 TAR Lombardia (MI) Sez. IV sent. 408 del 12  febbraioo 2010
TAR Lombardia (MI) Sez. IV sent. 408 del 12  febbraioo 2010
 Rifiuti. Contaminazioni storiche
 
 Con riferimento ai destinatari dell’obbligo di effettuare la messa in  sicurezza dell’area, la legge distingue, con riferimento alle  contaminazioni storiche, qual è quella in giudizio, tra quelle che  comportano rischio immediato per l’ambiente (o rischi di aggravamento),  disciplinate dell’art. 242 comma 1 del D. Lgs. 152/2006, e quelle che  non presentano tale rischio, disciplinate dell’art. 242 comma 11 del D.  Lgs. 152/2006. Per le prime il destinatario dell’obbligo è il  responsabile dell'inquinamento, per le seconde è il soggetto  interessato.
N.  00408/2010 REG.SEN.
 N. 02935/2006 REG.RIC.
 
 REPUBBLICA ITALIANA
 
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
 
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
 
 (Sezione Quarta)
 
 
 ha pronunciato la presente
 
 
 SENTENZA
 
 
 Sul ricorso numero di registro generale 2935 del 2006, proposto da:
 Fallimento Terruzzi Mario Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Umberto  Grella, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Cesare  Battisti 21;
 
 contro
 
 Comune di Monza, rappresentato e difeso dagli avv. Annalisa Bragante,  Paola Brambilla, domiciliato in Milano, via della Guastalla, 8;
 Provincia di Milano, non costituita;
 Agenzia Regionale Protezione Ambiente Lombardia – Arpa, non costituita;
 
 nei confronti di
 
 Immobiliare Mose' Srl, non costituita;
 Terruzzi Maria Luisa, non costituita;
 
 per l'annullamento
 
 previa sospensione dell'efficacia,
 
 - dell’ordinanza del Comune di Monza prot. 0084171 del 6.11.2006  notificata in data 14.11.2006, recante ordine di effettuare la messa in  sicurezza dell’area detenuta dalla fallita società Terrazzi Mario s.r.l.  e presentare l’indagine preliminare ex art. 242 D. Lgs. 152/2006;
 
 - dell’ordinanza del Comune di Monza prot. 0084171 del 6.11.2006  notificata in data 14.11.2006 recante ordine di rimuovere i rifiuti e  provvedere al ripristino dello stato dei luoghi.
 
 Visto il ricorso con i relativi allegati;
 
 Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Monza;
 
 Vista l’ordinanza del TAR Lombardia, sede di Milano, sez. II, 14  dicembre 2006 n. 2335;
 
 Viste le memorie difensive;
 
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2010 il dott.  Alberto Di Mario e uditi per le parti i difensori come specificato nel  verbale;
 
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
 
 FATTO
 
 
 Il fallimento ricorrente è il destinatario di due provvedimenti aventi  la stessa data e, stranamente, anche lo stesso numero di protocollo, con  i quali il Comune di Monza ordina al curatore fallimentare di  effettuare la messa in sicurezza dell’area ai sensi dell’art. 242 comma 1  del D. Lgs. 152/2006 e di rimuovere i rifiuti posti sull’area dello  stabilimento dell’impresa fallita.
 
 Contro i suddetti provvedimenti il fallimento ricorrente solleva i  seguenti motivi di ricorso in fatto ed in diritto.
 
 I) Difetto di legittimazione passiva della curatela fallimentare in  quanto il curatore del fallimento sarebbe estraneo al compimento  dell’attività di contaminazione e di abbandono di rifiuti perchè egli  avrebbe assunto le funzioni dopo la cessazione dell’attività d’impresa,  non sarebbe subentrato nel contratto di comodato tra il proprietario  dell’area (Immobiliare Mosì s.r.l.) e la società poi fallita e, da  ultimo, non potrebbe considerarsi possessore dell’area.
 
 II) Incompetenza in quanto l’art. 197 e l’art. 244 del D. Lgs. 152/2006  attribuirebbero la competenza ad adottare i provvedimenti di bonifica e  monitoraggio alla Provincia.
 
 III) Difetto di motivazione in merito ai rischi di contaminazione che  legittimano ai sensi dell’art. 242 del D. Lgs. 152/2006 l’emanazione  dell’ordine di effettuare la messa in sicurezza, in quanto il Comune di  Monza, diffidando dall’ormai lontano 1995 la proprietà ad effettuare le  opere di messa in sicurezza senza mai provvedere all’esecuzione  d’ufficio, dimostrerebbe implicitamente che non sussiste alcun rischio  grave ed irreparabile che legittimi l’uso di questi poteri.
 
 La difesa comunale eccepisce l’inammissibilità del ricorso per mancata  notifica all’ASL3 in qualità di controinteressata, con riferimento  all’impugnazione dell’ordine di bonifica, e per mancata notifica ai  proprietari dell’area in qualità di controinteressati, con riferimento  all’ordine di rimozione dei rifiuti.
 
 In ordine all’ordinanza di rimozione dei rifiuti il Comune sostiene che  tale ordine rientrerebbe nella competenza comunale per effetto dell’art.  192 comma 3 e 4 del D. Lgs. 152/2006 e la responsabilità del curatore  si desumerebbe dalla stessa norma che prevederebbe una responsabilità in  solido tra il responsabile ed il proprietario od altro titolare di  diritti reali o personali di godimento sull’area.
 
 Con riferimento alla messa in sicurezza dell’area rientrerebbe nella  competenza comunale, anche ai sensi dell’art. 245 comma 1 del D. Lgs.  152/2006, la richiesta di effettuare un’indagine preliminare mentre  sarebbero di competenza provinciale i successivi atti, come  l’approvazione del progetto di bonifica.
 
 In merito alla legittimazione passiva del curatore del fallimento la  difesa comunale sostiene che egli avrebbe la disponibilità giuridica dei  beni del fallimento e quindi anche di quelli nocivi con i conseguenti  obblighi di messa in sicurezza.
 
 All’udienza del 12 gennaio 2010 la causa è stata trattenuta dal Collegio  per la decisione.
 
 
 DIRITTO
 
 
 In primo luogo occorre respingere le eccezioni processuali sollevate  dalla difesa comunale.
 
 Infatti il ricorso introduttivo non andava notificato all’ASL3 in quanto  essa non è né coautrice dell’atto impugnato né controinteressata al  ricorso.
 
 Non è coautrice perché, per avendo partecipato al procedimento con atti  prodromici al provvedimento impugnato, non ha partecipato alla sua  adozione, che rientra nella responsabilità esclusiva del Comune. Gli  accertamenti tecnici svolti dall’ASL3, infatti, costituiscono  esclusivamente il presupposto per l’esercizio dei poteri che il Comune  ha ritenuto necessario attivare per l’eliminazione dei danni ambientali  accertati, senza che l’atto finale del procedimento possa in alcun modo  essere imputato, nella sua fase decisionale, anche all’ASL3.
 
 Non è controinteressata all’accoglimento del ricorso perché, secondo la  giurisprudenza, i presupposti essenziali che integrano la nozione di  controinteressato in senso proprio sono l'elemento formale (ossia la  menzione espressa della persona nell'atto impugnato o la sua immediata  rintracciabilità) e l'elemento sostanziale, cioè l'interesse immediato e  differenziato, rispetto a quello del quivis de populo, a mantenere gli  effetti del provvedimento impugnato. Nel caso in questione mancano, nei  confronti dell’ASL3, entrambi i requisiti, in quanto tale ente non è  destinatario formale dell’atto né ha un interesse differenziato e  qualificato al suo mantenimento, trattandosi di atto esclusivamente  riferibile ad altro ente e che, come tale, fuoriesce dalle sue  competenze e dalla sua responsabilità (T.A.R. Veneto Venezia, sez. I, 19  dicembre 2006 , n. 4131).
 
 Neppure può ritenersi che siano controinteressati i proprietari dei  mappali sui quali la Terruzzi Mario srl ha svolto la propria attività  perché i provvedimenti impugnati riconoscono la loro responsabilità  nell’inquinamento. L’ordinanza di rimozione dei rifiuti è addirittura  diretta anche nei loro confronti, mentre quella di messa in sicurezza  afferma la responsabilità dei precedenti gestori dell’impresa e  proprietari, esponendoli quindi all’affermazione della loro  responsabilità a vario titolo nella vicenda. Ne consegue che essi sono  in realtà dei cointeressati a tutti gli effetti all’accoglimento del  ricorso e quindi non debbono essere destinatari della notificazione  dell’atto.
 
 Venendo ora al merito, il ricorso è fondato.
 
 Con riferimento all’ordinanza di messa in sicurezza e di effettuazione  dell’indagine preliminare, adottata dal Comune ai sensi dell’art. 242  del D. Lgs. 152/2006 sussiste, a tacer d’altro, il vizio di difetto di  legittimazione passiva del curatore fallimentare.
 
 Infatti, con riferimento ai destinatari dell’obbligo di effettuare la  messa in sicurezza dell’area, la legge distingue, con riferimento alle  contaminazioni storiche, qual è quella in giudizio, tra quelle che  comportano rischio immediato per l’ambiente (o rischi di aggravamento),  disciplinate dell’art. 242 comma 1 del D. Lgs. 152/2006, e quelle che  non presentano tale rischio, disciplinate dell’art. 242 comma 11 del D.  Lgs. 152/2006. Per le prime il destinatario dell’obbligo è il  responsabile dell'inquinamento, per le seconde è il soggetto  interessato.
 
 Poiché il Comune, nelle premesse dell’atto ha chiarito che “sussiste  ancora sull’area in questione un pericolo concreto ed attuale di  superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione” si applica  l’art. 242 comma 1 del D. Lgs. 152/2006 secondo il quale “al verificarsi  di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il  responsabile dell'inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le  misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione ai  sensi e con le modalità di cui all'articolo 304, comma 2. La medesima  procedura si applica all'atto di individuazione di contaminazioni  storiche che possano ancora comportare rischi di aggravamento della  situazione di contaminazione.” La norma è quindi chiara nello stabilire  che il destinatario degli atti di messa in sicurezza è il responsabile  dell'inquinamento.
 
 Con riferimento all’indagine preliminare l’art. 242 comma 2 del D. Lgs.  152/2006 stabilisce che “il responsabile dell'inquinamento, attuate le  necessarie misure di prevenzione, svolge, nelle zone interessate dalla  contaminazione, un'indagine preliminare sui parametri oggetto  dell'inquinamento”. La norma è chiara, quindi, nell’individuare, per  tale attività, il responsabile dell'inquinamento.
 
 Per quanto riguarda, poi, l’individuazione del responsabile, la  giurisprudenza ha chiarito che tale non può essere il curatore  fallimentare, almeno nel caso, come quello in questione, in cui la  curatela sia stata aperta dopo il termine dell’attività produttiva. La  giurisprudenza (Cons. Stato, sez. V sent. 3885 del 16 giugno 2009) ha  chiarito infatti che il potere del curatore di disporre dei beni  fallimentari (secondo le particolari regole della procedura concorsuale e  sotto il controllo del giudice delegato) non comporta, necessariamente,  il dovere di adottare particolari comportamenti attivi finalizzati alla  tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori  inquinanti e che la curatela fallimentare non subentra negli obblighi  più strettamente correlati alla responsabilità dell'imprenditore fallito  a meno che non vi sia una prosecuzione nell’attività. Ne consegue che  non può accettarsi che la legittimazione passiva sia del curatore  (poiché ciò, inoltre, determinerebbe un sovvertimento del principio “chi  inquina paga” scaricando i costi sui creditori che non presentano alcun  collegamento con l’inquinamento).
 
 Anche in riferimento all’ordine di smaltimento dei rifiuti il ricorso è  fondato con riferimento all’individuazione del soggetto passivo.
 
 La giurisprudenza, infatti, ha chiarito che, in conformità con gli  orientamenti maturati in seno alla giurisprudenza circa  l’interpretazione dell’art. 14 D.Lgs. n. 22/97, sostanzialmente  riprodotto nell’art. 192 D.Lgs. n. 152/06 – l’ordine di smaltimento  presuppone l’accertamento di una responsabilità a titolo quantomeno di  colpa in capo all’autore dell’abbandono dei rifiuti, e lo stesso vale  per il proprietario o titolare di altro diritto reale o personale  sull’area interessata, che venga chiamato a rispondere in solido  dell’illecito (cfr. T.A.R. Toscana, sez. II, 17 aprile 2009, n. 1431;  id., 1 agosto 2001, n. 1318). Nel caso in esame, il provvedimento  impugnato non contiene alcun elemento che consenta di ascrivere la  (cor)responsabilità dell’abbandono, sia pure in via presuntiva, alla  curatela fallimentare della Terrazzi Mario srl, ultima società operativa  presso lo stabilimento in questione, non essendovi prova, a tacer  d’altro, che la curatela sia stata autorizzata a proseguire l’attività  d’impresa; con la conseguente illegittimità dell’ordine impartito al  fallimento ricorrente dal Comune di Monza, il quale avrebbe semmai  dovuto procedere all’esecuzione in danno delle operazioni di  smaltimento, per poi insinuarsi al passivo della procedura fallimentare  onde recuperare il proprio corrispondente credito (TAR Toscana sez. II,  17 settembre 2009 n. 1447).
 
 Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
 
 
 P.Q.M.
 
 
 Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sede di Milano,  sezione quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo  accoglie e per l’effetto annulla l’ordinanza del Comune di Monza prot.  0084171 del 6.11.2006, recante ordine di effettuare la messa in  sicurezza dell’area detenuta dalla fallita società Terrazzi Mario s.r.l.  e presentare l’indagine preliminare ex art. 242 D. Lgs. 152/2006 ed  annulla l’ordinanza del Comune di Monza prot. 0084171 del 6.11.2006  notificata in data 14.11.2006 recante ordine di rimuovere i rifiuti e  provvedere al ripristino dello stato dei luoghi. i provvedimenti  impugnati nella parte in cui è diretta nei confronti del curatore  fallimentare.
 
 Condanna il Comune al pagamento delle spese processuali a favore del  ricorrente, che liquida nella misura di euro duemilacinquecento/00  (2.500,00) oltre IVA e CPA come per legge.
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità  amministrativa.
 
 Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio  2010 con l'intervento dei Magistrati:
 
 Adriano Leo, Presidente
 
 Ugo De Carlo, Referendario
 
 Alberto Di Mario, Referendario, Estensore
 
 
 L'ESTENSORE                                      IL PRESIDENTE
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 12/02/2010
 
                    




