TAR Lombardia (BS), Sez. I, n. 493, del 24 maggio 2013
Rifiuti.Realizzazione impianto di trattamento e messa in riserva di rifiuti speciali non pericolosi in deroga alle previsioni del vigente strumento urbanistico.

A seguito dell’approvazione del progetto dell’impianto, debbono ritenersi derogate tutte le previsioni urbanistiche che impongano prescrizioni diverse da quelle contenute nello stesso atto autorizzativo. Ne consegue che, nel caso di specie, ferma la destinazione urbanistica delle aree, debbono ritenersi superate tutte le norme tecniche di attuazione preclusive dell’uso delle stesse, dalla necessità dell’approvazione di un piano particolareggiato, alla destinazione a parcheggio o verde e alle modalità di realizzazione delle edificazioni previste, sostituite dalle prescrizioni contenute nell’autorizzazione e negli atti ad essa preordinati o comunque collegati (in particolare di tipo paesaggistico). (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00493/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01269/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1269 del 2012, proposto da: 
Comune di Torbole Casaglia, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Franco Ferrari, con domicilio eletto presso Elena Pagani in Brescia, via Saffi, 6;

contro

Provincia di Brescia, rappresentata e difesa dagli avv.ti Gisella Donati, Magda Poli e Raffaella Rizzardi, con domicilio eletto presso Raffaella Rizzardi in Brescia, p.zza Paolo VI, 29;

nei confronti di

P.G.S. Asfalti S.p.a., rappresentata e difesa dall'avv. Mauro Ballerini, con domicilio eletto presso Mauro Ballerini in Brescia, v.le Stazione, 37; 
Asl 302 - A.S.L. della Provincia di Brescia - Distretto N. 2, Arpa Brescia, Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Province di Brescia,Cremona e Mantova, Regione Lombardia - D.G. Sistemi Verdi e Paesaggio - Struttura Paesaggio, Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, Consorzio di Bonifica Biscia Chiodo Prandona, tutti non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- della determina dirigenziale n. 2459 del 18 luglio 2012, con cui la Provincia di Brescia, in data 26 luglio 2012, ha autorizzato la realizzazione e messa in esercizio dell’impianto di trattamento e messa in riserva di rifiuti speciali non pericolosi, sito in Torbole Casaglia;

- della determina dirigenziale n. 2553 del 5 luglio 2012 con cui la Provincia ha rilasciato l’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146 del d. lgs. 42/2004 per la realizzazione dell’impianto di cui sopra;

- del verbale della Conferenza di servizi del 9 novembre 2011;

- del verbale della Conferenza di servizi del 24 novembre 2011;

- del parere favorevole dell’ASL di Brescia;

- di ogni altro atto presupposto, collegato, consequenziale o comunque connesso.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Brescia e della P.G.S. Asfalti Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2013 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

La società PGS Asfalti s.p.a. (di seguito PGS) presentava, in data 14 giugno 2011, un’istanza per l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto di trattamento e messa in riserva di rifiuti speciali non pericolosi, nel territorio del Comune di Torbole Casaglia.

Quest’ultimo, nell’ambito della necessaria conferenza di servizi, produceva una nota concernente gli aspetti urbanistici, nella quale evidenziava come l’intervento non fosse conforme al PGT ed impedisse l’attuazione del comparto ATP7, rendendo opportuno il coinvolgimento nel procedimento degli altri lottizzanti che sarebbero pregiudicati dal mancato rispetto della scheda di trasformazione del Documento di Piano ed in specie della quantità di parcheggi richiesta, degli allineamenti preferenziali previsti, delle dotazioni territoriali e delle compensazioni. In ogni caso sarebbe stata necessaria la stipula di una convenzione urbanistica.

Nella seduta del 24 novembre 2011, l’ARPA, dato atto del parere favorevole espresso dall’ASL esprimeva, a sua volta, giudizio favorevole.

Il Comune ribadiva la propria contrarietà, mentre la Provincia indicava come ultronea, rispetto all’istanza, la richiesta del rispetto degli standards aggiuntivi previsti (magazzino comunale e rotatoria) dal PGT.

In ragione di ciò, nonostante il Comune, il 22 dicembre 2011, ribadisse le problematiche urbanistiche già evidenziate, la Provincia di Brescia (con determina dirigenziale n. 2553 del 5 luglio 2012) rilasciava la autorizzazione paesaggistica e trasmetteva la determina dirigenziale di approvazione del progetto. A ciò faceva seguito il parere favorevole, ancorchè condizionato, della Sopraintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Brescia-Cremona-Mantova e il 25 luglio 2012, la Provincia stessa, con determina dirigenziale n. 2553, autorizzava la realizzazione e messa in esercizio dell’impianto in riserva e trattamento di rifiuti speciali oggetto dell’istanza, contestualmente rigettando le osservazioni del Comune.

Osservazioni che insistevano sul fatto che la realizzazione dell’impianto avrebbe dovuto essere subordinata ad un disegno complessivo del comparto ATP7, coinvolgendo a tal fine anche gli altri lottizzanti ed al rispetto di obiettivi, indici, parametri e specifiche prescrizioni previsti per l’ambito di trasformazione ai sensi dell’art. 6 delle NTA e fissati nelle Schede dell’area di trasformazione, aventi carattere prescrittivo e prevalente, nonché all’ottemperanza di tutte le specifiche prescrizioni e indicazioni di cui al rapporto Ambientale allegato al PGT. In sintesi il Comune pretendeva, dunque, la stipula di una convenzione tra i lottizzanti e il Comune, sulla scorta di un progetto che garantisse la totalità dei parcheggi dovuti entro il comparto, il rispetto degli allineamenti preferenziali previsti, le dotazioni territoriali e le compensazioni previste dal PGT.

Nessuna di tali osservazioni ha trovato accoglimento.

Ravvisata, dunque, la presenza di gravi illegittimità, il Comune ha impugnato gli atti sopra ricordati deducendo:

1. difetto di motivazione e violazione del comma 6 dell’art. 208 del d. lgs. 152/2006, il quale prevede che l’approvazione del progetto di realizzazione dell’impianto di smaltimento e recupero dei rifiuti costituisce variante allo strumento urbanistico. Premesso che tale effetto (in quanto in deroga al principio generale per cui la competenza pianificatoria spetta al Comune) dovrebbe prodursi solo eccezionalmente, nel caso di specie la disciplina urbanistica del comparto ATP7 (rispetto a cui il Comune ha lamentato la mancata produzione di un piano di lottizzazione, di concerto con l’altro proprietario dell’area) non sarebbe affatto ostativa alla realizzazione dell’impianto. Sarebbe il mancato rispetto delle condizioni di lottizzazione previste per tale comporto ad aver determinato l’opposizione del Comune. In altre parole, l’intervento in questione ben potrebbe essere realizzato nel pieno rispetto delle disposizioni urbanistiche vigenti, senza alcuna necessità di variazione in deroga, con la conseguenza che sarebbero illegittimi gli atti provinciali che, senza alcuna motivazione in ordine alle ragioni per cui non avrebbe potuto essere presentata una convenzione, hanno ritenuto che l’obbligo di convenzione stesso fosse ostativo rispetto alla realizzazione dell’intervento (qualificato come di pubblica utilità, indifferibile ed urgente). Con una scelta sproporzionata ed ingiustificata, dunque, la Provincia, anziché realizzare un equo contemperamento di tutti gli interessi coinvolti, avrebbe immotivatamente dato prevalenza agli interessi della PGS e a quelli pubblici relativi alla realizzazione dell’impianto, mentre l’imposizione del rispetto delle previsioni del Comune avrebbe potuto realizzare l’obiettivo dell’ordinato e compiuto sviluppo urbanistico del comparto e più in generale del territorio comunale, così da garantire il miglior contemperamento di tutti gli interessi coinvolti;

2. violazione di legge ed eccesso di potere in ragione del fatto che la Provincia non avrebbe precisato quali disposizioni contenute nel PGT avrebbero formato oggetto di variante: essa si sarebbe limitata a rappresentare le ragioni per le quali le prescrizioni del comparto ATP7 sarebbero incompatibili con l’impianto, ma non ha precisato se il provvedimento impugnato comporterà il cambio di destinazione dell’intero comparto o solo di parte di esso, se la variante sarà definitiva o solo della durata di dieci anni come l’autorizzazione e nemmeno quali potranno essere le sorti della parte residua del comparto, né chi dovrà sopportare gli eventuali costi di tale scelta;

3. illogicità e contraddittorietà dell’autorizzazione che fa espresso riferimento al ricorso avente ad oggetto l’impugnazione del PGT da parte della PGS ed, in ragione di ciò, contiene una clausola risolutiva, la quale non avrebbe ragione d’essere se, come sostenuto dalla Provincia, le prescrizioni comunali fossero comunque superabili, anche se confermate;

4. violazione della normativa di cui al d. lgs. 152/2006: gli elaborati grafici allegati alla determina 2459 sarebbero diversi da quelli esaminati in conferenza di servizi, in quanto quelli sono stati modificati in ragione delle prescrizioni della Soprintendenza e poi non più assoggettati al parere della Conferenza di servizi, così violando le prerogative di quest’ultima e delle amministrazioni coinvolte. In ogni caso i due soli elaborati allegati (tav. E3 Progetto impianto – planimetria – attività previste e percorsi interni e tav. E10 Progetto impianto – trattamento acque piovane prima e seconda pioggia – pozzi perdenti – scarichi in C.I.S. – planimetria particolari costruttivi aggiornati) non sarebbero sufficienti (considerato che l’autorizzazione dovrebbe sostituire la concessione edilizia) a garantire al Comune di poter esercitare l’azione di vigilanza. Mancherebbero il progetto relativo agli impianti tecnologici, il progetto di prevenzione incidenti ed il correlato parere favorevole, l’autorizzazione allo scarico delle acque meteoritiche, il progetto di prevenzione dei rischi da caduta dall’alto, la planimetria indicante le superfici di tutti i manufatti da realizzare ed altro.

Si è costituita in giudizio la Provincia, sottolineando come il potere di conformazione urbanistica riconosciuto per la realizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti, può spingersi sino alla rimozione delle norme tecniche dello strumento urbanistico che risultino d’ostacolo. Essa ha altresì ricordato come lo stesso provvedimento impugnato desse conto del fatto che “le disposizione delle NTA del Piano dei Servizi del PGT del Comune di Torbole Casaglia imponendo, in connessione con l’edificazione del comprato ATP7, sia la stipula di convenzione estesa alla globalità degli insediamenti (v. art. 13.5. del Piano delle Regole del PGT e cittat nota comunale prot. n. 15112 del 22.12.2011, secondo e terzo alinea), sia la dazione delle “dotazioni territoriali aggiuntive” consistenti nella realizzazione del magazzino comunale e di una rotatoria, non appaiono dirette alla tutela degli interessi pubblici (sanitari, ambientali: cfr. art. 177.4 TUA) afferenti alla costruzione e all’esercizio dell’impianto in questione”, ciò anche considerato che l’impresa dovrebbe “farsi carico della realizzazione di onerose opere che, come detto, non appaiono funzionali o connesse alla realizzazione o all’esercizio dell’impianto in questione”.

Peraltro, la dotazione di parcheggi pubblici prevista dallo strumento urbanistico sarebbe stata rivista in ragione della necessità di collocare idonee alberature atte a mitigare l’impatto dell’opera anche sul piano del paesaggio, mentre il limite dell’area da mantenere a verde privato e gli allineamenti preferenziali ammessi dalle NTA non potevano essere mantenuti in ragione delle necessarie dimensioni dell’impianto da realizzare.

Tali specifiche (e non anche indeterminate, come invece preteso da parte ricorrente) e limitate variazioni urbanistiche, strettamente necessarie, sarebbero, dunque, rispettose degli interessi del Comune, pur consentendo il perseguimento dell’interesse normativamente prevalente e cioè quello alla realizzazione dell’impianto in questione, senza che sia ravvisabile alcuna contraddittorietà per il fatto che la Provincia ha preventivato la possibilità della necessità di adeguare le previsioni ad un eventuale accoglimento del ricorso presentato dalla PGS avverso la previsione delle prescrizioni del PGT che poi hanno formato oggetto della variante censurata con il ricorso in esame.

Non sarebbe ravvisabile, infine, alcuna violazione di norme procedimentali, né alcun rilevante difetto progettuale.

Tali conclusioni sono state richiamate in vista della pubblica udienza.

La PGS, invece, ha depositato una nuova memoria nella quale, dopo aver evidenziato che le previsioni del PGT ed in particolare dell’APT7 hanno formato oggetto di precedente, autonomo, ricorso al giudice amministrativo, ha esplicitato le ragioni per cui, a parere della stessa, il ricorso dovrebbe essere ritenuto infondato, dal momento che il rispetto dello strumento urbanistico avrebbe imposto alla PGS, oltre all’applicazione di previsioni già impugnate, il coinvolgimento di un soggetto terzo (in quanto tale non coercibile) e l’onere della realizzazione di opere del tutto indipendenti e slegate dalla realizzazione dell’impianto di trattamento dei rifiuti (del costo di 820.000 euro), rendendo di fatto impossibile ed antieconomico attivare l’impianto stesso, a prescindere dalla logicità e ragionevolezza della previsioni dell’ATP7.

In vista della pubblica udienza, tali considerazioni sono state ribadite con apposita memoria, mentre il Comune ha insistito nelle tesi già rappresentate nel ricorso ed in particolare in quella secondo cui la possibilità riconosciuta alla Provincia di variare la destinazione urbanistica per la realizzazione di impianti di smaltimento dei rifiuti, non potrebbe spingersi fino a caducare specifiche prescrizioni correlate alla realizzazione di una destinazione urbanistica comunque compatibile. Esso, inoltre, ha sottolineato come la mancata sottoposizione delle ultime varianti progettuali alla conferenza di servizi avrebbe precluso al Comune di esercitare in modo corretto la propria attività di vigilanza.

Nella propria memoria di replica, infine, il Comune ha insistito sul fatto che l’impossibilità del rispetto delle prescrizioni del PGT, a causa della necessità del coinvolgimento di un soggetto terzo, non potrebbe costituire una legittima ragione del superamento di tali prescrizioni, atteso che non sarebbe stato dimostrato che Edil Nova (quale soggetto terzo) non sarebbe disponibile alla sottoscrizione della convenzione e comunque il comma 4, dell’art. 12 della l.r. 12/2005 disciplinerebbe la possibilità della realizzazione del piano attuativo da parte dei proprietari della maggioranza assoluta degli immobili interessati, a prescindere dal consenso degli altri.

Alla pubblica udienza del 23 aprile 2013, la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il Collegio ritiene opportuno, in via preliminare, evidenziare come il ricorso in esame possa essere deciso a prescindere dalle sorti del, collegato, ma non strettamente connesso, ricorso sub R.G. 1346/2011. Il primo, infatti, mette in discussione la legittimità dell’autorizzazione all’esercizio di un impianto di smaltimento di rifiuti, rilasciata in deroga alle previsioni del vigente strumento urbanistico, mentre il secondo ha ad oggetto le prescrizioni urbanistiche di cui il Comune pretenderebbe il rispetto, nonostante la particolare disciplina dettata per la gestione dei rifiuti, e che lo stesso ha ritenuto illegittimamente derogate con i provvedimenti impugnati. Proprio in considerazione della particolarità della normativa relativa alla realizzazione degli impianti di gestione e smaltimento di rifiuti, si ritiene, dunque, che sia da escludersi la possibilità del verificarsi di un’inaccettabile situazione di ne bis in idem ovvero di contrasto di giudicati che imporrebbe la trattazione congiunta dei ricorsi.

Se, infatti, le previsioni urbanistiche dovessero essere caducate, le censurate variazioni sarebbero tamquam non esset, in quanto prive di utilità, ma non anche illegittime, mentre se dovessero essere confermate nella loro legittimità, la decisione sul ricorso in esame non potrebbe che essere considerata autonoma, in quanto avente ad oggetto successivi atti, relativi al superamento delle previsioni del PGT da parte della Provincia nel procedimento autorizzatorio preordinato alla realizzazione di un impianto di smaltimento di rifiuti, in deroga al PGT stesso: atti che, peraltro, secondo quanto dalla Provincia affermato in sede autorizzatoria, comunque non precluderebbe un’eventuale pretesa, da parte del Comune, dell’adempimento degli oneri relativi agli “standard territoriali aggiuntivi”.

Si può, quindi, entrare nel merito delle questioni dedotte, prendendo le mosse da una sintetica ricostruzione dei profili controversi, rappresentati, innanzitutto, dalla mancata imposizione, in capo alla PGS, dell’obbligo di predisporre un progetto esteso a tutto l’ambito del comparto ATP7 e, conseguentemente, di addivenire alla stipula di una convenzione di lottizzazione con il Comune e con l’altro proprietario dei terreni interessati, nonché dalla disposta deroga alle norme tecniche dello strumento urbanistico che “si pongano come ostacolo alla realizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti”, comprese quelle che prevedevano la “dazione delle ‘dotazioni territoriali aggiuntive’.

Con riferimento al primo dei due aspetti controversi e cioè alla deroga all’obbligo di lottizzazione conseguente al rilascio dell’autorizzazione alla gestione dell’impianto, non si ritiene condivisibile la linea difensiva di controparte, secondo cui la necessità di superare la previsione della sottoscrizione di una convenzione di lottizzazione deriverebbe dall’impossibilità di coertare un soggetto terzo ad aderire al piano attuativo.

Non appare, in effetti, rilevante la circostanza per cui la redazione del piano attuativo comporterebbe il coinvolgimento di un soggetto terzo, dal momento che la norma prevede un meccanismo che consente comunque l’approvazione del piano attuativo anche laddove la proposta non sia sottoscritta da tutti i soggetti coinvolti, ma provenga da uno o più proprietari, purché, come accadrebbe nel caso di specie, in possesso della maggioranza assoluta dei beni interessati.

Ciononostante, a prescindere dalla possibilità di superare la necessità del coinvolgimento nel procedimento del terzo proprietario degli immobili anch’essi interessati dal piano attuativo, gli atti impugnati risultano essere immuni dai vizi dedotti, per quanto di seguito esposto.

L’art. 208 del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 subordina l’esercizio degli impianti di smaltimento e recupero di rifiuti all’ottenimento di un’apposita autorizzazione, disciplinando il procedimento per il suo rilascio, che passa attraverso l’acquisizione del parere, non vincolante, di un’apposita conferenza di servizi, la quale costituisce la sede per il confronto di tutti i numerosi e diversi interessi coinvolti.

Il comma 6 di detto articolo prevede che: “Entro 30 giorni dal ricevimento delle conclusioni della Conferenza dei servizi, valutando le risultanze della stessa, la regione, in caso di valutazione positiva del progetto, autorizza la realizzazione e la gestione dell’impianto. L'approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori”.

In conformità alla giurisprudenza costante, da cui questo Collegio non ravvisa ragione di discostarsi, deve darsi atto che “le norme in questione” (gli artt. 208 e 6, comma 12 del d. lgs. 152/2006, n.d.r.) “sono palesemente ispirate ad una logica di semplificazione procedimentale, che a sua volta trae la sua ragion d'essere dal rilievo prioritario attribuito, in sede comunitaria prima e in sede nazionale poi, all'interesse pubblico alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti; interesse che deve certamente essere valutato e ponderato assieme ad altri interessi pubblici (e a tal fine è prevista la conferenza di servizi), ma che, una volta ritenuto in quella sede, a maggioranza dei partecipanti, compatibile o comunque prevalente rispetto ad eventuali ragioni ostative, non può essere ritardato nel suo soddisfacimento dai tempi e dalle procedure ordinariamente occorrenti per la variazione degli strumenti urbanistici. Tutti gli interessi pubblici e privati coinvolti nel procedimento amministrativo rifluiscono nella prevista conferenza di servizi, che rappresenta il luogo procedimentale di complessiva valutazione del progetto presentato, nel quale sono state riunite e concentrate dal legislatore tutte le competenze amministrative di verifica e di controllo di compatibilità del progetto con le varie prescrizioni urbanistiche, di pianificazione settoriale, nonché l'accertamento dell'osservanza di ogni possibile vincolo afferente alla realizzazione dell'impianto in armonia con il territorio di riferimento, così come desumibile dalla richiamata disposizione dell'art. 208 comma 6, D.Lgs. n. 152 del 2006, che assegna al provvedimento regionale conclusivo del procedimento una funzione sostitutiva di tutti gli atti e provvedimenti ordinariamente di competenza di altre autorità territoriali, ivi compresa un'eventuale variante urbanistica” (così T.A.R. Piemonte, sentenza n. 877 del 13 luglio 2012).

Ne discende che sarebbe del tutto irragionevole ritenere che la realizzazione dell’impianto, che non può essere ritardata nemmeno dalla necessità di variare lo strumento urbanistico (comunale ed anche sovra comunale) possa, invece, trovare ostacolo nella necessità di dare adempimento a strumenti urbanistici sottordinati, come quello attuativo di cui all’APT7, che risultano, dunque, travolti dal giudizio di prevalenza di diverse esigenze, che scaturisce dalla conferenza di servizi e si esplica nell’autorizzazione ex art. 208, che rappresenta l’unico riferimento per quanto attiene alla regolamentazione dell’attività di realizzazione dell’impianto.

Ciò premesso in linea generale, con riferimento al caso in esame deve, in primo luogo, escludersi che la legittimità dei provvedimenti censurati possa essere inficiata dalla genericità e temporaneità della deroga urbanistica disposta con il rilascio dell’autorizzazione all’impianto.

A seguito dell’approvazione del progetto dell’impianto, infatti, come già detto, debbono ritenersi derogate tutte le previsioni urbanistiche che impongano prescrizioni diverse da quelle contenute nello stesso atto autorizzativo. Ne consegue che, nel caso di specie, ferma la destinazione urbanistica delle aree, debbono ritenersi superate tutte le norme tecniche di attuazione preclusive dell’uso delle stesse (dalla necessità dell’approvazione di un piano particolareggiato, alla destinazione a parcheggio o verde e alle modalità di realizzazione delle edificazioni previste), sostituite dalle prescrizioni contenute nell’autorizzazione e negli atti ad essa preordinati o comunque collegati (in particolare di tipo paesaggistico).

Né si ritiene che sia la temporaneità della destinazione dei luoghi all’esercizio di un impianto di smaltimento di rifiuti a determinare l’illegittimità della deroga urbanistica, atteso che è insito nella norma stessa che quest’ultima precluda la realizzazione della destinazione urbanistica attribuita in sede di approvazione dello strumento urbanistico generale, avente, normalmente, durata quinquennale. Anzi, proprio la durata temporanea della utilizzazione censurata consentirà al Comune, decorso il decennio in questione, di eventualmente reiterare la destinazione ora derogata.

Così superata la seconda censura enucleata dal complesso ricorso contenente un solo, ma molto articolato, motivo di doglianza, con riferimento alla prima (avente ad oggetto la pretesa illogicità ed irrazionalità della rimozione delle specifiche prescrizioni relative all’approvazione del piano attuativo) va rilevato come siano due le violazioni lamentate dal Comune.

Rispetto alla prima, rappresentata dal fatto che il progetto approvato riguarda esclusivamente la proprietà della PGS e che l’autorizzazione non è stata subordinata alla stipula di una convenzione di lottizzazione, si è già ampiamente detto, evidenziando l’infondatezza della pretesa di parte ricorrente.

Quest’ultima, però, lamenta anche la mancata imposizione degli oneri accessori previsti in caso di attuazione dello specifico piano particolareggiato previsto per l’area in questione.

A tale proposito si deve dare conto di come il provvedimento impugnato sia, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, solo apparentemente contraddittorio.

Nel motivare il rigetto delle osservazioni del Comune, infatti (pag. 4 della determina dirigenziale n. 2459 del 2012), la Provincia afferma che “le disposizioni delle NTA del Piano dei Servizi del PGT che impongono, in connessione con l’edificazione del comparto ATP7 interessato dal progetto de quo, sia la stipual di convenzione estesa alla globalità degli insediamenti….sia la dazione delle ‘dotazioni territoriali aggiuntive’ consistenti nella realizzazione del magazzino comunale e di una rotatoria, non appaiono dirette alla tutela degli interessi pubblici (sanitari, ambientali:cfr 177.4 TUA) afferenti alla costruzione all’esercizio dell’impianto in questione, anzi tali previsioni urbanistiche si pongono di fatto come elementi che condizionano l’iniziativa dell’impresa che intende inserirsi nel servizio pubblico ambientale, la quale, ai fini della concreta realizzazione dell’impianto – in una zona peraltro avente già una destinazione di tipo produttivo si trova ostacolata da norme urbanistiche che la obbligano…..a farsi carico della realizzazione di onerose opere che, come detto, non paiono funzionali o connesse alla realizzazione e all’esercizio dell’impianto in questione”. Conseguentemente, secondo la Provincia, deve ritenersi superato l’obbligo di convenzione di lottizzazione. Proseguendo nella lettura, però, si legge, con riferimento alla disposizione che introduce gli standard territoriali aggiuntivi, che, “contrariamente a quanto ritenuto in sede di conferenza di servizi istruttoria non si evidenziano elementi tali da far ritenere indispensabile la sua conformazione, potendo peraltro la ditta P.G.S. ottenere un pronunciamento di annullamento della medesima da parte del giudice amministrativo, a seguito del ricorso a suo tempo presentato avverso il PGT”. Ciò anche con riferimento alla “norma del PGT che prevede le cessioni delle aree a verde pubblico”, mentre sono state esplicitamente dichiarate superate le NTA del PGT relative alla quota “parcheggi pubblici”, al “limite area da mantenere a verde privato” e agli “allineamenti preferenziali ammessi”.

La trascrizione dei sopra riportati passaggi del provvedimento di autorizzazione, oltre a fugare ogni dubbio circa la esatta individuazione delle previsioni urbanistiche derogate, consente di ben comprendere come, con riferimento alle ‘dotazioni territoriali aggiuntive’, la Provincia abbia semplicemente ritenuto che la presenza delle relative prescrizioni non fosse, di per sé, preclusiva della realizzazione dell’impianto di raccolta e smaltimento dei rifiuti, ma attenesse esclusivamente ai rapporti tra Comune e GPS, solo indirettamente collegati all’attività di gestione dei rifiuti a causa del sopravvenire di un’utilizzazione delle aree potenzialmente generante obblighi perequativi.

Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, quindi, l’impugnata autorizzazione non ha derogato anche a tali oneri accessori connessi all’utilizzazione dell’area, ma si è limitata a dare conto della inesistenza della necessità di disporre in tal senso, in quanto le relative previsioni urbanistiche non potrebbero precludere la realizzazione dell’impianto di gestione.

In altre parole la Provincia, preso atto che l’APT7 previsto dal PGT vigente nel Comune di Torbole Casaglia subordinava la utilizzazione a scopi industriali delle aree in esso comprese alla realizzazione di “dotazioni territoriali aggiuntive”, ha ritenuto che non fosse necessario derogare a tali prescrizioni, in quanto non ostative alla realizzazione dell’impianto per lo smaltimento dei rifiuti in questione, dando conto del fatto che, qualora le stesse dovessero essere confermate nella loro legittimità in esito al ricorso pendente avanti al giudice amministrativo, ciò avrebbe generato esclusivamente un problema di rapporti tra Comune e GPS, connessi alla valutazione, in termini di equità, degli oneri imposti per l’utilizzazione dell’area.

La puntualizzazione della Provincia (secondo cui la realizzazione dell’impianto può essere subordinata solo alle condizioni riportate nell’autorizzazione, a prescindere da ulteriori oneri relativi esclusivamente al rapporto intercorrente tra Comune ed utilizzatore dell’area, che non possono condizionare la realizzazione e l’esercizio dell’impianto in questione), dunque, non esprime alcuna contraddittorietà e, pertanto, anche sotto questo profilo l’autorizzazione risulta essere immune dai vizi dedotti (terzo profilo di censura enucleato dal ricorso).

Il fatto che l’autorizzazione non abbia, dunque, espressamente rimosso le prescrizioni urbanistiche relative alle ‘dotazioni territoriali aggiuntive’, in quanto non preclusive della realizzazione dell’impianto di gestione e smaltimento dei rifiuti, sposta, dunque, il fulcro della questione sulla equità delle misure imposte: se, infatti, le stesse possono apparire ragionevoli in relazione alla realizzazione di un piano attuativo con normale destinazione produttiva, non altrettanto sembra potersi sostenere con riferimento alla particolare destinazione, temporanea, dei terreni alla gestione di un impianto di smaltimento rifiuti. Ciò considerato che, se la possibilità di un’utilizzazione a scopi commerciali incrementa il valore dei terreni, tanto da giustificare, in un’ottica compensativa, la realizzazione di talune opere pubbliche, in parte accessorie ed in parte anche non direttamente collegate alla specifica destinazione, non altrettanto sembra potersi automaticamente sostenere con riferimento alla realizzazione di un impianto di gestione di rifiuti, peraltro destinato ad una permanenza temporanea e, quindi, ad una futura dismissione che costituirà un onere e non anche un fattore determinante l’incremento del suolo su cui esso insiste. Anzi, proprio la presenza di una normativa che consente la collocazione di questa tipologia di impianti in deroga alle previsioni urbanistiche, esclude, infatti, che un terreno possa avere un particolare valore per il solo fatto che lo stesso sia già destinato ad impianto di smaltimento.

La questione, però, esula dall’ambito del ricorso in esame, con la conseguenza che qualsiasi statuizione sul punto risulterebbe essere stata adottata “ultra petita”.

Ritornando all’oggetto del contendere, invece, parte ricorrente non ha fornito alcun principio di prova del fatto che le variazioni urbanistiche effettivamente apportate con l’autorizzazione, non fossero tutte strettamente strumentali alla realizzazione dell’impianto di gestione e smaltimento dei rifiuti e, per ciò stesso, illegittime. Contrariamente a quanto asserito nella prima doglianza, dunque, non appaiono ravvisabili le dedotte violazioni dell’art. 208 del d. lgs. 152/2006.

Infine, per quanto attiene alla pretesa violazione di norme procedimentali, il Collegio ritiene che, anche sotto questo profilo, il ricorso sia infondato.

Come evidenziato dalla Provincia, il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 del d. lgs. 42/04 non prevede che quest’ultima debba confluire, previamente, nella conferenza di servizi di cui al procedimento ex art. 208 del d. lgs. 152/08. Tanto più laddove, come nel caso di specie, le modifiche progettuali presentate dall’istante attenessero esclusivamente al rispetto del limite dell’altezza degli altri edifici, imposto dalla Soprintendenza nel pregresso parere e, quindi, non incidessero minimamente sugli aspetti rilevanti per il Comune e, proprio per tale ragione, avrebbero potuto anche essere approvate dalla Provincia senza riconvocare la Conferenza di servizi. Premesso, infatti, che, “secondo l'orientamento della giurisprudenza amministrativa, la conferenza di servizi prevista per l'approvazione dei progetti di smaltimento e di recupero dei rifiuti ha carattere istruttorio e non decisorio, rappresentando uno strumento di mera emersione e comparazione di tutti gli interessi coinvolti, a cui sono quindi affidati compiti di natura istruttoria” (così TAR Liguria, Sez. I, 23 maggio 2012, n. 723), trattandosi di aspetti non direttamente involgenti interessi la cui tutela è demandata al Comune, non sussisteva alcun obbligo di ulteriore coinvolgimento del Comune stesso.

Né può essere riconosciuto spazio, in questa sede, alle censure relative agli aspetti progettuali, ritenuti talvolta lacunosi e connesse al rilascio del permesso di costruire, sia perché avrebbero dovuto essere precedentemente sollevate, nel corso della conferenza di servizi, sia perché comunque infondate. Rispetto agli impianti tecnologici, infatti, l’attestazione della loro conformità dovrà essere prodotta solo all’atto del rilascio del certificato di agibilità, al pari di quanto previsto dalla norma per il parere dei Vigili del Fuoco, il cui diniego sarebbe, eventualmente, di ostacolo all’inizio dell’attività di gestione.

Analogamente anche lo scarico nel torrente Persello, che ha carattere residuale essendo previsto nel solo caso di “troppo pieno”, potrebbe richiedere l’autorizzazione solo ricorrendo specifiche condizioni verificabili al prodursi di determinate condizioni (regolamento regionale n. 4/06).

La censura correlata all’assenza del nulla osta del Consorzio irriguo, oltre ad essere caratterizzata dalla carenza di interesse alla sua proposizione in capo al Comune, risulta anche essere genericamente formulata, non individuando quale disposizione sarebbe stata violata.

Inoltre, la ASL non ha ravvisato violazioni con riferimento ai “dispositivi di prevenzione di caduta dall’alto”, i servizi igienici per i dipendenti non sono stati progettati, perché è previsto l’utilizzo di quelli dell’adiacente stabilimento PGS già esistente, mentre la omissione, in alcuni elaborati, della previsione di un tettoia di 5 metri (la cui misura è desumibile dal fatto che il progetto è in scala) non comporta la violazione di particolari interessi la cui tutela è demandata al Comune.

Anche sotto i profili strettamente procedimentale e del contenuto del progetto, dunque, l’autorizzazione risulta essere immune dai vizi dedotti, non essendo comunque ravvisabile nemmeno la dedotta violazione della possibilità, per il Comune, di esercitare in modo corretto la propria attività di vigilanza, in quanto gli specifici aspetti evidenziati esulano dalla stessa o comunque si riferiscono a momenti successivi all’autorizzazione impugnata.

Le spese del giudizio possono, peraltro, trovare compensazione tra le parti in causa, attesa la natura prettamente interpretativa delle questioni dedotte.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Dispone la compensazione delle spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Petruzzelli, Presidente

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Mara Bertagnolli, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 24/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)