Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 348, del 27 gennaio 2015
Urbanistica.Legittimità valutazione d’incidenza ambientale negativa sul progetto di variante alla lottizzazione

L’Amministrazione regionale, negli atti impugnati (preavviso di rigetto e successiva determinazione negativa), non ha per nulla motivato con un apodittico richiamo all’inserimento nel S.I.C. del territorio coinvolto dalla variante, ma ha dettagliatamente valutato l’impatto che l’intervento progettato avrebbe sull’area. Prendendo in espressa considerazione la posizione del nuovo villaggio turistico, vicinissima alla zona umida, e la presenza di altri insediamenti turistici nell’area. Legittimamente la Regione è giunta a una conclusione negativa di incidenza ambientale, sulla base dell’aumento di pressione antropica che l’intervento produrrebbe. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese

N. 00348/2015REG.PROV.COLL.

N. 06521/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6521 del 2012, proposto da: 
Frimen s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Gaetano Prencipe, con domicilio eletto presso Michele Clemente in Roma, vicolo Orbetelli, 31; 

contro

Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore; Comune di Manfredonia, in persona del Sindaco pro tempore;entrambi non costituiti;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Puglia - Bari: sezione I n. 00363/2012, resa tra le parti, concernente parere negativo di incidenza ambientale sul progetto di variante alla lottizzazione "Villaggio San Michele"

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2014 il Cons. Giuseppe Castiglia e udito per la parte appellante l’Avv. Prencipe;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La società Frimen s.r.l. è proprietaria di suoli nel territorio del Comune di Manfredonia, interessati dal piano di lottizzazione denominato “Villaggio San Michele”, approvato dal Consiglio comunale una prima volta con deliberazione n. 418 del 16 aprile 1980 e infine, dopo alterne vicende, con deliberazione n. 111 del 9 dicembre 1999.

In data 5 agosto 2004, la società ha formulato al Comune una richiesta di variante al piano.

Poiché - a seguito della delibera della Giunta regionale n. 3310 del 23 luglio 1996, approvata definitivamente dal Ministero dell’ambiente con decreto n. 65 del 3 aprile 2000 - l’area oggetto della lottizzazione ricade nel “S.I.C. - zone umide della Capitanata”, la società ha chiesto alla Regione Puglia la valutazione di incidenza ambientale ai sensi dell’art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 e dell’art. 16 della legge regionale 12 aprile 2001, n. 11.

Previo preavviso di rigetto (comunicato con nota n. 194 dell’8 gennaio 2007) ed esame delle controdeduzioni della Frimen, la Regione - con determinazione dirigenziale n. 8914 del 1° giugno 2007 - ha espresso parere negativo definitivo alla realizzazione dell’intervento, ai fini della sola valutazione d’incidenza.

La società ha impugnato gli atti lesivi, proponendo ricorso che il T.A.R. per la Puglia, sez. I, ha respinto con sentenza 17 febbraio 2012, n. 363.

Contro la sentenza la Frimen ha interposto appello deducendo:

1. violazione di legge, con riguardo alla normativa, statale e regionale, sopra richiamata. L’obbligo di sottoporre a valutazione di incidenza ambientale anche la variante ai piani già approvati sarebbe stato introdotto solo con la modifica apportata all’art. 5 del d.P.R. n. 357 del 1997 dall’art. 6, comma 2, del successivo d.P.R. 12 marzo 2003, n. 120, dunque dopo l’approvazione del piano (confermato, peraltro, dalla Regione stessa con la delibera di Giunta n. 8 del 22 gennaio 1998, di approvazione del P.R.G. comunale, il quale avrebbe confermato, appunto, la destinazione della zona a insediamenti turistici di tipo balneare e lo stesso piano di lottizzazione). In ogni caso la Regione, pur non potendo prescindere da una verifica unitaria dell’intero intervento, si sarebbe dovuta limitare a valutare l’incidenza sul sito di interesse comunitario non di tutta la lottizzazione, ma della sola variante proposta. Il che invece non avrebbe fatto, trascurando le misure di mitigazione suggerite dalla società e senza suggerirne di più radicali, di fatto cancellando la destinazione urbanistica dell’area e apponendo surrettiziamente un vincolo assoluto di inedificabilità. Il mancato esame degli elementi del progetto, volti a renderlo compatibile con le finalità di conservazione cui il vincolo è preordinato, porterebbe alla violazione della relativa normativa statale (d.P.C.M. 27 dicembre 1988, n. 16100; d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357) e regionale (legge della Regione Puglia 12 aprile 2001, n. 11);

2. eccesso di potere. Il provvedimento impugnato sarebbe stato adottato in base a un’erronea considerazione del reale stato dell’area su cui insiste il piano di lottizzazione. Il parere negativo si sarebbe fondato su un presunto stato dei luoghi alla data di designazione del sito (operata dalla citata delibera di Giunta regionale n. 3310 del 1996), senza tenere conto che, sulla fascia costiera, l’originario habitat sarebbe stato trasformato radicalmente a partire dagli anni ’30. In definitiva, il vincolo S.I.C. sarebbe stato apposto indiscriminatamente, facendovi rientrare non solo le vere e proprie zone umide, ma l’intera fascia costiera - separata da tali zone da una strada provinciale a scorrimento veloce - comprendente villaggi e insediamenti turistici, realizzati o in via di realizzazione, nonché aree a destinazione agricola.

Come in primo grado, la Regione Puglia e il Comune di Manfredonia, sebbene regolarmente citati, non si sono costituiti in giudizio.

Con ordinanza 26 agosto 2014, n. 4317, il Collegio ha disposto istruttoria, cui la parte appellante ha dato seguito depositando la documentazione richiesta.

All’udienza pubblica del 2 dicembre 2014, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. La società appellante sostiene, anzitutto, che la variante proposta al piano di lottizzazione non avrebbe dovuto essere sottoposta a valutazione di incidenza ambientale, per essere il piano antecedente all’entrata in vigore della normativa che ha istituito quello speciale tipo di valutazione.

Oltre a essere contraddetta dal comportamento della medesima Frimen, che ha essa stessa dato avvio al procedimento di valutazione, la tesi non è fondata.

Vero è che il piano risale al finire degli anni ’90 (è previsto dal P.R.G. del 1998; la sua approvazione definitiva è del 1999).

Già ragioni di coerenza sistematica, alla luce di una palese esigenza di tenuta complessiva della normativa (a evitare, cioè, il rischio di facili elusioni), convincono, tuttavia, che il testo del 1997 valesse di per sé non solo per i piani, ma anche per le loro varianti (non ne dubitava infatti Cons. Stato, sez. IV, 8 agosto 2006, n. 4778).

Ma, anche in disparte tale rilievo, viene qui in questione una variante richiesta nel 2004, quando cioè era ormai vigente il d.P.R. n. 120 del 2003, che ha testualmente esteso ai proponenti di varianti quell’onere di predisporre “uno studio per individuare e valutare gli effetti che il piano può avere sul sito, tenuto conto degli obiettivi di conservazione del medesimo” e di sottoporlo alla valutazione dall’autorità competente (a seconda della rilevanza, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, regioni e province autonome) che il d.P.R. n. 357 del 1997, nella sua formulazione originaria, imponeva ai “proponenti di piani territoriali, urbanistici e di settore, ivi compresi i piani agricoli e faunistici venatori”.

La normativa modificata, dunque, non può non applicarsi alla fattispecie, cosicché la censura non coglie il segno.

1.1 Peraltro, secondo la società appellante, anche ad ammettere la necessità della valutazione di incidenza ambientale, questa avrebbe dovuto prendere a oggetto non l’intero piano di lottizzazione, ma la sola variante.

Questo ragionamento potrebbe, in astratto, essere forse anche condivisibile.

Senonché, come appare dalla documentazione acquisita mediante l’istruttoria disposta dal Collegio, la variante è in realtà un nuovo piano, nel senso che - per adoperare le parole della stessa relazione tecnica che l’accompagna - essa “modifica essenzialmente la organizzazione interna dell’area, pur confermando alcune destinazioni”. Per l’evidente carattere radicale della variante, non è possibile distinguere effettivamente all’interno di essa - per così dire - il nuovo dal vecchio.

La decisione del T.A.R., là dove ha ritenuto necessaria una valutazione unitaria della proposta, senza poter scorporare dal complesso dell’opera la variante e la sua incidenza, merita perciò integrale conferma.

1.2 Nemmeno appare fondato il profilo di omesso esame delle misure di mitigazione e compensazione, contenute nella variante, e di apposizione di un sostanziale vicolo di inedificabilità nell’area, in contrasto con le scelte urbanistiche fatte dagli organi competenti.

Il preavviso di rigetto ha preso in esame tali misure, ritenendole insufficienti allo scopo. E non si può supporre che l’Amministrazione, ove ritenga inidonei gli interventi proposti dal privato (che, tra l’altro, nella nota del 2 febbraio 2007 non ha specificamente controdedotto sul punto), abbia l’onere di indicarne altri più efficaci e radicali.

Infine, correttamente il T.A.R. osserva che nessun vincolo di inedificabilità assoluta è stato apposto, poiché la Regione si è limitata a esprimere una valutazione negativa con riguardo al caso di specie.

2. Il secondo motivo dell’appello contesta la determinazione negativa imputandole un vizio dei presupposti, di difetto di istruttoria e di motivazione, per essere stata adottata sulla base di una considerazione dello stato dei luoghi ritenuta non corretta. Come più ampiamente riferito in narrativa, il vincolo S.I.C. sarebbe stato apposto “in maniera indiscriminata”, comprendendo nelle “zone umide della Capitanata”, oggetto di tutela, non solo aree con le necessarie caratteristiche, ma anche aree ampiamente antropizzate, a destinazione turistica, residenziale, agricola, a ridosso di una strada provinciale a scorrimento veloce.

In sostanza, la censura investe le modalità di esercizio della discrezionalità tecnica propria dell’Amministrazione. Queste, invece, resistono alle critiche che l’appellante ha mosso a suo tempo e rinnova in questa sede.

A questo proposito, non servono all’appellante i precedenti di giurisprudenza, peraltro non recenti, invocati a sostegno della propria tesi circa la necessità di un esame della destinazione urbanistica in concreto impressa, nell’ambito di un S.I.C., all’area controversa (Cons. Stato, sez, VI, 12 febbraio 2002, n. 3975; Id., sez. IV, 7 giugno 2005, n. 3917). E ciò, per una duplice ragione.

In primo luogo, tali precedenti riguardano fattispecie non omologabili a quella ora all’esame del Collegio. In entrambi le vicende, infatti, venivano in questione interventi destinati a investire porzioni assai ristrette del territorio, mentre nel caso attuale si controverte di un piano di lottizzazione che, per definizione, ha un ambito ben differente e più vasto.

Ma, soprattutto, nel caso di specie l’Amministrazione regionale, negli atti impugnati (preavviso di rigetto e successiva determinazione negativa), non ha per nulla motivato con un apodittico richiamo all’inserimento nel S.I.C. del territorio coinvolto dalla variante, ma ha dettagliatamente valutato l’impatto che l’intervento progettato avrebbe sull’area. Prendendo in espressa considerazione la posizione del nuovo villaggio turistico, vicinissima alla zona umida, e la presenza di altri insediamenti turistici nell’area, la Regione è giunta a una conclusione negativa sulla base dell’aumento di pressione antropica che l’intervento produrrebbe.

In definitiva, la motivazione dei provvedimenti oggetto del ricorso appare corretta e, comunque, non manifesta incongruenze o illogicità tali da poter essere sindacata in questa sede.

Nemmeno il secondo motivo dell’appello, pertanto, è fondato.

3. Dalle considerazioni che precedono, discende che l’appello è infondato e va perciò respinto.

Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.

Nulla deve disporsi quanto alle spese di giudizio, non essendo costituite in giudizio, nemmeno in questa fase, le parti pubbliche appellate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata.

Nulla quanto alle spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Goffredo Zaccardi, Presidente

Sandro Aureli, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere

Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/01/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)