TAR Lombardia (MI) Sez. II, n. 2756 del 14 novembre 2012
Urbanistica.  Definizione di Permesso di costruire

Il Comune, nel verificare l'esistenza in capo al richiedente il permesso edilizio di un idoneo titolo di godimento sull'immobile, non si assume il compito di risolvere eventuali conflitti di interesse tra le parti private in ordine all'assetto proprietario, ma accerta unicamente il requisito della legittimazione soggettiva di colui che richiede il permesso . Il permesso di costruire è un atto amministrativo che rende legittima l'attività edilizia nell'ordinamento pubblicistico e regola il rapporto che in relazione a quell'attività si pone in essere tra l'autorità amministrativa che lo emette ed il soggetto a favore del quale è emesso, ma non attribuisce a favore di tale soggetto diritti soggettivi conseguenti all'attività stessa, la cui titolarità deve essere sempre verificata alla stregua della disciplina fissata dal diritto comune, con le consentite integrazioni della normativa speciale di cui all'art. 872 c.c. ed alle norme da esso richiamate . (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02756/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00676/2011 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 676 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Maria Luisa Tricella, Claudio Tricella e Marco Masieri, rappresentati e difesi dall'avv. Ezio Perego, presso il cui studio, in Milano, via Cesare Battisti, 13, sono elettivamente domiciliati;

contro

Comune di Cernusco sul Naviglio, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Mario Viviani, presso il cui studio, in Milano, Galleria San Babila, 4/A, è elettivamente domiciliato;

nei confronti di

C. & V. Immobiliare s.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Nadia Restivo, presso il cui studio, in Milano, via Corridoni, 6, è elettivamente domiciliata;

per l'annullamento

con il ricorso introduttivo:

- della deliberazione del consiglio comunale di Cernusco sul Naviglio del 29 ottobre 2010 n. 85 avente ad oggetto “approvazione del piano del governo del territorio”, pubblicata sull‘albo pretorio in data 7.12.2010;

- della deliberazione del consiglio comunale di Cernusco sul Naviglio del 5 maggio 2010 n. 29 avente ad oggetto “adozione del piano del governo del territorio”;

- dell’art. 3.2 delle disposizioni comuni al p.g.t. contenuto nel piano delle regole, nella parte in cui assicura la prevalenza sulle norme del piano di governo del territorio dei contenuti dei piani attuativi solo adottati e non attuati e non in corso d’attuazione alla data di adozione del piano di governo del territorio;

- di ogni altro atto connesso, presupposto e/o conseguente.

e per la declaratoria di inefficacia, a decorrere dalla data di adozione o di approvazione del p.g.t., del piano di recupero z.r. 18 - ambito 11 - via Carolina Balconi 23, approvato con deliberazione della giunta comunale 3 dicembre 2008 n. 375, ed ove occorra degli atti del permesso di costruire presentato in data 23/03/2010 prot. n. 19723;

e per la condanna del Comune di Cernusco sul Naviglio al risarcimento del danno ingiusto subito dai ricorrenti, oltre interessi legali sulla somma annualmente rivalutata dal 5 maggio 2010;

e in via contestuale per la condanna del comune di Cernusco sul Naviglio al risarcimento del danno ingiusto ai sensi dell’art. 2-bis l. n. 241/90, come inserito dall’art. 1 comma 1 lett. c) l. 18.6.2009 n. 69, per effetto della mancata conclusione del procedimento di accesso agli atti richiesto con istanza protocollata in data 4 gennaio 2011 e del silenzio-diniego formatosi in data 3 gennaio 2011;

con ricorso per motivi aggiunti:

per l’annullamento

- del permesso di costruire n. 20/2010 del 7-6-2011, a firma del direttore dell'area pianificazione e gestione territoriale e del responsabile della p.o. settore gestione e controllo del territorio, rilasciato a favore della controinteressata;

- di ogni altro atto presupposto e correlato al permesso di costruire n. 50/2010 ivi compresa l’autorizzazione paesaggistica ed ove occorra in parte del parere favorevole della commissione per il paesaggio;

- del provvedimento 4 luglio 2011 a firma del direttore dell’area tecnica del comune di rigetto dell’istanza di archiviazione e/o improcedibilità della richiesta di permesso di costruire.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Cernusco sul Naviglio e della C. & V. Immobiliare s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2012 la dott.ssa Silvia Cattaneo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. I sig.ri Maria Luisa Tricella, Claudio Tricella e Marco Masieri impugnano la deliberazione del Consiglio Comunale di Cernusco sul Naviglio n. 85 del 29.10.2010, di approvazione del piano di governo del territorio, la deliberazione del Consiglio Comunale n. 29 del 5.5.2010 e l’art. 3.2 delle n.t.a. delle disposizioni comuni del p.g.t.

2. Questi i motivi di ricorso:

I. illogicità della scelta di cui all’art. 3.2 delle disposizioni comuni e contraddittorietà rispetto all’art. 3.1; essa sacrifica l’autonomia della scelta di pianificazione e programmazione urbanistica; illegittimità della controdeduzione all’osservazione presentata dai ricorrenti per perdita di efficacia del piano attuativo di cui al piano di recupero Z.R. 18 – Ambito 11, meramente adottato, non attuato né in corso di attuazione alla data di adozione del p.g.t. e per illegittimità dell’art. 3.2. delle disposizioni comuni per contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento in materia di pianificazione urbanistica, per violazione dell’art. 25, c. 1, l. reg. Lombardia n. 12/2005 e dell’art. 17, l. n. 1150/1942; illegittimità derivata per effetto dei ricorsi rg. 1844/2009 e 2211/2009 proposti avverso il piano di recupero;

II. violazione dei principi fondamentali in materia di pianificazione urbanistica; eccesso di potere per omessa valutazione dell’interesse pubblico al mancato recepimento dei piani attuativi previgenti; omessa istruttoria circa lo stato di attuazione della strumentazione urbanistica previgente non conforme agli atti del p.g.t.; violazione dell’art. 3.1. delle disposizioni comuni al piano delle regole, anche in relazione all’art. 15, c. 4, t.u. n. 380/2001;

III. eccesso di potere per disparità di trattamento, illogicità e contraddittorietà della scelta urbanistica; falsa ed inesatta rappresentazione dello stato dei luoghi; violazione dell’art. 10, l. Regione Lombardia n. 12/2005; violazione dell’art. 97 Cost.; sviamento dell’interesse pubblico;

IV. violazione degli artt. 32.13.1, 31.13 e 33 del piano delle regole; illogicità e contraddittorietà manifesta tra più atti;

V. eccesso di potere per insufficienza della motivazione in ordine alle osservazioni presentate in data 5.8.2010 e per erronea o omessa valutazione o falsa rappresentazione dei presupposti di fatto e di diritto; violazione e falsa applicazione dell’art. 12, c. 4, l. Regione Lombardia n. 12/2005 e dell’art. 30, c. 1, l. n. 475/1978; sviamento dell’interesse pubblico; illegittimità derivata dai ricorsi rg. 1844/09 e 2211/09;

VI. eccesso di potere per carenza di motivazione omessa istruttoria circa la precisione del campo d’adeguamento “a3 50” con il vincolo paesaggistico; illegittimità derivata dai ricorsi rg. 1844/09 e 2211/09; violazione artt. 155, c. 2 bis, d.lgs. n. 22/2004.

3. I ricorrenti chiedono che l’amministrazione sia condannata al risarcimento del danno che hanno subito in conseguenza dei provvedimenti impugnati.

4. I ricorrenti chiedono, contestualmente, anche il risarcimento dei danni subiti per effetto della mancata conclusione del procedimento di accesso agli atti del p.g.t. richiesto con istanza del 4.1.2011 e del silenzio-rigetto formatosi in data 3.1.2011.

5. Con ricorso per motivi aggiunti i ricorrenti impugnano il permesso di costruire n. 50/2010 rilasciato alla società controinteressata, l’autorizzazione paesaggistica rilasciata in data 30.11.2010 ed il provvedimento datato 4.7.2011 con cui l’amministrazione ha dichiarato l’insussistenza di circostanze ostative al rilascio del permesso di costruire ed ha comunicato il rilascio del titolo abilitativo.

6. Queste le doglianze proposte:

I. illegittimità derivata dai vizi che affliggono il piano di recupero e l’art. 3.2 delle disposizioni comuni del p.g.t.; violazione dell’art. 15, c. 4, d.P.R. n. 380/2001; violazione dell’art. 20, d.P.R. n. 380/2001; violazione dell’art. 12, d.P.R. n. 380/2001; illegittimità derivata dai ricorsi rg. n. 1844/2009 e 2211/2009;

II. violazione degli artt. 11 e 20, d.P.R. n. 380/2001 per difetto di legittimazione all’esercizio dello ius aedificandi;

III. difetto di istruttoria; violazione degli artt. 11 e 20, d.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 950 c.c.;

IV. illegittimità del provvedimento del 4.7.2011 per omessa istruttoria e nullità dello stesso per difetto di sottoscrizione e per violazione dell’art. 6, l. n. 241/1990;

V. illegittimità del provvedimento del 4.7.2011 per carenza di motivazione;

VI. illegittimità del permesso di costruire e del provvedimento del 4.7.2011 per difetto di istruttoria; violazione degli artt. 11 e 20, d.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 950 c.c.; eccesso di potere per falsa valutazione di errati presupposti e per falsa rappresentazione dei presupposti di fatto e di diritto e per sviamento;

VII. illegittimità derivata del permesso di costruire dal vizio afferente il piano di recupero per violazione dell’art. 30, l. n. 457/1978;

VIII. violazione delle norme in materia di sicurezza degli accessi carrai e di sicurezza ed antincendio per la costruzione di autorimesse, di cui al d.m. 1.2.1986;

IX. illegittimità dell’autorizzazione paesaggistica per violazione dell’art. 14, c. 2, l. n. 241/1990, dell’art. 20, c. 7, d.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 146, d.lgs. n. 42/2004; contrasto con il parere della commissione paesaggio del 29.3.2010; eccesso di potere per difetto o genericità della motivazione; violazione dell’art. 97 Cost.;

X. illegittimità del permesso di costruire per violazione dell’art. 16, r.d. n. 247/1029; difetto dei presupposti di esecuzione.

7. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Cernusco sul Naviglio e la controinteressata C&V Immobiliare s.r.l., chiedendo il rigetto nel merito del ricorso.

8. All’udienza dell’11 ottobre 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

9. I primi due motivi, che possono essere trattati congiuntamente perché strettamente connessi sul piano logico e giuridico, sono privi di fondamento.

La previsione di cui all’art. 3.2 delle n.t.a. delle disposizioni comuni dal p.g.t. prevede che “i piani attuativi e gli atti di programmazione negoziata approvati e convenzionati entro la data di adozione del piano di governo del territorio […] mantengono la loro efficacia fino alla scadenza del rispettivo termine di validità […]”.

A differenza di quanto affermano i ricorrenti, la norma fa salvi i piani attuativi approvati e per i quali sia già stata stipulata la relativa convenzione, non, invece, quelli solamente adottati.

Inoltre la norma non sacrifica in alcun modo l’autonomia del Comune nelle scelte pianificatorie, essendo al contrario espressione di una libera scelta la decisione di confermare i piani attuativi precedentemente approvati.

La volontà di assicurare continuità alle scelte pianificatorie precedentemente effettuate è, inoltre, immune da profili di illogicità, come è dimostrato dalla circostanza che, proprio la decisione opposta - di porre nel nulla i piani attuativi già approvati ma ancora efficaci - avrebbe richiesto un particolare e più incisivo onere motivazionale: per costante giurisprudenza, la stipula di convenzioni o accordi con i privati determina, difatti, ove disattesi, la lesione di un loro affidamento qualificato (cfr., fra le tante, Consiglio di Stato, IV, 16.11. 2011 n. 6049).

Né l’art. 3.2 delle n.t.a. si pone in contrasto con l’art. 25, l. reg. Lombardia n. 12/2005: tale, norma, infatti, nel prevedere che gli strumenti urbanistici conservano efficacia fino all’approvazione del piano di governo del territorio, non limita in alcun modo la possibilità di confermare le scelte contenute in piani attuativi precedentemente approvati.

Parimenti l’art. 3.2 delle n.t.a. non viola l’art. 17, l. n. 1150/1942, non incidendo in alcun modo sul termine di validità dei piani attuativi previsto dalla legge.

La disposizione non si pone neppure in contraddizione con la previsione di cui all’art. 3.1 delle n.t.a. delle disposizioni comuni, ai sensi della quale “il p.g.t. recepisce i contenuti degli strumenti di pianificazione particolareggiata previgente e gli atti di pianificazione comunale in corso di attuazione alla data di adozione del presente piano”. Si tratta invero di due norme con un differente ambito applicativo: l’art. 3.1 si riferisce ai piani attuativi di iniziativa comunale mentre l’art. 3.2 ha ad oggetto i piani attuativi di iniziativa privata.

Solo quest’ultima disposizione trova pertanto applicazione con riferimento alle aree di proprietà della controinteressata; non vi era quindi alcun obbligo di recepimento, nel p.g.t., dei contenuti del piano di recupero ZR 18 - Ambito 11.

Il richiamo all’art. 3.2. delle n.t.a del p.g.t. ed al piano attuativo convenzionato in data 22.5.2009, nella risposta alle osservazioni presentate dai ricorrenti, è pertanto corretto; né assume rilievo la circostanza che l’amministrazione - nel fare riferimento ai piani attuativi “adottati” alla data di adozione del p.g.t. anziché “approvati” - abbia erroneamente riportato il testo dell’art. 3.2 delle n.t.a.

Nel caso di specie, il piano di recupero Z.R. 18 – Ambito 11 è stato approvato il 3 dicembre 2008 e la relativa convenzione è stata stipulata il 22.5.2009, in un momento dunque antecedente il 5.5.2010, data di adozione del p.g.t.: le sue disposizioni sono pertanto fatte salve dalla previsione di cui all’art. 3.2 delle n.t.a.

Il piano di recupero in questione, rientrando nell’ambito applicativo dell’art. 3.2 delle n.t.a., non viola, quindi, le previsioni del p.g.t.: non sussiste, perciò, alcuna violazione della previsione di cui all’art. 15, c. 4, d.P.R. n. 380/2001, norma che non trova applicazione nel caso di specie, non ricorrendo l’ipotesi dell’entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche.

Alcun rilievo assume, infine, la circostanza che il piano di recupero in questione sia stato impugnato con i ricorsi rg. 1844/09 e 2211/09, proposti, il primo, da Maria Luisa Tricella e Masieri Marco, ed, il secondo, da Claudio Tricella: l’efficacia del piano di recupero non è mai venuta meno, non essendo stata sospesa per effetto di un provvedimento cautelare.

Inoltre, tali ricorsi, decisi nell’odierna camera di consiglio, sono stati dichiarati irricevibili.

10. Parimenti infondati sono il terzo ed il quarto motivo di ricorso.

Alcuna disparità di trattamento si può ravvisare nella differente disciplina impressa alle aree di proprietà della controinteressata rispetto a quella impressa all’area dei ricorrenti, trovando tale scelta la propria giustificazione proprio nella sola inclusione delle prime nel piano di recupero in precedenza approvato.

In ogni caso, la circostanza che due aree siano tra loro confinanti non pone di per sé un obbligo in capo alla p.a. di prevedere per esse una medesima disciplina urbanistica (Tar Lombardia, Milano, sez. II, 19 dicembre 2011, n. 3249); né una tale conclusione può essere ricavata dalla lettura dell’art. 10, l. reg. Lombardia n. 12/2005 o dell’art. 97 Cost.

Non ricorre il vizio dell’eccesso di potere per inesatta rappresentazione dello stato dei luoghi, poiché l’inserimento dell’area della controinteressata nel campo di adeguamento “a3” trova giustificazione proprio nella volontà di conservare l’efficacia del piano di recupero precedentemente approvato.

Inoltre, come si è già osservato, non sussisteva un obbligo di recepimento nel p.g.t. del piano di recupero, non trovando applicazione nel caso di specie l’art. 3.1 delle n.t.a.

Infine, l’affermazione secondo cui l’inserimento dell’area di proprietà della controinteressata nel campo di adeguamento “a3” sarebbe illogica, poiché porterebbe ad un totale stravolgimento delle attuali funzioni, destinazioni e peculiari caratteristiche dei luoghi, non è stata supportata dal benché minimo principio di prova e ha trovato, al contrario, smentita nelle dimensioni non particolarmente impattanti del fabbricato residenziale previsto dal piano di recupero e dal permesso di costruire successivamente rilasciato (altezza massima di 7,50 m. e volume di 799,50 metri cubi).

11. È infondato anche il quinto motivo di ricorso con cui i ricorrenti lamentano il difetto di motivazione della controdeduzione all’osservazione da loro presentata.

Per costante giurisprudenza, le osservazioni dei privati ai progetti di strumenti urbanistici sono un mero apporto collaborativo alla formazione di detti strumenti e non danno luogo a peculiari aspettative, con la conseguenza che il loro rigetto non richiede una specifica motivazione, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano (Cons. Stato, sez. IV, 7 luglio 2008, n. 3358).

È dunque sufficiente il richiamo operato dall’amministrazione alla previsione di cui all’art. 3.2 delle n.t.a.; né può ritenersi che l’onere motivazionale fosse aggravato per la mera pendenza di ricorsi giurisdizionali proposti dai medesimi ricorrenti avverso un piano di recupero la cui efficacia non è mai venuta meno, non essendo stata sospesa per effetto di un provvedimento cautelare.

12. Con il sesto motivo i ricorrenti lamentano il vizio di eccesso di potere per carenza di motivazione e di istruttoria circa la compatibilità della previsione del p.g.t. con le esigenze di tutela poste dal vincolo paesaggistico del “naviglio della Martesana”.

Anche questo motivo è privo di fondamento.

Alcun particolare obbligo istruttorio e motivazionale incombeva sul Comune, in quanto il p.g.t. si è limitato a confermare l’efficacia di un piano di recupero la cui compatibilità con il vincolo paesaggistico era stata già oggetto di valutazione in sede di approvazione del piano di recupero stesso ed in sede di rilascio del permesso di costruire.

13. Con ricorso per motivi aggiunti i ricorrenti impugnano il permesso di costruire n. 50/2010 rilasciato alla società controinteressata, l’autorizzazione paesaggistica rilasciata in data 30.11.2010 ed il provvedimento datato 4.7.2011 con cui l’amministrazione ha comunicato al legale dei ricorrenti l’insussistenza di circostanze ostative al rilascio del permesso di costruire e l’emissione dello stesso.

14. Il primo motivo aggiunto è infondato per le medesime ragioni già esposte con riferimento al primi quattro motivi del ricorso principale, cui si rinvia.

Parimenti insussistenti sono le violazioni procedimentali lamentate dai ricorrenti nella seconda parte del primo motivo aggiunto.

Non vi è, infatti, violazione degli artt. 7 e 8, l. n. 241/1990, in quanto, per giurisprudenza costante, non sussiste alcun obbligo per il Comune di dare comunicazione ai proprietari frontisti o vicini dell'avvio del procedimento diretto al rilascio di concessione edilizia, e ciò perchè gli interessi coinvolti dal provvedimento con cui si consente la trasformazione edilizia del territorio sono di tale varietà ed ampiezza da rendere difficilmente individuabili tutti i soggetti che dall'emanazione dell'atto potrebbero ricevere nocumento (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 31 luglio 2009, n. 4847; T.A.R. Liguria, sez. I, 10 luglio 2009, n. 1736).

In ogni caso, come provato dall’amministrazione, i ricorrenti sono stati informati degli sviluppi del procedimento che ha portato al rilascio del permesso di costruire ed vi hanno altresì attivamente partecipato (doc. 12/15 dell’amministrazione e doc. 33 dei ricorrenti).

La censura con cui vengono lamentate violazioni procedimentali e, in particolare, la violazione dell’art. 20, d.P.R. n. 380/2001 è inammissibile per genericità: le argomentazioni al riguardo dedotte non sono intellegibili e non chiariscono le ragioni per le quali le circostanze richiamate determinerebbero l’illegittimità degli atti impugnati.

È infondata anche la censura dedotta con la terza parte del primo motivo aggiunto: le norme di cui all’art. 13, c. 12, l. reg. Lombardia n. 12/2005 e di cui all’art. 12, c. 3, d.P.R. n. 380/2001 non trovano difatti applicazione nel caso di specie, poiché come si è osservato, non sussiste alcun contrasto tra l’intervento oggetto del permesso di costruire e le previsioni del piano di governo del territorio.

Sono infondate anche le censure di invalidità derivata dai ricorsi rg. n. 1844/2009 e 2211/2009 in quanto i due ricorsi, trattenuti in decisione nell’odierna camera di consiglio, sono stati dichiarati irricevibili.

15. Il secondo, il terzo ed il sesto motivo aggiunto, che possono essere trattati congiuntamente perché strettamente connessi sul piano logico e giuridico, sono infondati.

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, il Comune ha l'obbligo, nel corso dell'istruttoria sul rilascio del permesso di costruire, di verificare che esista il titolo per intervenire sull'immobile per il quale è richiesto il titolo edilizio e che, quindi, questo sia rilasciato al proprietario dell'area o a chi abbia titolo per richiederlo (v. ex multis: Cons. Stato, sez. V, 7 luglio 2005 n. 3730; T.A.R. Lombardia, Brescia, 19 ottobre 2005 n. 995).

A carico dell'amministrazione incombe, però, solo tale adempimento e non quello di compiere complesse ricognizioni giuridico-documentali ovvero accertamenti in ordine ad eventuali pretese che potrebbero essere avanzate da soggetti estranei al rapporto concessorio.

Il Comune, invero, nel verificare l'esistenza in capo al richiedente il permesso edilizio di un idoneo titolo di godimento sull'immobile, non si assume il compito di risolvere eventuali conflitti di interesse tra le parti private in ordine all'assetto proprietario, ma accerta unicamente il requisito della legittimazione soggettiva di colui che richiede il permesso (Cons. Stato, sez. IV - sentenza 6 marzo 2012 n. 1270).

Nel caso di specie, l'amministrazione ha appurato la proprietà del mappali interessati dall’intervento edilizio e in particolare del mappale 124 in capo ai sig.ri Giuseppe Fedeli e Mariadele Fedeli, in quanto ad essi pervenuto in forza di successione dal padre, registrata all’Ufficio del Registro successioni di Milano il 16 marzo 1962 al n. 4038, così come riportato nelle premesse alla convenzione stipulata a seguito dell’approvazione del piano di recupero.

Così facendo l'amministrazione ha correttamente adempiuto ai propri incombenti istruttori.

L'effettuazione di ulteriori indagini, al fine di accertare l'esistenza o meno di un diritto dei ricorrenti sul mappale 124 - identificando l’esatta ubicazione della parte comune solo genericamente indicata come “viale del giardino con cancello d’ingresso” nell’atto di divisione stipulato il 2 marzo 1952 tra i sig.ri Francisco Fedeli, Giuseppina Fedeli, Ester Fedeli ed Anna Fedeli - e di appurare, quindi, l'esistenza o meno di una difformità tra la situazione di fatto e quella risultante dai dati catastali, configura, difatti, un'attività che, per la sua complessità, non può essere richiesta all'amministrazione in sede di rilascio di un permesso di costruire.

In mancanza di elementi certi che consentissero di mettere in discussione il diritto di proprietà dell'istante sull'area su cui è stata realizzata l'opera oggetto dell'istanza di permesso di costruire, l'amministrazione ha, dunque, legittimamente rilasciato il titolo edilizio.

In ogni caso, il permesso di costruire è un atto amministrativo che rende legittima l'attività edilizia nell'ordinamento pubblicistico e regola il rapporto che in relazione a quell'attività si pone in essere tra l'autorità amministrativa che lo emette ed il soggetto a favore del quale è emesso, ma non attribuisce a favore di tale soggetto diritti soggettivi conseguenti all'attività stessa, la cui titolarità deve essere sempre verificata alla stregua della disciplina fissata dal diritto comune, con le consentite integrazioni della normativa speciale di cui all'art. 872 c.c. ed alle norme da esso richiamate (Cons. Stato, sez. V, 7 settembre 2009 , n. 5223; T.A.R. Milano Lombardia sez. II, 28 aprile 2010, n. 1168).

La sig.ra Maria Luisa Tricella, la quale assume di essere comproprietaria di una porzione del mappale 124 e lamenta che la mappa catastale prodotta dalla controinteressata sia stata graficamente alterata, potrà, quindi, agire nelle sedi opportune per la tutela del proprio diritto.

Per le medesime ragioni è infondata anche la censura con cui i ricorrenti lamentano che le distanze dovrebbe essere calcolate a partire dal mappale 124, in quanto lo stesso sarebbe di loro comproprietà: in mancanza di elementi certi di segno contrario, correttamente l’amministrazione si è attenuta ai confini risultanti dalle mappe catastali.

16. Il ricorso, nella parte in cui censura, con il quarto ed il quinto motivo aggiunto, il provvedimento del 4.7.2011, è inammissibile per carenza di interesse in quanto ha ad oggetto un atto meramente confermativo –con cui l’amministrazione si è limitata a dichiarare l’insussistenza di circostanze ostative al rilascio del permesso di costruire ed a comunicare il rilascio del titolo abilitativo - che è, pertanto, privo di valenza costitutiva.

17. Sono infondate le censure di illegittimità derivata formulate con il settimo e l’ottavo motivo aggiunto in quanto il piano di recupero è pienamente legittimo, essendo stati dichiarati irricevibili i ricorsi rg. 1844/2009 e 2211/2009.

La censura con cui viene dedotta l’illegittimità della soluzione progettuale inerente l’accesso carraio ai box sotterranei è inammissibile in quanto, come riconoscono gli stessi ricorrenti, tale soluzione, recepita nel permesso di costruire, era già prevista nella deliberazione di approvazione del piano di recupero.

Nessuna utilità giuridicamente rilevante sarebbe, pertanto, ritraibile dall'ipotetico annullamento del solo atto applicativo, atteso che all'amministrazione non sarebbe impedito di reiterare una statuizione identica a quella impugnata, stante la perdurante efficacia dell'atto presupposto.

18. Con il nono motivo aggiunto i ricorrenti lamentano l’illegittimità dell’autorizzazione paesaggistica e del permesso di costruire per violazione dell’art. 14, c.2, l. n. 241/1990, dell’art. 20, c. 7, d.P.R. n. 380/2001, dell’art. 146, d.lgs. n. 42/2004 e dell’art. 97 Cost.

La censura è infondata.

L’art. 146, d.lgs. n. 42/2004, ai commi 8 e 9, prevede che “il soprintendente rende il parere di cui al comma 5, limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all'articolo 140, comma 2, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti. Entro venti giorni dalla ricezione del parere, l'amministrazione rilascia l'autorizzazione ad esso conforme oppure comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell'articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

Decorso inutilmente il termine di cui al primo periodo del comma 8 senza che il soprintendente abbia reso il prescritto parere, l'amministrazione competente può indire una conferenza di servizi, alla quale il soprintendente partecipa o fa pervenire il parere scritto. La conferenza si pronuncia entro il termine perentorio di quindici giorni. In ogni caso, decorsi sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente, l'amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione. […]”.

Nel caso di specie, la decisione di non indire la conferenza di servizi è pienamente rispettosa del dettato normativo, il quale prevede una facoltà e non un obbligo in tal senso, ed è stata inoltre adeguatamente motivata con riferimento alla esiguità del progetto.

Invece, quanto affermato dai ricorrenti circa la necessità di indire la conferenza di servizi, poiché l’intervento stravolgerebbe l’assetto architettonico e morfologico dell’abitato, non è stato supportato da alcun elemento probatorio ma è anzi smentito dalle dimensioni modeste dell’intervento edilizio (altezza massima 7,50, due piani fuori terra, e volume di 799,50 metri cubi) e dalle caratteristiche del contesto in cui si colloca, che vede la presenza di edifici anche di sette piani fuori terra.

Inoltre, nell’affermare la inidoneità della previsione di cinque alberi a sostituire il bosco autoctono preesistente ed il non armonizzarsi dell’edificio con il vincolo paesaggistico del Naviglio della Martesana, i ricorrenti sovrappongono un proprio giudizio di merito alla valutazione tecnica espressa dall’amministrazione, senza però fornire elementi probatori che ne evidenzino la palese inattendibilità sotto il profilo tecnico.

19. È infine infondato anche l’ultimo motivo aggiunto, con cui viene lamentata l’incompetenza del geom. Giuseppe Meroni a rivestire la funzione di direttore lavori, trovando smentita nei documenti prodotti in giudizio dalla difesa dell’amministrazione resistente e della controinteressata, in cui sono riportati i nominativi del progettista, del direttore dei lavori e del collaudatore, i quali risultano essere in possesso delle qualifiche richieste dalla legge (cfr. doc. 16 dell’amministrazione e doc. 40 e 41 della controinteressata).

20. Per le ragioni esposte le domande di annullamento proposte con il ricorso principale sono in parte infondate ed in parte inammissibili; la domanda di annullamento proposta con il ricorso per motivi aggiunti è infondata.

21. La reiezione dei motivi di ricorso comporta anche il rigetto dell'istanza risarcitoria.

22. Va rigettata anche la domanda di risarcimento dei danni subiti per effetto della mancata conclusione del procedimento di accesso agli atti richiesto con istanza del 4.1.2011 e del silenzio-diniego formatosi in data 3.1.2011, in quanto di tali danni non ne è stata offerta, in corso di giudizio, alcuna prova.

23. Va infine esaminata la richiesta, formulata, nel corso dell’udienza, dalla difesa della controinteressata, di cancellazione, ai sensi dell’art. 89, c.p.c., delle frasi contenute alle seguenti pagine del ricorso per motivi aggiunti: a pag. 16 le righe 5, 6, 7,8, 19, 20, 28, 29, 30 a pag. 17 le righe 8, 9,17 a pag. 18 le righe 4,5, 23 24, 25 e nella riga 6 dalla parola "tramite" alla parola "procedimentale".

Ad avviso del Collegio, le accuse rivolte alla controparte con le frasi in questione rientrano nella dialettica processuale, in quanto collegate alla dimostrazione della tesi della falsità dei presupposti di fatto e di diritto sulla base dei quali è stato rilasciato il permesso di costruire impugnato. La richiesta va pertanto rigettata, tranne che con riferimento all’espressione“parto di mera fantasia”, in quanto formulata e comunque percepibile, nel contesto, in termini oggettivamente sconvenienti ed offensivi. Essa soggiace, pertanto, alla disciplina prevista nell'art. 89 c.p.c. e, conseguentemente, ne viene disposta la cancellazione.

24. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. Così come previsto dall’art. 26, c. 1, cod.proc.amm., come modificato dal d.lgs. n. 160/2012., la liquidazione delle spese è effettuata tenendo anche conto del mancato rispetto da parte dei ricorrenti, nella redazione del ricorso e dei motivi aggiunti, dei principi dettati all'articolo 3, c. 2, cod.proc.amm. – norma di immediata applicazione in virtù della sua natura processuale - stante la ridondanza e, al tempo stesso, la scarsa perspicuità delle censure formulate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

- dichiara in parte infondati ed in parte inammissibili le domande di annullamento proposte con il ricorso principale;

- respinge la domanda di annullamento proposta con il ricorso per motivi aggiunti;

- respinge la domanda di risarcimento dei danni derivanti dai provvedimenti impugnati;

- respinge la domanda di risarcimento dei danni subiti per effetto della mancata conclusione del procedimento di accesso agli atti richiesto con istanza del 4.1.2011 e del silenzio-diniego formatosi in data 3.1.2011.

Dispone la cancellazione dall’espressione contenuta a pag. 18, 4° rigo (“parto di mera fantasia”).

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio che quantifica in euro 6.000,00 (seimila/00) – di cui 4.000,00 (quattromila/00) a favore del Comune di Cernusco sul Naviglio e 2.000,00 (duemila/00) a favore della C.&V. Immobiliare s.r.l. - oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente

Concetta Plantamura, Primo Referendario

Silvia Cattaneo, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14/11/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)