Cass. Sez. III n. 4145 del 28 gennaio 2013 (ud. 18 dic. 2012)
Pres. Lombardi Est. Fiale Ric. Celotti
Urbanistica. Determinazione dell' appartenenza di una strada al demanio comunale

Al fine di determinare l'appartenenza di una strada al demanio comunale, costituiscono indici di riferimento, oltre che l’uso pubblico, cioè l’uso da parte di un numero indeterminato di persone (il quale, isolatamente considerato, potrebbe essere indicativo soltanto di una servitù di passaggio), le risultanze delle mappe catastali, la ubicazione della strada all'interno dei luoghi abitati (tenuto conto che, in base all'art. 16, lett. b, della legge 20.3.1985, n. 2248, allegato F, si presumono comunali le strade site all'interno dei centri abitati), l’attività di manutenzione effettuata dall’ente, i comportamenti tenuti dalla pubblica amministrazione che presuppongano la natura pubblica della strada e l'assoggettamento dei cittadini alle prassi determinate da tali comportamenti. Alla inclusione o, rispettivamente, alla mancata inclusione della strada nell’elenco delle strade comunali (già previsto dall’art. 8 della legge n. 126 del 1958) deve riconoscersi mero valore dichiarativo e ricognitivo, ma non costitutivo della proprietà del suolo da parte dell'ente locale. Si tratta, perciò, di circostanze che non possono ritenersi decisive per affermare o escludere la natura pubblica e, nonostante il difetto dell'iscrizione, l'appartenenza di una strada al demanio comunale ben può essere desunta da altri elementi presuntivi aventi i requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dall'art. 2729 cod. civ.

RITENUTO IN FATTO

La Corte di appello di Catanzaro, con sentenza del 23.5.2012, in parziale riforma della sentenza 27.10.2009 del Tribunale di Cosenza:

a) ha ribadito l'affermazione della responsabilità penale di C.A. in ordine al reato di cui:

- al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. a), (per avere, nella qualità di direttore dei lavori, concorso a realizzare un fabbricato di nuova costruzione in violazione delle disposizioni poste dalla normativa vigente e dal programma comunale di fabbricazione con riferimento alle distanze da una strada pubblica e da un immobile contiguo appartenente a S.P. - acc. in (OMISSIS));

b) ha confermato la pena inflitta dal primo giudice, previo riconoscimento di circostanze attenuanti genetiche, nella misura Euro 2.000,00 di ammenda e le statuizioni risarcitorie in favore della costituita parte civile S.P..

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore del C., il quale - sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione - ha eccepito:

- la incongruenza dell'affermazione di responsabilità, in quanto sarebbe fondata sull'immotivata attribuzione al parere del consulente della pubblica accusa (riferito alla consistenza degli illeciti) della prevalenza rispetto al divergente parere espresso dal consulente della difesa.

Quanto poi allo svolgimento dell'attività di direttore dei lavori, "dagli atti presenti nell'ufficio comunale non si rinviene la comunicazione di inizio lavori" ed in assenza di tale comunicazione l'imputato "non poteva dirigere alcun tipo di lavoro";

- la inconfigurabilità della ritenuta violazione delle distanze da una sede stradale alla quale erroneamente sarebbe stata attribuita qualificazione "pubblica" omettendosi la verifica dell'iscrizione nel relativo elenco;

- la inconfigurabilità della ritenuta violazione delle distanze dal preesistente edificio della S., stante l'abusività dello stesso;

- la immotivata determinazione della pena;

- la illegittimità del risarcimento per equivalente liquidato in favore della costituita parte civile, non potendo configurarsi alcun pregiudizio in danno del fabbricato di proprietà della stessa, avente natura precaria ed adibito esclusivamente a ricovero per animali.

Le doglianze anzidette sono state ulteriormente illustrate dal difensore con memoria del 5.12.2012.


CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere rigettato, perchè infondato.

1. Quanto agli elementi specifici di illiceità della costruzione evidenziati dai giudici del merito (violazione delle distanze da una strada pubblica e da un edificio confinante), va rilevato che essi sono stati individuati previa accurata valutazione di tutti gli elementi probatori acquisiti e con estesa disamina anche delle prospettazioni del consulente tecnico della difesa.

In ordine poi alle confutazioni giuridiche articolate in ricorso deve evidenziarsi quanto segue.

1.1 Secondo la consolidata giurisprudenza della 2^ Sezione civile di questa Corte Suprema e del Consiglio di Stato - al fine di determinare l'appartenenza di una strada al demanio comunale - costituiscono indici di riferimento, oltre che l'uso pubblico, cioè l'uso da parte di un numero indeterminato di persone (il quale, isolatamente considerato, potrebbe essere indicativo soltanto di una servitù di passaggio), le risultanze delle mappe catastali, la ubicazione della strada all'interno dei luoghi abitati (tenuto conto che, in base alla L. 20 marzo 1985, n. 2248, art. 16, lett. b, allegato F, si presumono comunali le strade site all'interno dei centri abitati), l'attività di manutenzione effettuata dall'ente, i comportamenti tenuti dalla pubblica amministrazione che presuppongano la natura pubblica della strada e l'assoggettamento dei cittadini alle prassi determinate da tali comportamenti.

Alla inclusione o, rispettivamente, alla mancata inclusione della strada nell'elenco delle strade comunali (già previsto dalla L. n. 126 del 1958, art. 8) deve riconoscersi mero valore dichiarativo e ricognitivo, ma non costitutivo della proprietà del suolo da parte dell'ente locale. Si tratta, perciò, di circostanze che non possono ritenersi decisive per affermare o escludere la natura pubblica (così Cass., Sez. 2, civile, 29.4.2003, n. 6657) e, nonostante il difetto dell'iscrizione, l'appartenenza di una strada al demanio comunale ben può essere desunta da altri elementi presuntivi aventi i requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dall'art. 2729 c.c. (vedi Cass., Sez. 2^ civile, 10.4.2001, n. 5339).

E' vero che gli indici anzidetti costituiscono soltanto presunzioni iuris tantum, cioè superabili con la prova contraria della inesistenza di un diritto di uso o di godimento della strada da parte della collettività, ma nella fattispecie in esame (che pure è caratterizzata dalla mancata iscrizione in catasto e nell'elenco comunale delle strade) risulta accertato che sul terreno destinato a strada l'amministrazione comunale aveva realizzato opere pubbliche di irreversibile trasformazione (impianto di illuminazione pubblica ed opere di raccolta delle acque piovane). Altri soggetti erano residenti nella zona e la strada era aperta al transito senza alcuna restrizione soggettiva.

L'imputato non ha fornito la dimostrazione di elementi validi a sostegno del contrario assunto sulla natura privata della strada in oggetto e lo stesso consulente tecnico della difesa ha riferito che il tracciato stradale era stato "bonariamente ceduto al Comune", in una situazione in cui esso era stato Indicato come pubblico nello stesso progetto costruttivo depositato presso gli uffici comunali.

1.2 Le distanze tra costruzioni prescritte dal codice civile e dalle norme regolamentari devono essere osservate anche in relazione a preesistenti edifici realizzati abusivamente (vedi C. Stato, Sez. 4, 27.3.2009, n. 1874).

Appare opportuno ricordare, in proposito, che la Corte Costituzionale - con la sentenza 18 aprile 1996, n. 120 - ha affermato che "Il proprietario di una costruzione eseguita in violazione di norme edilizie, mentre è esposto alle sanzioni previste, nel rapporto con la P.A., per dette violazioni, non rimane sprovvisto della tutela approntata a favore della proprietà nel caso di violazione da parte di terzi delle norme che disciplinano tale diritto, fra l'altro in tema di distanze, poichè l'osservanza della legge può essere pretesa anche nel caso in cui il richiedente si trovi, su un piano diverso, in posizione contrastante con altre norme, tanto più che le disposizioni sulle distanze sono giustificate non solo a garanzia degli interessi dei frontisti, ma anche, in una più ampia visione, per il rispetto di una serie di esigenze generali, quali i bisogni di salute pubblica, sicurezza, vie di comunicazione e buona gestione del territorio".

2. Anche la censura riferita allo svolgimento dell'attività di direzione dei lavori è priva di pregio.

L'assunzione della qualità di direttore dei lavori è stata desunta dagli atti allegati alla richiesta del permesso di costruire depositati al Comune e non risulta che l'imputato abbia successivamente declinato l'incarico, informandone formalmente il committente e l'autorità comunale.

Il conferimento del munus e l'assunzione della correlata posizione di garanzia per il rispetto della normativa urbanistica ed edilizia non sono condizionati, invece, all'inoltro della comunicazione dell'inizio dei lavori.

3. La pena risulta determinata dal primo giudice con adeguato e corretto fa riferimento ai criteri direttivi indicati dall'art. 133 c.p., mentre i motivi di appello non investivano l'entità della stessa.

4. Deve ritenersi immune da censure, infine, la liquidazione equitativa (determinata in complessivi Euro 1.500,00) dei danni in favore della parte civile costituita, poichè razionalmente connessa alle conseguenze pregiudizievoli derivate dalla lesione di interessi specifici della confinante, la precarietà del cui manufatto risulta soltanto apoditticamente asserita (diminuzione della luce e compromissione della amenità e tranquillità del sito per l'incremento della densità abitativa).

Va ricordato, al riguardo, l'orientamento costante della sezione 2^ civile di questa Corte Suprema secondo il quale:

- "Il danno conseguente alla violazione delle norme del codice civili e integrative di queste relative alle distanze nelle costruzioni si identifica nella violazione stessa, costituendo un asservimento de facto del fondo del vicino al quale, pertanto, compere il risarcimento senza la necessità di una specifica attività probatoria" (Cass. civ. sez. 2: 11.2.2008, n. 3199; 7.3.2002, n. 3341);

- "In tema di osservanza delle distanze tra costruzioni, ove le stesse siano prescritte da un regolamento edilizio integrativo del codice civile, nessuna indagine deve essere svolta per accertare se dalla violazione della norma regolamentare sia derivato o meno un danno al fondo del vicino e se questo sia o meno edificabile, in quanto le disposizioni sulle distanze legali non lasciano al giudice alcun margine di valutazione in ordine ai pregiudizi prodotti dalla loro inosservanza, avuto riguardo alle finalità di natura pubblicistica cui dette disposizioni si ispirano" (Cass. civ. sez. 2, 5.12.2001, n. 15367).

5. Al rigetto del ricorso segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento.

Il ricorrente deve essere condannato, inoltre, alla rifusione delle spese del grado in favore della costituita parte civile, che vengono liquidate in Euro 2.000,00, oltre accessori di legge.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione delle spese del grado in favore della costituita parte civile, che liquida in complessivi di Euro 2.000,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2012.