Cass. Sez. III n. 24273 del 24 giugno 2010 (Cc 24 mar. 2010
Pres. De Maio Est. Fiale Ric. P.G. in proc. Petrone
Urbanistica. Ordine di demolizione revoca o sospensione

Il giudice dell'esecuzione ha l'obbligo di revocare l'ordine di demolizione del manufatto abusivo impartito con la sentenza di condanna o di patteggiamento, ove sopravvengano atti amministrativi con esso del tutto incompatibili, ed ha, invece, la facoltà di disporne la sospensione quando sia concretamente prevedibile e probabile l'emissione, entro breve tempo, di atti amministrativi incompatibili.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 24/03/2010
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - SENTENZA
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - N. 502
Dott. FIALE Aldo - rel. Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. MULLIRI Guicla I. - Consigliere - N. 32425/2009
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI NAPOLI, nei confronti di:
1) PETRONE MARIA N. IL 09/02/1938;
avverso l'ordinanza n. 2547/2008 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 09/06/2009;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FIALE Aldo;
lette le conclusioni del PG il quale ha chiesto l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata.
FATTO E DIRITTO
Petrone Maria è stata definitivamente condannata - con sentenza 31.3.2003 del Tribunale di Napoli - Sezione distaccata di Ischia (parzialmente riformata dalla Corte di appello di Napoli con sentenza irrevocabile del 25.10.2005) - per avere realizzato, in zona assoggettata a vincolo paesaggistico del Comune di Forio d'Ischia, la costruzione abusiva di una tettoia di mq. 32 circa, con tampognatura di un lato.
Con la pronunzia di condanna, sono stati impartiti l'ordine di demolizione delle opere abusive (ai sensi della L n. 47 del 1985, art. 7, u.c., ed oggi previsto dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, u.c.) e l'ordine di ripristino dello stato originario dei luoghi (già previsto dalla L. n. 431 del 1985, art. 1, comma 2 ed attualmente dal D.Lgs. a 42 del 2004, art. 181, comma 2). Nella fase esecutiva il P.G. competente ha ingiunto la demolizione e la rimessione in pristino e la Petrone ha promosso incidente di esecuzione, con il quale ha chiesto la revoca dei relativi ordini prospettando che, per il manufatto in oggetto, era stato rilasciato dal Comune di Forio d'Ischia, in data 19.7.2007, titolo edilizio in sanatoria ai sensi della L. 24 novembre 2003, n. 326.
La Corte di appello di Napoli, quale giudice dell'esecuzione - con ordinanza del 9.6.2009 - ha revocato l'ordine demolitorio, limitandosi ad affermare che l'anzidetto titolo edilizio in sanatoria rilasciato dal Comune di Forio d'Ischia "non appare illegittimo". Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, ex art. 666 c.p.p., comma 2, il Procuratore generale della Repubblica presso La Corte di appello di Napoli ed ha lamentato la illegittimità del provvedimento rilasciato in sanatoria, prospettando che in esso le opere realizzate sono definite di "ampliamento ad un fabbricato esistente destinato a civile abitazione" e non vi è menzione dell'intervenuto rilascio di parere favorevole da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo.
Il difensore, in data 9.3.2010, ha depositato memoria. Il ricorso del P.M. è fondato e deve essere accolto.
1. Il rilascio di concessione sanante per condono edilizio, dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, mentre non ha effetto estintivo dei reati e delle pene (rendendo operanti, rispetto ad essi, soltanto i particolari effetti di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 38, comma 3), può comportare invece l'inapplicabilità ed anche la revoca dell'ordine di demolizione disposto ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, u.c. (vedi, tra le molteplici pronunzie, Cass.: Sez. 4, 12.11.2002, n. 37984, Mortillaro; Sez. 3, 4.2.2000, n. 3683, P.M. in proc. Basile; 29.7.1998, a 1854, Carfaro ed altri; 20.6.1997, n. 2475, Coppola; 20.6.1997, n. 2474, Morello;
20.6.1997, n. 2472, Filieri; 28.11.1996, Bardi. Decisioni tutte conformi alla motivazione della sentenza delle Sezioni Unite 24.7.1996, ric. P.M. in proc. Monterisi).
Questa Corte Suprema ha affermato, infatti, che l'ordine di demolizione in oggetto, costituendo una sanzione amministrativa caratterizzata dalla natura giurisdizionale dell'organo istituzionale al quale ne è attribuita l'applicazione, non è suscettibile di passare in giudicato ed è riesaminabile in fase esecutiva, atteso che compete al giudice dell'esecuzione valutare la compatibilità dell'ordine di demolizione medesimo con i provvedimenti eventualmente emessi dall'autorità o dalla giurisdizione amministrativa, disponendone la revoca in caso di contrasto insanabile o la sospensione se può ragionevolmente presumersi, sulla base di elementi concreti, che tali provvedimenti stanno per essere emessi in tempi brevi, non essendo peraltro sufficiente la mera possibilità di una loro adozione. Il giudice dell'esecuzione, pertanto, deve revocare l'ordine di demolizione impartito con la sentenza di condanna o di patteggiamento quando siano già sopravvenuti atti amministrativi del tutto incompatibili con esso e può altresì sospendere tale ordine quando sia concretamente prevedibile e probabile remissione, entro breve tempo, di atti amministrativi incompatibili (vedi Cass., Sez. 3; 10.1.2008, Iacono Giulia;
26.9.2007, Di Somma; 16.4.2004, Cena).
2. Secondo giurisprudenza costante, però, spetta al giudice penale (ed anche al giudice dell'esecuzione) verificare la sussistenza dei presupposti affinché la normativa di "condono edilizio" possa essere applicata e gli accertamenti che devono essere compiuti costituiscono compiti propri dell'autorità giurisdizionale - conformi al dettato dell'art. 101 Cost., comma 2, art. 102 Cost., art. 104 Cost., comma 1, e art. 112 Cost. - che non possono essere demandati neppure con legge ordinaria all'autorità amministrativa in un corretto rapporto delle sfere specifiche di attribuzione.
3. Nel caso in esame è stato rilasciato titolo edilizio in sanatoria, ai sensi del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 32, convertito con modificazioni dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, ma - secondo le previsioni di tale legge - non sono suscettibili di sanatoria le nuove costruzioni realizzate, in assenza del titolo abilitativo edilizio, in area assoggettata a vincolo imposto a tutela degli interessi paesistici (ipotesi esclusa dal condono dall'art. 32, comma 26, lett. a) (vedi, tra le molteplici decisioni in tal senso, Cass., Sez. 3: 12.1.2007, a 6431, Sicignano ed altra (con ampia confutazione delle divergenti posizioni dottrinarie, integralmente condivisa da questo Collegio); 5.4.2005, n. 12577, Ricci; 1.10.2004, n. 38694, Canu ed altro; 24.9.2004, n. 37865, Musio). La L. n. 326 del 2003, art. 32, comma 26, lett. a), ammette, infatti, la possibilità di ottenere la sanatoria soltanto per gli interventi edilizi di minore rilevanza (corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai punti nn. 4, 5 e 6 dell'Allegato 1 alla stessa legge (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), previo parere favorevole da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo.
4. Nella specie, la Corte di appello:
- in relazione alla disposta demolizione, non ha fornito alcuna motivazione in ordine alla doverosa verifica, ad essa demandata, circa la legittimità e l'efficacia del titolo sanante rilasciato in concreto;
- non ha tenuto altresì conto che risulta impartito anche l'ordine di rimessione in pristino dello stato originario dei luoghi, ai sensi della L. n. 431 del 1985, art. 1 sexies ed attualmente del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 2.
Nessuna statuizione ha adottato, infatti, con riferimento a tale statuizione ripristinatoria.
5. L'impugnata ordinanza, conseguentemente, deve essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Napoli, quale giudice dell'esecuzione, per nuovo e compiuto esame sugli elementi indicati al paragrafo precedente.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 666, 611 e 623 c.p.p., annulla l'ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Napoli.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 marzo 2010. Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2010