Cass. Sez. III n. 48947 del 11 dicembre 2015  (Ud. 13 ott 2015)
Presidente: Franco Estensore: Andreazza Imputato: P.M. in proc. Pompa
Urbanistica.Intervento di abbattimento e ricostruzione

In tema di reati edilizi, anche dopo la modifica dell'art. 3, comma primo, lett. b) del d.P.R. n. 380 del 2001 operata dalla legge n. 164 del 2014 - per effetto della quale la nozione di "manutenzione straordinaria" è estesa agli interventi di "rinnovazione e sostituzione di parti anche strutturali degli edifici" - continuano ad essere ricompresi nella nozione di "ristrutturazione edilizia", per come risultante dalla modifica dell'art. 3, comma primo, lett. d) del d.P.R. citato operata dall'art. 30 D.L. n. 69 del 2013 (conv. in l.n.98 del 2013), gli interventi caratterizzati dalla condotta di demolizione e ricostruzione, con la stessa volumetria, di quello preesistente, nonchè di quelli volti al ripristino di edifici o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, purché sia possibile accertare la preesistente consistenza. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la responsabilità dell'imputato, osservando che l'intervento di demolizione e ricostruzione con identica volumetria, eseguito in zona non vincolata, non richiedeva il rilascio di permesso di costruire).

 RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti ha proposto ricorso nei confronti della sentenza del Tribunale di Asti di assoluzione di  Pompa Sandro dal reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. b), in relazione alla realizzazione in assenza di permesso di costruire di un fabbricato con blocchi di cemento prefabbricato e basamento in calcestruzzo, perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

2. Con un unico motivo lamenta l'erronea applicazione della legge penale : nella fattispecie contestata, caratterizzata dalla integrale demolizione dell'edificio originario per il quale si sarebbe dovuta sostituire la copertura realizzata in fibra d'amianto con realizzazione di un nuovo manufatto con sagoma differente e volume totale inferiore al precedente, il giudice ha erroneamente qualificato l'intervento, anzichè di ristrutturazione edilizia, per il quale è necessario il permesso a costruire, come di "manutenzione straordinaria", ritenendo applicabile la relativa norma come modificata dal cosiddetto decreto legge "sblocca Italia"; non ha però considerato, da un lato, la nozione di ristrutturazione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, lett. d), e, dall'altro, il fatto che, invece, la nozione di manutenzione straordinaria riguarda l'esecuzione di un'attività di conservazione del costruito che non incide sull'uso preesistente del territorio, ovvero opere interne e singole unità immobiliari delle quali non si devono alterare i volumi e le superfici nè modificare le destinazioni di uso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Va anzitutto osservato che l'assunto in base al quale il Tribunale di Asti è pervenuto ad assoluzione dell'imputato non è, in adesione alle ragioni puntualmente sviluppate dal P.M. ricorrente, condivisibile.

E' incontroverso il fatto che, nella specie, ricevuta nel 2010 un'ordinanza comunale con cui lo si invitava a sostituire la copertura in fibra d'amianto di un manufatto di sua proprietà, l'imputato decideva di abbattere integralmente l'edificio e di ricostruirlo in blocchi di calcestruzzo; era stato così edificato un nuovo manufatto, con sagoma inferiore e volume totale inferiore rispetto a quello precedente, in totale assenza di titolo abilitativo.

4. Ciò posto, la sentenza impugnata ha ritenuto che l'attività posta in essere debba essere qualificata come "intervento di manutenzione straordinaria" e non già come intervento di "ristrutturazione edilizia", sì da non essere soggetta al rilascio del permesso a costruire : infatti, a seguito delle modifiche operate al testo dell'art. 3, comma 1, lett. b), del D.P.R. cit., dal D.L. 12 settembre 2014, n. 133, art., convertito in L. 11 novembre 2014, n. 164 (il cui originario contenuto era nel senso che dovessero intendersi per interventi di manutenzione straordinaria "le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici nonchè per realizzare ed integrare i servizi igienico - sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso" e il cui contenuto successivo è, invece, ora, nel senso che per interventi di manutenzione straordinaria debbono intendersi "le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici nonchè per realizzare ed integrare i servizi igienico - sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino modifiche delle destinazioni di uso"), si sarebbe ampliata la definizione di "interventi di manutenzione straordinaria"; infatti, ha continuato la sentenza, per effetto della nuova definizione, sarebbero incluse in essa tutte le attività manutentive che, pur incidendo sulle superfici di un edificio, non abbiano tuttavia determinato un aumento del volume complessivo della costruzione (come nella specie avvenuto).

5. Va di contro osservato, però, che, come correttamente sottolineato dal P.M. ricorrente, l'art. 3, comma 1, lett. d) dello stesso D.P.R., come modificato dal D.L. n. 69 del 2013, art. 30 comma 1, lett. a), convertito con modificazioni nella L. n. 98 del 2013, prevede che rientrino all'interno degli interventi di ristrutturazione edilizia "anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica nonchè quelli volti al ripristino di edifici o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purchè sia possibile accertarne la preesistente consistenza"; sicchè deve ritenersi che il legislatore, come segnalato dall'inequivoco riferimento alla "demolizione e ricostruzione" del preesistente edificio, quand'anche di uguale volumetria, abbia inteso comunque ricomprendere l'intervento di specie in quello di ristrutturazione edilizia e non già di manutenzione edilizia, non potendo ritenersi che l'ambito applicativo della disposizione, rimasta sul punto significativamente inalterata anche a seguito della modifica impressa alla L. n. 164 del 2014, art. 3, comma 1, lett. b), abbia subito riduzioni anche solo di carattere interpretativo tali da escluderne appunto la attività, tipicamente considerata, di abbattimento e ricostruzione. E ciò, a maggior ragione, ove si consideri che il tratto essenziale degli interventi di manutenzione straordinaria continua a consistere nella finalizzazione degli stessi alla "rinnovazione e sostituzione di parti anche strutturali degli edifici", di per sè non compatibile con una condotta, ben diversa, di abbattimento e ricostruzione dell'intero edificio.

6. Ritenuto dunque che l'intervento posto in essere dall'imputato rientrava in quello di ristrutturazione edilizia, va però osservato che lo stesso, per gli elementi di fatto incontroversi che lo hanno caratterizzato, ovvero, in particolare, il mancato aumento della volumetria, non richiedeva il rilascio del permesso a costruire, bensì, al momento dei fatti, di una mera d.i.a., ovvero, alla data odierna, di una s.c.i.a..

Va infatti osservato che, secondo quanto previsto dall'art. 10, comma 1, lett. c), del D.P.R. cit., come modificato, da ultimo, dal D.L. n. 133 del 2014, art. 17, convertito in L. n. 164 del 2014, sono assoggettati a permesso di costruire "gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici e dei prospetti", ovvero che si connettano a mutamenti di destinazione d'uso, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A), mentre, ai sensi dell'art. 22, comma 1, del medesimo D.P.R., "sono realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività (in precedenza, denuncia di inizio di attività) gli interventi non riconducibili all'elenco di cui all'art. 10, e all'art. 6, che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente". E questa Corte ha più volte precisato, in concordanza con tali previsioni, ancor prima delle modifiche da ultimo intervenute, che devono ritenersi realizzabili, previa mera denunzia di attività (non alternativa al permesso di costruire, equivalente come detto alla odierna S.c.i.a.), le ristrutturazioni edilizie di portata minore: quelle, cioè, che determinano una semplice modifica dell'ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa conserva la sua iniziale consistenza urbanistica, nel senso, cioè, di diversa da quelle descritte dall'art. 10, comma 1, lett. c), che possono incidere, invece, sul carico urbanistico (Sez. 3, n. 20350 del 16/03/2010, Magistrati, Rv. 247177; Sez. 3, n. 16393 del 17/02/2010, Cavallo, Rv. 246757); e, da ultimo, sempre questa Corte è pervenuta ad affermare che, per effetto delle più recenti modifiche (D.L. 21 giugno 2013, n. 69, art. 30, conv. in L. 9 agosto 2013, n. 98), gli interventi di "ristrutturazione edilizia", consistenti nel ripristino o nella ricostruzione di edifici o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, debbono ritenersi assoggettati alla procedura semplificata della S.c.i.a., se si tratta di opere che non rientrano in zona paesaggisticamente vincolata e rispettano la preesistente volumetria, anche quando implicano una modifica della sagoma dell'edificio (Sez.3, n. 40342 del 03/06/2014, Quarta, Rv. 260551).

Ne consegue che un intervento di demolizione e ricostruzione con volumetria non superiore, come nella specie, a quella complessiva preesistente, e dunque certamente non incidente sul carico urbanistico, quale elemento considerato dalla norma evidentemente determinante, non poteva (già prima delle ultime modifiche intervenute) e non può, a maggior ragione oggi, atteso che si prescinde, per gli immobili non sottoposti a vincoli, anche dalla modifica della sagoma, non rientrare nelle ristrutturazioni edilizie "leggere", come tali assoggettabili a mera segnalazione certificata di attività, ove siano stati rispettati gli ulteriori requisiti contemplati dall'art. 22 cit..

E, nella specie, non risulta, nè dalla contestazione di cui all'imputazione nè dalla sentenza impugnata nè, infine, dal ricorso che l'intervento non sia stato conforme alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico - edilizia vigente ovvero abbia riguardato immobile vincolato. Ne consegue che, integrando comunque il fatto materiale contestato, sia pure per ragioni diverse da quelle illustrate dalla sentenza impugnata, un mero illecito amministrativo, il ricorso del P.M. va rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso del P.M..

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2015.