TAR Puglia (BA) Sez. I n. 905 del 24 giugno 2020
Rifiuti.Determinazione TARI e PEF d’ambito

Solo se si ritiene il PEF (piano economico finanziario) d’ambito completo e rispondente al principio di omnicomprensività può invocarsene la rilevanza ai fini della determinazione della tariffa TARI. Diversamente, se se ne ammette la parzialità, non può pretendersi di assumerlo quale parametro di commisurazione della stessa, ostandovi l’incontestato principio di determinazione della tariffa sulla scorta dell’integrale copertura dei costi di esercizio

Pubblicato il 24/06/2020

N. 00905/2020 REG.PROV.COLL.

N. 01265/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1265 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato Felice Eugenio Lorusso, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Amendola n. 166/5;

contro

A.R.O. Bari 4 non costituito in giudizio;
Comune di Altamura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Sabino Persichella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Principe Amedeo, n.197;

per l'annullamento, previa sospensione dell’efficacia,

chiesto con il ricorso principale e con il ricorso per motivi aggiunti depositati il 4.12.2019:

- della deliberazione del Consiglio comunale di Altamura n. 47 del 24.7.2019, avente ad oggetto: “Artt. 175 co. 8 e 198 del TUEL. Assestamento di bilancio e presa d’atto del permanere degli equilibri di bilancio. Approvazione”, nei limiti d’interesse dei ricorrenti e nella parte riguardante la decisione di determinare, con riferimento all’anno 2019, le tariffe TARI, confermando quelle già fissate per il 2018;

- di ogni atto alla predetta deliberazione connesso, ivi espressamente comprese: la Deliberazione di Consiglio comunale n. 8 del 14.3.2019, avente ad oggetto: “Presa d’atto della nota di aggiornamento al DUP 2019-2021 e approvazione del bilancio di previsione 2019-2021 e relativi allegati”, nella parte in cui si è dato atto di determinare le tariffe TARI 2019 confermando, quelle già stabilite con riferimento all’anno 2018;

- la deliberazione dell’Assemblea dell’Ambito di Raccolta Ottimale – ARO 4 Bari n. 3 dell’8.3.2019, avente ad oggetto: “Servizio Gestione Rifiuti. Approvazione dei PEF (Piani economico-finanziari) del servizio di gestione dei rifiuti urbani per l’anno 2019 del territorio ARO 4 Bari”, nella parte d’interesse del Comune di Altamura e, dunque, relativamente all’approvazione del Piano economico finanziario riguardante il servizio gestione rifiuti del Comune di Altamura e dei relativi allegati al piano economico finanziario, ivi compresa la relazione al Piano finanziario anno 2019 – Comune di Altamura”;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Altamura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 giugno 2020 la dott.ssa Desirèe Zonno;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Gli odierni ricorrenti, tutti nella qualità di cittadini residenti nel Comune di Altamura e iscritti nel ruolo TARI del medesimo comune, impugnano le deliberazioni del Consiglio comunale di Altamura n. 8 del 14.3.2019 di approvazione del bilancio di previsione 2019-2021 e n. 47 del 24.7.2019 di assestamento del bilancio, nella parte in cui determinano, con riferimento all’anno 2019, le tariffe TARI, confermando quelle già fissate per il 2018.

Ne reclamano, questo in estrema sintesi l’interesse fatto valere con il gravame, una determinazione in misura più contenuta, sulla scorta delle risultanze dei costi del servizio desumibili dal piano economico finanziario (PEF) dell’ARO BA/4, per la parte relativa al comune di Altamura, approvato con verbale n.3 dell’8.3.2019 dell’ARO.

Impugnano, nei limiti di interesse, anche tale ultimo atto.

Con motivi aggiunti, a seguito delle difese comunali, formulano ulteriori doglianze avverso i provvedimenti già impugnati.

Nel costituirsi, il Comune di Altamura ha difeso l’operato dei propri organi con argomentazioni delle quali, per esigenze di sintesi, si darà conto nel prosieguo motivazionale.

All’udienza del 10.6.2020, tenutasi in modalità telematica ex art. 84 D.L. n. 18/2020, lette le memorie difensive depositate dalle parti, tra cui quelle dei ricorrenti depositate il 5.6.2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

L’ordine logico di trattazione delle questioni imporrebbe di dichiarare il ricorso inammissibile per difetto di interesse, il cui tema è entrato nel dibattito processuale a seguito di eccezione, rimasta priva di confutazione, sollevata dalla difesa comunale già con le prime difese e ribadita con la memoria di replica, restando le ulteriori eccezioni di tardività assorbite.

Tuttavia, per esigenze di effettività della tutela il Collegio, non si esime dal pronunciarsi anche sul più pregnante vaglio di fondatezza delle doglianze, muovendo da una ricognizione complessiva della pretesa sostanziale fatta valere e con argomentazioni che involgono il tema dell’eccezione preliminare unitamente a quello del merito.

Giova premettere in fatto che con la delibera d’ambito di approvazione del PEF (Piano Economico Finanziario, verbale n.3 dell’8.3.2019) l’ARO ha indicato, sulla scorta della relazione del Comune di Altamura, un costo del servizio pari ad € 7.213.855,93.

Diversamente, nelle delibere comunali sia di approvazione del bilancio di previsione, sia di assestamento dello stesso, il relativo costo viene indicato in € 13.843.243,64, sostanzialmente in linea con quello relativo all’anno 2018 (€ 13.938.140,24).

Denunciando tale discrasia, i ricorrenti, con i due motivi del ricorso principale (di cui il primo ampiamente articolato), contestano l’erroneità degli atti deliberativi comunali, sostenendo che, in base al PEF d’ambito appena menzionato, la tariffa avrebbe dovuto essere sostanzialmente dimidiata.

Ne lamentano, in primo luogo, la violazione dell’art. 8 D.P.R. n. 158/1999 e dell’art. 1, comma 683 L. n.147/2013 (Legge di stabilità per l’anno 2014); la violazione delle linee guida del MEF per la redazione del Piano finanziario e per la elaborazione delle tariffe TARI; nonché l’eccesso di potere per erronea presupposizione in fatto ed in diritto e per sviamento.

Evidenziano, infatti, che gli atti deliberativi comunali non sarebbero stati redatti tenendo conto del PEF d’ambito (da cui il costo risulterebbe ben inferiore), bensì del costo del servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani relativo all’anno 2018, stante la affermata invarianza dei costi anche per il 2019, così violando il principio di correlazione della tariffa al PEF.

“Per dovere di trasparenza” precisano, tuttavia, i ricorrenti, che il contenuto del PEF d’ambito per l’anno 2019, approvato dall’Assemblea dei Sindaci dell’ARO BA/4, con riferimento al Comune di Altamura, sarebbe erroneo per difetto nel contenuto, avendo omesso di considerare, nella determinazione dei costi, alcune voci essenziali.

Esso, infatti, riguarda esclusivamente i costi tecnico-operativi del piano industriale del servizio, senza indicare i costi amministrativi di accertamento, riscossione e contenzioso, né quelli di smaltimento, trattamento e riciclo, ovvero di conferimento delle varie frazioni dei rifiuti o imputabili all’ecotassa.

In altri termini, per stessa ammissione dei ricorrenti il PEF dell’ARO prenderebbe in considerazione, in realtà, solo parte dei costi del servizio.

Con il secondo motivo del ricorso principale i ricorrenti denunciano, oltre al difetto di istruttoria ed erroneità sotto altro profilo, la violazione delle norme (artt. 175, comma 3 e 193 D.Lgs. n.267/2000) che disciplinano la formazione dei bilanci degli Enti locali ed in particolare dei Comuni, anche con specifico riferimento al principio del pareggio finanziario.

La previsione della tariffa nei termini operati dal Comune, in sostanziale conformità a quella dell’anno precedente, comprometterebbe – in tesi - gli equilibri di bilancio per la copertura delle spese correnti e per il finanziamento degli investimenti.

Con il primo motivo del ricorso per motivi aggiunti i ricorrenti denunciano la violazione del principio di omnicomprensività del DEF.

Evidenziano che la censura è sorta proprio dalle difese comunali svolte in relazione al ricorso principale, laddove esse hanno confermato che i costi del servizio indicati nel verbale dell’ARO sono inferiori (rappresentandone solo una parte) rispetto a quelli complessivi sostenuti dal Comune, idonei a rappresentare la base di calcolo della tariffa contestata, venendo in rilievo, nelle deliberazioni d’ambito, solo quelli per il servizio comune a tutti gli enti partecipanti ed in particolare quelli di spazzamento, raccolta e trasporto, restando poi a carico dei singoli Comuni quelli ulteriori di smaltimento, conferimento, ecotassa e costi amministrativi, sicchè in ragione della sostanziale invarianza del costo complessivo (pur registrandosi la rimodulazione delle diverse componenti), il Comune avrebbe correttamente deliberato di mantenere immutata la tariffa TARI, senza operare la invocata riduzione.

Da tali argomentazioni, sostengono i ricorrenti, non potrebbe che desumersi che il Comune abbia poi approvato un ulteriore PEF (integrativo di quello d’ambito), rimasto ignoto negli estremi e nel contenuto, per individuare le ulteriori componenti di costo, così violando, tuttavia, il principio sancito dalla normativa di settore (art. 8 D.P.R. n.158/1999, confermato anche dalle Linee Guida del MEF) di unicità e globalità del documento finanziario.

Con l’ulteriore doglianza portata nel ricorso per motivi aggiunti i ricorrenti, infine, approfondiscono e corroborano quelle già proposte evidenziando che, benchè le difese comunali chiariscano che il pareggio di bilancio è assicurato solo dalla scelta operata di non ridurre la TARI, in ossequio al principio di cui all’art. 1, co 654 L. n.147/2013 - che impone che ne venga assicurata la copertura integrale dei costi – il pareggio stesso non varrebbe a superare la insanabile incongruenza con il PEF, in relazione ai diversi costi ivi indicati.

Le doglianze, stante la stretta connessione, possono essere esaminate congiuntamente.

L’intero impianto ricorsuale muove dall’insanabile discrepanza tra costi del servizio indicati nel PEF d’ambito (più contenuti) e costi del servizio indicati nel bilancio comunale (quasi raddoppiati), facendo da ciò discendere l’illegittimità delle delibere comunali con cui si è confermata la TARI invece di ridurla, sul presupposto della loro erroneità, in relazione all’effettivo ammontare dei costi indicati del PEF.

E’ evidente che il fine ultimo dei gravami è quello di ottenere – in considerazione dell’effetto conformativo della pronuncia - la riduzione dell’imposta.

Tuttavia, tale ambizione collide irrimediabilmente con le stesse allegazioni di parte, laddove si ammette, già nel primo motivo del ricorso principale, che il PEF d’ambito, in realtà, non contempla molte voci di costo necessarie per la determinazione di quello effettivo del servizio nella sua interezza.

Tale rilievo è, poi, confermato dalla considerazione che i ricorrenti non contestano in alcun modo che i costi assunti a parametro dal bilancio comunale siano corrispondenti a quelli effettivi di gestione del servizio che, come ripetutamente affermato dalle difese dell’Ente, sono quelli indicati nel bilancio e non quelli indicati nel PEF.

Da ciò discende, in primo luogo, che le censure di erroneità e difetto di istruttoria, laddove accolte, sotto il profilo conformativo, non condurrebbero alla reclamata riduzione, mediante annullamento delle delibere di approvazione e assestamento del bilancio 2019, bensì solo ad un rimodulazione (in aumento) del DEF (espressamente impugnato), in modo da renderlo coerente all’effettivo costo del servizio per come indicato nel bilancio.

Sotto tale profilo, non può che concludersi, pertanto, per il difetto di interesse dei ricorrenti ai gravami, in ragione dell’inutilità della pronuncia di accoglimento rispetto al bene della vita per cui si agisce (riduzione dell’imposta).

L’impianto ricorsuale presenta, peraltro, un ulteriore profilo di inammissibilità per essere contraddittorio.

Nell’evidenziare la discrepanza tra i costi del servizio indicati rispettivamente negli atti d’ambito ed in quelli comunali, da un lato, infatti, reclama la riduzione della tariffa sulla scorta di quelli indicati nel PEF d’ambito; dall’altro ne ammette la incompletezza ( prospettata dallo stesso Comune nelle proprie difese).

La contraddittorietà emerge laddove si pensi che l’invocata riduzione della TARI richiede, quale presupposto logico, che i costi indicati nel PEF d’ambito siano esatti e, pertanto, su di essi vada calibrata la tariffa, invece che su quelli (maggiori) rappresentati nel bilancio.

Per altro verso, tuttavia, l’esattezza del PEF è revocata in dubbio dalle stesse affermazioni dei ricorrenti, allorquando se ne evidenzia l’erroneità per difetto, assumendosi che di varie voci di costo esso non tiene conto.

Pertanto, la correttezza del PEF, posta a fondamento dell’assunto da cui muovono i gravami è poi smentita dalle stesse argomentazioni difensive dei ricorrenti.

In altri termini, solo se si ritiene il PEF d’ambito completo e rispondente al principio di omnicomprensività può invocarsene la rilevanza ai fini della determinazione della tariffa.

Diversamente, se se ne ammette la parzialità, non può pretendersi di assumerlo quale parametro di commisurazione della stessa, ostandovi l’incontestato principio di determinazione della tariffa sulla scorta dell’integrale copertura dei costi di esercizio, rivelandosi le doglianze così formulate strumentali e funzionali solo ad evidenziare, eventualmente, il non ineccepibile operato del Comune (per aver indotto l’ARO BA/4 ad approvare un PEF incompleto e parziale , senza averlo poi in alcun modo integrato con omologo atto di programmazione), senza che, tuttavia, ciò abbia determinato illegittimità sostanziali degli atti adottati.

La censura di violazione del principio di pareggio di bilancio evidenzia, poi, un ulteriore profilo di perplessità e, per ciò, di inammissibilità sotto il profilo dell’interesse.

I ricorrenti non chiariscono, infatti, in che termini la previsione di una tariffa più elevata (che determina, evidentemente, maggiori introiti e per ciò una più cospicua consistenza finanziaria delle entrate) possa incidere negativamente sul principio di pareggio (che impone di evitare i disavanzi ma non esclude che le entrate siano superiori alle uscite) che, al contrario di quanto sostenuto, sarebbe, invece, compromesso proprio dalla più ridotta misura della tariffa modulata sui costi del PEF.

Le molteplici argomentazioni sin qui esposte valgono, inoltre, a determinare la reiezione anche nel merito dei ricorsi, in quanto evidenziano che la tesi propugnata nei gravami e su cui essi riposano, basata essenzialmente sull’erroneità per eccesso dei costi indicati in bilancio, è priva di fondamento, essendo al contrario emerso – anche a seguito delle argomentazioni difensive degli stessi ricorrenti – l’erroneità per difetto dei costi considerati nel PEF d’ambito.

Per tutte le ragioni suesposte i ricorsi non possono trovare accoglimento.

Le spese, in ragione della particolarità della questione esaminata, derogano alla soccombenza e vengono integralmente compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, li respinge.

Spese integralmente compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2020 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Scafuri, Presidente

Desirèe Zonno, Consigliere, Estensore

Angelo Fanizza, Consigliere