Cass. Sez. III n. 9121 del 28 febbraio 2008 (Ud. 24 gen. 2008)
Pres. Lupo Est. Amoresano Ric. Bucciarelli
Urbanistica. Normativa antisismica

Le contravvenzioni previste dalla normativa antisismica puniscono inosservanze formali, volte a presidiare il controllo preventivo della P.A. Ne deriva che l'effettiva pericolosità della costruzione realizzata senza i prescritti adempimenti è del tutto irrilevante ai fini della sussistenza del reato e la verifica postuma dell'assenza del pericolo ed il rilascio dei provvedimenti abilitativi non incide sulla illiceità della condotta, poiché gli illeciti sussistono in relazione al momento di inizio della attività. Le disposizioni della normativa antisismica si applicano invero a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate- a differenza della disciplina relativa alle opere in conglomerato cementizio armato- in quanto l'esigenza di maggior rigore nelle zone dichiarate sismiche rende ancor più necessari i controlli e le cautele prescritte, quando si impiegano elementi strutturali meno solidi e duraturi del cemento armato

OSSERVA

1) Con sentenza del 7 luglio 2005 il Tribunale di Chieti, in composizione monocratica, dichiarava B.G. colpevole del reato di cui al L. n. 64 del 1974, art. 20, per aver realizzato in zona sismica, senza essere in possesso della prescritta autorizzazione, dei manufatti (tre locali ed una scala) in cemento armato e, concesse le circostanze attenuanti generiche, la condannava alla pena di Euro 400,00, di ammenda.

Rilevava il Tribunale che nessuna incidenza poteva avere il provvedimento autorizzatorio del Genio Civile del 7.11.2003 che faceva riferimento ad una istanza del 14.10.2003 (successiva, quindi, all'accertamento avvenuto il 4.4.2003).

Nè d'altra parte era stato provato che le opere indicate nella contestazione fossero quelle di cui alla denuncia di inizio attività del 16.6.1995 (anzi dalla stessa denuncia risultava che si trattava di due locali e non tre e non vi era menzione della scala).

In ordine al tempus commissi delicti non era stata fornita la prova della risalenza dei rimaneggiamenti e, comunque, trattavasi di reato permanente stante il pericolo costante per la collettività.

2) Propone ricorso per cassazione la B., a mezzo del suo difensore, per violazione e falsa applicazione della legge penale (L. n. 64 del 1974, art. 20) e processuale (artt. 521 e 522 c.p.p.) in relazione all'art. 606 c.p.p., lett. b) e c).

I manufatti erano stati autorizzati in sanatoria dal Genio Civile, come emergeva dalla comunicazione in atti del 7.11.2003 e dalla testimonianza del Geom. D.I. e come si dava atto nella stessa sentenza impugnata. Il Tribunale non ha tenuto conto nè della sanatoria, nè della circostanza che si verteva in una ipotesi formale di omessa denuncia di inizio attività e non di mancata autorizzazione così come contestato.

La sentenza è, pertanto, nulla per violazione degli artt. 521 e 522 c.p.p..

Con il secondo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla L. n. 64 del 1974, art. 20.

L' autorizzazione in sanatoria, applicando analogicamente la normativa di cui alla L. n. 47 del 1985, determina l'estinzione del reato di carattere meramente formale (la legge della Regione Abruzzo prevede unicamente la denuncia dell'inizio dei lavori).

Con il terzo motivo lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione agli artt. 192 e 507 c.p.p..

Il Tribunale, invero, non ha valutato la circostanza che per i lavori oggetto di contestazione era stata depositata all'Ufficio del Genio Civile denuncia fin dal 16.6.1995 prot. al n. 2323 (documentazione che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudicante, sarebbe stata facilmente reperibile).

Con il quarto motivo lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 157, 158 e 160 c.p..

Il Tribunale senza alcuna motivazione ha disatteso le testimonianze di D.V.D. e S.V., da cui risultava che le opere erano state realizzate nell'estate del 1996.

Dopo un contrasto giurisprudenziale la Corte di cassazione a Sez. unite in data 14.7.1999, ha statuito che, per le violazioni sostanziali di cui della L. n. 64 del 1974, artt. 3 e 20, la permanenza ha termine con la cessazione dei lavori, mentre per le violazione formali di cui alla L. n. 64 del 1947, artt. 17, 18, 19 e 20, (come nel caso di specie) il reato ha carattere istantaneo.

Anche a voler considerare la violazione contestata di carattere sostanziale, essendo state le opere completate nell'estate 1996, la prescrizione è ampiamente maturata. In ogni caso la pena va applicata nel minimo edittale con il beneficio della sospensione.

Chiede pertanto l'annullamento, con o senza rinvio, della sentenza impugnata.

3.1) E' assolutamente pacifico, invero, che le contravvenzioni previste dalla normativa antisismica puniscono inosservanze formali, volte a presidiare il controllo preventivo della P.A. Ne deriva che l'effettiva pericolosità della costruzione realizzata senza i prescritti adempimenti è del tutto irrilevante ai fini della sussistenza del reato e la verifica postuma dell'assenza del pericolo ed il rilascio dei provvedimenti abilitativi non incide sulla illiceità della condotta, poichè gli illeciti sussistono in relazione al momento di inizio della attività (cfr. Cass. pen. sez. 3^, 17 giugno 1997 n. 5738).

Le disposizioni della normativa antisismica si applicano invero a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate - a differenza della disciplina relativa alle opere in conglomerato cementizio armato - in quanto l'esigenza di maggior rigore nelle zone dichiarate sismiche rende ancor più necessari i controlli e le cautele prescritte, quando si impiegano elementi strutturali meno solidi e duraturi del cemento armato (Cass. Pen. sez. 3^, 24 10.2001 n. 38142).

Alcuna rilevanza, pertanto, può avere l'autorizzazione postuma rilasciata in data 7.11.2003.

3.2) Correttamente la ricorrente è stata ritenuta, così come da contestazione, colpevole di avere eseguito le opere ivi descritte senza la prescritta autorizzazione. Ha dato atto il Tribunale infatti che il territorio di Rapino è classificato quale zona sismica di prima categoria, per cui è indubitabile che fosse necessaria a norma della L. n. 64 del 1974 (ora D.P.R. n. 380 del 2001, art. 94) autorizzazione, ("..nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità......non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione...").

3.3) Rileva la Corte, però, che il reato è prescritto.

Ai sensi dell'art. 157 c.p., previgente per le contravvenzioni per cui la legge stabilisce la sola pena dell'ammenda il termine di prescrizione era di anni due, prolungato della metà ex art. 160 c.p..

La L. 5 dicembre 2005, n. 251, ha innovato in ordine al tempo necessario a prescrivere, prevedendo per tutte le contravvenzioni, ancorchè punite con la sola pena pecuniaria,il termine di anni quattro, prolungato ex art. 160 c.p., comma 3, e art. 161 c.p., comma 2, non oltre un quarto, oppure della metà nei casi di cui all'art. 99 c.p., comma 4, e del doppio nei casi di cui agli artt. 102, 103 e 105 c.p..

Essendo il presente procedimento in corso al momento dell'entrata in vigore della L. n. 251 del 2007, trova applicazione la norma transitoria (art. 10, comma 2), secondo cui "ferme restando le disposizioni dell'art. 2 c.p, quanto alle altre norme della presente legge, le disposizioni dell'art. 6, non si applicano ai procedimenti e ai processi in corso se i nuovi termini di prescrizione risultano più lunghi di quelli previgenti".

Non è è dubbio quindi che, essendo più favorevoli, come si è visto in precedenza, si applichino i termini di prescrizione di cui all'art. 157 c.p., previgente.

La motivazione della sentenza è meramente apparente in ordine alla data di realizzazione dell'opera, limitandosi ad affermare che "non è stata fornita convincente prova della risalenza dei rimaneggiamenti...".

Il ricorso sul punto non risulta pertanto manifestamente infondato, tenuto conto che i testi addotti dalla difesa avevano fatto riferimento ad una data di gran lunga anteriore rispetto all'accertamento e che, comunque, al momento del sopralluogo del 4.4.2003, le opere erano certamente completate.

Il reato di cui alla L. n. 64 del 1974, artt. 3 e 20, (ora D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93, 94, 95), consistente nell'esecuzione in difformità dalle norme tecniche sull'edilizia in zone sismiche ha natura di reato permanente, ma tale permanenza ha termine con la cessazione dei lavori di costruzione del manufatto (cfr. Cass. sez. un. 23.7.1999 n. 18; nello stesso senso, con espresso riferimento al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 94, 95. Cass. Pen. Sez. 3^, 29.1.2004 n. 335 e, da ultimo, Cass. Pen. sez. 3^ ud. 5.12.2007, secondo cui il reato permane fino a quando chi intraprende un lavoro edile in zona sismica, che non sia di bassa sismicità, termina il lavoro ovvero ottiene la relativa autorizzazione).

Il termine massimo di prescrizione di anni tre, anche a voler ritenere cessata la permanenza in prossimità dell'accertamento dell'aprile 2003, è pertanto maturato nell'aprile 2006 o, al massimo, nel novembre 2006 (quando risulta rilasciata l'autorizzazione in sanatoria).

La sentenza impugnata va conseguentemente annullata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.

Ai sensi e per gli effetti di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 100, va disposta la trasmissione di copia della sentenza all'Ufficio tecnico della Regione Abruzzo.


P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.
Dispone trasmettersi copia della sentenza all'Ufficio Tecnico Regione Abruzzo

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2008.
Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2008