Cass. Sez. III n. 40045 del 28 ottobre 2008 (ud. 8 ott. 2008)
Pres. De Maio Est. Teresi Ric. Carbucicchio
Urbanistica. Inizio lavori

Il disvalore penale del costruito non va valutato sul risultato finale perché, per la configurazione del reato d\'abuso edilizio, è irrilevante che la costruzione sia stata completata in ogni sua parte essendo sufficiente il solo inizio delle opere e delle relative attività prodromi che. Infatti si configura l’inizio di lavori di costruzione ogni volta che le opere intraprese, di qualsiasi tipo esse siano e quale che sia la loro entità, manifestino oggettivamente un\'effettiva volontà di realizzare un manufatto.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Signori


Dott. Guido DE MAIO Presidente
Dott. Pierluigi ONORATO Consigliere
Dott. Alfredo TERESI Consigliere rel.
Dott. Silvio AMORESANO Consigliere
Dott. Luigi MARINI Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da Carbucicchio Massimo, nato a Merano il 14.05.1940, avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze in data 28.01.2008 che ha confermato la condanna alla pena dell\'arresto e dell\'ammenda inflittagli nel giudizio di primo grado per i reati di cui agli art. 44 lettera c) d.P.R. n. 380/2001 e 163 d. lgs. n. 490/1999;


Visti gli atti, la sentenza denunciata e il ricorso;


Sentita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;


Sentito il PM nella persona del PG, dott. Gioacchino Izzo, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;


Sentito il difensore del ricorrente, avv. Pietro Corsi, che ha chiesto l\'accoglimento del ricorso;


osserva


Con sentenza in data 28.01.2008 la Corte di Appello di Firenze confermava la condanna alla pena dell\'arresto e dell\'ammenda inflitta nel giudizio di primo grado a Carbucicchio Massimo quale colpevole di avere demolito e ricostruito, in una zona soggetta a vincolo paesaggistico, previo sbancamento di terreno, un preesistente manufatto con modifiche plano volumetriche costituite da una maggiore altezza dei locali [rilevata in metri 0.85 a valle e in metri 0,75 a monte]; da maggiori dimensioni perimetrali e dallo spostamento di una finestra.


Proponeva ricorso per cassazione l\'imputato denunciando violazione di legge; mancanza, contraddittorietà e manifesto illogicità della motivazione sulla configurabilità del reato perché l\'intervento edilizio non aveva determinato alcuna variazione strutturale degli elementi costitutivi del manufatto.


I lavori erano ancora in corso al momento del sopralluogo e le difformità riscontrate, di esigua entità, erano di natura tecnica e avevano carattere temporaneo, sicché correttamente era stata presentata una DIA alla stregua delle modifiche apportate dal d. 1gs. n. 301/2002 alla nozione di ristrutturazione edilizia prevista dall\'art. 3, comma 1 lett. d) del d. lgs. n. 380/2001.


I giudici di merito avevano valutato la consistenza dell\'opera nuova prendendo in esame l\'altezza del manufatto [senza escludere la platea in cemento su cui lo stesso poggia e lo spessore della copertura], ma avevano ignorato l\'effetto compensativo della minore lunghezza di due lati del fabbricato, sicché la superficie era identica a quella preesistente.


La modesta entità delle difformità escludeva pure il reato ambientale anche perché la sussistenza del vincolo era stata segnalata solo da un teste dell\'accusa.


Deduceva altresì vizio di motivazione sul diniego delle attenuanti generiche e del beneficio dell\' indulto, nonché mancata ammissione di una perizia tecnica per accertare l\'effettiva consistenza delle opere.


Chiedeva l\'annullamento della sentenza.


Rilevato che, quando "le sentenze di primo e secondo grado concordino nell\'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza d\'appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo" [Cassazione Sezione I n. 8868/2000, Sangiorgi, RV. 216906], va puntualizzato che i giudici di merito hanno fondato il giudizio di colpevolezza su dati obiettivi puntualmente richiamati, ritenendo, alla stregua delle dichiarazioni testimoniali dei verbalizzati e delle acquisizioni documentali, che l\'intervento edilizio, previa presentazione di una DIA per il restauro e il risanamento conservativo di un fatiscente monolocale, era difforme dalla stessa avendo l\'imputato demolito il manufatto preesistente e ricostruito un\'opera totalmente nuova posta su una platea di fondazione in calcestruzzo con aumento del volume, della sagoma e del prospetto dell\'opera preesistente.


E\' stato accertato, infatti, attraverso obiettivi rilievi [che rendevano superfluo qualsiasi altro approfondimento istruttorio] che, a fronte di un\'altezza dell\'opera preesistente di mt. 2 (lato mare) e di mt. 2.50 (lato monte), la nuova opera presentava un\'altezza pari, rispettivamente, a mt. 2.85 e a mt. 3.25 donde la sussistenza dell\'aumento volumetrico e di sagoma in relazione al quale correttamente è stato ritenuto che non incideva "una modesta differenza dimensionale sul lato sinistro".


Alla luce di tale ricostruzione fattuale, correttamente effettuata dai giudici di merito con adeguata motivazione, sono inconsistenti le censure difensive, incongrue e articolate in fatto, incentrate sull\'esiguità delle difformità riscontrate.


Tanto premesso va rilevato "in materia edilizia, sono realizzabili con denuncia di inizio attività gli interventi di ristrutturazione edilizia di portata minore, ovvero che comportano una semplice modifica dell\'ordine in cui sono disposte le diverse parti dell\'immobile, e con conservazione della consistenza urbanistica iniziale, classificabili diversamente dagli interventi di ristrutturazione edilizia descritti dall\'art. 10, comma primo lett. c). d.P.R. n. 380 del 2001, che portano ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente con aumento delle unità immobiliari, o modifiche del volume, sagoma, prospetti o superfici, e per i quali è necessario il preventivo permesso di costruire" [Cassazione Sezione III n.1893/2007, Cristiano, RV. 235871].


Le opere per le quali l’art. 1, comma sesto, legge 21 dicembre 2001, n. 443 ha previsto la possibilità, a scelta dell\'interessato, di procedere in base a semplice DIA in alternativa a concessioni edilizie, sono rimaste soggette, qualora ab origine rientrassero nel regime concessorio, alla previsione di cui all\'art. 20 lett. b) legge n. 47/1985 e - quelle successive all\'entrata in vigore del T.U. n. 380 del 2001- all\'art. 44 dello stesso.


Conseguentemente integrano il reato previsto da tali norme le suddette opere, quando siano state realizzate in assenza o totale difformità dal permesso di costruire oppure in mancanza o totale difformità dalla DIA, come nel caso in esame [Cassazione Sezione V n. 23668/2005, Giordano, RV. 231905].


Erroneo è il richiamo difensivo della modifica apportata dal d. lgs. n. 301/2002 all\'art. 3, comma 1 lett. d) del TU . 380/2001 alla definizione di ristrutturazione edilizia stante che anche secondo la nuova formulazione la ricostruzione deve essere eseguita con la stessa volumetria e sagoma di quella preesistente.


E\' stato accertato, in fatto, che l\'imputato ha eseguito il nuovo organismo edilizio in zona vincolata e precisamente nella zona E1 del Comune di Monte Argentario in assenza di autorizzazione paesaggistica, sicché correttamente è stato ritenuto che l\'intervento, modificativo dello stato dei luoghi, abbia compromesso l\'assetto paesaggistico del territorio.


Ciò alla luce della pacifica giurisprudenza di questa Corte secondo cui la previsione normativa [l\'esecuzione di lavori o di modificazione ambientale in zona vincolata senza o in difformità della prescritta autorizzazione] "configura un reato formale, la cui struttura non prevede il verificarsi di un evento di danno", sicché "ai fini della realizzazione del reato, basta che l\'agente faccia un diverso uso rispetto alla destinazione del bene protetto dal vincolo paesaggistico, mentre non è necessario che ricorra l\'ulteriore elemento dell\'avvenuta alterazione dello stato dei luoghi" [Cassazione Sezione III n. 564/2006, Villa, RV. 233012]


Pertanto non è censurabile la motivazione dei giudici di merito che hanno riconosciuto che l\'opera eseguita [e non ancora completata al momento del sopralluogo] in assenza di nulla osta aveva una consistenza apprezzabile e palese incidenza sul contesto ambientale avendo l\'intervento sopraindicato comportato una modifica stabile, strutturale e funzionale del tessuto urbanistico - territoriale idonea a modificare, in modo innovativo, rilevante e definitivo l\'assetto ambientale.


Non è fondata l\'altra osservazione del ricorrente, secondo cui il disvalore penale del costruito va valutato sul risultato finale perché, per la configurazione del reato d\'abuso edilizio, è irrilevante che la costruzione sia stata completata in ogni sua parte essendo sufficiente il solo inizio delle opere e delle relative attività prodromiche [Cassazione Sezione III n. 10505/1998, Caravello, RV. 211984: "Si configura inizio di lavori di costruzione ogni volta che le opere intraprese, di qualsiasi tipo esse siano e quale che sia la loro entità, manifestino oggettivamente un‘effettiva volontà di realizzare un manufatto”].


E\' generica la censura sul diniego delle attenuanti generiche.


Le attenuanti generiche hanno lo scopo di adeguare la pena in senso favorevole al reo in considerazione di particolari circostanze o situazioni che effettivamente incidano sull\'apprezzamento dell\'entità del reato e della capacità a delinquere, sicché le stesse possono essere riconosciute quando siano provati elementi favorevoli all\'imputato.


Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la concessione o il diniego delle attenuanti generiche rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti di fare emergere sufficientemente il pensiero dello stesso giudice circa l\'adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo.


Il giudice, pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive, non è tenuto a un\'analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti, ma, valutando globalmente i dati processuali, è sufficiente che indichi quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri.


Nella specie, il Tribunale, in mancanza di elementi positivi, ha dedotto prevalenti significazioni negative della condotta dell\'imputato improntata ad assenza di resipiscenza.


Non può essere accolto l\'ultimo motivo perché la decisione sull\'indulto deve essere adottata in sede esecutiva ove sarà valutata la complessiva posizione giudiziaria dell\'imputato.


La manifesta infondatezza del ricorso, che preclude l\'applicazione di eventuali sopravvenute cause di estinzione del reato [Cassazione SU n. 32/2000, De Luca], comporta l\'onere delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma che va equitativamente fissata in €. 1.000.


P. Q. M.


La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di €. 1.000 in favore della cassa delle ammende.


Così deciso in Roma nella pubblica udienza 8.10.2008.