Cass. Sez. III n.29432 del 11 agosto 2025 (UP 15 mag 2025)
Pres. Aceto Est. Noviello Ric. PG in proc. Palmacci ed altri
Urbanistica.Lottizzazione abusiva e confisca in caso di prescrizione
In tema di lottizzazione abusiva, l'intervenuta prescrizione non impedisce che sia disposta la confisca nel caso in cui risultino accertati gli elementi oggettivi e soggettivi del reato sulla base di prove acquisite prima del maturare della causa estintiva, pur se non coincidenti con il complesso delle prove originariamente ammesse dal giudice. Non è impedita la confisca in questione dalla assenza, anche eventualmente sopravvenuta, del sequestro.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza di cui in epigrafe, la Corte di appello di Roma riformava la sentenza del tribunale di Tivoli del 22.11.2016, anche di condanna in ordine alla realizzazione di una lottizzazione abusiva e di correlativi abusi edilizi, dichiarando non doversi procedere nei confronti di tutti i rimanenti imputati in ordine ai predetti reati loro rispettivamente ascritti, per essersi gli stessi estinti per prescrizione o per morte del reo, e revocando la disposta confisca con dissequestro dei terreni e degli immobili, da restituirsi in favore degli aventi diritto.
2. Avverso la predetta sentenza, il Procuratore Generale della Corte di appello di Roma ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un solo motivo di impugnazione.
3. Si contesta il vizio di violazione di legge: non sarebbe condivisibile la ragione della disposta revoca della confisca, individuata dalla Corte di appello nella intervenuta variante al PRG del Comune di riferimento, che nelle more ha riclassificato la zona di interesse della intervenuta lottizzazione da Zona agricola E, sottozona E3, a Zona di Espansione C, così dimostrandosi ex post, secondo i giudici, la conformità della lottizzazione agli strumenti urbanistici generali e la "volontà dell'amministrazione di rinunciare all'acquisizione delle aree". Ciò perché l'adottata variante non sarebbe idonea, di per sé, a rendere la lottizzazione conforme agli strumenti urbanistici, costituendo solo, al più, la indispensabile premessa di una sequenza procedimentale funzionale a superare l'abusività della lottizzazione, né consacrerebbe la volontà del comune di rinunziare alla confisca, come pure ritenuto dalla Corte di appello.
4. Per Marinucci Elisabetta è stata depositata richiesta di rigetto del ricorso, rilevandosi l'intervenuta prescrizione del reato prima della sentenza di primo grado del 22.11.2016 da una parte, e l'intervenuta sanatoria della lottizzazione in ragione della intervenuta variante al Piano Regolatore.
5. Per Marinucci Luca, Mauro Marinucci, Antonio Marinucci, Patrizia Marinucci, Pietro Orlandi, Marinucci Massimiliano e Anna Maria Ortolani risulta memoria con cui si sostiene la sanatoria per intervenuta variante secondo la sentenza della Corte Costituzionale n. 107/1989, senza necessità di altro strumento urbanistico attuativo. Risultando, in tale sopravvenuto contesto normativo-urbanistico, comunque sproporzionata la confisca.
6. Memoria risulta per Coco Stefano, che chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso ribadisce l'impossibilità della confisca in ragione della intervenuta variante prima citata, e cita a supporto la sentenza della Corte Costituzionale n. 107 del 1989 e sostiene che la variante stessa sanerebbe la lottizzazione; rappresenta, altresì, l'avvio di una procedura funzionale ad un piano di lottizzazione.
7. Per Dal Bo Marco è depositata memoria a sostegno della conferma della sentenza per le ragioni ivi riportate e della sufficienza, a supporto della decisione, della intervenuta variante. Ha altresì depositato delibera del 6.5.2025 comunale, di approvazione di piano di lottizzazione convenzionata in località Prataccio.
8. Daniela Dal Bo, da una parte, sostiene in memoria la carenza di interesse del ricorrente a fronte della inequivoca volontà della amministrazione comunale di rinunziare alla acquisizione delle aree lottizzate, dall'altra, sostiene la fondatezza della decisione impugnata. Così chiedendo la inammissibilità o il rigetto del ricorso.
9. Memoria è depositata altresì nell'interesse di Milito Franco, Novel Elisabetta, Palmacci Gaetano, De Donno Alessandra, Mancuso Fabrizio, Pavan Daniela Natalia, Corsi Massimo, Iaria Maria Carmela, Lovello Maria Cristina, Dominici Laura, Coppola Andrea Mattia, Scianna Roberta, Sproti Nadia, Tantini Mario, Forino Procacci Emiiano, Montessori Angela Maria, Minucci Fabiana, e con essa si sostiene che la variante prima citata costituirebbe conclusione dell'iter procedimentale che ha fatto venire meno il ritenuto contrasto tra PRG del Comune di Rignano Flaminio e gli immobili edificati e contestati. Con conseguente carenza di interesse del comune alla acquisizione delle aree lottizzate, atteso che nel mutato quadro urbanistico sono consentite edificazioni ad uso residenziale estensivo come quelle realizzate e contestate nel presente procedimento. Vi sarebbe anche un ricorso contraddittorio, laddove si valorizza il profilo della assenza comunque di una autorizzazione alla lottizzazione mai contestata, e si ribadisce, altresì, che la variante urbanistica, espressione di una chiara volontà pianificatoria comunale, sarebbe già di per sé incompatibile con la confisca. La confisca, come richiesta dal ricorrente, sarebbe anche in contrasto con il principio di proporzionalità, anche a fronte della possibilità che il comune, in caso di futura inerzia dei proprietari nel definire l'iter di legittimazione della lottizzazione, potrebbe esercitare autonomi poteri ex art. 30 commi 7 - 9 del DPR 380/01. Si rileva, inoltre, che mancherebbe la impugnazione, assieme alla decisione di mancata confisca, anche della revoca del sequestro. Con conclusiva richiesta di conferma della sentenza impugnata. E' seguita nota integrativa a supporto di quanto sopra sintetizzato rappresentandosi anche l'intervenuta adozione comunale di un piano di lottizzazione convenzionata proposto dagli attuali imputati, chiedendosi la conferma della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso, riguarda un caso di lottizzazione abusiva "mista", consumata su ben 31 ettari, divisi in 26 lotti, attraverso interventi edilizi non validamente autorizzati ed effettuati in zona agricola, tradottisi nella edificazione di circa 20 ville, dotate di autonomi sistemi di smaltimento di rifiuti. Esso è fondato.
1.1. Va premesso che la confisca prevista dalla L. n. 47 del 1985, richiamata dall'art. 19, ed ora dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, comma 2, configura una sanzione amministrativa speciale che il giudice penale deve irrogare in funzione di supplenza della pubblica amministrazione, ogni volta che accerta l'esistenza di una lottizzazione abusiva (v. Cass. Sez. 3^, n. 12471 del 16.11.1995, P.G. in proc. Besana, rv. 203276). A differenza della confisca prevista in via generale dall'art. 240 c.p., che produce la devoluzione dei beni confiscati a favore dell'erario statale, la confisca lottizzatoria ha per effetto l'acquisizione gratuita e di diritto dei terreni confiscati al patrimonio del comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione abusiva (art. 19, comma 2, e art. 44, comma 2, citati). Consegue che non può ravvisarsi alcuna incompatibilità tra il provvedimento giurisdizionale della confisca e il provvedimento amministrativo con cui l'ente comunale accerti che, trascorsi novanta giorni dalla notifica dell'ordinanza di sospensione dell'attività lottizzatoria, si è verificata l'acquisizione ex lege dei terreni lottizzati al patrimonio disponibile del comune (L. n. 47 del 1985, art. 18, commi 7 e 8, ora D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30, commi 7 e 8). Si tratta, infatti, di due provvedimenti, che - benché provenienti da organi diversi - hanno lo stesso effetto ablatorio in danno dei proprietari privati e a favore del patrimonio comunale.
1.2. La confisca di cui trattasi, può essere revocata solo quando l'amministrazione comunale adotti provvedimenti realmente incompatibili con l'effetto ablatorio in danno dei proprietari lottizzanti, come per esempio una successiva autorizzazione a lottizzare intervenuta sub specie di un tipico atto autorizzatorio di lottizzazione ( seppure ex post, come potrebbero essere, se previsti dagli strumenti urbanistici superiori, un piano di lottizzazione e la stipula di una convenzione lottizzatoria (cfr. anche in motivazione, Sez. 3, n. 23154 del 18/05/2006, Scalici, Rv. 234476 - 01). Tali provvedimenti, comunque, non estinguono il reato, cioè non "sanano" la responsabilità penale, ma solo quella amministrativa (v. Cass. Sez. 3^, n. 47272 del 30.11.2005, Iacopino, rv.
232998). In altri termini, l'eventuale autorizzazione a lottizzare, concessa "in sanatoria", non estingue il reato di lottizzazione abusiva, non essendo espressamente prevista dalla legge come causa estintiva (cfr. Cass. Sez.
3^6.3.1996, n. 2408, Antonioli e altro; 12.12.1997, n. 11436, Sapuppo ed altri); qualora essa sia legittimamente intervenuta, tuttavia, il giudice non può disporre la confisca, perché l'autorità amministrativa competente, riconoscendo ex post la conformità della concreta lottizzazione agli strumenti urbanistici generali vigenti sul territorio, ha inteso evidentemente lasciare il terreno lottizzato alla disponibilità dei proprietari, rinunciando implicitamente ad acquisirlo al patrimonio indisponibile del Comune. Allo stesso modo - secondo la giurisprudenza di questa Corte - la successiva approvazione di un piano di recupero urbanistico non può configurare un'ipotesi di sanatoria della lottizzazione (vedi Sez. 3, Sentenza n. 4373 del 13/12/2013 Cc. (dep. 30/01/2014 ) Rv. 258921 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 43591 del 18/02/2015 Ud.(dep. 29/10/2015 ) Rv. 265153 - 01; Cass., Sez. 3^, 5.12.2001, Venuti).
2. Nella specie, non rileva ai fini della ritenuta intervenuta adozione di un atto amministrativo incompatibile con la confisca delle aree abusivamente lottizzate, la Variante al PRG citata in sentenza, trattandosi, come pure correttamente rilevato dal ricorrente, di un mero intervento programmatorio di portata pur sempre generale, non seguito da alcuno strumento attuativo che sancisca, seppure ex post, la conformità della intervenuta lottizzazione abusiva ai vigenti strumenti urbanistici. La citata Variante, in altri termini, è solo una premessa pianificatoria, generale, di una ulteriore, eventuale, sequenza procedimentale che, in conformità con la stessa e ove prevista, sia in grado di sancire in via successiva la sopravvenuta corrispondenza urbanistica della lottizzazione.
4. Da una parte, quindi, va ribadito e sottolineato, innanzitutto, che la mera adozione, della variante urbanistica al Piano Regolatore Generale del comune di Rignano Flaminio, di riclassificazione della località di Prataccio da “Zona agricola E” a sottozona “nuclei insediativi a bassa densità” evidenziata in sentenza per giustificare la disposta revoca non è un dato sufficiente a tali fini.
Né appare adeguato il richiamo alla sentenza della Corte Costituzionale n. 107/1989. Tale sentenza, infatti, riguarda una specifica fattispecie riferita a fenomeni lottizzatori ormai lontani nel tempo. Posto, invero, che attualmente la disciplina urbanistica vigente non contempla procedure di sanatoria “urbanistica” per lottizzazione abusiva, va osservato che con la predetta sentenza il giudice delle leggi aveva fatto riferimento alla disciplina di cui all'art. 29 della L. 47/85 ai sensi del quale : " entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge le regioni disciplinano con proprie leggi la formazione, adozione e approvazione delle varianti agli strumenti urbanistici generali finalizzati al recupero urbanistico degli insediamenti abusivi, esistenti al 1 ottobre 1983, entro un quadro di convenienza economica e sociale. Le varianti devono tener conto dei seguenti principi fondamentali:
a) realizzare una adeguata urbanizzazione primaria e secondaria;
b) rispettare gli interessi di carattere storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, idrogeologico;
c) realizzare un razionale inserimento territoriale ed urbano dell'insediamento.
La legge regionale stabilisce altresì:
a) i criteri e i termini ai quali devono attenersi i comuni per la individuazione e la perimetrazione degli insediamenti abusivi;
b) i criteri ai quali devono attenersi i comuni qualora gli insediamenti abusivi ricadano in zona dichiarata sismica;
c) i casi in cui la formazione delle varianti è obbligatoria;
d) le procedure per l'approvazione delle varianti, precisando i casi nei quali non è richiesta l'approvazione regionale;
e) i criteri per la formazione di consorzi, anche obbligatori, fra proprietari di immobili;
f) il programma finanziario per la attuazione degli interventi previsti con carattere pluriennale;
g) la definizione degli oneri di urbanizzazione e le modalità di pagamento degli stessi in relazione alla tipologia edilizia, alla destinazione d'uso, alla ubicazione, al convenzionamento, anche mediante atto unilaterale d'obbligo, da parte dei proprietari degli immobili.
Decorso il termine di novanta giorni, di cui al primo comma, e fino alla emanazione delle leggi regionali, gli insediamenti avvenuti in tutto o in parte abusivamente, fermi restando gli effetti della mancata presentazione dell'istanza di sanatoria previsti dall'articolo 40, possono formare oggetto di apposite varianti agli strumenti urbanistici al fine del loro recupero urbanistico, nel rispetto comunque dei principi di cui al primo comma e delle previsioni di cui alle lettere e), f) e g) del precedente secondo comma.
Le proposte di varianti di recupero urbanistico possono essere presentate da parte di soggetti pubblici e privati, con allegato un piano di fattibilità tecnico, economico, giuridico e amministrativo, finalizzato al finanziamento, alla realizzazione e alla gestione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria e per il recupero urbanistico ed edilizio, volto al raggiungimento della sostenibilità ambientale, economica e sociale, alla coesione degli abitanti dei nuclei edilizi inseriti nelle varianti e alla rivitalizzazione delle aree interessate dall'abusivismo edilizio".
Si tratta di disposizione che contempla il recupero urbanistico di complessivi insediamenti abusivi esistenti alla data del 1 ottobre 1983 (data di ultimazione di opere stabilita per le richieste riferite al cd. primo condono), per cui tale disposizione non riguarda gli insediamenti ovvero le lottizzazioni illecite realizzate successivamente alla predetta data, cui sono estranei gli interventi in esame, sequestrati nel marzo del 2011.
Tanto che questa stessa Corte (cfr. anche in motivazione, Sez. 3 n. 9982 del 21/11/2007 (dep. 05/03/2008) Rv. 238982 – 01; Sez. 3 - n. 44517 del 17/07/2019 Rv. 277261 - 01), è opportuno evidenziarlo, ha anche fornito precise indicazioni in ordine alla questione relativa al rapporto tra la confisca obbligatoria delle opere abusivamente costruite sul terreno lottizzato ed un'eventuale sanatoria delle stesse per "condono edilizio" e nel riferirsi alla variante di cui al citato art. 29 non ne ha mai esteso la portata oltre il chiaro riferimento cronologico del 1 ottobre 1983.
Si è invero osservato che la L. n. 47 del 1985, art. 35, comma 13, dispone - quanto al condono - che "per le costruzioni ed altre opere di cui all'art. 31, comma 1, (quest’ultimo riferito al condono, ndr) realizzate in comprensori la cui lottizzazione sarebbe dovuta avvenire a norma della L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 8, il versamento dovuto per l'oblazione di cui all'art. 31 non costituisce titolo per ottenere il rilascio della concessione edilizia in sanatoria, che resta subordinata anche all'impegno di partecipare pro - quota agli oneri di urbanizzazione dell'intero comprensorio in sede di stipula della convenzione".
In particolare, questa Corte, alla luce della predetta previsione ha spiegato che il sopravvenuto rilascio di un permesso di costruire a titolo di condono può eventualmente legittimare, ricorrendone i presupposti, soltanto le opere che costituiscono oggetto della lottizzazione, ma non comporta alcuna valutazione di conformità di tutta la lottizzazione alle scelte generali di pianificazione urbanistica, con la conseguenza che il rilascio di più titoli abilitativi nell'area interessata da una lottizzazione abusiva non rende lecita tale attività (Sez. 3, n.
9982 del 21/11/2007 (dep.2008), Rv. 238983; Sez. 3, n. 28532 del 23/6/2009, Rv. 244441). E’ in tal senso, ha precisato il Supremo Collegio, che va letta la previsione normativa prima riportata letteralmente, di cui al citato art. 35, comma 13 della legge 47/1985, osservando che tale norma è sostanzialmente riferita a quegli interventi che sarebbero stati realizzabili soltanto in seguito alla preventiva approvazione di un piano di lottizzazione e che sono stati viceversa effettuati in carenza di tale strumento attuativo. Si aggiunge, da parte della medesima Suprema Corte, che, invece, gli interventi edificatori che si inseriscono in una lottizzazione illecita in quanto, per le loro connotazioni oggettive, si pongono in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o di localizzazione dello strumento generale di pianificazione (quale quello del caso di specie), per potere essere condonati devono essere necessariamente ricompresi, ai sensi dell'art. 29 della medesima legge 47/1985 (comunque, giova ribadirlo, riferito ai soli fatti dell'ottobre 1983), in una apposita variante per il recupero degli insediamenti abusivi. E in proposito va ricordato sia che ciò è stato evidenziato anche dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 107/1989 - nella quale si è affermato che "il rilascio di concessione edilizia in sanatoria, per edifici compresi in una lottizzazione illegale, è subordinato alla sanatoria della stessa lottizzazione, attraverso l'approvazione di una variante agli strumenti urbanistici, secondo il disposto della L. n. 47 del 1985, art. 29 e L. n. 47 del 1985, art. 32, lett. b)" — sia va richiamato il contenuto del comma 3 del citato art. 29 L. 47/1985, il quale prevede che: "gli insediamenti avvenuti in tutto o in parte abusivamente, fermi restando gli effetti della mancata presentazione dell'istanza di sanatoria previsti dall'art. 40, possono formare oggetto di apposite varianti agli strumenti urbanistici al fine del loro recupero urbanistico, nel rispetto comunque dei principi di cui al comma 1 e delle previsioni di cui alle lett. e), f) e g) del precedente comma 2".
In altri termini, deve ritenersi sia che i manufatti abusivamente eseguiti, in attuazione del fine di lottizzazione e nell'ambito della lottizzazione, possono essere "sanati" soltanto previa valutazione globale dell'attività lottizzatoria, secondo il rigoroso meccanismo in precedenza descritto, a partire dal limite cronologico espressamente sancito (1.10.1983), sia, in ogni caso, che la variante ivi descritta non va confusa con il tipico e generale strumento urbanistico di variante ad un piano, bensì si identifica con uno specifico e singolare procedimento di recupero, dai connotati ben tipizzati, sia sul piano cronologico che contenutistico e finalistico, i quali né emergono né sono dedotti nelle prospettazioni difensive.
Consegue, altresì, che l'intrinseca insufficienza in sé, della variante (che si potrebbe definire di tipo "comune"), rivendicata dalle difese e citata in sentenza, rispetto alla prospettazione della sua incidenza "sanante" in ordine alla lottizzazione in parola, determina, in via conseguenziale, anche la palese infondatezza di ogni tesi circa la correlazione con essa di atti impliciti, sub specie di rinunzia, da parte del Comune, alla confisca delle aree lottizzate.
5. A tale ultimo proposito, occorre considerare la nozione di "atto implicito" (cfr. Sez. 3, n. 3261 del 17/11/2020, dep. 2021, Rv. 280870 - 01), evidenziando, preliminarmente, la complessità e difficoltà di determinare il significato e i presupposti della stessa a seconda del settore giuridico in cui venga esaminata: nell'ambito privatistico l'"atto implicito" viene riferito indistintamente sia a comportamenti positivi che a quelli negativi od omissivi, e per questa via viene ad abbracciare sia fattispecie di silenzio o inerzia dell'agente che condotte positive da cui arguire la volontà del medesimo soggetto.
Diversamente, nel settore pubblicistico, è stata più volte evidenziata una netta linea di demarcazione tra l'"atto implicito" e l'"atto tacito", con inclusione in quest'ultima nozione dei comportamenti omissivi, comprensivi del silenzio, ricollegati a doveri di agire dell'Autorità Pubblica. Lungo quest'ultima falsariga la dottrina ha acutamente evidenziato come sia opportuno sgombrare dall'ambito della nozione di atto "implicito" quella di "silenzio", riconducendosi piuttosto quest'ultima nel genus dell' "inerzia" dell'Autorità, per la quale, laddove la legge le attribuisca una valenza rispettivamente positiva o negativa, non si tratterebbe di un "atto implicito", positivo o negativo, bensì di un atto esplicitato attraverso lo strumento, normativamente qualificato, del silenzio.
Mentre l'atto implicito deve, per sua stessa natura, essere comunque esteriorizzato in qualche forma, il silenzio, sia esso inteso come silenzio - inadempimento, come silenzio-rigetto ovvero come silenzio-accoglimento, si identifica nella mera inerzia della Autorità connessa ad un dovere di attivarsi ed assurge, ex lege, ad elemento costitutivo dell'atto medesimo, nel senso che è condizione necessaria e di solito sufficiente, per espressa previsione normativa, al venire in esistenza dell'atto stesso che, pertanto, non si "presume" né si ricostruisce in via interpretativa, bensì esiste in sé, seppure in ragione di una previsione normativa espressa.
Al contrario, l'atto "implicito" deve ricavarsi ermeneuticamente da una serie di dati positivi ed univoci, espressivi comunque di volontà - e non discende semplicemente da un mero comportamento negativo già "qualificato" per legge - che ove valorizzata, lo è normalmente con dati e condotte di riferimento e connesse.
Sembrano invero questi ultimi, alla luce del dibattito dottrinario e giurisprudenziale sviluppatosi in materia, gli unici dati comuni che possono costituire un nucleo fondante dell'atto implicito, seppure insufficiente a delineare un concetto univoco. Ciò in quanto i dati " positivi e univoci" cui si è fatto cenno, non paiono riconducibili ad unità, ma per lo più variano, a seconda dei diversi casi di individuazione ermeneutica e giurisprudenziale, in cui venga in rilievo la nozione di "atto implicito". Con la conseguenza per cui, da una parte, non pare rinvenirsi un concetto omogeneo di atto implicito, dall'altra, unici elementi che paiono poter accomunare i vari "casi" di volta in volta evidenziati sono forniti dal dato per cui l'atto implicito è, in quanto tale, espressione, ovviamente, di "voluntas" di un dato soggetto agente; elemento, quest'ultimo, che contribuisce, da una parte, come già detto, a distinguere l'atto implicito dal cd. "silenzio significativo" e, dall'altra, a differenziarlo dalle mere attività materiali. Altro dato che sembra connotare gli atti "impliciti" tutti è, poi, solo quello per cui il comportamento o l'atto da cui quello implicito si desume sono normalmente successivi o al più contestuali al provvedimento (implicito) che da essi si ritiene di ricavare.
Tale essendo la natura dell'atto implicito, alla luce degli indirizzi giurisprudenziali e dottrinari elaborati al riguardo, certamente dirimente, per il caso in esame, è l'ulteriore requisito essenziale richiesto per l'atto implicito di natura amministrativa: quale è quello per cui il provvedimento, da cui promani quello implicito, deve provenire, per un verso, da un organo amministrativo competente e nell'esercizio delle sue attribuzioni e, per altro verso, nella stessa sfera di competenza deve rientrare l'atto implicito a valle. Ulteriori requisiti sono quelli per cui non sia normativamente imposto il rispetto di una forma solenne, dovendo operare il generale principio di libertà delle forme, e quello per cui dal comportamento si desuma in modo non equivoco la volontà provvedimentale, dovendo esistere un collegamento esclusivo e bilaterale tra atto implicito e atto presupponente, nel senso che l'atto implicito deve essere l'unica conseguenza possibile di quello espresso (non potendo attivarsi, in difetto, il meccanismo inferenziale di necessaria implicazione), e in ogni caso, emergano ex factis (avuto riguardo al concreto andamento dell'iter procedimentale e alle effettiva acquisizioni istruttorie: cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 1034/2018) gli elementi necessari alla ricostruzione del potere esercitato (cfr. da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, n. 2456/2018).
Consegue, nel caso in esame, l'insussistenza dei requisiti astratti suindicati, con particolare riferimento, innanzitutto e in via preliminare, al dato della assenza di piena coincidenza - sul piano della competenza - tra organo adottante l'atto presupponente (la Variante, quale atto che appare soggettivamente complesso, e non esclusivo del Comune, come risulta anche dal testo della delibera comunale, ove si legge tra l'altro che si prende atto "della Deliberazione della Giunta regionale del Lazio rl. 969 del 28.12.2023 che ha approvato definitivamente la Variante al Piano Regolatore (..) adottata dal Comune di Rignano Flaminio con Deliberazione del Consiglio ·Comunale n. 47 del 12.09.2016 e riadottata con Delibera del Consìglio comunale n. 27 del 03.08.2021 per i motivi e con le modifiche contenuti nel parere del Comitato Regionale per il Territorio, reso con il voto n. 285 del 13.09.2023, che costituisce parte integrante della deliberazione e con le prescrizioni e le condizioni di cui ai pareri nelle premesse della stessa riportati nonché a quelli delle altre amministrazioni competenti per materia acquisiti nel corso del procedimento") e l'organo competente alla adozione dell'atto presupposto implicito (la rinunzia alla confisca).
A ciò si aggiunge - per la illustrata intrinseca non diretta e immediata inerenza della Variante allo specifico tema della lottizzazione intervenuta, tanto da richiedersi specifici piani convenzionali od attuativi - la impossibilità, per quanto sinora osservato, di desumere in modo non equivoco e necessario la volontà provvedimentale, dovendo esistere un collegamento esclusivo e bilaterale tra atto implicito e atto presupponente, nel senso che l'atto implicito deve essere l'unica conseguenza possibile di quello espresso.
6. Neppure conforta la tesi difensiva di un sopravvenuto atto urbanistico incompatibile con la lottizzazione abusiva, l'ulteriore dato - proposto in sede difensiva, per la prima volta, dinnanzi a questa Corte, anche con memoria e produzione di sopravvenuta documentazione amministrativa - inerente un verbale di delibera del consiglio comunale di Rignano Flaminio, n. 10 del 06/05/2025, di approvazione di una proposta di deliberazione riguardante "l'adozione di piano di lottizzazione convenzionata in località Prataccio presentato al sensi dell'art. 28 della l. 1150/1942 come modificato dall'art. 8 della l. 765/1967 e ulteriori s.m.i. in attuazione della variante urbanistica al piano regolatore generale vigente al sensi della legge n. 1150/1942- nuclei insediativi a bassa densità approvata con deliberazione di giunta regione Lazio n. 969 del 28.12.2023".
7. Ciò per plurime ragioni.
8. Richiamato quanto sopra già rilevato circa l'astratta possibilità di sopravvenuti atti urbanistici che risultino incompatibili con la confisca di un'area abusivamente lottizzata, va osservato che nel caso di specie, pur rivendicandosi dalle difese l'intervenuta adozione di atti di pianificazione adottati "ex post" rispetto alla lottizzazione accertata nel presente procedimento e rispetto ad essa descritti come incompatibili, tali affermazioni appaiono del tutto non fondate, essendo mancanti proprio gli atti in grado di reputarsi incompatibili con la contestata confisca, da ricercarsi in provvedimenti o atti emergenti in maniera legittima e regolare all'esito di complete e definite procedure di adozione e approvazione.
Tale non è il rivendicato, dalle difese, "piano di lottizzazione convenzionata", che il realtà non risulta affatto regolarmente completato, atteso che dagli stessi atti allegati e disponibili per questa Corte emerge che, a fronte della delibera comunale di adozione del piano stesso, l'iter di definizione era ancora incompleto, essendo necessari ulteriori passaggi definitori, necessari e, nel contempo, dall'esito del tutto incerto (tanto in senso positivo che negativo).
E' sufficiente in proposito evidenziare come la delibera comunale di approvazione della sopra citata proposta di deliberazione faccia proprio un testo, inerente l'adozione del citato piano di lottizzazione, il quale da una parte, stabilisce di "adottare il Piano di lottizzazione convenzionata in località Prataccio comprensivo di tutti gli elaborati allegati sopra menzionati e presentato a questo Ente con prot. n. 9326 del 30.04.2025 ai sensi dell'art. 28 della L. 1150/1942 come modificato dall'art. 8 della L. 765/1967 e ulteriori s.m.i. e in attuazione alla Variante urbanistica al Piano Regolatore Generale del Comune di Rignano Flaminio - Nuclei insediativi a bassa densità in Località Prataccio, approvata con Deliberazione di Giunta Regione Lazio n. 969 del 28.12.2023 e pubblicata sul BURL n. 2 del 04.01.2024"; dall'altra e nel contempo, conferisce "..mandato al Responsabile del Settore (..) di dar seguito ·a tutti gli atti consequenziali la presente deliberazione, ad iniziare dall' invio della presente alla Regione Lazio per l'ottenimento del parere paesaggistico e il deposito degli atti per la presentazione di eventuali osservazioni.".
Questi ultimi necessari adempimenti - lo si ribadisce, del tutto eventuali nel loro auspicato ( dalle difese) esito positivo - sono rilevati, persino nella loro pura eventualità, anche nel corpo della delibera medesima, laddove il Sindaco del Comune di Rignano interessato dalla lottizzazione, sottolinea che alla stessa Regione "ora sarà trasmesso il Piano per acquisire il parere paesaggistico e inizierà contestualmente l'iter per le osservazioni eventuali e poi verrà inviato nuovamente alla Regione Lazio per l'approvazione urbanistica. Speriamo che si possa arrivare ad un punto definitivo". Nel medesimo senso risultano interventi di un tecnico con cui si evidenzia che "dopo l'adozione del progetto di fattibilità tecnico-economica si andrà in Conferenza dei Servizi che sarà convocata dall'Ente. Questo è un primo passo del Piano coerente con la Variante Urbanistica che prevede tutti gli elementi necessari per approvarlo. In realtà è un Piano che va in auto approvazione, si inoltra in Regione per il solo parere paesaggistico e poi proseguire con la verifica di congruità con la Variante al PRG".
9. Vi è una ulteriore ragione per escludere la sussistenza di atti incompatibili con la confisca. I documenti sopra citati sono stati prodotti per la prima volta dalle difese solo innanzi a questa Corte. Certamente, trattandosi di delibera comunale del 6.5.2025, data successiva alla sentenza di appello impugnata, non potevano essere prodotti, regolarmente, che in questa sede. Nel contempo, tuttavia, deve rilevarsi che essi, oltre a dimostrare, come sopra illustrato, la insussistenza di atti completi, definitivi e incompatibili con la lottizzazione abusiva, presentano profili di merito, necessariamente da valutare per stabilirne la loro inerenza concreta allo specifico intervento lottizzatorio - che è non solo negoziale ma anche materiale -; profili di merito, che come tali, non possono in ogni caso essere esaminati, come noto, in questa sede di legittimità.
In altri termini, né questa corte può essere chiamata a verificare se il concreto contenuto degli atti prodotti disegni una sopravvenuta "autorizzazione" lottizzatoria pienamente e puntualmente contemplativa e conforme alla concreta lottizzazione intervenuta, in tutte le sue articolazioni edificatorie e di urbanizzazione, né tantomeno emerge una specifica e puntuale illustrazione difensiva in tal senso.
10. Per completezza, quanto alla deduzione proposta da taluni interessati, inerente la intervenuta prescrizione della contravvenzione lottizzatoria già in primo grado, si osserva quanto segue: ai fini della applicabilità della confisca in questione, non rileva quando sia maturata la prescrizione della contravvenzione di lottizzazione nel corso nel giudizio di primo grado e quando sia intervenuta la prima sentenza di merito ( che per la difesa di Marinucci Elisabetta sarebbe stata adottata successivamente alla prescrizione stessa) quanto, piuttosto, se al momento della intervenuta prescrizione maturata eventualmente nel corso dell'istruttoria dibattimentale siano stati raccolti in giudizio tutti gli elementi probatori ritenuti utili dal giudice per riconoscere come sussistente il predetto reato. Nessuna questione risulta che in proposito sia stata mai sollevata in fase di merito e, ove ciò fosse accaduto, in questa sede avrebbe potuto essere sollevata, in maniera necessarimente specifica, la medesima questione, solo con ricorso.
Non può quindi che ribadirsi che in tema di lottizzazione abusiva, l'intervenuta prescrizione non impedisce che sia disposta la confisca nel caso in cui risultino accertati gli elementi oggettivi e soggettivi del reato sulla base di prove acquisite prima del maturare della causa estintiva, pur se non coincidenti con il complesso delle prove originariamente ammesse dal giudice. (Sez. 3, n.
43235 del 11/10/2023, Estero, Rv. 285287 - 01). Va aggiunto, sempre in rapporto a talune notazioni difensive, e solo per completezza, trattandosi di questione che avrebbe dovuto essere sollevata solo con ricorso, che non è impedita la confisca in questione dalla assenza, anche eventualmente sopravvenuta, del sequestro.
11. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che la sentenza impugnata debba essere annullata senza rinvio limitatamente alla disposta revoca della confisca, con ripristino della stessa.
Confisca che sancendo l'acquisizione definitiva dei terreni lottizzati al patrimonio del Comune non potrà subire alcun effetto da eventuali sviluppi ulteriori e successivi alla confisca stessa, di procedimenti amministrativi inerenti, ex post, la lottizzazione, come tali inefficaci, proprio in ragione della già avvenuta acquisizione dei terreni di riferimento in capo ad un soggetto diverso dai privati, quali l'ente comunale.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla revoca della confisca, confisca che ripristina.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2025.