito; non è stato dimostrato, in alcun modo, che altri soggetti, anche di fatto, abbiano versato gasolio nelle cisterne interrate; non è stato esibito alcun certificato o attestato (rilasciato da pubbliche autorità o soggetti privati) da cui risulti che alla fine del 1985 tutte le sette cisterne interrate erano state completamente ed effettivamente svuotate; tale ultima circostanza non è dimostrata dalle comunicazioni a suo tempo inoltrate dalla ditta Adige - in particolare quella indirizzata alla Prefettura di Verona in data 18 dicembre 1985, dove, per altro, la ditta Adige si è limitata ad affermare che aveva <<…iniziato a porre in vendita anche le scorte d’obbligo a causa del trasferimento della ditta in via S. Zeno, 12 a partire dal 02 gennaio 1986>>, nonché la dichiarazione all’U.T.I.F. del 30 gennaio 1986 di scarico del gasolio per un quantitativo perfettamente corrispondente a quello caricato - trattandosi per l’appunto di semplici dichiarazioni provenienti dalla parte interessata;

IV) il carattere cronico della contaminazione è compatibile con il lungo periodo di tempo trascorso fra la fine della gestione del deposito di via San Vito e l’effettuazione dei primi rilievi geologici (risalenti al 1998 – 1999);

V) le circostanze di fatto individuate nei precedenti punti III) e IV) integrano i requisiti della gravità, precisione e concordanza, richiamati dall’art. 2729 c.c. per dare ingresso ad una prova presuntiva dei fatti controversi (cfr. da ultimo Cass. civ., 7 gennaio 2013, n. 132);

VI) il gestore di un deposito di idrocarburi gestisce un’attività d’impresa pericolosa (ai sensi degli artt. 2050 e 2051 c.c.), è tenuto a mantenere gli impianti in perfetto stato di efficienza e riconsegnarli al proprietario nel medesimo stato; inoltre, nell’esercizio della sua attività (incluse le operazioni connesse alla cessazione della gestione del deposito), deve garantire l’incolumità dei terzi, la sicurezza pubblica e la salubrità dell’ambiente; la violazione di tali doveri integra il requisito dell’antigiuridicità della condotta;

VII) sotto il profilo strettamente eziologico, la condotta omissiva addebitata, ovvero non aver svuotato completamente i serbatoi, si pone come antecedente causale dell’inquinamento, fermo restando l’accertamento dell’efficienza concausale di altri fattori ricollegabili a condotte di terzi (ad esempio la difettosità delle cisterne, l’omesso controllo dello stato delle cisterne medesime e la conseguente mancata attività di manutenzione da parte dei proprietari tornati in possesso del terreno nel 1986); in quest’ottica, da un lato, la ditta Adige ben potrà rivalersi su eventuali altri corresponsabili dell’illecito secondo la regola generale sancita dall’art. 2055 c.c.; dall’altro, il comune valuterà se esercitare i poteri di cui ai vigenti artt. 239 – 253, d.lgs. n. 152 del 2006, anche nei confronti di altri soggetti ritenuti responsabili a titolo di concorso;

VIII) in definitiva si configurano a carico della ditta Adige, sia pure a titolo di concorso, tutti gli elementi costitutivi della responsabilità civile extra contrattuale (condotta, evento, nesso di causalità, antigiuridicità, colpevolezza); in particolare, il nesso di causalità è provato sia utilizzando la più rigorosa teoria della condicio sine qua non (di marca penalista),sia il più ricevuto criterio (in ambito civilistico) del “più probabile che non” secondo la teoria della c.d. regolarità causale (su tali punti si rinvia, ex artt. 74 e 88, co. 2, lett. d), c.p.a. ai principi da ultimo elaborati da Cons. Stato, Sez. V, 28 aprile 2014, n. 2195).

10. In conclusione entrambi i gravami – principale ed incidentale - devono essere respinti.

11. La parziale novità delle questioni giuridiche sottese al presente giudizio – introdotto prima delle pronunce dell’Adunanza plenaria nn. 21 e 25 del 2013 – consente al Collegio, a mente del combinato disposto degli artt. 92, co. 2, c.p.c. e 26, co. 1, c.p.a., di compensare integralmente fra tutte le parti costituite le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

a) respinge l’appello principale;

b) respinge l’appello incidentale;

c) conferma l’impugnata sentenza;

d) compensa fra tutte le parti costituite le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:

Mario Luigi Torsello, Presidente

Vito Poli, Consigliere, Estensore

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 25/02/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)