TAR Sicilia (CT) Sez. I sent. 2069 del 10 novembre 2008
Rumore. Insediamenti produttivi
Al di là della specifica tipologia di imprese, il limite che le NTA pongono agli insediamenti produttivi previsti è che non debbano essere nocivi, quanto a rumori ed esalazioni, per le residenze. La nocività va intesa, dunque in una doppia accezione: sul piano dei rapporti tra fondi vicini, essa è il limite alla normale tollerabilità delle esalazioni dal fondo del vicino (ex art. 844 cod.civ.) ed, al contempo, sul piano urbanistico, costituisce il limite qualitativo e tipologico delle attività insediabili. Rileva dunque nei rapporti civili tra fondi, nella prima accezione; e come elemento urbanistico nel secondo dei casi. In entrambe le ipotesi, tuttavia, la sua violazione va comprovata.
Rumore. Insediamenti produttivi
Al di là della specifica tipologia di imprese, il limite che le NTA pongono agli insediamenti produttivi previsti è che non debbano essere nocivi, quanto a rumori ed esalazioni, per le residenze. La nocività va intesa, dunque in una doppia accezione: sul piano dei rapporti tra fondi vicini, essa è il limite alla normale tollerabilità delle esalazioni dal fondo del vicino (ex art. 844 cod.civ.) ed, al contempo, sul piano urbanistico, costituisce il limite qualitativo e tipologico delle attività insediabili. Rileva dunque nei rapporti civili tra fondi, nella prima accezione; e come elemento urbanistico nel secondo dei casi. In entrambe le ipotesi, tuttavia, la sua violazione va comprovata.
N. 02069/2008 REG.SEN.
N. 03144/2001 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 3144 del 2001, proposto da:
Franchina Sutera Rosina + 2, rappresentato e difeso dagli avv. Sebastiano Leone, Paolo Amato, con domicilio eletto presso Luigi Pettinato in Catania, via Pasubio, 30; Franchina Antonina, Franchina Nunzia;
contro
Comune di Torrenova (Me), rappresentato e difeso dall'avv. Nello Cassata, con domicilio eletto presso Vito De Benedetto in Catania, via Leocata, 6; Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente, Ufficio Genio Civile di Messina, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
nei confronti di
Sicilferro Torrenovese Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Marcello Scurria, con domicilio eletto presso Egidio Incorpora in Catania, via Aloi, 46;
per l'annullamento
della concessione edilizia nr. 76/2006 (Rep.n.2197) e del relativo “piano di lottizzazione” rilasciati dal Comune di Torrenova alla ditta Sicilferro Torrenovese Srl,in data 09.11.2000, portati a conoscenza delle ricorrenti in data 13.07.2001, per le opere di urbanizzazione del piano di lottizzazione di un’area artigianale sita in località Pietra di Roma, ricadente in zona D del P.di F. vigente, sull’area o sull’immobile distinti al Catasto, foglio n. 06 part. 116 e 254;
della concessione edilizia n. 18/2001 (Rep. n. 2255) rilasciata dal Comune di Torrenova alla ditta Sicilferro Torrenovese Srl, in data 12.04.2001 portata a conoscenza delle ricorrenti in data 13.07.2001, per la Realizzazione di uno stabilimento per la produzione e commercializzazione di Blocchi, Muri, Solai tipo Plastbau, accessori ed affini, da sorgere in c.da Pietra di Roma, ricadente in zona D del P.di F.vigente, sull’area o sull’immobile distinti al catasto foglio n. 06 part. 116 e 254;
di tutti gli altri atti e provvedimenti presupposti, preparatori, di esecuzione, conseguenziali e comunque connessi, nonché, ove esistente, dello (sconosciuto) verbale di allineamento e quote;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Torrenova (Me);
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ufficio Genio Civile di Messina;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Sicilferro Torrenovese Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23/10/2008 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Ricorrono le sigg.re Franchina Sutera Rosina, Nunzia ed Antonia, comproprietarie (unitamente a Franchina Salvatore) di un fondo nel Comune di Torrenova, coltivato in parte ad agrumeto e per altra parte edificato con fabbricato residenziale (abitato dalle ricorrenti), contro le concessioni edilizie in epigrafe indicate con le quali il Comune di Torrenova ha permesso alla ditta controinteressata Sicilferro Torrenovese la realizzazione di uno stabilimento industriale.
La realizzazione di quest’ultimo avrebbe comportato, secondo le ricorrenti, la trasformazione del suolo di posa a mezzo di rilevanti agglomerati di detriti e materiale da riporto i quali, ammassati e cementificati lungo il confine ovest del terreno, esistente tra il terreno della controinteressata e quello delle ricorrenti, avrebbero occluso un canale di scolo di acque naturali (meteoriche e di drenaggio) direttamente sfociante sul mare, deputato all’elusione del concreto pericolo di dannose inondazioni dei terreni medesimi.
Lamentando quindi l’alterazione dell’equilibrio naturale e colturale della zona, come comprovato anche da specifica perizia tecnica di parte, le ricorrenti hanno proposto l’odierno ricorso, notificato il 2 agosto 2001 e depositato il 3 settembre 2001, ldeducendo la violazione del regolamento edilizio e degli strumenti urbanistici comunali, con articolate argomentazioni in fatto ed in diritto.
Il Comune di Torrenova, costituitosi in giudizio il 14 settembre 2001, resiste all’azione avversaria, difendendo la legittimità delle concessioni edilizie impugnate, chiedendo il rigetto del ricorso per inammissibilità, tardività ed infondatezza.
Respinta la domanda cautelare nella camera di consiglio del 24.10.2001 (ord.nr. 2020/01), la causa è stata chiamata in decisione alla Udienza pubblica del 24 marzo 2004, nella quale la Sezione ha disposto, con ordinanza nr. 220/04, una verificazione sui fatti di causa, che è stata affidata all’Ingegnere Capo del Genio Civile di Messina (o funzionario dallo stesso delegato).
Il verificatore è stato poi sostituito dalla Sezione con ordinanza nr. 304/06, pronunciata inter partes alla Udienza pubblica del 22 giugno 2006, con la quale è stato incaricato dell’esecuzione della verificazione medesima, il Prof. Arch. Paolo La Greca, docente di Urbanistica presso l’Università degli Studi di Catania.
La relazione di verificazione è stata depositata in giudizio il 12 aprile 2007.
La parte ricorrente ha depositato una propria memoria in data 2 e 3 giugno 2007, nella quale si contestano le risultanze della relazione di verificazione, chiedendo, così, il richiamo del verificatore.
Alla udienza pubblica del 5 luglio 2007, con ordinanza nr. 473/07, è stato disposto il richiamo del verificatore al fine di meglio chiarire i punti contestati della relazione di verificazione.
Adempiuto da parte del verificatore all’ordine istruttorio, con relazione integrativa depositata il 7 maggio 2008, la causa è stata chiamata in decisione alla udienza pubblica del 3 luglio 2008, ove il Collegio ha disposto il rinvio della trattazione del giudizio per le motivazioni meglio indicate nella ordinanza nr. 330 del 30 luglio 2008.
La causa è stata quindi chiamata in decisione alla Udienza pubblica del 23 ottobre 2008.
DIRITTO
Le ricorrenti contestano le impugnate concessioni edilizie, i cui lavori, in particolare con riferimento all’alterazione del piano di campagna, avrebbero alterato il normale deflusso delle acque meteoriche, provocando danni al proprio terreno (I censura, in parte); se ne lamenta la illegittimità anche per la mancanza della relazione geologica di cui al DM 11.03.1988 (I censura, in altra parte). Inoltre, (II censura) si lamenta la violazione dello strumento urbanistico, che non prevederebbe per la zona D1 in esame l’impianto di stabilimenti industriali, quale quello della controinteressata; le concessioni impugnate sarebbero illegittime anche per illogicità manifesta e contraddittorietà (III censura), in quanto nel Comune di Torrenova sussistendo il consorzio per le aree ed i nuclei industriali “ASI del Tirreno” non sarebbe logico prevedere insediamenti industriali al di fuori di detto comprensorio. Infine (IV censura), mancherebbe il parere del Genio Civile ex art. 13 l. 64/1974.
Con ulteriore capo di domanda, le ricorrenti chiedono il risarcimento del danno, quantificandolo in euro 516.456,89.
I) Va preliminarmente esaminata l’eccezione sollevata dal Comune, secondo cui il gravame sarebbe tardivo.
Infatti, secondo la difesa comunale, non corrisponderebbe al vero l’affermazione delle ricorrenti di avere avuto conoscenza delle denunciate concessioni edilizie solo in data 13.07.2001: già il 18.05.2000 il sig. Castro Giuseppe, nipote delle ricorrenti ed anche egli comproprietario del fondo, inoltrava richiesta di copia degli elaborati relativi alla lottizzazione e l’istanza reca in calce la sottoscrizione, per ricevuta, della ricorrente Sutera Rosina; il 16.01.2001, lo stesso nipote delle ricorrenti chiedeva ed otteneva copia degli elaborati relativi al progetto che sarebbe stato poi oggetto della concessione edilizia nr. 18/2001; la ricorrente Sutera Rosina, poi, presentava denuncia alla Procura della Repubblica circa la illegittimità dell’operato della ditta controinteressata in data 12.06.2001.
Alla luce di quanto esposto dalla difesa comunale, l’eccezione di tardività va dunque sicuramente disattesa per le ricorrenti Franchina Nunzia e Franchina Antonina: nessun particolare rapporto tra queste ultime e la ricorrente Rosina viene indicato per affermare una conoscenza degli atti comune a tutte e tre.
Ma, ad approfondito esame, neppure può ritenersi tardivo il gravame per la ricorrente Franchina Rosina, perché, per il tipo di censure proposte, l’interesse a ricorrere è sorto in capo ad essa, come alle altre due ricorrenti, nel momento in cui l’attività della ditta controinteressata ha assunto consistenza.
L’eccezione quindi va disattesa ed il ricorso ritenuto tempestivo.
II) La quarta censura e parte della prima censura del ricorso sono infondate.
Secondo le ricorrenti, mancherebbe la relazione geologica di cui al DM 11.03.1988 ed il parere del Genio civile sulla lottizzazione, ex art. 13 l. 64/1974.
Tuttavia, dall’esame dei documenti versati in giudizio, risulta che i progetti oggetto di concessione edilizia sono assistiti dalla relazione geologica; inoltre il parere del Genio Civile è stato richiesto dal Comune resistente in data 14.06.2000, con nota 6913 e che l’Autorità predetta si è espressa favorevolmente con nota 15990 del 26.07.2000.
Le suddette censure sono dunque infondate in fatto.
III) Per ragioni di semplicità espositiva, il Collegio prende adesso in esame la terza censura e la respinge.
Sostenere che è illogica la previsione di una area D1 per insediamenti artigianali ed industriali in zone diverse da quelle del comprensorio ASI è affermazione che, di per sé, trascura la naturale discrezionalità della pianificazione urbanistica; tuttavia, è prima inammissibile che infondata, perché va rivolta contro il Piano regolatore che non è stato oggetto di gravame.
IV) Possono adesso essere esaminate la seconda censura e parte della prima, che, sostanzialmente, sono quelle che sorreggono il gravame.
Sostengono, innanzitutto, le ricorrenti che l’impianto produttivo della controinteressata non è compatibile con l’area a destinazione D1 del comprensorio, nella quale sarebbero ammissibili solamente insediamenti artigianali.
Inoltre, la tipologia delle costruzioni assentite, soprattutto con riferimento all’alterazione del piano di campagna che è stato innalzato rispetto alla quota d’origine, avrebbe alterato il regime delle acque provocando danni ai terreni.
Sulle questioni introdotte con le censure in esame è stata disposta una articolata verificazione che ha raggiunto le seguenti conclusioni.
IV. a) Al momento del rilascio della concessione nell’area interessata dall’insediamento, vigeva il PdF variato a seguito del Decreto ARTA n. 1010/87 del 23.07.1987. Il lotto ricade in ZTO D1 “lotti per l’artigianato di produzione o piccola industria”. Le norme di piano prevedono per la zona in esame: superficie minima del lotto in base alle esigenze, indice di copertura pari al 40% della superficie, 8,00 metri di Hmax, 2 piani fuori terra, ed il divieto di insediare “tutte le attività che, in qualsiasi modo, per effetto di inquinamento, o di rumore, o di odori, si rendono nocive nei confronti delle residenze”.
Successivamente, viene approvato il nuovo PRG con D.A. n. 449/03, pubblicato sulla GURS il 30.05.2003, nel quale si confermano le previsioni di area del lotto in esame, fissando però il lotto minimo in 5.000 mq; si conferma la inclusione della proprietà delle ricorrenti e della controinteressata nella ZTO D1 del nuovo strumento urbanistico.
Lo stabilimento della controinteressata viene ricondotto dal verificatore alla tipologia della piccola impresa industriale e come tale è ritenuto compatibile con le norme di zona.
IV. b) Il nuovo assetto dei luoghi ha determinato la modifica del regime di permeabilità dei suoli, sia per le vaste superfici coperte realizzate secondo le previsioni di piano che per la intervenuta impermeabilizzazione dei terreni conseguente alla realizzazione degli ampi piazzali che circondano questi edifici industriali. In particolare, nel caso della controinteressata, mentre nella prima concessione edilizia era previsto un regime di scolo delle acque meteoriche che era assicurato da una apposita tubazione, l’impianto è stato poi realizzato, con la seconda concessione edilizia, mediante un “cunettone” di scolo all’aria aperta che finisce però con il convogliare anche acque di provenienza da altri terreni a monte e che si immette direttamente nella “saja” di confine (che è appunto quel canale originario di deflusso che le ricorrenti assumono essere stato alterato).
La difesa delle ricorrenti ha chiesto la sostituzione del verificatore ed ha contestato le conclusioni cui è pervenuta la verificazione.
Tuttavia, ad avviso del Collegio, la causa appare matura per essere decisa, perché l’istruttoria ha fornito sufficienti elementi di giudizio.
V) Quanto alla compatibilità urbanistica tra la lottizzazione e la disciplina d’area, la censura va ritenuta infondata, con alcune precisazioni.
Intanto, dall’esame degli atti emerge che, a differenza di quanto sostenuto dalla difesa della parte ricorrente, la normativa in esame (così come ricostruita dal verificatore) prevede la possibilità di insediare sia imprese artigiane che industriali (PdF variato a seguito del decreto ARTA n. 1010/87 del 23.07.1987).
Al di là della specifica tipologia di imprese, il limite che le NTA pongono agli insediamenti produttivi previsti è che non debbano essere nocivi, quanto a rumori ed esalazioni, per le residenze.
La nocività va intesa, dunque in una doppia accezione: sul piano dei rapporti tra fondi vicini, essa è il limite alla normale tollerabilità delle esalazioni dal fondo del vicino (ex art. 844 cod.civ.) ed, al contempo, sul piano urbanistico, costituisce il limite qualitativo e tipologico delle attività insediabili.
Rileva dunque nei rapporti civili tra fondi, nella prima accezione; e come elemento urbanistico nel secondo dei casi.
In entrambe le ipotesi, tuttavia, la sua violazione va comprovata: se tale violazione viene invocata ai fini della disciplina urbanistica, ossia si lamenta che il tipo di impianto essendo ordinariamente preordinato all’esalazione di immissioni nocive, è incompatibile con la destinazione di zona, allora va offerta la prova della sussistenza strutturale di esalazioni nell’attività produttiva, che la qualifica come incompatibile con il regime delle NTA per la zona D1 in esame. Laddove la prova in esame viene offerta, invece, come sussistenza di occasionali immissioni, magari derivanti da una natura delle lavorazioni dell’impianto differente da quelle per il quale l’impianto è stato autorizzato, allora si rientra nella ordinaria ipotesi di tutela di cui all’art. 844 cod.civ. e, in tal caso, non è la concessione edilizia ad essere illegittima, ma l’attività in sé, così come condotta, con ogni conseguenza, sul piano civile e penale della tutela.
Le ricorrenti non solo non hanno espresso alcuna censura nei termini suddetti (essendosi limitate a contestare nel ricorso che le NTA consentirebbero solamente l’insediamento di impianti artigianali), ma, anche a tacere di questo aspetto, non hanno sicuramente comprovato che le attività della Sicilferro siano stabilmente e ontologicamente nocive per le residenze. A questo proposito, il Collegio osserva che nella perizia di parte depositata in allegato al ricorso, pur essendo presente una V.I.A. per l’analisi del fabbricato della Sicilferro, quest’ultima evidenzia come l’emissione di odori potrà avvenire solo per cattivo funzionamento dell’impianto e in particolari condizioni atmosferiche; l’emissione di polveri o fumi dovrebbe essere assente, visto il tipo di impianto, e quindi si espone che non si comprende il perché dette esalazioni si manifestano di notte (con il che si adombra una cattiva gestione dell’impianto o comunque il compimento di attività non assentite); modificazioni chimico-biologiche delle acque non dovrebbero avvenire perché non sono previsti scarichi di alcuna natura direttamente sul terreno; e così via.
In altri termini, è la stessa produzione di parte ricorrente che consente di ritenere che l’attività assentita non sia, sul piano urbanistico, contrastante con le norme di zona, perché viene escluso (oltre a non essere neppure lamentato) che essa sia stabilmente, strutturalmente ed ordinariamente atta a produrre quelle esalazioni nocive o comunque incompatibili con le residenze che potrebbero giustificare un giudizio di incompatibilità del manufatto con le previsioni di Piano.
Va da sé che le lamentate (e non comprovate) esalazioni che sarebbero avvenute in concreto, potranno essere oggetto di apposita azione a tutela di fronte al giudice civile, competente a conoscerla ex art. 844 cod.civ. ove dovessero ripresentarsi; ad ogni modo, per la loro occasionalità e non pertinenza strutturale con l’impianto, non potranno essere considerate come causa di illegittimità delle concessioni edilizie.
VI) Quanto alla questione del deflusso delle acque, il verificatore ha accertato elementi che inducono il Collegio a ritenere fondata la prima parte della prima censura, laddove si lamenta che il regime delle acque è stato alterato (cfr. verificazione, pagg. 14-15-16) con conseguenze di pericolo per il terreno delle ricorrenti.
Le concessioni edilizie, in particolare la seconda, laddove non prevedono un adeguato sistema di deflusso delle acque, sono illegittime ed, in tale parte, vanno annullate, sancendo l’obbligo per l’Amministrazione e per la controinteressata di provvedere ad una efficiente regimazione delle acque di scolo, con l’immissione diretta nel sistema di collettazione delle acque, tale da escludere rischi di allagamenti nel terreno delle ricorrenti.
VII) La domanda di risarcimento danni è generica e come tale va dichiarata allo stato inammissibile.
Nessuna prova della quantificazione dei danni subiti è stata infatti offerta dalle ricorrenti medesime: invero, con la perizia di parte allegata al ricorso si produce una “stima dei danni”, ma all’analisi del contenuto della stessa, emerge che la valutazione condotta dal CTP è puramente nominale e generica, come tale insufficiente a consentire la ammissibilità della domanda. Infatti, nella suddetta relazione, il CTP si limita ad esporre (pag. 35, lett. “A”) il metodo di analisi con cui si individuano i valori dei beni immobili delle ricorrenti danneggiati dalle concessioni edilizie della controinteressata; poi, (pag. 37, lett. “B”) si determina una stima del reddito, per ottenere quindi il (solo) valore di mercato più probabile dei fabbricati (e non del danno) ammontante a lire 1.334.925.000; infine, nelle conclusioni, si determina il valore finale del risarcimento, incrementando il valore di mercato ottenuto al paragrafo precedente con una stima di deprezzamento derivante dall’essere diventato il terreno delle ricorrenti lotto intercluso, ed aumentandolo con il valore affettivo del fabbricato, il tutto per una complessiva somma pari a lire 2.500.000.000.
Appare evidente, innanzitutto, che tali stime non offrono al giudizio del Tribunale alcun riferimento su quale potrebbe essere la causa del danno quantificato, in relazione alle censure svolte nel ricorso (ove, ad esempio, non si parla di lotto intercluso): dunque, ai fini dell’azione ex art. 2043, manca del tutto il requisito del nesso causale tra l’illegittimità lamentata degli atti e la tipologia dei danni sofferti. Ma, ad analisi ancora più attenta, emerge che è la stessa quantificazione del perito di parte che si rivela insufficiente, perché si limita essenzialmente a stimare il valore degli immobili dei ricorrenti, e quindi è priva di alcuna prova in ordine al “quantum” richiesto. Ciò, d’altronde, appare la logica conseguenza del fatto che il danno lamentato non viene in alcun modo presentato in relazione alle illegittimità delle concessioni edilizie impugnate, specie sotto il profilo, che come si è visto è l’unico fondato, della alterazione del deflusso delle acque.
La domanda è dunque inammissibile, allo stato, per genericità.
La fondatezza solo parziale del gravame costituisce giusta causa per la compensazione delle spese di lite tra le parti, ad eccezione delle spese di verificazione che sono poste a carico del Comune resistente e della controinteressata, in solido tra loro e che saranno liquidate con separato decreto collegiale motivato ai sensi del DPR 115/2002.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione staccata di Catania, Sezione Prima, ACCOGLIE, nei limiti di cui in parte motiva, il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, ANNULLA gli atti impugnati, nella parte relativa alle opere di urbanizzazione necessarie al regime del deflusso delle acque di scolo, e FA OBBLIGO al Comune ed alla controinteressata di curarne la riprogettazione e la successiva realizzazione, in conformità a quanto indicato dal verificatore d’ufficio.
DICHIARA INAMMISSIBILE la domanda di risarcimento del danno, per genericità.
COMPENSA tra le parti le spese di lite, ad eccezione degli importi della verificazione, che saranno liquidati con separato decreto collegiale motivato, a mente del DPR 115/2002 e che sono posti a carico dell’Amministrazione resistente e della controinteressata in solido tra loro.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 23/10/2008 con l'intervento dei Magistrati:
Rosalia Messina, Presidente
Pancrazio Maria Savasta, Consigliere
Salvatore Gatto Costantino, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/11/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
N. 03144/2001 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 3144 del 2001, proposto da:
Franchina Sutera Rosina + 2, rappresentato e difeso dagli avv. Sebastiano Leone, Paolo Amato, con domicilio eletto presso Luigi Pettinato in Catania, via Pasubio, 30; Franchina Antonina, Franchina Nunzia;
contro
Comune di Torrenova (Me), rappresentato e difeso dall'avv. Nello Cassata, con domicilio eletto presso Vito De Benedetto in Catania, via Leocata, 6; Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente, Ufficio Genio Civile di Messina, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
nei confronti di
Sicilferro Torrenovese Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Marcello Scurria, con domicilio eletto presso Egidio Incorpora in Catania, via Aloi, 46;
per l'annullamento
della concessione edilizia nr. 76/2006 (Rep.n.2197) e del relativo “piano di lottizzazione” rilasciati dal Comune di Torrenova alla ditta Sicilferro Torrenovese Srl,in data 09.11.2000, portati a conoscenza delle ricorrenti in data 13.07.2001, per le opere di urbanizzazione del piano di lottizzazione di un’area artigianale sita in località Pietra di Roma, ricadente in zona D del P.di F. vigente, sull’area o sull’immobile distinti al Catasto, foglio n. 06 part. 116 e 254;
della concessione edilizia n. 18/2001 (Rep. n. 2255) rilasciata dal Comune di Torrenova alla ditta Sicilferro Torrenovese Srl, in data 12.04.2001 portata a conoscenza delle ricorrenti in data 13.07.2001, per la Realizzazione di uno stabilimento per la produzione e commercializzazione di Blocchi, Muri, Solai tipo Plastbau, accessori ed affini, da sorgere in c.da Pietra di Roma, ricadente in zona D del P.di F.vigente, sull’area o sull’immobile distinti al catasto foglio n. 06 part. 116 e 254;
di tutti gli altri atti e provvedimenti presupposti, preparatori, di esecuzione, conseguenziali e comunque connessi, nonché, ove esistente, dello (sconosciuto) verbale di allineamento e quote;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Torrenova (Me);
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ufficio Genio Civile di Messina;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Sicilferro Torrenovese Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23/10/2008 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Ricorrono le sigg.re Franchina Sutera Rosina, Nunzia ed Antonia, comproprietarie (unitamente a Franchina Salvatore) di un fondo nel Comune di Torrenova, coltivato in parte ad agrumeto e per altra parte edificato con fabbricato residenziale (abitato dalle ricorrenti), contro le concessioni edilizie in epigrafe indicate con le quali il Comune di Torrenova ha permesso alla ditta controinteressata Sicilferro Torrenovese la realizzazione di uno stabilimento industriale.
La realizzazione di quest’ultimo avrebbe comportato, secondo le ricorrenti, la trasformazione del suolo di posa a mezzo di rilevanti agglomerati di detriti e materiale da riporto i quali, ammassati e cementificati lungo il confine ovest del terreno, esistente tra il terreno della controinteressata e quello delle ricorrenti, avrebbero occluso un canale di scolo di acque naturali (meteoriche e di drenaggio) direttamente sfociante sul mare, deputato all’elusione del concreto pericolo di dannose inondazioni dei terreni medesimi.
Lamentando quindi l’alterazione dell’equilibrio naturale e colturale della zona, come comprovato anche da specifica perizia tecnica di parte, le ricorrenti hanno proposto l’odierno ricorso, notificato il 2 agosto 2001 e depositato il 3 settembre 2001, ldeducendo la violazione del regolamento edilizio e degli strumenti urbanistici comunali, con articolate argomentazioni in fatto ed in diritto.
Il Comune di Torrenova, costituitosi in giudizio il 14 settembre 2001, resiste all’azione avversaria, difendendo la legittimità delle concessioni edilizie impugnate, chiedendo il rigetto del ricorso per inammissibilità, tardività ed infondatezza.
Respinta la domanda cautelare nella camera di consiglio del 24.10.2001 (ord.nr. 2020/01), la causa è stata chiamata in decisione alla Udienza pubblica del 24 marzo 2004, nella quale la Sezione ha disposto, con ordinanza nr. 220/04, una verificazione sui fatti di causa, che è stata affidata all’Ingegnere Capo del Genio Civile di Messina (o funzionario dallo stesso delegato).
Il verificatore è stato poi sostituito dalla Sezione con ordinanza nr. 304/06, pronunciata inter partes alla Udienza pubblica del 22 giugno 2006, con la quale è stato incaricato dell’esecuzione della verificazione medesima, il Prof. Arch. Paolo La Greca, docente di Urbanistica presso l’Università degli Studi di Catania.
La relazione di verificazione è stata depositata in giudizio il 12 aprile 2007.
La parte ricorrente ha depositato una propria memoria in data 2 e 3 giugno 2007, nella quale si contestano le risultanze della relazione di verificazione, chiedendo, così, il richiamo del verificatore.
Alla udienza pubblica del 5 luglio 2007, con ordinanza nr. 473/07, è stato disposto il richiamo del verificatore al fine di meglio chiarire i punti contestati della relazione di verificazione.
Adempiuto da parte del verificatore all’ordine istruttorio, con relazione integrativa depositata il 7 maggio 2008, la causa è stata chiamata in decisione alla udienza pubblica del 3 luglio 2008, ove il Collegio ha disposto il rinvio della trattazione del giudizio per le motivazioni meglio indicate nella ordinanza nr. 330 del 30 luglio 2008.
La causa è stata quindi chiamata in decisione alla Udienza pubblica del 23 ottobre 2008.
DIRITTO
Le ricorrenti contestano le impugnate concessioni edilizie, i cui lavori, in particolare con riferimento all’alterazione del piano di campagna, avrebbero alterato il normale deflusso delle acque meteoriche, provocando danni al proprio terreno (I censura, in parte); se ne lamenta la illegittimità anche per la mancanza della relazione geologica di cui al DM 11.03.1988 (I censura, in altra parte). Inoltre, (II censura) si lamenta la violazione dello strumento urbanistico, che non prevederebbe per la zona D1 in esame l’impianto di stabilimenti industriali, quale quello della controinteressata; le concessioni impugnate sarebbero illegittime anche per illogicità manifesta e contraddittorietà (III censura), in quanto nel Comune di Torrenova sussistendo il consorzio per le aree ed i nuclei industriali “ASI del Tirreno” non sarebbe logico prevedere insediamenti industriali al di fuori di detto comprensorio. Infine (IV censura), mancherebbe il parere del Genio Civile ex art. 13 l. 64/1974.
Con ulteriore capo di domanda, le ricorrenti chiedono il risarcimento del danno, quantificandolo in euro 516.456,89.
I) Va preliminarmente esaminata l’eccezione sollevata dal Comune, secondo cui il gravame sarebbe tardivo.
Infatti, secondo la difesa comunale, non corrisponderebbe al vero l’affermazione delle ricorrenti di avere avuto conoscenza delle denunciate concessioni edilizie solo in data 13.07.2001: già il 18.05.2000 il sig. Castro Giuseppe, nipote delle ricorrenti ed anche egli comproprietario del fondo, inoltrava richiesta di copia degli elaborati relativi alla lottizzazione e l’istanza reca in calce la sottoscrizione, per ricevuta, della ricorrente Sutera Rosina; il 16.01.2001, lo stesso nipote delle ricorrenti chiedeva ed otteneva copia degli elaborati relativi al progetto che sarebbe stato poi oggetto della concessione edilizia nr. 18/2001; la ricorrente Sutera Rosina, poi, presentava denuncia alla Procura della Repubblica circa la illegittimità dell’operato della ditta controinteressata in data 12.06.2001.
Alla luce di quanto esposto dalla difesa comunale, l’eccezione di tardività va dunque sicuramente disattesa per le ricorrenti Franchina Nunzia e Franchina Antonina: nessun particolare rapporto tra queste ultime e la ricorrente Rosina viene indicato per affermare una conoscenza degli atti comune a tutte e tre.
Ma, ad approfondito esame, neppure può ritenersi tardivo il gravame per la ricorrente Franchina Rosina, perché, per il tipo di censure proposte, l’interesse a ricorrere è sorto in capo ad essa, come alle altre due ricorrenti, nel momento in cui l’attività della ditta controinteressata ha assunto consistenza.
L’eccezione quindi va disattesa ed il ricorso ritenuto tempestivo.
II) La quarta censura e parte della prima censura del ricorso sono infondate.
Secondo le ricorrenti, mancherebbe la relazione geologica di cui al DM 11.03.1988 ed il parere del Genio civile sulla lottizzazione, ex art. 13 l. 64/1974.
Tuttavia, dall’esame dei documenti versati in giudizio, risulta che i progetti oggetto di concessione edilizia sono assistiti dalla relazione geologica; inoltre il parere del Genio Civile è stato richiesto dal Comune resistente in data 14.06.2000, con nota 6913 e che l’Autorità predetta si è espressa favorevolmente con nota 15990 del 26.07.2000.
Le suddette censure sono dunque infondate in fatto.
III) Per ragioni di semplicità espositiva, il Collegio prende adesso in esame la terza censura e la respinge.
Sostenere che è illogica la previsione di una area D1 per insediamenti artigianali ed industriali in zone diverse da quelle del comprensorio ASI è affermazione che, di per sé, trascura la naturale discrezionalità della pianificazione urbanistica; tuttavia, è prima inammissibile che infondata, perché va rivolta contro il Piano regolatore che non è stato oggetto di gravame.
IV) Possono adesso essere esaminate la seconda censura e parte della prima, che, sostanzialmente, sono quelle che sorreggono il gravame.
Sostengono, innanzitutto, le ricorrenti che l’impianto produttivo della controinteressata non è compatibile con l’area a destinazione D1 del comprensorio, nella quale sarebbero ammissibili solamente insediamenti artigianali.
Inoltre, la tipologia delle costruzioni assentite, soprattutto con riferimento all’alterazione del piano di campagna che è stato innalzato rispetto alla quota d’origine, avrebbe alterato il regime delle acque provocando danni ai terreni.
Sulle questioni introdotte con le censure in esame è stata disposta una articolata verificazione che ha raggiunto le seguenti conclusioni.
IV. a) Al momento del rilascio della concessione nell’area interessata dall’insediamento, vigeva il PdF variato a seguito del Decreto ARTA n. 1010/87 del 23.07.1987. Il lotto ricade in ZTO D1 “lotti per l’artigianato di produzione o piccola industria”. Le norme di piano prevedono per la zona in esame: superficie minima del lotto in base alle esigenze, indice di copertura pari al 40% della superficie, 8,00 metri di Hmax, 2 piani fuori terra, ed il divieto di insediare “tutte le attività che, in qualsiasi modo, per effetto di inquinamento, o di rumore, o di odori, si rendono nocive nei confronti delle residenze”.
Successivamente, viene approvato il nuovo PRG con D.A. n. 449/03, pubblicato sulla GURS il 30.05.2003, nel quale si confermano le previsioni di area del lotto in esame, fissando però il lotto minimo in 5.000 mq; si conferma la inclusione della proprietà delle ricorrenti e della controinteressata nella ZTO D1 del nuovo strumento urbanistico.
Lo stabilimento della controinteressata viene ricondotto dal verificatore alla tipologia della piccola impresa industriale e come tale è ritenuto compatibile con le norme di zona.
IV. b) Il nuovo assetto dei luoghi ha determinato la modifica del regime di permeabilità dei suoli, sia per le vaste superfici coperte realizzate secondo le previsioni di piano che per la intervenuta impermeabilizzazione dei terreni conseguente alla realizzazione degli ampi piazzali che circondano questi edifici industriali. In particolare, nel caso della controinteressata, mentre nella prima concessione edilizia era previsto un regime di scolo delle acque meteoriche che era assicurato da una apposita tubazione, l’impianto è stato poi realizzato, con la seconda concessione edilizia, mediante un “cunettone” di scolo all’aria aperta che finisce però con il convogliare anche acque di provenienza da altri terreni a monte e che si immette direttamente nella “saja” di confine (che è appunto quel canale originario di deflusso che le ricorrenti assumono essere stato alterato).
La difesa delle ricorrenti ha chiesto la sostituzione del verificatore ed ha contestato le conclusioni cui è pervenuta la verificazione.
Tuttavia, ad avviso del Collegio, la causa appare matura per essere decisa, perché l’istruttoria ha fornito sufficienti elementi di giudizio.
V) Quanto alla compatibilità urbanistica tra la lottizzazione e la disciplina d’area, la censura va ritenuta infondata, con alcune precisazioni.
Intanto, dall’esame degli atti emerge che, a differenza di quanto sostenuto dalla difesa della parte ricorrente, la normativa in esame (così come ricostruita dal verificatore) prevede la possibilità di insediare sia imprese artigiane che industriali (PdF variato a seguito del decreto ARTA n. 1010/87 del 23.07.1987).
Al di là della specifica tipologia di imprese, il limite che le NTA pongono agli insediamenti produttivi previsti è che non debbano essere nocivi, quanto a rumori ed esalazioni, per le residenze.
La nocività va intesa, dunque in una doppia accezione: sul piano dei rapporti tra fondi vicini, essa è il limite alla normale tollerabilità delle esalazioni dal fondo del vicino (ex art. 844 cod.civ.) ed, al contempo, sul piano urbanistico, costituisce il limite qualitativo e tipologico delle attività insediabili.
Rileva dunque nei rapporti civili tra fondi, nella prima accezione; e come elemento urbanistico nel secondo dei casi.
In entrambe le ipotesi, tuttavia, la sua violazione va comprovata: se tale violazione viene invocata ai fini della disciplina urbanistica, ossia si lamenta che il tipo di impianto essendo ordinariamente preordinato all’esalazione di immissioni nocive, è incompatibile con la destinazione di zona, allora va offerta la prova della sussistenza strutturale di esalazioni nell’attività produttiva, che la qualifica come incompatibile con il regime delle NTA per la zona D1 in esame. Laddove la prova in esame viene offerta, invece, come sussistenza di occasionali immissioni, magari derivanti da una natura delle lavorazioni dell’impianto differente da quelle per il quale l’impianto è stato autorizzato, allora si rientra nella ordinaria ipotesi di tutela di cui all’art. 844 cod.civ. e, in tal caso, non è la concessione edilizia ad essere illegittima, ma l’attività in sé, così come condotta, con ogni conseguenza, sul piano civile e penale della tutela.
Le ricorrenti non solo non hanno espresso alcuna censura nei termini suddetti (essendosi limitate a contestare nel ricorso che le NTA consentirebbero solamente l’insediamento di impianti artigianali), ma, anche a tacere di questo aspetto, non hanno sicuramente comprovato che le attività della Sicilferro siano stabilmente e ontologicamente nocive per le residenze. A questo proposito, il Collegio osserva che nella perizia di parte depositata in allegato al ricorso, pur essendo presente una V.I.A. per l’analisi del fabbricato della Sicilferro, quest’ultima evidenzia come l’emissione di odori potrà avvenire solo per cattivo funzionamento dell’impianto e in particolari condizioni atmosferiche; l’emissione di polveri o fumi dovrebbe essere assente, visto il tipo di impianto, e quindi si espone che non si comprende il perché dette esalazioni si manifestano di notte (con il che si adombra una cattiva gestione dell’impianto o comunque il compimento di attività non assentite); modificazioni chimico-biologiche delle acque non dovrebbero avvenire perché non sono previsti scarichi di alcuna natura direttamente sul terreno; e così via.
In altri termini, è la stessa produzione di parte ricorrente che consente di ritenere che l’attività assentita non sia, sul piano urbanistico, contrastante con le norme di zona, perché viene escluso (oltre a non essere neppure lamentato) che essa sia stabilmente, strutturalmente ed ordinariamente atta a produrre quelle esalazioni nocive o comunque incompatibili con le residenze che potrebbero giustificare un giudizio di incompatibilità del manufatto con le previsioni di Piano.
Va da sé che le lamentate (e non comprovate) esalazioni che sarebbero avvenute in concreto, potranno essere oggetto di apposita azione a tutela di fronte al giudice civile, competente a conoscerla ex art. 844 cod.civ. ove dovessero ripresentarsi; ad ogni modo, per la loro occasionalità e non pertinenza strutturale con l’impianto, non potranno essere considerate come causa di illegittimità delle concessioni edilizie.
VI) Quanto alla questione del deflusso delle acque, il verificatore ha accertato elementi che inducono il Collegio a ritenere fondata la prima parte della prima censura, laddove si lamenta che il regime delle acque è stato alterato (cfr. verificazione, pagg. 14-15-16) con conseguenze di pericolo per il terreno delle ricorrenti.
Le concessioni edilizie, in particolare la seconda, laddove non prevedono un adeguato sistema di deflusso delle acque, sono illegittime ed, in tale parte, vanno annullate, sancendo l’obbligo per l’Amministrazione e per la controinteressata di provvedere ad una efficiente regimazione delle acque di scolo, con l’immissione diretta nel sistema di collettazione delle acque, tale da escludere rischi di allagamenti nel terreno delle ricorrenti.
VII) La domanda di risarcimento danni è generica e come tale va dichiarata allo stato inammissibile.
Nessuna prova della quantificazione dei danni subiti è stata infatti offerta dalle ricorrenti medesime: invero, con la perizia di parte allegata al ricorso si produce una “stima dei danni”, ma all’analisi del contenuto della stessa, emerge che la valutazione condotta dal CTP è puramente nominale e generica, come tale insufficiente a consentire la ammissibilità della domanda. Infatti, nella suddetta relazione, il CTP si limita ad esporre (pag. 35, lett. “A”) il metodo di analisi con cui si individuano i valori dei beni immobili delle ricorrenti danneggiati dalle concessioni edilizie della controinteressata; poi, (pag. 37, lett. “B”) si determina una stima del reddito, per ottenere quindi il (solo) valore di mercato più probabile dei fabbricati (e non del danno) ammontante a lire 1.334.925.000; infine, nelle conclusioni, si determina il valore finale del risarcimento, incrementando il valore di mercato ottenuto al paragrafo precedente con una stima di deprezzamento derivante dall’essere diventato il terreno delle ricorrenti lotto intercluso, ed aumentandolo con il valore affettivo del fabbricato, il tutto per una complessiva somma pari a lire 2.500.000.000.
Appare evidente, innanzitutto, che tali stime non offrono al giudizio del Tribunale alcun riferimento su quale potrebbe essere la causa del danno quantificato, in relazione alle censure svolte nel ricorso (ove, ad esempio, non si parla di lotto intercluso): dunque, ai fini dell’azione ex art. 2043, manca del tutto il requisito del nesso causale tra l’illegittimità lamentata degli atti e la tipologia dei danni sofferti. Ma, ad analisi ancora più attenta, emerge che è la stessa quantificazione del perito di parte che si rivela insufficiente, perché si limita essenzialmente a stimare il valore degli immobili dei ricorrenti, e quindi è priva di alcuna prova in ordine al “quantum” richiesto. Ciò, d’altronde, appare la logica conseguenza del fatto che il danno lamentato non viene in alcun modo presentato in relazione alle illegittimità delle concessioni edilizie impugnate, specie sotto il profilo, che come si è visto è l’unico fondato, della alterazione del deflusso delle acque.
La domanda è dunque inammissibile, allo stato, per genericità.
La fondatezza solo parziale del gravame costituisce giusta causa per la compensazione delle spese di lite tra le parti, ad eccezione delle spese di verificazione che sono poste a carico del Comune resistente e della controinteressata, in solido tra loro e che saranno liquidate con separato decreto collegiale motivato ai sensi del DPR 115/2002.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione staccata di Catania, Sezione Prima, ACCOGLIE, nei limiti di cui in parte motiva, il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, ANNULLA gli atti impugnati, nella parte relativa alle opere di urbanizzazione necessarie al regime del deflusso delle acque di scolo, e FA OBBLIGO al Comune ed alla controinteressata di curarne la riprogettazione e la successiva realizzazione, in conformità a quanto indicato dal verificatore d’ufficio.
DICHIARA INAMMISSIBILE la domanda di risarcimento del danno, per genericità.
COMPENSA tra le parti le spese di lite, ad eccezione degli importi della verificazione, che saranno liquidati con separato decreto collegiale motivato, a mente del DPR 115/2002 e che sono posti a carico dell’Amministrazione resistente e della controinteressata in solido tra loro.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 23/10/2008 con l'intervento dei Magistrati:
Rosalia Messina, Presidente
Pancrazio Maria Savasta, Consigliere
Salvatore Gatto Costantino, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/11/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO