TAR Liguria, Sez. II, n. 1698, del 21 novembre 2014
Rifiuti.Illegittimità Ordinanza rimozione di rifiuti inerti e pericolosi (amianto) senza avvio del procedimento

L’ordinanza di rimozione adottata a distanza di quasi due mesi dall’accertamento della presenza di amianto, smentisce l’affermazione del Comune che l’omissione dell’adempimento in parola sarebbe stata imposta dalla necessità di provvedere con assoluta urgenza, a causa della pericolosità del materiale da rimuovere. Inoltre, non può ritenersi che la comunicazione di avvio del procedimento avrebbe rappresentato l’adempimento di un obbligo meramente formale in quanto, alla luce dei rilievi formulati nel ricorso circa l’assenza di responsabilità per l’abbandono dei rifiuti, non si può certo ritenere a priori che l’apporto procedimentale del privato non sarebbe stato idoneo ad influire sull’esito del procedimento. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01698/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00255/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 255 del 2014, proposto da: 
Bagni Annamaria s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Daniele Rovelli, con domicilio eletto presso l’avv. Antonino Bongiorno Gallegra nel suo studio in Genova, via XX Settembre, 37/7A;

contro

Comune di Lavagna, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Ardo Arzeni, con domicilio eletto presso l’avv. Ardo Arzeni nello studio legale Guerello e Vassallo in Genova, via Corsica, 8/7;

per l'annullamento

dell’ordinanza n. 4/2014 del 14/1/2014 dell’Ufficio demanio ambiente e patrimonio del Comune di Lavagna, notificata alla ricorrente in data 24/1/2014, avente ad oggetto rimozione di rifiuti inerti e pericolosi ex art. 192, d.lgs. n. 152 del 3/4/2006,

nonché di ogni atto preparatorio, presupposto, inerente, conseguente e/o comunque connesso ed in particolare della relazione di sopralluogo prot. n. 3122 del 19/11/2013.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Lavagna;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2014 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

La Società ricorrente gestisce l’omonimo stabilimento balneare che, sul lato a monte, confina con la passeggiata di proprietà del Comune di Lavagna.

Nel mese di novembre del 2013, sono stati avviati i lavori di rifacimento della passeggiata suddetta, nel corso dei quali veniva demolita la soletta di cemento che la sorregge e rinvenuta, in corrispondenza dello stabilimento balneare della ricorrente, una preesistente intercapedine.

All’interno dell’intercapedine era depositata una rilevante quantità di materiale inerte (eternit) che, come confermato da successive analisi, conteneva amianto.

In data 16 novembre 2013, personale del Comune di Lavagna ha effettuato un sopralluogo nell’area, rinvenendo un muro di mattoni, di recente realizzazione, posto a chiusura della scalinata che collegava l’intercapedine con l’arenile.

Nella relazione del 19 novembre 2013, gli autori del sopralluogo affermano che il muro suddetto sarebbe stato realizzato con l’esclusiva finalità di occultare il deposito di amianto, materiale riconducibile ai titolari della concessione dei contigui Bagni Annamaria.

Con provvedimento sindacale del 14 gennaio 2014, quindi, il Comune di Lavagna ha ordinato alla Società ricorrente, nella persona del socio accomandatario, di rimuovere tempestivamente, comunque non oltre il termine di dieci giorni dal ricevimento dell’atto, i rifiuti rinvenuti nell’intercapedine, di smaltirli secondo le modalità previste dalla legge e di ripristinare lo stato dei luoghi.

Con ricorso ritualmente notificato il 26 febbraio 2014 e depositato il successivo 10 marzo, la Società interessata ha impugnato il su indicato provvedimento sindacale, denunciando i seguenti vizi di legittimità:

I) Violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi che avrebbe imposto di adottare, in luogo di un’ordinanza sindacale contingibile e urgente, l’ordinanza di rimozione rifiuti disciplinata dall’art. 192 del codice dell’ambiente (d.lgs. n. 152 del 2006);

II) Omessa comunicazione di avvio del procedimento;

III) Incompetenza del Sindaco, poiché l’adozione del provvedimento ex art. 192 cit. appartiene alla competenza dei dirigenti dell’ente locale;

IV) Insussistenza dei presupposti richiesti dallo stesso art. 192 il quale comporta l’accertamento della responsabilità del proprietario del sito;

V) Disparità di trattamento in quanto, pur trattandosi di area demaniale, l’ordine è stato indirizzato esclusivamente nei confronti della proprietaria (rectius: concessionaria) del terreno confinante;

VI) Inveridicità delle circostanze riferite nella relazione di sopralluogo.

Si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Lavagna, contrastando nel merito la fondatezza del ricorso e comunicando di aver direttamente provveduto, nelle more, ad effettuare la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti rinvenuti nell’intercapedine.

All’udienza camerale del 3 aprile 2014, il difensore della ricorrente ha dichiarato di rinunciare all’istanza cautelare incidentalmente proposta con l’atto introduttivo del giudizio.

La parte ricorrente e il Comune di Lavagna hanno ulteriormente articolato le proprie argomentazioni difensive con memorie depositate, rispettivamente, in data 24 luglio 2014 e 18 settembre 2014.

Il ricorso, infine, è stato chiamato alla pubblica udienza del 9 ottobre 2014 e ritenuto in decisione.



DIRITTO

E’ controversa la legittimità del provvedimento con cui il Sindaco di Lavagna ha ordinato alla Società ricorrente di rimuovere i rifiuti pericolosi (materiale inerte contenente amianto) casualmente rinvenuti all’interno di un’intercapedine sottostante la passeggiata comunale.

L’Amministrazione procedente ha fatto proprie le valutazioni del personale comunale che, all’esito di un sopralluogo, aveva ricondotto la presenza dei rifiuti alla Società concessionaria del limitrofo tratto di arenile, collegato all’intercapedine da una scalinata.

Al momento del sopralluogo, peraltro, l’accesso all’intercapedine era precluso da un muro di mattoni che, a giudizio del personale comunale, sarebbe stato recentemente edificato proprio allo scopo di occultare la presenza del materiale pericoloso.

Le censure di legittimità dedotte dalla parte ricorrente, nel contesto di sei motivi di ricorso, possono essere suddivise in due gruppi: quelle del primo gruppo, tese a denunciare la sussistenza di vizi prevalentemente formali, sono accomunate dalla contestazione inerente alla natura del rimedio azionato dall’Amministrazione; gli altri tre motivi di ricorso contengono rilievi intesi ad escludere ogni responsabilità del privato in relazione al deposito dei rifiuti pericolosi che formano oggetto del provvedimento impugnato.

In via preliminare, deve provvedersi all’esatta qualificazione del provvedimento impugnato, attesa la contraddittorietà delle indicazioni emergenti dalla lettera del medesimo che, nelle premesse, richiama sia il potere sindacale di emanare ordinanze contingibili e urgenti in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale (art. 50, comma 5, d.lgs. n. 267/2000 – t.u. enti locali) sia il potere di ordinare la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti ex art. 192 del d.lgs. n. 152/2006 (codice dell’ambiente).

Evidenti ragioni di carattere logico precludono la possibilità di qualificare il provvedimento come una sorta di atto complesso, ossia come “ordinario” provvedimento volto alla rimozione di rifiuti e, al contempo, come rimedio extra ordinem per fronteggiare un’eccezionale esigenza di tutela della salute pubblica.

Si tratta, d’altronde, di due poteri ripristinatori ontologicamente diversi, il primo dei quali presuppone l’accertamento della responsabilità dei soggetti che hanno abbandonato i rifiuti e il secondo, che prescinde da tale accertamento, muove da una situazione di pericolo per la salute pubblica (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. II, 9 febbraio 2012, n. 172).

Nonostante l’esplicito richiamo contenuto nelle premesse, l’atto in questione non può essere considerato, come pretenderebbe parte ricorrente, una ordinanza contingibile e urgente ex art. 50, comma 5, t.u. enti locali, facendo difetto nella fattispecie i presupposti fondamentali richiesti per l’esercizio del relativo potere, vale a dire l’esistenza di una situazione di eccezionalità, non fronteggiabile con gli strumenti giuridici ordinari previsti dall’ordinamento, e il mancato accertamento di specifiche responsabilità in ordine all’abbandono dei rifiuti.

In accordo con la difesa dell’Amministrazione, deve ritenersi, invece, che il provvedimento in questione vada qualificato come ordinanza ex art. 192, comma 3, codice dell’ambiente, secondo il quale “chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2” (abbandono e deposito incontrollato di rifiuti) “è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”.

L’Amministrazione procedente, infatti, si è limitata ad una sintetica ricostruzione dei fatti e ad affermare, richiamando la relazione del sopralluogo effettuato dal proprio personale, la responsabilità dell’odierna ricorrente, senza tuttavia menzionare particolari situazioni di pericolo per la sanità e l’igiene pubblica che, in ipotesi, avrebbero imposto l’utilizzo di rimedi extra ordinem né rendere conto dell’espletamento di alcuna attività istruttoria volta all’individuazione dei pericoli suddetti.

Le conclusioni che precedono comportano la reiezione della censura dedotta con il primo motivo di ricorso, concernente l’improprio utilizzo del potere di ordinanza ex art. 50, comma 5, t.u. enti locali.

E’ destituito di fondamento anche il terzo motivo di ricorso, relativo alla titolarità del potere esercitato nella fattispecie: l’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152/2006, infatti, è una norma speciale sopravvenuta rispetto all’art. 107, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000, cosicché la competenza a disporre con ordinanza le operazioni necessarie per la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti abbandonati spetta al sindaco e non al dirigente dell’ente locale (Cons. Stato, sez. V, 25 agosto 2008, n. 4061).

E’ fondato e meritevole di accoglimento, invece, il secondo motivo di ricorso, con cui viene denunciata l’illegittimità dell’atto per mancata comunicazione di avvio del procedimento, genericamente (e inesattamente) giustificata dall’Amministrazione con riferimento a pretese ragioni di celerità connesse alla tutela della “sicurezza pubblica”.

Come precisato dal Consiglio di Stato con la citata decisione n. 4061 del 2008, infatti, la preventiva, formale comunicazione dell’avvio del procedimento si configura, nella materia de qua, come “un adempimento indispensabile al fine dell’effettiva instaurazione di un contraddittorio procedimentale con gli interessati”, atteso che l’ordine di rimozione può essere adottato esclusivamente “in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo” (cfr. anche T.A.R Lombardia, Milano, sez. IV, 2 settembre 2009, n. 4598).

La difesa comunale afferma che l’omissione dell’adempimento in parola sarebbe stata imposta dalla necessità di provvedere con assoluta urgenza, a causa della pericolosità del materiale da rimuovere, ma tale assunto è smentito, di fatto, dalla tempistica dello specifico procedimento, atteso che l’ordinanza di rimozione è stata adottata a distanza di quasi due mesi dalla relazione di sopralluogo nella quale si riferiva con certezza la presenza di amianto.

Inoltre, non può ritenersi che, nel caso in esame, la comunicazione di avvio del procedimento avrebbe rappresentato l’adempimento di un obbligo meramente formale in quanto, alla luce dei rilievi formulati nel ricorso circa l’assenza di responsabilità per l’abbandono dei rifiuti, non si può certo ritenere a priori che l’apporto procedimentale del privato non sarebbe stato idoneo ad influire sull’esito del procedimento.

Non può trovare applicazione, pertanto, il disposto dell’art. 21 octies, comma 2, della legge n. 241/1990.

Le considerazioni che precedono sono sufficienti a fondare la diagnosi di fondatezza del ricorso, a prescindere dal vaglio dei rilievi formulati con i residui tre motivi di gravame che richiederebbe accertamenti istruttori complessi e tempi non brevi.

La presente pronuncia, d’altronde, risulta pienamente satisfattiva dell’interesse azionato da parte ricorrente in quanto, essendo già intervenuta la rimozione dei rifiuti ad opera del Comune, deve escludersi la possibilità di riedizione dell’attività amministrativa che ha condotto all’adozione del provvedimento illegittimo.

Considerando la peculiarità delle questioni affrontate, le spese del grado di giudizio vanno integralmente compensate fra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Caruso, Presidente

Roberto Pupilella, Consigliere

Richard Goso, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/11/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)