TAR Emilia Romagna (PR) Sez. I n. 346 del 3 novembre 2017
Rifiuti.Omessa individuazione del responsabile dell’inquinamento
Il testo unico in materia ambientale - d.lgs. n. 152/2006 (successivo alla modifica dell'art. 117 Cost. che, al comma 2, lett.s, attribuisce allo Stato la potestà legislativa esclusiva in materia ambientale), all'art. 250, individua in capo al Comune e, in caso di sua inerzia, in capo alla Regione, l'obbligo di procedere alla bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale dei siti contaminati, nell'ipotesi in cui non ne assuma l'iniziativa il responsabile dell'inquinamento, disciplinando tutto l'iter all'art. 242
Pubblicato il 03/11/2017
N. 00346/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00295/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 295 del 2013, proposto da:
Gualtiero Savazzini, rappresentato e difeso dall'Avvocato Massimo Rutigliano presso il quale elegge domicilio, in Parma, borgo S.Brigida n. 1;
contro
Comune di Parma, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avvocati Laura Maria Dilda, Salvatore Caroppo e Francesca Priori, con domicilio eletto presso gli Uffici dell’Avvocatura Municipale, in Parma, strada Repubblica n. 1;
per l'annullamento
dell'ordinanza del Comune di Parma n. 81312013 prot. n. 43436;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Parma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2017 il dott. Marco Poppi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Nell’ottobre 2003 l’Amministrazione rilevava la presenza di agenti inquinanti nei muri perimetrali dell’immobile di proprietà del ricorrente, sito in Parma via dell’Arpa, e nel terreno circostante (superamento dei limiti di cromo totale e cromo esavalente) e con ordinanza del 12 novembre 2003 “vista l’impossibilità di individuare il responsabile dell’inquinamento” ordinava al proprietario “di mettere in opera gli interventi di messa in sicurezza e la elaborazione di un Piano di Caratterizzazione” (il proprietario provvedeva nel mese successivo alla messa in sicurezza di emergenza e alla bonifica del suolo adiacente al fabbricato).
Con provvedimento del 6 aprile 2007, adottato all’esito di Conferenza dei servizi veniva approvato il Piano di Caratterizzazione con prescrizioni e con ordinanza del 17 dicembre successivo veniva disposto che il ricorrente provvedesse all’esecuzione delle misure con esso predisposte.
Acquisite e valutate in sede di Conferenza dei servizi le integrazioni richieste in ambito procedimentale, con delibera di Giunta del 23 giugno 2011 l’Amministrazione approvava il progetto di bonifica definitivo e, preso atto dell’inerzia del proprietario, con ordinanza del 27 ottobre 2011 veniva ordinato a quest’ultimo di darvi esecuzione.
Il ricorrente avviava l’intervento di bonifica trovandosi tuttavia in condizione di interrompere i lavori per non compromettere la stabilità dell’edificio interessato (circostanza verificata dall’ARPA il 19 marzo 2012 in sede di sopralluogo).
In data 20 marzo 2013, accertato un nuovo superamento dei parametri inquinanti nelle acque di falda analizzate e preso atto di un aggiornamento del Piano di Caratterizzazione effettuato dalla Provincia di Parma, previa convocazione d’urgenza della Conferenza dei Servizi, veniva chiesto al ricorrente di provvedere entro una settimana alle necessarie misure di messa in sicurezza mediante sistemi di pompaggio continuo della falda seguiti da campionamenti settimanali delle acque, nonché, di elaborare un Piano di Caratterizzazione del sito al fine di individuare l’estensione della contaminazione nella matrice delle acque sotterranee ed rilevare la presenza di pozzi e piezometri per un raggio di 200 m dal piezometro campionato (il ricorrente non ottemperava integralmente a tali gravosi adempimenti allegando di non essere responsabile dell’inquinamento rilevato).
Con nota del 1 marzo 2013 il Comune, a circa 10 anni di distanza dai primi rilievi della contaminazione in questione, richiedeva alla Provincia l’attivazione delle procedure di individuazione del responsabile dell’inquinamento.
Detta richiesta veniva dalla Provincia inoltrata all’ARPA in pari data con contestuale richiesta di eseguire campionamenti, inviata anche alla AUSL.
Con ordinanza ex artt. 50 e 54 del D. Lgs. n. 267/2000 datata 8 marzo 2013 il Comune ordinava al ricorrente di “mettere in campo entro 7 giorni dal ricevimento della presente ordinanza tempestive azioni di messa in sicurezza di emergenza (mediante pompaggi e campionamenti periodici)”.
Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica il ricorrente impugnava l’ordinanza da ultimo citata deducendo una pluralità di profili di illegittimità e, a seguito di opposizione del Comune ex art. 10 del d.P.R. n. 1199/1971, riassumeva il giudizio innanzi alla Sezione con atto iscritto al n. 295/2013 R.R..
Il Comune si costituiva in giudizio con memoria formale del 9 luglio 2014.
Con ordinanza presidenziale n. 216 del 1 settembre 2016, preso atto del notevole lasso di tempo trascorso dalla proposizione del ricorso, veniva richiesta all’Amministrazione una relazione di chiarimenti circa i fatti di causa che illustrasse le eventuali sopravvenienze.
L’Amministrazione ottemperava con deposito del 3 novembre 2016 precisando che:
- a seguito dell’ordinanza impugnata il ricorrente dava inizio ai lavori mediante pompaggio delle acque di falda e campionamenti “per una durata di una decina di giorni”;
- in sede di Conferenza dei servizi del 24 luglio 2013, preso atto dell’adempimento solo parziale del ricorrente, veniva stabilito che nelle more dell’individuazione del responsabile dell’inquinamento il Comune sarebbe intervenuto per la “messa in sicurezza di emergenza sostituendosi in danno e riservandosi l’addebito dei costi sostenuti in ottemperanza all’art. 250 del Dlgs 152/06” (pag. 3 della relazione dirigenziale depositata il 3 novembre 2016);
- da tale momento il Comune provvedeva “con continuità e senza interruzione in termini di emungimento delle acque di falda e smaltimento delle stesse, predisponendo di fatto una struttura stabile in loco di pompaggio delle acque di falda e conseguente prelevamento e smaltimento delle medesime in siti autorizzati”;
- nella Conferenza dei Servizi del 27 settembre 2013 veniva richiesta una estensione del Piano di Caratterizzazione che veniva approvato nella successiva seduta del 23 gennaio 2014;
- con ordinanza sindacale, recependo gli esiti della Conferenza dei servizi del 19 febbraio 2014, veniva ordinato al proprietario di procedere alla “copertura di tutti i muri dell’edificio”, alla raccolta e smaltimento delle acque piovane e all’inibizione all’uso dei garage (ordinanza che si afferma essere stata ottemperata);
- con ordinanza sindacale del 18 aprile 2014 ordinava al proprietario alla “separazione locale e trattamento pareti” (ordinanza che si afferma essere stata ottemperata);
- con ordinanza sindacale del 18 aprile 2014 imponeva all’amministratore dell’edificio adiacente a quello di proprietà del ricorrente la messa in sicurezza dei locali interrati e della centrale termica garage (ordinanza che si afferma essere stata ottemperata);
- nella Conferenza dei Servizi dell’11 novembre 2014 venivano approvate le indagini integrative del Piano di Caratterizzazione e nella successiva seduta del 24 novembre 2015 veniva approvata una nuova Analisi di Rischio prodotta dal Comune;
- allo stato proseguono a cura del Comune le operazioni di messa in sicurezza del sito ed è in fase di redazione un progetto di bonifica coerente con il Piano di Caratterizzazione da ultimo intervento e con la richiamata Analisi di Rischio.
Con memoria datata 8 settembre 2017 il Comune eccepiva in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per omessa notifica ad almeno un controinteressato e, articolava le proprie difese nel merito della questione oggetto di giudizio affermando l’infondatezza delle avverse doglianze.
Il ricorrente, con memoria in pari data richiamava le proprie censure evidenziando, in particolare, la propria estraneità ai fatti causanti l’inquinamento contestato e l’inesistenza dei presupposti per l’adozione di provvedimenti contingibili e urgenti anche in ragione del notevole lasso di tempo trascorso dalla rilevazione della situazione in questione (evidenziando la gravosità degli adempimenti posti a proprio carico e la condotta, improntata alla massima collaborazione, tenuta nel corso degli anni).
Le parti replicavano con memorie del 18 (il Comune) e 20 (il ricorrente) settembre 2017.
All’esito della pubblica udienza dell’11 ottobre 2016 la causa veniva decisa.
Preliminarmente deve rilevarsi che l’impossibilità di rilevare dal provvedimento impugnato, sul piano formale, un controinteressato in senso processuale determina l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla resistente Amministrazione.
Quanto al merito del ricorso, con il primo motivo il ricorrente deduce lo sviamento di potere nel quale sarebbe incorsa l’Amministrazione adottando un provvedimento contingibile e urgente al di fuori dei presupposti di legge legittimanti l’esercizio di tale potere.
In particolare allega che l’Amministrazione non avrebbe motivato circa l’impossibilità di precedere mediante esercizio dei poteri ordinari né avrebbe specificato le ragioni in base alle quali veniva individuato come destinatario dell’obbligo di provvedere alle misure di messa in sicurezza il proprietario dell’immobile in luogo del responsabile dell’inquinamento.
L’ordinanza impugnata, inoltre, avrebbe previsto l’esecuzione di adempimenti generici senza fissazione di un termine entro il quale provvedere.
Sotto altro profilo il ricorrente allega che il Comune avrebbe immotivatamente omesso di procedere utilizzando “lo strumento dell’esecuzione diretta” risolvendosi successivamente ad agire mediante un provvedimento contingibile ed urgente per ovviare al proprio inadempimento.
Il motivo è fondato.
L’art. 50, comma 5, del D. Lgs. n. 267\2000 dispone che “in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Le medesime ordinanze sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale, in relazione all'urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell'ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, …”.
Il successivo art. 54, comma 4, prevede che “il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana”.
Sul punto la giurisprudenza, con posizione granitica dalla quale la Sezione non ha motivo di discostarsi, ha affermato che “non pare necessario dilungarsi sulla configurazione giuridica dell'ordinanza cd. di necessità e urgenza prevista dagli artt. 50 e 54, d.lgs. n. 267 del 2000, per la quale vi è ampia e consolidata giurisprudenza che si richiama per brevità (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 2010, 868; Tar Sicilia, Palermo, sez. II, 15 ottobre 2012, n. 2006; Tar Campania, Napoli, sez. V, 13 giugno 2012, 2799; Tar Sardegna, sez. I, 30 novembre 2012, n. 1080; Cons. St., sez. V, 20 febbraio 2012, n. 904). Basti ricordare che tali ordinanze costituiscono espressione di un potere amministrativo extra ordinem e possono essere adottate al fine di fronteggiare situazioni eccezionali e imprevedibili, laddove si rivelino inutili gli strumenti ordinari posti a disposizione dal legislatore. E che, trattandosi di manifestazione di un potere residuale e atipico, a rischio di frizione con il principio di legalità dell'azione amministrativa, il suo esercizio legittimo è condizionato dall'esistenza dei presupposti tassativi, di stretta interpretazione, di pericolo per l'igiene, la sanità o l'incolumità pubblica, pericolo che deve essere peraltro dotato del carattere di eccezionalità tale da rendere indispensabile interventi immediati ed indilazionabili, consistenti nell'imposizione di obblighi di fare o di non fare a carico del privato. Dalla motivazione dell'ordinanza deve emergere sia la sussistenza della situazione concreta di rischio per gli interessi pubblici sopra indicati, sia la situazione di emergenza, non diversamente affrontabile (id est, l'extrema ratio)” (TAR Veneto, Sez. I, 24 giugno 2016, n. 675).
Ciò premesso, ai fini della presente decisione, è sufficiente rilevare che il fenomeno inquinante assunto dall’Amministrazione a presupposto dell’ordinanza impugnata, già noto dall’anno 2003, veniva da ultimo rilevato a seguito di campionamento delle acque di falda avvenuto il 20 dicembre 2012 (pag. 2 del provvedimento impugnato), e solo a distanza di circa 3 mesi l’Amministrazione provvedeva adottando l’ordinanza oggetto del presente giudizio.
Non ricorre, pertanto, quel carattere di eccezionalità ed urgenza che legittimano l’esercizio di poteri extra ordinem da esercitarsi quale extrema ratio né l’Amministrazione ha adeguatamente motivato circa le ragioni che impedivano il ricorso alle procedure ordinarie.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente deduce la violazione degli artt. 244-250 del D. Lgs. n. 152/2006, nonché, il difetto di motivazione e di istruttoria.
Espone, in particolare, che l’Amministrazione poneva a proprio carico adempimenti posti dalla legge a carico del responsabile dell’inquinamento senza provvedere né all’individuazione di quest’ultimo (che veniva sollecitata alla Provincia ad oltre 10 di distanza dall’accertamento dell’inquinamento) né intervenendo direttamente sul sito.
Il motivo è fondato.
L’art. 244, commi 1 e 2, del D. Lgs. n. 152/2006 prevede che in presenza di accertati livelli di contaminazione superiori ai prescritti valori di concentrazione soglia, debba procedersi con comunicazione alla Provincia che “dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo” provvedendo a notificarla, ai sensi del comma 3 della medesima disposizione normativa, anche al proprietario del fondo.
Ai sensi del successivo comma 4 “se il responsabile non sia individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito né altro soggetto interessato, gli interventi che risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo sono adottati dall'amministrazione competente in conformità a quanto disposto dall'articolo 250”.
Il richiamato art. 250 prevede che “qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all'articolo 242 sono realizzati d'ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, secondo l'ordine di priorità fissati dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati, individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica”.
Sul punto la giurisprudenza ha affermato che “per quanto attiene ai soggetti privati esecutori degli interventi di bonifica, la giurisprudenza interna (Cons. Stato, Ad. Plen. 13 novembre 2013 n. 25) e comunitaria (C.G.C.E., III, 4 marzo 2015 in causa C-534/13) hanno chiarito che, allo stato attuale della legislazione italiana in materia, solo il responsabile dell'inquinamento ha un obbligo legale di provvedere alla bonifica dei terreni che ha inquinato. La giurisprudenza di merito ha poi spesso adottato una concezione sostanzialistica di soggetto responsabile, al fine di evitare facili aggiramenti degli obblighi legali (es. TAR Abruzzo, Pescara, I, 30 aprile 2014 n. 204). L'attivazione dell'obbligo legale di bonifica può discendere dal riconoscimento spontaneo della responsabilità ambientale, oppure da un accertamento d'ufficio” con la conseguenza che “in mancanza del riconoscimento spontaneo della responsabilità ambientale o al di fuori di un obbligo giuridico, legale o negoziale, a bonificare, nessun soggetto può essere costretto a bonificare un'area, quand'anche ne sia il proprietario” (TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 29 giugno 2016, n. 1297).
Nel caso di specie, l’Amministrazione, rimasta a lungo inerte nonostante il ripetuto accertamento di superamento dei valori soglia, ha omesso ogni iniziativa tesa all’individuazione del responsabile dell’inquinamento risolvendosi ad addossare al privato proprietario incolpevole (circostanza non contestata dall’Amministrazione) l’onere di provvedere, mediante l’esercizio di un potere atipico, in assenza dei presupposti di legge, basato su situazioni di urgenza che avrebbero dovuto, semmai, determinare un intervento diretto della stessa Amministrazione atteso che, come affermato in giurisprudenza, “il testo unico in materia ambientale - d.lgs. n. 152/2006 (successivo alla modifica dell'art. 117 Cost. che, al comma 2, lett.s, attribuisce allo Stato la potestà legislativa esclusiva in materia ambientale), all'art. 250, individua in capo al Comune e, in caso di sua inerzia, in capo alla Regione, l'obbligo di procedere alla bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale dei siti contaminati, nell'ipotesi in cui non ne assuma l'iniziativa il responsabile dell'inquinamento, disciplinando tutto l'iter all'art. 242” (TAR Lazio, Roma, Sez. I, 7 aprile 2014, n. 3779).
Per quanto precede il ricorso deve essere accolto con condanna dell’Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie.
Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio che liquida in € 3.000,00 oltre IVA e CPA
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Anna Maria Verlengia, Consigliere
Marco Poppi, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Marco Poppi Sergio Conti