I SERVIZI PUBBLICI E IL SISTRI DOPO LA MANOVRA DI META’ AGOSTO: PRIME IMPRESSIONI.
(prima parte)

di Alberto PIEROBON

pubblicato su gazzetta enti locali on line Si ringraziano Autore ed Editore

Com’è noto, l’esito referendario di giugno ha comportato l’abrogazione (dal 21 luglio 20011) dell’art. 23-bis D.L. n. 112/2008 convertito con Legge n. 133/2008 ss.mm. e pure delle norme attuative (quali il D.P.R. 07/09/2010 n. 168).

Però il previgente art.113 del D.Lgs. n. 267/2000 (ovvero il TUEL) non può essere considerato reviviscente (vedasi anche la sentenza della Corte costituzionale 26 gennaio 2011 n. 24).

Quindi, per la materia dell’affidamento e della gestione dei servizi pubblici locali sembra essere bastevole, di per sé, l’applicazione della disciplina comunitaria e delle norme domestiche non incompatibili che comportano (è vero) un problema di ricostruzione di compatibilità nella loro lettura, ma che però sembrano altresì aprire interessanti pertugi decisionali per gli enti locali.

Per l’affidamento cosiddetto “in house” restano da rispettare i noti tre requisiti elaborati dalla Corte di Giustizia comunitaria, ovvero:

1. proprietà interamente pubblica del capitale;

2. controllo analogo da parte degli enti locali-soci;

3. attività prevalente a favore degli enti locali).

La normativa comunitaria applicabile (vedasi gli artt. 49 e 106 del testo unico europeo) com’è noto richiede una congrua motivazione in ordine alle ragioni della scelta operata in virtù del riconosciuto principio dell’autoorganizzazione, ma per il resto la disciplina comunitaria – come detto – potrebbe anche non richiedere ulteriori interventi normativi nella sua applicazione.

Per quanto riguarda il modello della società mista, essa è pienamente rispondente alla disciplina comunitaria del PPPI1, purchè la scelta del socio privato (operativo) avvenga mediante una procedura ad evidenza pubblica con duplice oggetto:

la partecipazione al capitale sociale e;

le modalità di espletamento del servizio da affidare direttamente alla costituenda società (ma concretamente svolto dal socio operativo).

Ciò proprio perché trattasi di una procedura equivalente a quella da espletare per l’affidamento a terzi del servizio pubblico; naturalmente senza più alcun vincolo in ordine all’entità delle quote di capitale da riservare alla proprietà privata ovvero a quella pubblica.

In assenza di disciplina domestica (quale quella di cui si tratterà in prosieguo) e in presenza dei risultati referendari dovrebbe considerarsi essere venuto meno l’obbligo di dismissione delle partecipazioni sociali, già previsto dalla normativa transitoria di cui all’art. 23- bis, comma 8.

In altri termini: potrebbero proseguire gli affidamenti di servizi pubblici a società miste e/o in house anche se prive dei requisiti voluti dall’ordinamento comunitario, esistendo peraltro il generico obbligo degli enti locali/soci di conformare gli assetti societari ed i rapporti sorti dagli affidamenti.

Rimarrebbero, invece, tutte le altre limitazioni stabilite:

dall’art. 13 decreto cosiddetto “Bersani”;

dall’art. 3, commi 27 e seguenti della Legge n. 244/2007;

dall’art. 14, comma 32 della Legge n. 122/20102.

E’ ora intervenuto il decreto legge 13 agosto 2001, n.138 recante <Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo> che muovendo (o prendendo a pretesto) la “eccezionale” (!) crisi finanziaria internazionale3, di fatto sembra non introdurre una semplificazione “reale” di taluni oggetti ivi interessati, bensì sembra sostanzialmente riscrivere (in modo aggiornato, tenendo conto delle critiche precedentemente sollevate in parte qua) l’art.23 - bis sui servizi pubblici locali e che, tra altro, interviene in diverse materie, tra le quali il famoso sistema di tracciabilità dei rifiuti (SISTRI).



In via generale, condividiamo le schiette notazioni di B.CARAVITA circa la prevedibilità della crisi (e il teatrino politico, ma pure mediatico e tecnocratico tutt’ora in corso), in particolare siamo visceralmente d’accordo sul fatto che (tra molte altre questioni) la maggior preoccupazione economico-sociale del nostro Paese sia costituita dalla criminalità organizzata (non solo al Sud, ma pure al Nord), eccetera4.



Vogliamo di seguito limitarci a brevissime annotazioni (riservandoci di intervenire in modo più sistematico sulle tematiche oggetto del decreto) sull’abolizione del SISTRI e sulla rivisitazione della disciplina dei servizi pubblici locali.



Sono “annotazioni” proprio perché si vocifera che il testo del decreto legge n.138/2011 potrà essere radicalmente modificato già nel corso dei lavori parlamentari, per cui sembra opportuno rinviare le necessarie disamine non appena il quadro sarà assestato (quantomeno con la conversione del decreto in legge), con ciò non esimendoci dal chiosare (anche con intenzioni di recare, operativamente parlando, elementi utili ) il decreto de quo.

Cominciamo, quindi, dal SISTRI.

L’art.6, comma 2, abroga (lettere dalla “a” alla “h”) tutta una serie di disposizioni che riguardano, appunto, il SISTRI.

Più esattamente, vengono abrogate: la disposizione che prevedeva il finanziamento (di start up) del sistema (comma 1116 dell’art.1 della Legge 296/2006, “finanziaria 2007”), poi la norma che “blindava” la disciplina SISTRI tramite l’evocazione delle esigenze di ordine pubblico, di sicurezza e di lotta alla criminalità (vedi art.14bis del D.L. 78/2009). Ancora, l’art.188 bis che riguarda la tracciabilità viene espunto assieme all’art.260-ter (sanzioni SISTRI) e ai decreti ministeriali regolamentanti il SISTRI, però non potendosi creare un vuoto normativo per quanto riguarda la tracciabilità (ribadita in modo alquanto, come dire…. “preciso” anche dalla direttiva 2008/98/CE, della quale direttiva il D.Lgs. n.205/2010 costituiva un recepimento che si allargava assai con il sistema informativo/informatico) ha “richiamato” il comma 2, lettera “b” dell’art.188 bis che “intrecciava” all’obbligo del SISTRI anche gli adempimenti (ove previsti) dei registri di carico e scarico dei rifiuti e del formulario (di cui agli articoli 190 e 193 del D.Lgs. 152/2006 ss.mm. e ii.). Per cui essendo stato abrogato (in toto, ab origine) il SISTRI rimarrebbe in piedi la tracciabilità “tradizionale” ovvero cartacea dei registri e dei formulari, non mancando però (anche qui) qualche pasticcio di coordinamento (tra abrogazioni, modifiche, e norme transitorie passate e non presenti all’attuale).

Solo, appunto, per limitarci a brevissime considerazioni. In un Paese normale qualcuno dovrebbe spiegare questa…. “meteora”. Noi siamo stati spesso critici al SISTRI per come congeniato,comunque sempre in modo costruttivo, senza cavalcare onde emotive o le occasioni del “mordi e fuggi”5.

La tracciabilità della gestione dei rifiuti va senz’altro (oltre che doverosamente) attuata però – a nostro modesto avviso - in modo più…. “fino”, tenendo però conto della diversità di tipologie di rifiuti, dei diversi soggetti, dei costi, eccetera.

Ora, dopo che sono stati versati decine di milioni di euro alle casse statali quali contributo di iscrizione e per l’acquisto delle attrezzature (a tacere dei rilevanti costi organizzativi e di adeguamento dei soggetti obbligati), dopo che molti consulenti hanno ingrassato i loro depositi bancari preoccupando i soggetti obbligati (e anche quelli non obbligati che non sapevano se tali dovevano considerarsi…) tramite la proliferazione di pareri e di corsi di formazione (e di aggiornamento che seguivano il profluvio normativo e della soft law) sul SISTRI, dopo che lobbies di categorie, di softwarehouse e di studi di consulenza stanno ancora corteggiando parlamentari e mandarini di Stato per cercare di “imprimere” diverse prospettazioni attuative (anche nella parte “non scritta” del SISTRI, ovvero in quella – ficcante - del sistema informativo) ridondando, ovviamente, in (alla fin fine, obiettivamente) alterate posizioni di conoscenza (anticipatorie delle tendenze del mercato che si prospetta nella interoperabilità, nella consulenza, nei tanti bla bla bla) che sembrano discriminare (in peius, ovviamente) quei poveri diavoli che non possono tirare la giacca a niuno, o che non possono vantare numi tutelari,si diceva che dopo tutto questa sorta di “inferno” viene ad abolirsi (qualcuno dice improvvisamente, qualcuno dice che si sapeva) il SISTRI (dalle sue fondamenta) senza però dire che si farà dei non irrisori importi introitati dai soggetti obbligati, che si farà dei soldi spesi (e sembrano essere importi assai cospicui) per mettere in piedi il SISTRI, che si farà delle strutture apprestate e costituite (compresi gli investimenti di hardware e software) e dei dipendenti e degli organismi gravitanti sul sistema:si badi, com’è noto, mai partito.

Soprattutto, non si capisce e non si dice chi si assume/assumerà (se poi qualcuno verrà mai chiamato a farlo, anche in presenza di questa abolizione) la responsabilità di avere come dire… “giocato” a monopoli coi soldi pubblici e con quelli dei soggetti attratti nel “gioco” del SISTRI.

Al momento (cioè grazie al decreto legge n.138/2001) è possibile che qualcuno abbia “cavalcato” la protesta e le lamentazioni imprenditoriali (che sappiamo essere, fuori dall’ipocrisia delle piroette istituzionali, moltissime e quasi sempre giustificate) sul nuovo orpello (e onerosità a vario titolo) costituito dal SISTRI, nonostante le divisioni intestine nella compagine governativa che sembrano aver fatto più volte capolino (tra Lega e PDL e tra taluno del PDL e il Ministro Prestigiacomo, ma non solo).

Ma, vedremo se il SISTRI (sotto altro nome, sotto altra forma) paradossalmente resusciterà proprio prendendo a pretesto chi sta ora criticando l’abolizione…..

In altri termini, a noi pare che possa essere molto ….“efficace” azzerare l’attuale disciplina (e opina menti tutti) del SISTRI con la sua successiva riscrittura ad opera di tecnici probabilmente diversi dagli attuali, seguendo logiche diverse.

Il tutto dopo che taluno ha riportato (mediaticamente e politicamente) il “merito” di aver abolito il SISTRI riportando ampia soddisfazione imprenditoriale, se non futuro riconoscimento elettorale (politico) da molti soggetti (non solo imprenditori), eccetera.

Il SISTRI sembra infatti essere stato finora propinato come uno spauracchio che,negli intenti governativi, doveva soprattutto contrastare la criminalità (piuttosto che preoccupare i produttori dei rifiuti e i gestori) anzi, il SISTRI com’è noto, muoveva (e si proteggeva) proprio dalle più volte sbandierate considerazioni di sicurezza e di lotta alla criminalità.

Elementi, questi ultimi, che non sappiamo come ora possano venire disinvoltamente piegati (per quasi sparire) alle dianzi esibite esigenze e/o logiche tese allo sviluppo imprenditorial-economico e di contrasto alla crisi economica (di cui al decreto n.138/2011).

Nel bilanciamento tra le predette due esigenze, a noi pare che le prime dovrebbero rimanere integre e non appiattibili e/o non espungibili, anzi…… Comunque la tracciabilità non può venire pensata solo come elemento di lotta alla criminalità, quasi criminalizzando tutti nella sua “sistrizzazione” (di pensiero e di metodo).

Qui le cose sembrano davvero confondersi (fors’anche volutamente) perché preminente sembra essere la spinta demolitoria (senza la pars construens, se non come macerie dell’edificio precedente: registri e formulari) quale risposta, si ripete, alle lamentazioni di certune lobbies e di soggetti imprenditoriali, ma non solo (soprattutto dei soggetti di piccole medie dimensioni) al (sempre imminente) avvio del SISTRI, ma anche nella consapevolezza che il SISTRI, per come era stato congeniato e organizzato, non poteva partire con successo, anzi, diciamo la verità, rischiava addirittura l’implosione…. trascinando in essa tutti i protagonisti (diretti e indiretti) di questa iniziativa (giusta nella finalità, inopportuna e da correggere in molti aspetti).

Ma, rimaniamo convinti in una prossima (forse in sede di conversione del decreto legge?) “resurrezione” del SISTRI, si tratta ora di capire se, come auspichiamo, si farà tesoro di tutti gli errori finora emersi e/o segnalati sul SISTRI, evitando atteggiamenti di supponenza, autoritativi, vessatori,eccetera, imboccando una strada più equilibrata che distingua tra soggetti e soggetti e che abbia il coraggio di introdurre tattiche ed elementi informativi “seri” e più adatti (laddove poi si voglia veramente perseguire l’obiettivo della lotta alla criminalità) al monitoraggio e al contrasto alle organizzazioni criminali (non al povero produttore di pochi rifiuti una tantum, o all’ufficio che produce toner da fotocopiatore), consentendo agli enti locali di svolgere in modo trasparente (e anche autonomo, che non vuol dire esclusivo) le loro attività di controllo e quant’altro necessiti non solo ai fini sanzionatori, ma pure di conoscenza dei flussi dei rifiuti e della programmazione della loro “gestione” (fuori da logiche dirigistiche e poliziesche tout court).




1 Quale precisata dalla “Comunicazione interpretativa della Commissione sull’applicazione del diritto comunitario ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI)”, in G.U.U.E. 12/04/2008 C 91/4.







2 il DL. 06 luglio 2011 n. 98 convertito con modificazioni in Legge 15 luglio 2011 n. 111 ha ulteriormente novellato tale ultima disposizione di legge, eliminandone l’ultimo periodo: è divenuto perciò immediatamente operativo l’obbligo dei comuni con meno di 30.000 abitanti di mettere in liquidazione (ovvero di dismettere) entro il 31/12/2013 tutte le società esistenti in data 01/06/2010 e che non posseggano i tre requisiti (ultimi 3 esercizi in utile, inesistenza nei precedenti esercizi di riduzioni di capitale per perdite di bilancio, nonché di perdite comportanti l’obbligo per il comune/socio di intervenire per il ripiano) stabiliti dall’art. 14, comma 32. Ma anche qui la manovra agostana ha cambiato, come vedremo, lo scenario.



3 Nel preambolo del decreto leggiamo: <Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di emanare disposizioni per la stabilizzazione finanziaria e per il contenimento
della spesa pubblica al fine di garantire la stabilita' del Paese con
riferimento all'eccezionale situazione di crisi internazionale e di
instabilita' dei mercati e per rispettare gli impegni assunti in sede
di Unione Europea, nonche' di adottare misure dirette a favorire lo
sviluppo e la competitivita' del Paese e il sostegno
dell'occupazione>.

4
 <Quale manovra, quale europa> in federalismi, n.16/2011 (19 agosto 2011) pur condividendo l’affermazione che molte novità o iniziative seguono mode e slogans, sarebbe da meglio approfondire la posizione sull’abolizione delle Province….

5
 Si rinvia, da ultimo, ai nostri <Il SISTRI come governante dei rifiuti? Ortopedie, chirurgie, dermatologie e immunologie> in rivista di diritto e giurisprudenza agricoltura, alimentare e dell’ambiente, Roma, nn. 6 e 7/8 del 2011.