L’istituzione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (art.14 del D.L. 6/12/2011, n.2011)

di Alberto PIEROBON

Tra le molte novità ambientali del decreto cosiddetto “Monti”, sulle quali ci soffermeremo prossimamente - una volta verificato se (e come) gli emendamenti comporteranno modifiche al testo originario - incontriamo all’art.14 la <Istituzione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi>.

In verità di rimaneggiamento,se non di rifondazione, del tributo in parola si è parlato recentemente con il RES, un tributo (una cosiddetta service tax2) pensato nell’alveo del federalismo fiscale municipale (art.14, comma 7 del D.Lgs. 14 marzo 2011,n.233), che riguardava non solo i rifiuti, ma pure i servizi indivisibili (illuminazione, manutenzione, pulizia delle strade, etc.), quindi anch’essa legata alla detenzione, occupazione, possesso (a qualsiasi titolo) di un locale o aree presuntive di produzione di rifiuti secondo quantità e qualità medie ordinarie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte. Rimanevano possibili le ipotesi di esenzioni e riduzioni tramite previsione regolamentare dei Comuni. Le realtà che avevano avviato sistemi di misurazioni cosiddetti “puntuali” potevano applicare una tariffa avente natura corrispettiva. Un elemento nuovo riguardava una sorta di no tax area per redditi fino ad una certa soglia,oppure versanti in altre condizioni reddituali. Prima ancora, con Legge delega n.42 del 2009 si evocava un nuovo tributo immobiliare (sempre una “service tax”) che però sembrava essere un accorpamento di altri proventi eterogenei (IVA, IRPEF,sui trasferimenti, e, una parte di TARSU e di TIA)4.

Ora, nel testo del decreto legge n.210/2011 abbiamo una sorta di mosaico che cerca di recuperare quanto era emerso con la RES.

Ma, vediamo, punto per punto, di esprimere le nostre prime impressioni, riservandoci di analizzare il tutto in modo compiuto, una volta che il decreto legge sarà convertito in Legge.

Riteniamo utile svolgere questo primo commento riportando il testo completo, annotandolo, proprio per rendere comprensibile i nostri passaggi e le nostre considerazioni.

<1. A decorrere dal 1° gennaio 2013 è istituito in tutti i comuni del territorio nazionale il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, svolto in regime di privativa dai comuni e dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni>.

La formulazione è condivisibile, poichè solo l’attività dello smaltimento rientra nella privativa.

E’ da aspettarsi che certune lobbies pubbliche cercheranno di ampliare la gestione pubblica ricomprendendovi anche il recupero.

Ma è preferibile mantenere l’attuale formulazione proprio perché, altrimenti, il regime di privativa verrebbe ad espandersi, fagocitando le gestioni private, quando l’attuale tendenza legislativa (salvo che per il settore idrico) muove per la privatizzazione non solo dei soggetti, ma pure delle attività svolte dalle società pubbliche.

Del resto, anche le attività svolte jure privatorum dal pubblico, traggono giovamento (con distorsione del mercato e concorrenziale) dalle risorse e dalle informazioni detenute grazie alla loro presenza in veste di soggetto pubblico operante nel mercato dei rifiuti urbani (e assimilati).

Se quindi è ragionevole anzi doveroso, pensare al sistema pubblico organizzato e strutturato in modo tale da fronteggiare le problematiche igienico-sanitarie connesse allo smaltimento dei rifiuti pubblici, è da considerare che l’attività del recupero dei rifiuti è sempre più appetita dal mercato (e quindi ben può venire svolta dal privato).

Meno sostenibile (e corretto) a noi pare, sia di pensare al pubblico come al soggetto che gestisce i flussi dei rifiuti non solo urbani (ma anche speciali) sia per lo smaltimento, che per il recupero (come sta avvenendo in molte parti d’Italia, tanto che la nuova strategia dei privati come dire …. “spodestati” sta nel fare partnerariato col pubblico, peraltro con forme che sembrano essere – spesse volte – opinabili sotto il profilo dell’interesse pubblico, a tacer d’altro).

Siamo d’accordo nella scelta del legislatore governativo se si intende per servizi indivisibili quelli relativi al servizio di gestione integrata dei rifiuti (che poi riguardano i servizi di spazzamento, di ritiro dei rifiuti abbandonati sul suolo pubblico, dei servizi generali, etc.). Ma, invece, come abbiamo accennato in esordio circa il RES, questi servizi indivisibili (vedasi il comma 13) si riferiscono alla fiscalità comunale.

Riteniamo, sul punto, che vi sia un fondato rischio acchè i principi e la logica sottesa alla tariffa possano venire invocati in sede giudiziale (soprattutto, anzi sicuramente, avanti il giudice comunitario) per censurare alcune parti dell’impianto del tributo, tra le quali la sua “contaminazione” con aspetti che di ambientale non hanno nulla5.

Al più (sensibilizzandosi sulla parte ambientale) si potrebbe pensare di riferire i servizi indivisibili a quelli connessi alla prevenzione e tutela dell’inquinamento da rifiuti, dando una funzionalizzazione alla discrezionalità comunale in parte qua.

<2. Soggetto attivo dell’obbligazione tributaria è il comune nel cui territorio insiste, interamente o prevalentemente, la superficie degli immobili assoggettabili al tributo>.

<3. Il tributo è dovuto da chiunque possieda, occupi o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti6, suscettibili di produrre rifiuti urbani>.

Il termine <suscettibilità> era emerso già con la RES, ed è un concetto che deve essere, a nostro avviso, meglio chiarito. Sembra con ciò forse intendersi una sorta di presunzione, dotata di una buona probabilità di avverarsi? Si veda però anche il comma 9 laddove la commisurazione del nuovo tributo (per la parte rifiuti) avviene per le quantità –qualità medie ordinarie <prodotti>. L’ordinarietà richiama infatti il probabilismo.

Forse si deve intendere che la <suscettibilità> sia riferita a situazioni (vedi per esempio locali detenuti ma non abitati, però arredati e allacciati alle utenze elettriche,acqua, etc.) per le quali comunque l’utente è tenuto al pagamento del tributo (su base superficie), quantomeno per una certa quota (vedasi poi, la possibilità di introdurre esenzioni e riduzioni in sede regolamentare da parte del Comune), mentre la tariffa (si badi) ordinariamente viene calcolata su rifiuti prodotti (non presuntivamente prodotti per il solo mero disporre di una superficie rientrante nella fattispecie di assoggettamento).

Nella disciplina tarsu l’art.62 (presupposto della tassa ed esclusioni) al comma 2 del D.Lgs. n. 507/1993 stabiliva <Non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre (NB: quale presupposto di idoneità, cioè quale aspetto oggettivo intrinseco. NdA) rifiuti o per loro natura o per il particolare uso (cioè comportamento, con una relazione inferenziale assunta ope legis a base della tarsu. NdA) cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell’anno….>. Anche qui occorre meglio riflettere.

<4. Sono escluse dalla tassazione le aree scoperte pertinenziali o accessorie a civili abitazioni e le aree comuni condominiali di cui all’articolo 1117 del codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva7>.

<5. Il tributo è dovuto da coloro che occupano o detengono i locali o le aree scoperte di cui ai commi 3 e 4 con vincolo di solidarietà tra i componenti del nucleo familiare o tra coloro che usano in comune i locali o le aree stesse8>.

<6. In caso di utilizzi temporanei di durata non superiore a sei mesi nel corso dello stesso anno solare, il tributo è dovuto soltanto dal possessore dei locali e delle aree a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione, superficie9>.

<7. Nel caso di locali in multiproprietà e di centri commerciali integrati il soggetto che gestisce i servizi comuni è responsabile del versamento del tributo dovuto per i locali ed aree scoperte di uso comune e per i locali ed aree scoperte in uso esclusivo ai singoli occupanti o detentori, fermi restando nei confronti di questi ultimi, gli altri obblighi o diritti derivanti dal rapporto tributario riguardante i locali e le aree in uso esclusivo10>.

<8. Il tributo è corrisposto in base a tariffa commisurata ad anno solare, cui corrisponde un’autonoma obbligazione tributaria>.

<9. La tariffa è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti (essendo riferita alla produzione, si presuppone una presunzione – si veda quanto osservato in precedenza sul termine “suscettibili”- per cui si potrebbe osservare taluni locali suscettibili di produrre rifiuti che vengono assoggettati al nuovo tributo, con commisurazione negativa - salvo per quanto concerne la cosiddetta “quota fissa” - della tassa per mancata produzione di rifiuti. Rimane quindi da stabilire – probabilmente il Regolamento del comma 12 provvederà in tal senso - la disciplina delle situazioni di cui trattasi NdA) per unità di superficie11, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base dei criteri determinati con il regolamento di cui al comma 12. Per le unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano, la superficie assoggettabile al tributo è pari all'80 per cento della superficie catastale determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138. Per gli immobili già denunciati, i comuni modificano d’ufficio, dandone comunicazione agli interessati, le superfici che risultano inferiori alla predetta percentuale a seguito di incrocio dei dati comunali, comprensivi della toponomastica, con quelli dell'Agenzia del territorio, secondo modalità di interscambio stabilite con provvedimento del Direttore della predetta Agenzia, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Nel caso in cui manchino, negli atti catastali, gli elementi necessari per effettuare la determinazione della superficie catastale, gli intestatari catastali provvedono, a richiesta del comune, a presentare all'ufficio provinciale dell'Agenzia del territorio la planimetria catastale del relativo immobile, secondo le modalità stabilite dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, per l'eventuale conseguente modifica, presso il comune, della consistenza di riferimento. Per le altre unità immobiliari la superficie assoggettabile al tributo è costituita da quella calpestabile>.

<10. Nella determinazione della superficie assoggettabile al tributo non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano di regola rifiuti speciali12, a condizione che il produttore ne dimostri l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente>.

La disposizione de qua sembra essere stata “pensata” quale forma di deterrenza (per l’evasione dal tributo) e di sanzione nei confronti dei soggetti produttori di rifiuti speciali (invero, esclusi dalla privativa e dal tributo), non quindi come una forma ampliativa (come platea di utenti e categoria tipologica di rifiuto) del tributo13.

E’ per noi opinabile il fatto che se il soggetto produttore di rifiuti speciali (quindi esclusi dal regime di privativa) non dimostra l’avvenuto loro, corretto, trattamento (il trattamento comprende sia lo smaltimento, che il recupero) deve automaticamente essere assoggettato (in toto) alla tariffa, cioè anche per le attività che comunque non rientrano nella doversità del servizio pubblico.

Il comportamento del produttore (cosiccome del detentore) di rifiuti speciali per uno scorretto trattamento dei propri rifiuti è già sanzionato dal Codice Ambientale.

La disposizione, quindi, diventa l’occasione perché questi soggetti si mettano in regola sull’eventuale versante della tassazione pubblica, però dimostrando una situazione che non è rilevante (direttamente) per il provento comunale.

Indirettamente la medesima previsione potrebbe essere richiamata come forma di inventariazione e di conoscenza delle situazioni presuntive di inquinamento da gestione dei rifiuti.

Ma non esistono forse, come si è poc’anzi cennato, diversi sistemi di controllo e di conoscenza?

A nostro sommesso avviso, sarebbe più “corretto” (per ridare coerenza sistematica alle disposizioni tributarie, quantomeno con quelle ambientali) che questa disposizione fosse riformulata come segue:

<Nella determinazione della superficie assoggettabile al tributo non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano rifiuti dichiarati assimilati avviati al recupero, a condizione che il produttore ne dimostri l’avvenuto recupero in conformità alla normativa vigente>.

<11. La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio di gestione dei rifiuti, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata (noi aggiungeremmo <ai soli costi di gestione del servizio riferiti>: questa precisazione a nostro avviso consente di evitare, da parte di chi calcola la tariffa di “giocare” tra gli elementi della quota fissa dentro la quota variabile - riferita ai costi operativi o di esercizio – in questo modo la tariffa diventa più trasparente e controllabile.

E’ chiaro che sarà sempre il Regolamento del comma 12 a dettagliare per bene questi aspetti, ma riteniamo debbano stabilirsi in questa sede – ex art. 23 Cost. - i criteri essenziali altrimenti potremo assistere come già avvenuto in passato ad un “assalto alla diligenza”. NdA) alle quantità di rifiuti conferiti (dalle utenze domestiche e assimilate,e NdA) al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio. La tariffa è determinata ricomprendendo anche i costi di cui all’articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36>.

<12. Con regolamento da emanarsi entro il 31 ottobre 2012, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabiliti i criteri per l’individuazione del costo del servizio di gestione dei rifiuti e per la determinazione della tariffa. Il regolamento emanato ai sensi del primo periodo del presente comma si applica a decorrere dall’anno successivo alla data della sua entrata in vigore. Si applicano comunque in via transitoria, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino alla data da cui decorre l’applicazione del regolamento di cui al primo periodo del presente comma, le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158>.

Anche qui riteniamo sia utile definire da subito un termine entro il quale il Regolamento debba essere emanato, pur nel rischio di assistere (come è successo per il Regolamento ex art. 238 del D.Lgs. 152/2006) ad una latitanza che ha comportato la coesistenza della tarsu e della tariffa di cui all’art.49 del D.Lgs. n.22/1997 e poi, con una alchimia un po’ casareccia, l’innestarsi delle due (oltre alla tariffa cosiddetta “sperimentale”) con effetti da provetti “chimici”….

<13. Alla tariffa determinata in base alle disposizioni di cui ai commi da 8 a 12, si applica una maggiorazione pari a 0,30 euro per metro quadrato, a copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni, i quali possono, con deliberazione del consiglio comunale, modificare in aumento la misura della maggiorazione fino a 0,40 euro, anche graduandola in ragione della tipologia dell’immobile e della zona ove è ubicato>.

Temiamo che la suddetta disposizione, per così dire “sganciandosi” dagli elementi connessi alla gestione dei rifiuti che debbono sempre “figliolare” dal principio <chi inquina paga>, potrà essere censurata dalla Corte di Giustizia UE.

Pertanto forse è auspicabile inserire un elemento “ambientale” (connesso al principio di cui sopra) aggiungendo <riferiti alla tutela dell’inquinamento da rifiuti>.

<13-bis. A decorrere dall'anno 2013 il fondo sperimentale di riequilibrio, come determinato ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e il fondo perequativo, come determinato ai sensi dell'articolo 13 del medesimo decreto legislativo n. 23 del 2011, ed i trasferimenti erariali dovuti ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna sono ridotti in misura corrispondente al gettito derivante dalla maggiorazione standard di cui al comma 13 del presente articolo. In caso di incapienza ciascun comune versa all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue. Con le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonche' le Province autonome di Trento e di Bolzano, assicurano il recupero al bilancio statale del predetto maggior gettito dei comuni ricadenti nel proprio territorio. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui allo stesso articolo 27, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, e' accantonato un importo pari al maggior gettito di cui al precedente periodo>.

E’ chiaro che il maggior gettito comunale rinveniente dall’applicazione dello 0,30/mq troverà decurtazione dal gettito statale (quindi lo Stato qui considera delle riduzioni di stanziamenti di bilancio per gli anni futuri, ma ciò evidentemente è dovuto solo al fatto che queste somme vengono spostate dalla fiscalità statale a quella comunale, dove la redistribuzione del tributo segue un criterio patrimoniale (della superficie connessa alla articolazione da darsi alle categorie catastali, agli usi, eccetera).

(continua)
1 Recante <Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici> (G.U. del 6 dicembre 2011, in vigore dallo stesso giorno).

2 Cfr. ex multis, F. CERISANO, Rifiuti e servizi insieme, è il Res, Italia Oggi del 27/10/2011; E.BRUNO -M. MOBILI, La “service tax”supera Tarsu e Tia, Sole 24 Ore del 27/10/2011; G.DEBENEDETTO, Il Res combatte l’evasione, Sole 24 Ore del 31/10/2011.

3 Il quale prevedeva che <Sino alla revisione della disciplina relativa ai prelievi relativi alla gestione dei rifiuti solidi urbani, continuano ad applicarsi i regolamenti comunali adottati in base alla normativa concernente la tassa sui rifiuti solidi urbani e la tariffa di igiene ambientale. Resta ferma la possibilità per i comuni di adottare la tariffa integrata ambientale>.

4 Si veda L.SALVINI, Federalismo fiscale e tassazione degli immobili, Rassegna tributaria, n.6/2010, pag.1611 e seguenti. Per una ricostruzione organica si rinvia all’apposito capitolo contenuto nel volume (a cura di A.PIEROBON), Manuale di diritto e di pratica ambientale, Rimini, 2012 (in pubblicazione).

5 Certo che si dirà trattarsi solo di un espediente dove l’ulteriore provento è innestato nella tariffa rifiuti solo in quanto il riferimento amministrativo di commisurazione rimane, perlopiù, quello della superficie. Inoltre, sempre si potrà dire, che il gettito dell’ulteriore provento beneficia delle procedure di accertamento e di esazione del tributo. Ma, allora, non era forse meglio rimettere mano alle sempiterne ipotesi di una imposta sui servizi generali comunali, al di là della terminologia variamente (e anche talvolta in senso modaiolo) utilizzata? Sul punto ritorneremo funditus.

6 In buona sostanza la disposizione ricalca la disciplina tarsu (art.62 D.Lgs. 15 novembre 1993, n.507) non dissimile da quella tariffaria (art. 49, comma 3 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n.22 ss.mm.ii. e del D.P.R. 27 aprile 1999, n.158).

7 Cfr. l’art. 63, comma 2 del D.Lgs. 507/1993.

8 Cfr. l’art.63, comma 1 del D.Lgs. 507/1993.

9 In questo modo si rendono più sicuri e pratici l’accertamento e l’esazione del tributo.

10 Cfr. l’art.63, comma 3 del D.Lgs. n. 507/1993.

11 L’art.65, comma 1 del D.Lgs. 507/1993 facoltizzava questa commisurazione <o in base alla quantità e qualità medie ordinarie per unità di superfici imponibile dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati producibili nei locali ed aree per tipo di uso, cui i medesimi sono destinati, e al costo di smaltimento>, oppure (altro sistema) per i comuni sotto i 35 mila abitanti <in base alla qualità, alla quantità effettivamente prodotta, dei rifiuti solidi urbani e al costo dello smaltimento>.

12 Cfr. l’art. 62, comma 3, primo periodo, del D.Lgs. 507/1993, ove <Nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti>.

13 Situazione che sembra non essere stata colta nei primi commenti, si veda G.AMBROSOLI, Nella tassa rifiuti gli scarti industriali, Italia Oggi, 7/12/2011. Tra altro, si noti come gli scarti industriali, oggigiorno, a certe condizioni, possono in gran parte considerarsi fuori dal campo applicativo dei rifiuti (vedasi, sintomaticamente, il concetto di sottoprodotto nelle sue ultime formulazioni normative e giurisprudenziali), ma qui il discorso si complicherebbe, con il caso per caso e secondo categorie merceologiche e del concetto di normale pratica industriale (in proposito ci si permette, ancora, rinviare al <Manuale di diritto e di gestione ambientale>, cit.).