TAR Puglia (LE), Sez. I, n. 1697, del 21 maggio 2015
Rifiuti.Illegittimità ordinanza bonifica sito inquinato già utilizzato a discarica per smaltimento rifiuti speciali prodotti da stabilimento industriale

L’ordine d’intervento di messa in sicurezza d'emergenza deve essere adeguatamente motivato con riferimento all'urgenza, al pericolo per la salute e all'inadeguatezza delle misure preesistenti, alla c.d. significatività e quindi alla rilevanza concreta delle sostanze rinvenute al fine di imporre un intervento in termini così immediati. Ebbene, nessuna di tali situazioni risulta riscontrata ed evidenziata dall’Amministrazione procedente come sussistente nel sito in questione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01697/2015 REG.PROV.COLL.

N. 00875/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Prima

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 875 del 2009, proposto da: 
Sanofi - Aventis Spa, rappresentata e difesa dagli avv. Angelo Vantaggiato, Antonella Capria, Teodora Marocco, con domicilio eletto presso Angelo Vantaggiato in Lecce, Via Zanardelli 7; 

contro

Provincia di Brindisi, rappresentata e difesa dall'avv. Carlo Panzuti, con domicilio eletto presso Antonio P. Nichil in Lecce, viale Leopardi, 151;
Regione Puglia, Comune di San Pancrazio Salentino; 

per l'annullamento

dell'ordinanza Prot. n. 55579 del 6 maggio 2009 della Provincia di Brindisi, Settore Ambiente avente ad oggetto "Bonifica sito inquinato già utilizzato a discarica per lo smaltimento di rifiuti speciali prodotti presso lo stabilimento industriale Sanofi - Aventis SpA ex Lepetit. Ordinanza ex art. 244 D.Lgs. N. 152/06";

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Brindisi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 febbraio 2015 la dott.ssa Patrizia Moro e uditi per le parti i difensori Angelo Vantaggiato, anche in sostituzione di Antonella Capria, Teodora Marocco;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. E’ impugnata l’epigrafata ordinanza con la quale viene ordinato alla ricorrente, in qualità di soggetto che ha realizzato e gestito la discarica ubicata in San Pancrazio Salentino di attuare le misure di prevenzione necessarie a contenere la diffusione di sostanze inquinanti con particolare riferimento a quelle riscontrate nelle acque di falda sottostanti l’area comprendente il sito interessato dallo stoccaggio dei rifiuti, di elaborare e presentare, per la relativa approvazione e autorizzazione all’esecuzione, un piano di caratterizzazione secondo le disposizioni di cui al titolo V, parte IV del d.lgs. 152/2006 e del DM n.471/99, nonché di realizzare i necessari interventi di bonifica che ne dovessero derivare a seguito delle indagini di caratterizzazione e dell’analisi di rischio sito.

A sostegno del ricorso sono dedotte le seguenti censure:

- Violazione e falsa applicazione degli artt. 242 e 244 del d.lgs. 152/2006 – eccesso di potere per difetto di motivazione e illogicità.

- Violazione e falsa applicazione dell’art. 244 del d.lgs. 152/2006 sotto altro profilo – eccesso di potere per travisamento dei fatti e illogicità manifesta – contraddittorietà.

-Violazione e falsa applicazione dell’art.244 del d.lgs. 15272006 sotto altro profilo – assoluta carenza di istruttoria e motivazione.

- Violazione e falsa applicazione dell’art.242 del d.lgs. 152/2006 – violazione e falsa applicazione dell’art.244 sotto altro profilo – difetto di motivazione – eccesso di potere per sviamento.

- Violazione e falsa applicazione dell’art.4 della L.R.17/2000 – eccesso di potere per illogicità manifesta.

Con atto depositato in data 25 giugno 2009 si è costituita in giudizio la provincia di Brindisi.

Con ordinanza n.555/2009 la Sezione ha accolto l’istanza cautelare presentata dalla ricorrente.

Nella pubblica udienza del 5 febbraio 2015 la causa è stata introitata per la decisione.

2. Il ricorso è fondato e deve essere accolto.

2.1. L’art.244 del d.lgs.152/2006 prevede che:

“1. Le pubbliche amministrazioni che nell'esercizio delle proprie funzioni individuano siti nei quali accertino che i livelli di contaminazione sono superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, ne danno comunicazione alla regione, alla provincia e al comune competenti.

La provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo.

L'ordinanza di cui al comma 2 è comunque notificata anche al proprietario del sito ai sensi e per gli effetti dell'articolo 253.

Se il responsabile non sia individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito né altro soggetto interessato, gli interventi che risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo sono adottati dall'amministrazione competente in conformità a quanto disposto dall'articolo 250”.

Da tale disposizione emerge che l'obbligo di adottare le misure, sia urgenti che definitive, idonee a fronteggiare la situazione di inquinamento, è a carico di colui che di tale situazione sia responsabile, per avervi dato causa a titolo di dolo o colpa, mentre tale obbligo non può essere addossato ad un terzo, ove manchi ogni sua responsabilità.

L'Amministrazione non può, infatti, imporre a soggetti esenti dalla responsabilità dell’inquinamento, sia pur se proprietari o detentori dell'area ( tenuti,invece, ad adottare le misure di prevenzione ai sensi del combinato disposto degli artt. 242 e 245 del d.lgs. n. 152/2006 ), lo svolgimento delle attività di recupero e di risanamento del danno causato da colui che ha in precedenza utilizzato e gestito il sito (Cons. Stato, Sez. V, 19 marzo 2009, n. 1612; Tar Toscana, Sez. II, 1 aprile 2011, n. 565).

Come affermato dalla giurisprudenza, ai fini della responsabilità in questione è necessario quindi sussista il rapporto di causalità tra l'azione o l'omissione del destinatario del provvedimento e il superamento - o pericolo concreto ed attuale di superamento - dei limiti di contaminazione, senza che possa venire in rilievo una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al terzo per pretesa titolarità della custodia dell'immobile, meramente in ragione di tale qualità (Cass. Civ. SS.UU., 25 febbraio 2009, n. 4472).

2.2. Facendo applicazione di tali principi nel caso di specie, il Collegio ritiene che il provvedimento impugnato non sia giustificato, non risultando che l’A.P. abbia in alcun modo verificato la sussistenza del c.d. nesso causale tra l’inquinamento rilevato e la responsabilità della ricorrente.

Sanofi, oltre a non essere l’attuale proprietario o detentore dell’area ( il sito è stato ceduto alla Provincia con contratto del 1999), afferma di non essere neppure inquinatore, provandolo mediante il richiamo alla stessa relazione del CNR del 15.12.2008 ( richiamata dalla Provincia di Brindisi a sostegno del provvedimento impugnato), nella quale si afferma che il cloroformio è stato trovato nella falda e non nel terreno, sicchè non può provenire dai rifiuti smaltiti nella cava ; a ciò aggiungasi che nell’ambito del procedimento penale avviato su possibili inquinamenti derivanti dalla cava, il perito d’ufficio nominato dalla Pretura di San Pietro Vernotico aveva accertato, con relazione del 20 aprile 1989, che “il fango stabilizzato prodotto da Lepetit è un rifiuto speciale non tossico e non nocivo…il fango stabilizzato immediatamente e giornalmente smaltito nella discarica di S.Pancrazio Salentino non provoca per la sua composizione nessun inquinamento o ipotesi di pericolo di inquinamento nel sottosuolo…” così escludendo che il fango smaltito da Lepetit inquinasse.Tali conclusioni sono state recepite dalla sentenza emessa nel 1989 dal Pretore di San Pietro Vernotico.

Inoltre, quanto al riferimento espresso nell’ordinanza impugnata alla presenza di dimetilsolfuro nel terreno dell’area di stoccaggio dei rifiuti ( attraverso il quale dovrebbero essere transitati gli inquinanti rinvenuti nella falda ), in un solo campione solido e in un campione di acqua, degli stessi non si indicano le concentrazioni e non si afferma la riconducibilità ai processi produttivi di Sanofi.

Risulta quindi evidente il difetto istruttorio e motivazionale del provvedimento impugnato.

2.3. Con riferimento agli obblighi di prevenzione, non va nondimeno trascurato che, ai sensi dell’art. 245 co. 2 d. lgs. n. 152/06, “Fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all'articolo 242, il proprietario o il gestore dell'area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all'articolo 242”.

In base al precedente art. 242 l’obbligo di adottare le necessarie misure di prevenzione sussiste anche in relazione alle contaminazioni storiche.

Pertanto, è evidente che sul proprietario/gestore dell’area inquinata grava comunque un obbligo di prevenzione, la qual cosa si giustifica in considerazione del fatto che, avendo il proprietario/gestore un potere di uso e custodia dell’area inquinata, conseguente alla signoria che egli esercita su di essa, egli deve ritenersi soggetto indicato per l’adozione degli interventi di carattere preventivo, finalizzati ad evitare l’aggravarsi delle conseguenze dannose dell’accertata situazione di inquinamento e la diffusione dello stesso attraverso il vettore costituito dalla falda acquifera.

Nella specie, tuttavia proprietario e gestore dell’area in questione è la provincia di Brindisi, sicchè anche con riferimento agli obblighi di prevenzione nascenti dalla proprietà del fondo tale valutazione risulta del tutto obliterata nell’atto impugnato.

2.4. Inoltre, l’art. 240, co. 1 lett. i) definisce le misure di prevenzione come “le iniziative per contrastare un evento, un atto o un'omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l'ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia” e ciò quando venga accertato il superamento delle “concentrazioni soglia di rischio (CSR)” che la lettera c) dello stesso comma indica come “i livelli di contaminazione delle matrici ambientali, da determinare caso per caso con l'applicazione della procedura di analisi di rischio sito specifica secondo i principi illustrati nell'Allegato 1 alla parte quarta del decreto e sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, il cui superamento richiede la messa in sicurezza e la bonifica.”.

La successiva lett. t dell’articolo citato definisce quali condizioni di emergenza cui corrispondono obblighi di messa in sicurezza: le concentrazioni attuali o potenziali dei vapori in spazi confinati prossime ai livelli di esplosività o idonee a causare effetti nocivi acuti alla salute; la presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda; la contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli; il pericolo di incendi ed esplosioni.

Appare quindi evidente che l’ordine di intervento di messa in sicurezza d' emergenza deve essere adeguatamente motivato con riferimento all'urgenza, al pericolo per la salute e all'inadeguatezza delle misure preesistenti, alla c.d. significatività e quindi alla rilevanza concreta delle sostanze rinvenute al fine di imporre un intervento in termini così immediati.

Ebbene, nessuna di tali situazioni risulta riscontrata ed evidenziata dall’Amministrazione procedente come sussistente nel sito in questione.

3. Il ricorso deve quindi essere accolto previo assorbimento delle censure non esaminate.

Sussistono nondimeno giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 5 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:

Antonio Cavallari, Presidente

Patrizia Moro, Consigliere, Estensore

Mario Gabriele Perpetuini, Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/05/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)