Cass. Sez.III 16694 del 16 aprile 2014 (ud.11 mar. 2014)
Pres. Squassoni Est. Andreazza Ric. Cavarretta
Urbanistica.  Lottizzazione e riesame del terzo acquirente

Quando il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite è disposto nei confronti di terzi estranei alla commissione del reato e venuti in possesso del terreno o dell'opera edilizia il giudice del riesame, prima di confermare il provvedimento impugnato, deve valutare, sia pur nei limiti derivanti dalla natura sommaria del procedimento incidentale, se, nel comportamento di tali soggetti siano da escludere "ictu oculi" profili di colpa, e, conseguentemente, se sia applicabile nei loro confronti la misura ablatoria cui è finalizzato lo strumento cautelare.

RITENUTO IN FATTO

1. C.T. ha proposto ricorso avverso la ordinanza del Tribunale del riesame di Messina con cui è stato rigettata la richiesta di riesame presentata nei confronti del provvedimento di sequestro preventivo del G.i.p. presso il medesimo Tribunale disposto per il reato di lottizzazione abusiva.

2. Con un primo motivo lamenta la violazione dell'art. 321 c.p.p., e D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2; premette che, a differenza degli altri soggetti interessati dal provvedimento di sequestro, non è mai stata indagata nel procedimento penale in oggetto, in quanto ritenuta estranea rispetto alle ipotesi delittuose contestate, avendo acquistato il terreno in data 13 ottobre 2010, già munito di progetto edilizio e di relativa autorizzazione edificatoria dalla signora Ca.Ro., quale indagata; precisa inoltre che sul terreno acquistato non è stata realizzata alcuna opere edilizia e che la concessione edificatoria è scaduta a far data dal 27 novembre 2012, con conseguente impossibilità di alcuna realizzazione delle opere edilizie programmate; di qui la insussistenza del periculum in mora richiesto per l'applicazione del provvedimento cautelare. Il provvedimento impugnato non ha invece colto la dovuta diversità tra la posizione della ricorrente e quella degli altri soggetti impugnanti, avendo erroneamente ritenuto indagata anche la prima e non ha considerato gli elementi chiaramente indicativi dell'insussistenza di esigenze cautelari anche tenuto conto della necessaria concretezza ed attualità del periculum in mora, nella specie assente per le ragioni suddette. Lamenta anche la erroneità del riferimento al profilo del carico urbanistico posto che, appunto, nessun manufatto è stato realizzato sul terreno oggetto di sequestro e nessun manufatto essendo più realizzabile.

Contesta inoltre la riferibilità del sequestro alla finalità di confisca di cui all'art. 321 c.p.p., comma 2, posto che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca è previsto unicamente con riferimento alle ipotesi di confisca obbligatoria ex art. 240 c.p., alle quali non può essere equiparata la confisca di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, quale sanzione amministrativa conseguente all'ipotesi della lottizzazione abusiva; inoltre, richiamando pronuncia di questa Corte (n. 42741 del 2008) osserva che la confisca non può essere eseguita nei confronti di soggetti estranei alla commissione del reato e divenuti in buona fede proprietari dell'opera o del terreno.


CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato.

L'ordinanza impugnata, evidentemente ricollegandosi al contenuto del provvedimento del G.i.p., ha fondamentalmente individuato la ragione dell'intervenuto sequestro nel duplice presupposto di cui, rispettivamente, all'art. 321 c.p.p., commi 1 e 2; sotto un primo profilo, infatti, ha fatto riferimento alla esigenza di evitare l'aggravamento o la protrazione delle conseguenze del reato (consistente, secondo la prospettazione accusatoria, in una condotta di lottizzazione abusiva caratterizzata dalla stipula di contratti di compravendita di terreni e dalla realizzazione di una serie di opere su tali lotti, di cui fa parte quello oggetto del provvedimento impugnato, inidonei alla edificazione svincolata dall'esercizio dell'attività agricola in ragione essenzialmente di tale destinazione come risultante dalle previsioni di piano) e la agevolazione della commissione di altri reati; sotto un secondo profilo ha poi valorizzato la possibilità - necessarietà della confisca dell'area e delle unità immobiliari interessate in aderenza alla previsione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2.

Con riguardo in particolare al primo profilo cautelare, l'ordinanza ha, più in particolare, evidenziato che la disponibilità dell'area sequestrata in particolare alla ricorrente ne consentirebbe l'utilizzo in aperta violazione della programmazione dell'assetto di quel territorio e produrrebbe inoltre un aggravio del carico urbanistico insostenibile per un'area a vocazione agricola. Con riguardo al secondo profilo, e pur a fronte delle doglianze difensive volte a sostenere la necessità che in capo al terzo, acquirente e non indagato, sia riscontrabile, onde potere procedere a sequestro finalizzato alla confisca, quanto meno un profilo di colpa, l'ordinanza ha concluso per l'obbligatorietà della confisca anche nei confronti dei terzi in buona fede affermando potere, il parametro dell'assenza della colpa, assumere rilevanza "solo nel procedimento di merito".

Tali assunti, tuttavia, si risolvono, su entrambi gli aspetti, coinvolti dapprima dalla richiesta di riesame, e, successivamente dal presente ricorso, in motivazioni che sono, a ben considerare, solo apparenti e anche, come subito si dirà, quanto al primo, intrinsecamente incoerenti, sì da potere consentire l'esperibilità del sindacato di questa Corte.

3.1. Con riguardo al primo aspetto va ricordato che questa Corte ha più volte affermato che il "periculum in mora" che, ai sensi dell'art. 321 c.p.p., comma 1, legittima il sequestro preventivo, deve intendersi come concreta possibilità che il bene assuma carattere strumentale rispetto all'aggravamento o alla protrazione delle conseguenze del reato ipotizzato o all'agevolazione della commissione di altri reati (cfr., tra le altre, Sez. 3, n. 11769 del 23/01/2008, Trulli, Rv. 239250); si è anche aggiunto che esso deve essere inteso non già come mera astratta eventualità, ma come concreta possibilità, desunta dalla natura del bene e da tutte le circostanze del fatto, che la libera disponibilità del bene assuma carattere strumentale rispetto alla agevolazione della commissione di altri reati della stessa specie, avendo inteso, infatti, la legge, contenere il sacrificio dei diritti dei cittadini nei ristretti limiti dettati dalle effettive esigenze di prevenzione del processo penale (Sez. 4, n. 5302 del 21/01/2004, Sguerri e altro, Rv. 227096; Sez. 5, n. 2899 del 19/05/2000, P.M. in proc. Strazzari e altro, Rv. 216548); è necessaria, inoltre, la sussistenza del requisito della pertinenzialità del bene sequestrato, nel senso che il bene oggetto di sequestro preventivo deve caratterizzarsi per una intrinseca, specifica e strutturale strumentalità rispetto al reato commesso, non essendo sufficiente una relazione meramente occasionale tra la "res" ed il reato commesso (tra le altre, Sez.5, n. 12064/10 del 16/12/2009, Marcante, Rv. 246881; Sez. 3, n. 39011 del 02/10/2007, Busca, Rv. 237936).

In definitiva, benchè manchi, per le misure cautelari reali, una previsione esplicita come quella codificata, per le misure sulla libertà personale, dall'art. 274 c.p.p., lett. c), e art. 292 c.p.p., è nella fisiologia del sequestro preventivo, come misura limitativa anch'essa di libertà protette costituzionalmente, che il pericolo debba presentare i requisiti della concretezza e dell'attualità (cfr. anche Sez. U., n. 23/05 del 14/12/1994, Adelio, Rv. 200114).

Ora, nella specie, la valutazione resa dal Tribunale in ordine alla sussistenza del periculum è rimasta invece, su un piano generale ed astratto posto che non è stato spiegato in che modo l'assenza di alcuna attività edilizia, mai intrapresa, neppure in precedenza, sul lotto acquistato dalla ricorrente (e di cui la stessa ordinanza da atto), possa ugualmente rendere concreto il pericolo di aggravamento del reato; e ciò, tanto più, a fronte della dedotta circostanza (sulla quale l'ordinanza non appare avere preso posizione) della ormai intervenuta decadenza, in data 27/11/2012, del primigenio permesso a costruire sì che, per potere procedere concretamente ad utilizzazione del terreno, sarebbe necessario il rilascio di un nuovo provvedimento, dei cui prodromi non appare esservi alcuna traccia.

Questo stesso contesto di edificazione del tutto mancante non consente neppure di comprendere in quale modo si estrinsecherebbe poi l'aggravio del carico urbanistico, individuato dal Tribunale quale ulteriore elemento fondante l'esigenza cautelare.

Sì che, in definitiva, la motivazione del provvedimento impugnato finisce per fare discendere il pericolo di aggravamento o protrazione delle conseguenze del reato di lottizzazione (che, per la parte attinente al terreno in oggetto, sarebbe, peraltro, di natura meramente negoziale) dalla mera disponibilità dall'area.

3.2. Quanto al secondo aspetto, va rammentato il principio, più volte affermato da questa Corte, anche in tempi recenti, secondo cui la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite non può essere disposta nei confronti dei soggetti terzi, estranei alla commissione del reato e venuti in possesso del terreno o dell'opera edilizia oggetto di abusiva lottizzazione se non allorquando sia riscontrabile a loro carico un comportamento connotato quanto meno da profili di colpa posto che, diversamente, la buona fede degli stessi renderebbe non applicabile nei loro confronti la misura in oggetto (cfr., tra le tante, Sez. 3, n. 42741 del 24/10/2008, Silvioli, Rv. 241703; Sez. 3, n. 12118 del 12/12/2008, Scalici, Rv. 243395; Sez.3, n. 36844 del 09/07/2009, Contò, Rv. 244922; Sez. 2, n. 47411 del 30/11/2011, Renerco, Rv. 252049; Sez. 3, n. 15987 del 06/03/2013, P.G. in proc. Parisi, Rv. 255416).

Nè, peraltro, su tali principi appare incidere la pronuncia della Corte edu, del 29/10/2013, Varvara c. Italia, giacchè, a prescindere dalla riferibilità o meno del suo contenuto alla fattispecie oggetto del ricorso, non ancora definitiva alla presente data.

Ora, pur avendo il Tribunale esattamente puntualizzato un tale aspetto, rafforzato, anzi, dalla considerazione che la confisca D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 44, comma 2, non tende alla riparazione pecuniaria di un danno, ma mira, nella sua essenza, a punire per impedire la reiterazione di trasgressione a prescrizioni stabilite dalla legge, assumendo quindi, nella interpretazione della Corte edu, la natura di pena di cui all'art. 7, della Convenzione edu, non ha poi proceduto, però, a dare conto della riscontrabilità, in capo alla ricorrente, della sussistenza, appunto, quanto meno, di profili di colpa, ritenendo impedita, una propria valutazione sul punto, dalla natura cautelare del procedimento, potendo un tale profilo assumere rilevanza "solo nell'ambito del procedimento di merito", soltanto ivi potendo pronunciarsi sulle "modalità con cui si è estrinsecata l'ipotizzata operazione di lottizzazione ed il ruolo che nella stessa ha effettivamente assunto la condotta dell'acquirente".

Tale modus procedendi non è tuttavia condivisibile, pena, diversamente, la sostanziale vanificazione della stessa ratio dello strumento del riesame, attivabile dal terzo, nella specie mai indagato, proprio al fine di invocare la propria estraneità rispetto al reato per il quale il sequestro è intervenuto, secondo una finalità evidentemente riconosciuta meritevole di tutela dallo stesso legislatore all'interno della previsione dell'art. 322 c.p.p., (che tra i soggetti legittimati include, infatti, la persona alla quale le cose sono state sequestrate).

Del resto, se questa Corte ha più volte affermato la possibilità, per il giudice del riesame, di rilevare anche il difetto dell'elemento soggettivo del reato, pur nei limiti di una stretta percezione "ictu oculi" (cfr., tra le altre, Sez. 4, n. 23944 del 21/05/2008, P.M. in proc. Di Fulvio, Rv. 240521), non si vede come si possa escludere che lo stesso giudice debba prendere in considerazione le invocazioni di buona fede del terzo non indagato;

il che, se non comporta che una tale verifica debba essere svolta funditus, in consonanza con la natura sommaria del procedimento cautelare e con l'assenza, in capo al giudice del riesame, di poteri istruttori, significa, però, allo stesso tempo, l'impossibilità, per il giudice, di assumere dette caratteristiche come elementi del tutto ostativi ad un tale accertamento.

4. L'ordinanza impugnata va dunque annullata affinchè si faccia luogo a nuovo esame sui punti indicati da condurre nel rispetto dei principi sopra rammentati.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Messina.
Così deciso in Roma, il 11 marzo 2014.