Consiglio di Stato Sez. IV n. 26 del 8 gennaio 2016
Urbanistica. Requisiti della lottizzazione abusiva

In presenza di riscontrati abusi edilizi sul territorio, l’intento lottizzatorio – inteso nella comune accezione come volontà di realizzare un non consentito frazionamento dei suoli, o comunque di alterarne surrettiziamente la destinazione urbanistica in contrasto con gli strumenti vigenti – può essere legittimamente desunto da una pluralità di elementi indiziari, anche di per sé non univocamente significativi, ma che nel loro complesso denuncino in modo ragionevolmente inequivoco la strumentalità degli abusi al perseguimento delle suindicate finalità

N. 00026/2016REG.PROV.COLL.

N. 05269/2011 REG.RIC.

N. 10273/2011 REG.RIC.

N. 00056/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sui seguenti ricorsi in appello:
1) nr. 5269 del 2011, proposto dai signori Gino BURTI, Francesco MAZZACCARO, Pietro CABRINI, Calogero PASQUALETTO, Oddone ASTOLFI, Giorgio GOBBO, Giovanni GRIGOLO, Matteo ZINGARIELLO, Bartolomeo ZINGARIELLO, Franco BELLONI, Fabrizio LOVATO, Giuseppe BORGHESAN, Marco INTERNICOLA, Salvatore CASERTA, Arduino SALMISTRARO e Giuseppe BENEDETTO, rappresentati e difesi dagli avv.ti Carmine Bencivenga e Stefania Giampà, con domicilio eletto presso l’avv. Maria Federica Della Valle in Roma, via S. Ilaria, 2,

contro

il COMUNE DI PADERNO DUGNANO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Fabio Lorenzoni, Fabio Pellicani e Alessandra Ferrari da Grado, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via del Viminale, 43;

 

2) nr. 10273 del 2011, proposto dal signor Salvatore DEL FORNO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Sala, Claudio Sala e Stefano Gattamelata, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via di Monte Fiore 22,

contro

il COMUNE DI PADERNO DUGNANO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Fabio Lorenzoni, Fabio Pellicani e Alessandra Ferrari da Grado, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via del Viminale, 43,

nei confronti di

signor Rosario CAMPO, non costituito;

 

3) nr. 56 del 2012, proposto dal signor Giuseppe GUCCIARDI, rappresentato e difeso dagli avv.ti Claudio Sala, Maria Sala e Stefano Gattamelata, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via di Monte Fiore, 22,

contro

il COMUNE DI PADERNO DUGNANO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Fabio Lorenzoni, Alessandra Ferrari da Grado e Fabio Pellicani, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via del Viminale, 43,

nei confronti di

signor Amedeo DONZELLI, non costituito;

per la riforma e/o annullamento,

quanto al ricorso nr. 5269 del 2011:

della sentenza del T.A.R. della Lombardia nr. 1067/2011, pubblicata in data 27 aprile 2011, con cui è stato respinto il ricorso nr. 2195/2010 proposto dagli odierni appellanti per l’annullamento, previa sospensiva, dell’ordinanza dirigenziale nr. 104 del 28 luglio 2010, prot. 44384, resa dal Direttore del Settore Pianificazione ed Attuazione del Territorio, arch. Franca Rossetti, notificata ai ricorrenti in data 3 agosto 2010, con la quale il Comune di Paderno Dugnano, a seguito di accertamento di lottizzazione abusiva a scopo edificatorio ai sensi dell’art. 30 del d.P.R. 6 giugno 2001, nr. 380, sulle aree del foglio nr. 50, mapp. 455, 456, 397, 403, 404, 405, 406, 401, 306, 412, 413, 318, 200, 218, 201, 219, 217, 220, 222, 224, 221, 223, 225 e 463, ha ingiunto ai proprietari delle aree suddette, fra i quali gli odierni ricorrenti, la demolizione delle opere abusivamente eseguite entro e non oltre 90 giorni dal ricevimento del provvedimento, pena la mancata revoca dell’ordinanza impugnata e della relativa trascrizione, con conseguente acquisizione di diritto delle aree lottizzate al patrimonio disponibile del Comune, nonché di ogni altro atto preordinato, conseguente e/o comunque connesso;

quanto al ricorso nr. 10273 del 2011:

della sentenza resa inter partes dal T.A.R. della Lombardia, Sezione Seconda, nr. 1066/2011, depositata in Segreteria in data 27 aprile 2011, non notificata, con la quale è stato respinto il ricorso nr. 2463/2010, proposto dal signor Del Forno per l’annullamento, previa sospensione, “dell’Ordinanza Dirigenziale n. 104 del 28/7/2010, Prot. 44384, Tit. 06 Classe 03, Fascicolo 8, a firma del Direttore del Settore Pianificazione ed Attuazione del Territorio, Arch. Franca Rossetti, avente ad oggetto: «Accertamento di lottizzazione abusiva a scopo edificatorio ai sensi dell’art. 30 D.P.R. n. 380/01 – aree del foglio n. 50 mapp. n. 455, 456, 397, 403, 404, 405, 406, 401, 306, 412, 413, 318, 200, 218, 201, 219, 217, 220, 222, 224, 221, 223, 225, 463 – ordinanza di non disporre delle aree ai sensi del comma 7 art. 30 D.P.R. 380/01 e contestuale rimozione e demolizione delle opere abusive», con notifica perfezionatasi il 18/8/2010, ai sensi dell’art. 8 L. 890/1982”;

quanto al ricorso nr. 56 del 2012:

della sentenza resa inter partes dal T.A.R. della Lombardia, Sezione Seconda, nr. 1393/2011, depositata in Segreteria in data 31 maggio 2011, non notificata, con la quale è stato respinto il ricorso nr. 2622/2010, proposto dal signor Giuseppe Gucciardi per l’annullamento, previa sospensione, “dell’Ordinanza Dirigenziale n. 104 del 28/7/2010, Prot. 44384, Tit. 06 Classe 03, Fascicolo 8, a firma del Direttore del Settore Pianificazione ed Attuazione del Territorio, Arch. Franca Rossetti, avente ad oggetto: «Accertamento di lottizzazione abusiva a scopo edificatorio ai sensi dell’art. 30 D.P.R. n. 380/01 – aree del foglio n. 50 mapp. n. 455, 456, 397, 403, 404, 405, 406, 401, 306, 412, 413, 318, 200, 218, 201, 219, 217, 220, 222, 224, 221, 223, 225, 463 – ordinanza di non disporre delle aree ai sensi del comma 7 art. 30 D.P.R. 380/01 e contestuale rimozione e demolizione delle opere abusive», con notifica perfezionatasi il 18/8/2010, ai sensi dell’art. 8 L. 890/1982”.

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Paderno Dugnano;

Viste le memorie prodotte dagli appellanti signori Burti ed altri (in date 16 e 21 novembre 2015), dall’appellante signor Del Forno (in data 16 novembre 2015), dall’appellante signor Gucciardi (in date 23 aprile e 6 maggio 2014 e 16 e 26 novembre 2015) e dal Comune di Paderno Dugnano (in date 15 luglio 2011 e 13 novembre 2015 nel giudizio nr. 5269 del 2011, in data 13 novembre 2015 nel giudizio nr. 10273 del 2011 e in date 24 aprile e 5 maggio 2014 e 13 novembre 2015 nel giudizio nr. 56 del 2012) a sostegno delle rispettive difese;

Vista l’ordinanza di questa Sezione nr. 3254 del 27 luglio 2011, con la quale, nel giudizio nr. 5269 del 2011, è stata respinta la domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2015, il Consigliere Raffaele Greco;

Uditi l’avv. Bencivenga per gli appellanti signori Burti ed altri, l’avv. Gattamelata per gli appellanti Del Forno e Gucciardi e l’avv. Lorenzoni per il Comune di Paderno Dugnano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

I – I signori Gino Burti ed altri (in epigrafe compiutamente elencati) hanno impugnato, chiedendone la riforma previa sospensione dell’esecuzione, la sentenza con la quale il T.A.R. della Lombardia ha respinto il ricorso dagli stessi proposto avverso l’ordinanza con cui il Comune di Paderno Dugnano aveva loro contestato un’ipotesi di lottizzazione abusiva su aree in loro proprietà, oltre che su altre adiacenti in proprietà di altri soggetti, ingiungendo la rimozione delle opere abusive ivi eseguite entro il termine di novanta giorni, sotto comminatoria di acquisizione delle aree al patrimonio comunale.

L’appello è affidato ai seguenti motivi:

1) erronea reiezione del primo motivo di impugnazione, afferente alla insussistenza nella specie dei presupposti per la configurabilità della lottizzazione abusiva ai sensi dell’art. 30 del d.P.R. 6 giugno 2001, nr. 380;

2) erronea reiezione del terzo motivo di impugnazione, afferente alla posizione di uno degli istanti, signor Oddone Astolfi, il quale all’epoca dei fatti risultava già aver sanato gli abusi edilizi contestatigli;

3) erronea reiezione del quarto motivo di impugnazione, afferente alla ritenuta abusività delle recinzioni realizzate dai ricorrenti sulle aree di rispettiva proprietà;

4) erronea reiezione del sesto motivo di impugnazione, afferente all’inosservanza dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, nr. 241, non essendo stata la censurata ordinanza preceduta da rituale comunicazione dell’avvio del relativo procedimento;

5) erronea reiezione del settimo motivo di impugnazione, afferente al lamentato difetto di istruttoria e di motivazione (specie in relazione all’individuazione dell’epoca di realizzazione delle opere abusive contestate ai ricorrenti).

Si è costituito il Comune di Paderno Dugnano, opponendosi con diffuse argomentazioni all’accoglimento dell’appello e concludendo per la conferma della sentenza impugnata.

All’esito della camera di consiglio del 26 luglio 2011, questa Sezione ha respinto la domanda cautelare formulata in una all’appello.

Di poi, le parti hanno affidato a memorie l’ulteriore svolgimento delle rispettive tesi.

II – Con distinto appello, il signor Salvatore Del Forno ha impugnato una diversa sentenza del T.A.R. della Lombardia, di reiezione del ricorso dallo stesso proposto avverso un’ordinanza del Comune di Paderno Dugnano avente contenuto analogo a quello del provvedimento censurato nel giudizio instaurato dai signori Burti ed altri, ed afferente alla medesima lottizzazione abusiva con riguardo a suolo limitrofo a quelli interessati dal primo giudizio e ricadente nella medesima area.

A sostegno dell’appello, l’istante ha dedotto:

i) error in iudicando: erronea statuizione sul primo motivo del ricorso di primo grado (violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, nr. 241, e s.m.i., mancata comunicazione dell’avvio del procedimento);

ii) error in iudicando: erronea statuizione sul secondo motivo del ricorso (violazione e falsa applicazione dell’art. 30, comma 1, del d.P.R. nr. 380 del 2001; eccesso di potere per travisamento dei fatti, per errore nei presupposti di fatto e di diritto; carenza di istruttoria);

iii) error in iudicando: omessa statuizione sulla richiesta di risarcimento del danno.

Anche in questo giudizio si è costituito il Comune di Paderno Dugnano, opponendosi all’accoglimento dell’appello e instando per la conferma della sentenza gravata.

Le parti hanno poi ulteriormente articolato con memorie le rispettive tesi.

III – Un terzo appello, originariamente assegnato alla Sezione Sesta di questo Consiglio di Stato, è stato proposto dal signor Giuseppe Gucciardi avverso un’altra sentenza del T.A.R. lombardo relativa ad analoga fattispecie, sempre relativa a suoli ricadenti nella medesima area cui veniva contestata la medesima lottizzazione abusiva.

L’appello, oltre che sul preliminare rilievo dell’erronea indicazione in sentenza dell’ordinanza impugnata, risulta basato sui seguenti motivi di diritto:

a) error in iudicando: erronea statuizione sull’eccezione svolta in via preliminare nel ricorso di primo grado (in relazione all’omessa notifica dell’ordinanza a soggetto comproprietario dei suoli interessati);

b) error in iudicando: erronea statuizione sul primo motivo del ricorso di primo grado (violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, nr. 241, e s.m.i., mancata comunicazione dell’avvio del procedimento);

c) error in iudicando: erronea statuizione sul secondo motivo del ricorso (violazione e falsa applicazione dell’art. 30, comma 1, del d.P.R. nr. 380 del 2001; eccesso di potere per travisamento dei fatti, per errore nei presupposti di fatto e di diritto; carenza di istruttoria);

d) error in iudicando: omessa statuizione sulla richiesta di risarcimento del danno.

Anche in questo giudizio, il Comune di Paderno Dugnano si è costituito in resistenza ed ha argomentato nel senso della conferma della sentenza impugnata.

Di poi, anche dopo che con provvedimento del Presidente del Consiglio di Stato è stato disposto lo scardinamento della causa dalla VI Sezione e la sua assegnazione a questa Sezione, le parti hanno sviluppato con apposite memorie le rispettive tesi difensive.

IV – Da ultimo, all’udienza del 17 dicembre 2015, le cause sono state tutte trattenute in decisione.

DIRITTO

1. In via del tutto preliminare, s’impone la riunione dei giudizi ai sensi dell’art. 70 cod. proc. amm.

Infatti, pur trattandosi di appelli proposti da soggetti diversi avverso distinte sentenze del T.A.R. della Lombardia, è evidente che i giudizi in epigrafe afferiscono ad un’unica vicenda amministrativa sostanziale, e segnatamente alla lottizzazione abusiva ipotizzata dal Comune di Paderno Dugnano in relazione a suoli di proprietà di tutti gli istanti, tutti derivanti da frazionamento di una medesima area originaria, e contestata con provvedimenti coevi frutto di accertamenti svolti in un medesimo arco temporale; inoltre, i ricorrenti nei tre giudizi in esame hanno posto questioni in larga parte identiche o sovrapponibili.

2. In particolare, giova premettere in punto di fatto che i presenti giudizi traggono origine da alcuni sopralluoghi, effettuati in date 15 e 26 giugno 2008 e 11 e 16 giugno 2010 da personale del Comune di Paderno Dugnano su aree site nel proprio territorio, destinate dal vigente P.R.G. a zona F per “attrezzature di interesse generale” e ricadenti nel perimetro del “Parco sovracomunale Grugnotorto – Villoresi”; in tali circostanze, sono stati contestati ai proprietari dei vari lotti – fra i quali gli odierni appellanti - una serie di abusi edilizi, che hanno in sèguito indotto l’Amministrazione ad adottare le ordinanze oggetto di impugnazione in prime cure, con cui veniva contestata un’ipotesi di lottizzazione abusiva e ingiunta la rimessione in pristino nel termine perentorio di novanta giorni.

Gli appelli oggi all’esame della Sezione hanno a oggetto le sentenze con le quali il T.A.R. della Lombardia ha respinto i ricorsi proposti da alcuni dei destinatari delle dette ordinanze.

3. Ancora in via preliminare, con riferimento al giudizio (nr. 56 del 2012) che ha come parte appellante il signor Giuseppe Gucciardi, può essere accolta l’istanza di rettifica della sentenza impugnata, nella parte in cui indica quale oggetto dell’impugnativa di primo grado un provvedimento diverso da quello effettivamente censurato e richiama nella premessa in fatto un’ordinanza cautelare diversa da quella resa dal T.A.R. nel corso del giudizio.

Infatti, pur trattandosi pacificamente di meri errori materiali, e non di vizi inficianti il decisum di prime cure – come dimostrato dal tenore testuale della stessa sentenza epigrafata, laddove viene correttamente richiamata l’ordinanza dirigenziale oggetto di gravame (pag. 3) e su di essa sono svolte le considerazioni afferenti alle doglianze formulate nel ricorso, e dalla stessa condotta dell’odierno appellante, il quale ha pacificamente inteso la motivazione della sentenza come inequivocamente riferita alle censure da lui articolate avverso l’anzidetta ordinanza -, costituisce jus receptum che, in pendenza del termine per l’appello, l’errore materiale che infici la sentenza non ancora passata in giudicato possa essere denunciato con apposito motivo di impugnazione anziché far luogo all’apposita procedura di correzione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 maggio 2009, nr. 3513; id., 14 giugno 2001, nr. 3134).

Pertanto, va disposta come segue la correzione della sentenza in epigrafe:

a) nell’epigrafe, alle pagg. 1-2, in luogo delle parole da “del provvedimento datato 8.11.2010” a “presupposto, connesso o conseguente”, vanno inserite le parole: “dell’Ordinanza Dirigenziale n. 104 del 28/7/2010, Prot. 44384, Tit. 06 Classe 03, Fascicolo 8, a firma del Direttore del Settore Pianificazione ed Attuazione del Territorio, Arch. Franca Rossetti, avente ad oggetto: «Accertamento di lottizzazione abusiva a scopo edificatorio ai sensi dell’art. 30 D.P.R. n. 380/01 – aree del foglio n. 50 mapp. n. 455, 456, 397, 403, 404, 405, 406, 401, 306, 412, 413, 318, 200, 218, 201, 219, 217, 220, 222, 224, 221, 223, 225, 463 – ordinanza di non disporre delle aree ai sensi del comma 7 art. 30 D.P.R. 380/01 e contestuale rimozione e demolizione delle opere abusive», con notifica perfezionatasi il 18/8/2010, ai sensi dell’art. 8 L. 890/1982”;

b) a pag. 3, in luogo delle parole “n. 1269 del 2 dicembre 2010”, vanno inserite le parole: “n. 1367 del 3 dicembre 2010”.

4. Peraltro, quanto sopra non comporta accoglimento neanche parziale degli appelli, i quali si appalesano tutti infondati e vanno conseguentemente respinti.

5. Al riguardo, può principiarsi dall’esame della questione centrale di tutti i giudizi qui riuniti – sottesa ai motivi indicati nella narrativa in fatto ai nn. 1, 2, 3 e 5 del ricorso nr. 5269 del 2011, al nr. ii) del giudizio nr. 10273 del 2011 ed alla lettera c) del ricorso nr. 56 del 2012 -, relativa all’asserita insussistenza dei presupposti per la configurabilità della fattispecie di lottizzazione abusiva, ipotizzata dall’Amministrazione nelle ordinanze impugnate in prime cure.

Al riguardo, va richiamato il costante e consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui, in presenza di riscontrati abusi edilizi sul territorio, l’intento lottizzatorio – inteso nella comune accezione come volontà di realizzare un non consentito frazionamento dei suoli, o comunque di alterarne surrettiziamente la destinazione urbanistica in contrasto con gli strumenti vigenti – può essere legittimamente desunto da una pluralità di elementi indiziari, anche di per sé non univocamente significativi, ma che nel loro complesso denuncino in modo ragionevolmente inequivoco la strumentalità degli abusi al perseguimento delle suindicate finalità (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. VI, 7 agosto 2015, nr. 3911; id., 14 gennaio 2015, nr. 4749; id., sez. IV, 22 agosto 2013, nr. 4254; id., sez. V, 27 marzo 2013, nr. 1809).

5.1. Nel caso che qui occupa, come in parte già anticipato nella fase cautelare del giudizio nr. 5269 del 2011, appare ragionevole e correttamente motivata la conclusione dell’Amministrazione, la quale ha ritenuto la sussistenza sulla base di plurimi e concordanti indizi, fra i quali mette conto richiamare:

- il fatto che i lotti appartenenti agli odierni appellanti fossero tutti risultanti dal frazionamento di un’unica area molto più vasta, originariamente a destinazione agricola E1 e poi destinata – come già detto – a zona F;

- la contestualità temporale (fra il 1982 ed il 1983) di tutte le vendite attraverso le quali si realizzò tale originario frazionamento, nonché, come meglio appresso si dirà, le peculiari pattuizioni che accompagnarono dette cessioni;

- la realizzazione sui suoli risultanti dal frazionamento di molteplici interventi edilizi abusivi, per lo più incompatibili con l’originaria destinazione agricola delle aree;

- la carenza in capo ai proprietari dei suoli della qualifica di imprenditore agricolo;

- la realizzazione di opere di urbanizzazione non previste dal vigente strumento urbanistico (e, in particolare, di una strada interpoderale di collegamento ed accesso ai vari lotti).

5.1.1. A specificazione degli elementi indiziari testé richiamati, la Sezione non può non rimarcare come appaia scarsamente persuasiva l’argomentazione di parte istante, secondo cui le opere edilizie riscontrate sulla maggior parte dei lotti in discorso, per la loro natura (recinzioni, baracche e manufatti precari, depositi di attrezzi), non sarebbero affatto incompatibili con il mantenimento della destinazione agricola dell’area, denunciando semmai la volontà di destinare i suoli allo svolgimento di attività agricola in forma familiare o per hobby, e non in modo imprenditoriale.

Al riguardo, come correttamente evidenziato dalla difesa del Comune, all’epoca in cui presumibilmente risale la quasi totalità delle edificazioni de quibus era vigente in Lombardia la legge regionale 7 giugno 1980, nr. 93, il cui art. 2 espressamente ammetteva nelle aree agricole i soli interventi edilizi che fossero finalizzati alle esigenze di chi fosse in possesso della qualifica di “imprenditore agricolo”: donde l’abusività originaria delle opere in questione.

5.1.2. Neanche appare particolarmente significativo, al fine di escludere la valenza indiziaria del complesso degli elementi di fatto che si sono richiamati, l’approfondimento dell’epoca di realizzazione di ciascun singolo abuso edilizio, in relazione al quale nel giudizio nr. 5269 del 2011 è stata formulata una specifica doglianza di carente istruttoria.

Infatti, agli effetti della configurazione della fattispecie in discorso, ciò che rileva non è tanto l’epoca di realizzazione degli abusi (che, per lo più, sono collocabili prima del 1985, e quindi a ridosso dell’originario frazionamento, o in altri casi, per opera di successivi acquirenti dei lotti, negli anni Novanta o nei primi anni 2000), quanto piuttosto il loro discendere dall’iniziale frazionamento dell’area, ciò che deve ritenersi sufficiente a dimostrarne la coerenza con il divisato intento lottizzatorio: ed è appena il caso di sottolineare il carattere permanente dell’illecito costituito dalla lottizzazione abusiva.

5.2. A fronte dei rilievi fin qui svolti, a nulla rileva la circostanza che taluni singoli interventi edilizi possano essere stati sanati a sèguito di istanza di condono, o addirittura che potessero in ipotesi essere stati ab initio assentiti dal Comune, dovendo considerarsi non già le singole porzioni di suolo in modo isolato e atomistico, ma lo stravolgimento della destinazione di zona nel suo complesso (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 giugno 2014, nr. 3115; id., 7 giugno 2012, nr. 3381).

5.3. Nemmeno può rilevare, quand’anche fosse provata, un’eventuale buona fede dei ricorrenti, i quali assumono di essersi resi acquirenti dei suoli solo a valle del frazionamento dell’area, e quindi di non poter essere considerati partecipi di alcun disegno lottizzatorio.

A tale argomento, può replicarsi innanzi tutto richiamando il noto orientamento secondo cui la lottizzazione abusiva opera in modo oggettivo e indipendentemente dall’animus dei proprietari interessati, i quali se del caso potranno far valere la propria buona fede nei rapporti interni con i propri danti causa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, nr. 3115/2014, cit.; id., 3 aprile 2014, nr. 1589).

Peraltro, nel caso di specie è quanto meno lecito dubitare della sussistenza di tale buona fede, se non altro nella fase degli acquisti dei lotti scaturiti dall’iniziale frazionamento del suolo: infatti, come evidenziato dal Comune odierno appellato, in tutti i contratti di vendita stipulati fra il 1982 e il 1983 erano contenuti dei “patti speciali”, con i quali gli acquirenti, oltre a dichiarare di essere a conoscenza della mancanza di una lottizzazione regolarmente autorizzata, si impegnavano a mantenere libero fra le rispettive proprietà lo spazio necessario alla realizzazione della già citata strada di collegamento.

Rispetto a tale fortissimo elemento testuale, dal quale è lecito inferire che gli odierni appellanti siano stati quanto meno aderenti successivi e consapevoli al disegno lottizzatorio (se non complici di esso nella sua originaria ideazione e attuazione), poco perspicua è l’obiezione degli appellanti, i quali, muovendo dal rilievo che solo negli scritti difensivi del Comune è stato evidenziato il contenuto dei detti “patti speciali”, stigmatizzano il passaggio da un’originaria contestazione di lottizzazione abusiva “materiale” ad una di lottizzazione “negoziale” o “cartolare”; infatti, premesso che quelle indicate sono solo due diverse modalità realizzative di un medesimo illecito, le quali possono anche coesistere (come osservato anche nelle sentenze qui appellate), non risponde al vero che nelle ordinanze gravate in prime cure sia stata contestata specificamente l’una o l’altra forma di lottizzazione, essendosi il Comune limitato a richiamare i plurimi elementi indiziari (che, come è ovvio, erano per lo più di tipo “materiale”) dai quali era possibile trarre la prova dell’illecito de quo.

5.4. I superiori rilievi aiutano a comprendere anche il perché non possano non essere considerate irrilevanti, ai fini della sussistenza della contestata lottizzazione abusiva, eventuali vicende pregresse che abbiano interessato singoli lotti di taluno degli odierni ricorrenti, siccome presi in considerazione dall’Amministrazione in modo isolato e avulso da quella considerazione complessiva dell’assetto del territorio che è necessaria per accertare l’illecito in parola.

Ciò è a dirsi, in particolare, per la vicenda – richiamata nel giudizio nr. 10273 del 2011 – che ha interessato l’appellante signor Del Forno, al quale risulta essere stata già nel 2003 contestata la lottizzazione abusiva in relazione ad abusi edilizi riscontrati sul lotto in sua proprietà, contestazione poi ritirata a seguito dell’intervenuta demolizione degli stessi (vicenda che, a tacer d’altro, risulta chiaramente superata a sèguito dei nuovi abusi contestati nel successivo sopralluogo del 2008), ma vale anche per quelli fra gli odierni istanti che risultano essere stati sottoposti a procedimento penale per edificazione abusiva (laddove, contrariamente a quanto si assume da parte appellante, è pacifico che il sopravvenire di sentenza dichiarativa dell’estinzione del reato per prescrizione non comporta affatto il positivo accertamento dell’insussistenza del fatto storico) ovvero a procedure espropriative (laddove non vi è alcuna prova che il Comune, nell’intervenire su singoli suoli, avesse condotto un’istruttoria estesa all’intero contesto urbanistico in cui questi erano inseriti).

6. Infondata è anche la doglianza, riprodotta in tutti gli appelli qui riuniti (cfr. sub 2), i) e b) della narrativa in fatto), di violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, nr. 241, per non essere state le ordinanze impugnate procedute dalla notifica agli interessati della comunicazione di avvio del relativo procedimento.

Sul punto può pienamente convenirsi con la conclusione del primo giudice, che ha ritenuto non viziante l’omissione a cagione sia del carattere vincolato dell’esercizio dei poteri repressivi a fronte di abusi edilizi conclamati, che dell’avere avuto comunque gli interessati contezza del procedimento amministrativo avviato dal Comune, a sèguito dei già richiamati sopralluoghi in occasione dei quali gli abusi medesimi erano stati riscontrati; ed è appena il caso di evidenziare come a nulla rilevi la circostanza, su cui insiste parte appellante, che taluni dei proprietari dei suoli non fossero stati presenti in loco in occasione dei predetti sopralluoghi, nella misura in cui – come risulta dalla documentazione in atti – sia stata verbalizzata la presenza di persone della famiglia o dell’azienda in grado di attestare l’intervenuta conoscenza formale delle contestazioni elevate dall’Amministrazione.

Inoltre, non può nemmeno attribuirsi rilevanza decisiva all’ulteriore dato sottolineato dagli appellanti, e cioè che in occasione dei precitati sopralluoghi le contestazioni avessero avuto a oggetto dei “semplici” abusi edilizi, e non la più grave fattispecie di lottizzazione abusiva: ed invero, il contenuto afflittivo sostanziale delle ordinanze impugnate, consistente nell’ordine di immediato ripristino dello status quo ante, è ricollegabile indifferentemente sia all’una che all’altra fattispecie di illecito, di modo che già all’esito dei primi sopralluoghi gli odierni appellanti potevano dare per estremamente probabile che a tale ingiunzione si pervenisse, e, pertanto, ove si fossero tempestivamente attivati presso l’Amministrazione, avrebbero verosimilmente potuto prendere contezza anche degli ulteriori passaggi istruttori ed elementi indiziari che hanno poi indotto il Comune a formulare la più grave contestazione, e far valere le loro eventuali ragioni sul punto.

7. Resta da esaminare il primo motivo dell’appello del signor Gucciardi (nr. 56 del 2012), col quale si reitera la doglianza relativa all’omissione della notifica dell’ordinanza impugnata in prime cure ad altro soggetto comproprietario del suolo assieme al ricorrente.

Sul punto, può condividersi la diffusa giurisprudenza di primo grado secondo cui tale omissione non incide sulla legittimità del provvedimento repressivo, ma unicamente sulla sua efficacia, determinandone l’inopponibilità al comproprietario pretermesso, ed eventualmente incidendo sull’opponibilità della successiva acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale (questione, quest’ultima, che in ogni caso deve essere lo stesso soggetto pretermesso a far valere).

8. Per completezza espositiva, mette conto infine anche esaminare la questione, sollevata negli appelli dei signori Del Forno e Gucciardi, della pretesa violazione dell’art. 30 del d.P.R. 6 giugno 2001, nr. 380, in relazione alla disposta trascrizione delle ordinanze impugnate in prime cure nei registri immobiliari.

Al riguardo, in disparte ogni approfondimento sulla proponibilità nella presente sede di siffatta questione (che non sembra essere stata ritualmente sollevata in prime cure), l’Amministrazione comunale ha condivisibilmente chiarito che tale adempimento cartolare non aveva, né poteva avere, la finalità di anticipare gli effetti dell’acquisizione degli immobili, che sarebbe potuta conseguire soltanto a un formale accertamento dell’inottemperanza alle ordinanze stesse, ma esclusivamente l’obiettivo di impedire l’alienazione degli stessi a terzi in pendenza delle procedure sanzionatorie.

È pur vero che, negli scritti difensivi del Comune nel presente grado, si assume che il predetto effetto acquisitivo si sarebbe ormai verificato: trattasi però di vicenda successiva ai provvedimenti qui impugnati e manifestamente estranea al thema decidendum del presente giudizio (ai cui atti, del resto, non risultano versati né il verbale di accertamento dell’inottemperanza né tanto meno i decreti di acquisizione ex art. 30 del d.P.R. nr. 380 del 2001).

9. Dall’evidenziata infondatezza di tutti i motivi di impugnazione consegue anche, per carenza del presupposto di fatto costituito dalla sussistenza di un fatto illecito della p.a., la reiezione della domanda risarcitoria riproposta dagli appellanti signori Del Forno e Gucciardi nei rispettivi appelli.

10. Quanto sopra comporta l’integrale reiezione degli appelli e la conferma delle sentenze impugnate.

11. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate equitativamente in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), riuniti gli appelli in epigrafe, definitivamente pronunciando, li respinge e, per l’effetto, conferma le sentenze impugnate, previa correzione degli errori materiali contenuti nella sentenza nr. 1393 del 2011 come meglio indicato in motivazione.

Condanna le parti appellanti al pagamento, in favore del Comune di Paderno Dugnano, di spese e onorari del presente grado del giudizio, che liquida in complessivi € 15.000,00 (quindicimila) da ripartire in € 5.000,00 (cinquemila) a carico della parte appellante di ciascuno dei tre giudizi qui riuniti, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2015 con l’intervento dei magistrati:

 

Paolo Numerico, Presidente

Nicola Russo, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere, Estensore

Silvestro Maria Russo, Consigliere

Leonardo Spagnoletti, Consigliere

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/01/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)