TAR Lombardia (MI), Sez. IV, n. 1260, del 27 maggio 2015
Rifiuti.Illegittimità Regolamento comunale per l'utilizzo su terreno agricolo di fertilizzanti, reflui zootecnici e fanghi di depurazione

Deve considerarsi sottratta ai comuni ogni potestà regolamentare in materia di fanghi biologici, restando riservata agli stessi solo la potestà di sanzionare la violazione delle disposizioni regolamentari preventivamente stabilite dalla Regione ex art. 196 del D.Lgs. n. 152/06, ove queste si sostanzino in violazioni della normativa regolamentare in materia di igiene. Pertanto, deve ritenersi illegittimo che il comune, nell'ambito dei propri poteri, detti norme derogatorie sia della disciplina sopra richiamata che delle specifiche norme della Regione Lombardia, di regolamentazione della materia e di delega alle province delle funzioni autorizzative in materia di spandimento di fanghi biologici. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 01260/2015 REG.PROV.COLL.

N. 01375/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1375 del 2009, proposto da: 
Evergreen S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Enzo Robaldo e Pietro Ferraris, con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, via Mascagni, 24; 

contro

Comune di Cergnago, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Saverio Bertone, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Privata Letizia n. 6; 

per l'annullamento

della deliberazione del Consiglio Comunale n. 4 dell'8 aprile 2009, di approvazione del "Regolamento per l'utilizzo su terreno agricolo di fertilizzanti, reflui zootecnici e fanghi di depurazione", nonché del Regolamento medesimo.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cergnago;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 maggio 2015 la dott.ssa Elena Quadri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con il presente ricorso la società istante, che svolge attività di gestione di rifiuti in forza di autorizzazione rilasciata dalla provincia di Pavia, ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, concernenti l’approvazione del regolamento comunale per lo spandimento dei fanghi biologici sui terreni agricoli, che assume lesivo delle sue prerogative di società di trattamento e di smaltimento dei fanghi reflui.

A sostegno del proprio ricorso l’istante ha dedotto l’incompetenza del Comune nella materia, nonché la violazione di molteplici disposizioni normative.

Si è costituito in giudizio il Comune intimato, che ha chiesto la reiezione del ricorso per infondatezza nel merito.

Con ordinanza n. 783/2009 del 24 giugno 2009 la sezione ha accolto l’istanza cautelare proposta dalla ricorrente.

Successivamente parte ricorrente ha depositato memoria a sostegno delle proprie conclusioni.

All’udienza pubblica del 7 maggio 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso è fondato.

Il collegio, ai sensi dell’art. 74 c.p.a., ritiene di riportarsi alla sentenza sella sezione del 26 maggio 2009, n. 3848, confermata dal Consiglio di Stato con decisione della sezione V, 15 ottobre 2010, n. 7528, che costituisce un precedente conforme.

Ed invero, con il primo motivo la ricorrente ha lamentato l’incompetenza del Comune nella disciplina della materia del trattamento dei rifiuti, che è riservata, invece, allo Stato e alle Regioni.

Come statuito dal giudice d’appello a conferma della decisione di primo grado: “L’art 6 del D.Lgs. n.99/92 demanda alla Regione la potestà di stabilire “ limiti e condizioni di utilizzazione in agricoltura di fanghi in relazione alle caratteristiche dei suoli, ai tipi di colture praticate, alla composizione dei fanghi, alle modalità di trattamento”, nonché di stabilire “ le distanze di rispetto per l'applicazione dei fanghi dai centri abitati, dagli insediamenti sparsi, dai pozzi di captazione delle acque potabili, dei corsi d'acqua superficiali, tenendo conto delle caratteristiche dei terreni (permeabilità, pendenza), delle condizioni meteo climatiche della zona, delle caratteristiche fisiche dei fanghi”; l'art. 196 del D.Lgs. n. 152/06 stabilisce, inoltre, che spetta alla Regione la regolamentazione dell'attività di gestione dei rifiuti.

Deve, quindi, considerarsi sottratta ai comuni ogni potestà regolamentare in materia di fanghi biologici, restando riservata agli stessi solo la potestà di sanzionare la violazione delle disposizioni regolamentari preventivamente stabilite dalla Regione, ove queste si sostanzino in violazioni della normativa regolamentare in materia di igiene.

Pertanto, deve ritenersi illegittimo che il comune, nell'ambito dei propri poteri, detti norme derogatorie sia della disciplina sopra richiamata che delle specifiche norme della Regione Lombardia, di regolamentazione della materia e di delega alle province delle funzioni autorizzative in materia di spandimento di fanghi biologici” (Cons. Stato, sez. V, 15 ottobre 2010, n. 7528).

Deve, infine, precisarsi che l’accoglimento del motivo di incompetenza è assorbente rispetto alle censure su aspetti specifici della regolamentazione.

Ed invero, come statuito dal Consiglio di Stato nella recente decisione del 27 aprile 2015, resa in adunanza plenaria: “Nonostante sia formalmente scomparsa la previsione dell’art. 26, co. 2, l. T.a.r., con il nuovo c.p.a. i termini del dibattito restano invariati e, anzi, si amplia il novero dei vizi che impediscono alla parte di graduare ad libitum i relativi motivi.

Invero l’art. 34, co. 2, c.p.a., dispone che “in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”. …

Secondo una lettura oggettiva, i poteri cui si riferisce l’art. 34, co. 2, c.p.a. sono quelli mai esercitati da alcuna autorità; secondo una opposta lettura, d’indole soggettiva, il riferimento è anche ai poteri non esercitati dall’autorità competente, ovvero quella chiamata a esplicare la propria volontà provvedimentale in base al micro ordinamento di settore.

E’ senza dubbio da preferirsi quest’ultima esegesi, più rispettosa del quadro sistematico e dei valori costituzionali che si correlano a tale norma: diversamente opinando, del resto, verrebbe leso il principio del contraddittorio rispetto all’autorità amministrativa competente nel senso dianzi precisato - sia essa appartenente al medesimo ente ovvero ad ente diverso ma comunque interessato alla materia - dato che la regola di condotta giudiziale si formerebbe senza che questa abbia partecipato, prima al procedimento, e poi al processo, in violazione di precise coordinate costituzionali: l’art. 97, co. 2 e 3 Cost., infatti, riserva alla legge l’ordinamento delle amministrazioni ed il riparto delle sfere di competenza ed attribuzione, impedendo all’autorità amministrativa di derogarvi a suo piacimento (cfr. Cons. Stato, n. 761 del 2013 cit.).

L’art. 34, co. 2, cit., è espressione del principio costituzionale fondamentale di separazione dei poteri (e di riserva di amministrazione) che, storicamente, nel disegno costituzionale, hanno giustificato e consolidato il sistema della Giustizia amministrativa (sul valore del principio e la sua declinazione avuto riguardo al potere giurisdizionale in generale, ed a quello esercitato dal giudice amministrativo in particolare, cfr. da ultimo Corte cost., 9 maggio 2013, n. 85; 23 febbraio 2012, n. 40; Cass. civ., sez. un., 17 febbraio 2012, n.. 2312 e 2313; Ad. plen. n. 9 del 2014 cit.; Ad. plen., 3 febbraio 2014, n. 8). …

Pertanto, in tutte le situazioni di incompetenza, carenza di proposta o parere obbligatorio, si versa nella situazione in cui il potere amministrativo non è stato ancora esercitato, sicché il giudice non può fare altro che rilevare, se assodato, il relativo vizio e assorbire tutte le altre censure, non potendo dettare le regole dell’azione amministrativa nei confronti di un organo che non ha ancora esercitato il suo munus” (Cons. Stato, A.P., 27 aprile 2015, n. 5).

Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va accolto e, per l’effetto, va disposto l’annullamento dei provvedimenti impugnati.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, dispone l’annullamento degli atti impugnati.

Condanna il Comune intimato alla rifusione delle spese di giudizio nei confronti della società ricorrente, che si liquidano in una somma pari ad euro 2000, oltre agli oneri di legge e alla restituzione del contributo unificato dalla medesima versato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 7 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:

Domenico Giordano, Presidente

Elena Quadri, Consigliere, Estensore

Fabrizio Fornataro, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/05/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)