Consiglio di Stato, Sez. V, n. 14045, del 5 marzo 2014
Urbanistica.Costante utilizzazione e utilizzo effettivo del fabbricato

Il fatto che in concreto non si sia potuto finora utilizzare il fabbricato in conformità alla sua destinazione non toglie, di per sé, che una destinazione d’uso specifica potesse comunque essere stata ad esso impressa, cosa che ne aveva permesso in concreto l’edificazione; né il predetto fatto può essere valso a far venire meno siffatta destinazione, anche perché quello verificatosi non sarebbe stato un impiego incompatibile con la destinazione dell’immobile, ma solo un fatto neutro, e passivo, di non impiego del bene. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01045/2014REG.PROV.COLL.

N. 04800/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4800 del 2013, proposto dalla B & Z Busatto Italo & C S.a.s., rappresentata e difesa dagli avv. Vincenzo Colacino e Francesco Stilo, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Ricciotti 9;

contro

Comune di Treviso, rappresentato e difeso dagli avv. Antonello Coniglione e Giampaolo De Piazzi, con domicilio eletto presso Gabriele Pirocchi in Roma, viale Liegi 1;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. VENETO, SEZIONE II, n. 118/2013, resa tra le parti, concernente divieto prosecuzione attività di rimessa veicoli – risarcimento danni.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Treviso;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 febbraio 2014 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati Vincenzo Colacino e Antonello Coniglione;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

La B. & Z. Busatto Italo & C. S.a.s., proprietaria di un capannone con area circostante nel Comune di Treviso, proponeva ricorso dinanzi al T.A.R. per il Veneto contro tale ente, impugnando il provvedimento del 12/10/2012 - prot. n. 80451 con il quale il Servizio Attività Produttive comunale le aveva intimato l'immediato divieto di prosecuzione dell'attività di rimessa veicoli -in particolare, camper, autocaravan, motorhome, furgonati, minibus turistici, imbarcazioni e trentadue autovetture- nei locali e nelle aree in cui alla segnalazione certificata di inizio attività registrata il 12/9/2012 al prot. n. 67905, avendo ravvisato l’incompatibilità di tale attività con la destinazione dei locali ed aree interessate.

La società deduceva l’illegittimità dell’atto impugnato per violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili, articolando quattro motivi d’impugnazione, e domandava anche il risarcimento del danno da essa patito per effetto del provvedimento.

Resisteva al gravame il Comune di Treviso, deducendone l’infondatezza.

Il Tribunale adìto con la sentenza n. 118/2013 in epigrafe, emessa in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm., respingeva il ricorso.

Avverso tale decisione la società esperiva indi il presente appello, con il quale riproponeva le proprie doglianze, domande ed argomentazioni, e contestava la sentenza del T.A.R. per averle disattese.

Il Comune resisteva al ricorso avversario anche in questo grado di giudizio, richiedendone la reiezione in quanto infondato.

Le parti riprendevano ed illustravano ulteriormente le rispettive ragioni con successive memorie.

Alla pubblica udienza del 4 febbraio 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

L’appello è infondato.

1a Il provvedimento impugnato in prime cure è motivato con il contrasto rinvenibile fra la destinazione d’uso dell’immobile della ricorrente, il cui capannone era stato assentito e reso agibile quale aerorimessa/hangar per ricovero e manutenzione di aeromobili, in coerenza con il regime delle destinazioni ammesse nell’area, e, per converso, la concreta attività che la società intenderebbe ora esercitarvi (deposito/rimessa di camper, autocaravan, autovetture, etc.).

1b L’immobile della società ricade nella zona omogenea “F”, sottozona “F.6 – Attrezzature specialistiche”.

L’art. 66 delle N.T.A. del P.R.G. connota la zona “F” stabilendo quanto segue:

“1.1 Sono le parti del territorio destinate alle attrezzature, alle infrastrutture, e agli impianti di interesse generale.

1.2 Le aree suddette sono preordinate all’esecuzione delle opere da parte di enti, amministrazioni pubbliche e di altri enti istituzionalmente competenti.

1.3 Il Consiglio comunale, con apposita deliberazione, può consentire l’esecuzione di queste opere anche da parte dei privati, di associazioni e di cooperative, a condizione che sia adeguatamente garantito e vincolato, mediante convenzionamento, il perseguimento delle finalità, pubbliche o di uso pubblico, proprie della zona.”

Quanto alle destinazioni d’uso ammesse nella zona, l’articolo 66 rinvia alla regolamentazione dettata per ciascuna sottozona.

Della sottozona “F.6 – Attrezzature specialistiche”, qui in rilievo, si occupa l’art. 73 delle stesse N.T.A..

Questo, posta la premessa introduttiva che la sottozona “comprende le aree interessate da speciali attrezzature che possono essere oggetto d’intervento da parte di soggetti pubblici, o privati con finalità pubbliche, o aziende erogatrici di servizi pubblici …”, contempla le seguenti destinazioni d’uso: attrezzature autostradali (ed aree destinate a loro servizio), aeroportuali, militari; magazzini dell’ENEL; deposito autobus e relative infrastrutture; case circondariali; cimiteri; impianti ed attrezzature per le telecomunicazioni; similari.

1c La tesi di fondo svolta dalla ricorrente è che l’attività che essa vuole esercitare non contrasterebbe con la destinazione dell’immobile, così come disciplinata dalle prescrizioni di zona. In ultima analisi, infatti, l’attività ricadrebbe nell’alveo dell’ultima voce delle destinazioni d’uso ammesse dall’art. 73 delle N.T.A., quella residuale delle ipotesi definite “similari”.

1d Questa impostazione è stata disattesa dal primo Giudice con considerazioni che conviene subito ricordare.

Il Tribunale è partito dall’assunto che la disciplina dell’art. 73 N.T.A. riconduca tutte le attrezzature realizzabili nella sottozona alla peculiarità dell’ubicazione di quest’ultima, che si trova nelle immediate vicinanze dell’aeroporto di Treviso. E da tale assunto ha sviluppato la seguente concatenazione argomentativa:

“osservato che l’elencazione delle attività consentite conferma la peculiarità dell’ambito e quindi la specifica destinazione d’uso allo stesso impressa e che l’attività che la ricorrente intende avviare non appare riconducibile a nessuna delle previste destinazioni, neppure in via residuale, in quanto anche in tale eventualità l’attività esercitata deve pur sempre essere assimilabile alle categorie espressamente elencate;

tenuto conto delle pregresse vicende che hanno caratterizzato l’immobile, dalle quali, così come documentato in atti dalla difesa comunale, è confermata la costante destinazione dell’immobile ad hangar, quindi come deposito velivoli in conformità con la destinazione di zona, ben diversa dall’attività di deposito/rimessa autoveicoli;

che il riferimento, nel provvedimento impugnato, al certificato di agibilità assume mero valore confermativo della destinazione da sempre impressa all’area, collegata ai servizi aeroportuali;

che le stesse indicazioni delle n.t.a. consentono di escludere anche il vizio di disparità di trattamento, essendo l’attività esercitata nelle vicinanze da altra società ben riconducibile ad una delle ipotesi previste dalla disposizione (lettera h)”.

2 A questo punto devono essere passate in rassegna le critiche che la ricorrente muove alla così motivata decisione.

2a Con il presente appello si deduce che l’attività che la ricorrente vuole intraprendere risponderebbe anch’essa a finalità di interesse generale, e non sarebbe sostanzialmente diversa da quella di “deposito autobus e relative infrastrutture”, che l’art. 73 cit. specificamente ammette nella sottozona. L’attività in discussione non sarebbe, quindi, affatto incompatibile con la disciplina dettata da tale articolo, anche perché questo consente una nutrita serie di destinazioni (militari; magazzini dell’ENEL; case circondariali; cimiteri) che non hanno legame con il pur vicino aeroporto.

La nuova attività sarebbe poi anche funzionale alle esigenze dell’utenza dell’aeroporto, e pertanto il relativo servizio sarebbe non solo compatibile con la disciplina delle destinazioni d’uso dell’area, ma anche in armonia con la sua natura aeroportuale.

In ultima analisi, infine, l’attività in questione sarebbe comunque suscettibile di inquadramento nell’ultima voce di destinazione d’uso contemplata dall’art. 73, quella residuale delle ipotesi “similari”.

2a1 Le argomentazioni di parte così sunteggiate, suscettibili di trattazione sostanzialmente congiunta, non possono essere condivise.

L’elencazione delle attività consentite offerta dall’art. 73 N.T.A. non può che essere letta in connessione, e, anzi, alla luce, della disciplina di assetto data all’intera zona interessata dall’art. 66 della stessa fonte.

Orbene, questo articolo, come si è già visto, è univoco nel destinare la zona “alle attrezzature, alle infrastrutture, e agli impianti di interesse generale”, da realizzarsi ad iniziativa “di enti, amministrazioni pubbliche e di altri enti istituzionalmente competenti”, e subordina l’esecuzione di tali opere anche da parte di privati all’assunzione di un’apposita deliberazione del Consiglio comunale, sempre che, mediante convenzionamento, “sia adeguatamente garantito e vincolato … il perseguimento delle finalità, pubbliche o di uso pubblico, proprie della zona.”

L’art. 73, giusta quanto precede, introduce il proprio elenco con l’avvertenza che la sottozona di cui si tratta “comprende le aree interessate da speciali attrezzature che possono essere oggetto d’intervento da parte di soggetti pubblici, o privati con finalità pubbliche, o aziende erogatrici di servizi pubblici …”.

In forza della ricordata disciplina, che in questo giudizio non forma oggetto di contestazione ma dispiega senz’altro la propria valenza vincolante, imponendo coerenza con la finalità pubblica impressa all’area, gli asserti di parte sopra esposti non possono non apparire, perciò, apodittici e destituiti di fondamento, in quanto, in sintesi:

- l’attività che la ricorrente vuole intraprendere non può essere considerata espressiva di una finalità di interesse generale, che ontologicamente, del resto, di per se stessa non possiede: ciò per lo meno fino a che essa non avrà rivelato la sua possibile strumentalità alle esigenze di uno o più degli impianti di interesse generale -non necessariamente il solo aeroporto, stando ai contenuti delle N.T.A.- specificamente previsti nella sottozona, passando attraverso il filtro del convenzionamento previsto dall’art. 66;

- non è possibile approvare l’assimilazione alla voce “deposito autobus e relative infrastrutture” pure proposta dalla ricorrente, poiché è di tutta evidenza che questa riguarda i trasporti collettivi strumentali agli impianti di interesse generale in catalogo per la sottozona, materia cui è estranea l’attività oggetto della S.C.I.A. di parte;

- infine, la voce di chiusura circa le attività “similari” non può essere riempita di contenuto procedendo secondo criteri arbitrari ad assimilazioni puramente congetturali alle altre voci, sì da aprire indiscriminatamente ad attività diverse da quelle elencate, ma consente di valorizzare solo delle attività che siano obiettivamente munite delle stesse caratteristiche sopra illustrate.

Da tutto ciò consegue l’inevitabile reiezione di queste prime doglianze di parte.

2b L’appellante oppone altresì che l’assenso rilasciato dal Comune alla soc. SOFITEL, corrente in un immobile attiguo, dimostrerebbe la lettura estensiva praticata dall’Amministrazione in ordine alle destinazioni d’uso ammesse nell’area. E, soprattutto, deduce che una scelta difforme a proprio discapito integrerebbe il vizio di disparità di trattamento.

2b1 Il T.A.R. ha posto però esattamente in evidenza che l’attività esercitata nell’attiguo immobile della SOFITEL era riconducibile ad una delle ipotesi previste dall’art. 73 delle N.T.A., vale a dire quella della sua lett. h), concernente “impianti ed attrezzature per le telecomunicazioni, ivi compresi i magazzini per lo stoccaggio dei materiali ed uffici connessi alla gestione dei medesimi”, cosa che imponeva di escludere la configurabilità del vizio di disparità di trattamento.

Invero, anche la ricorrente ha dato atto, in prime cure (pag. 24 del ricorso), che la società vicina operava, in particolare, nei campi della fabbricazione di apparecchi per telecomunicazioni, dell’esecuzione di opere ed impianti attinenti all’esercizio delle telecomunicazioni, del commercio di materiali per l’elettronica e le stesse telecomunicazioni (oltre che in altre attività tecniche), senza mancare di produrre una certificazione del Registro delle imprese attestante le sue attività. La sua produzione documentale di questo grado ha fatto inoltre emergere che del tutto simile era l’oggetto sociale della N.T.P. s.r.l., che nel 2003 aveva ceduto alla SOFITEL il proprio ramo d’azienda concernente l’attività di produzione e commercializzazione di prodotti e servizi per l’elettronica e le telecomunicazioni.

Mette poi conto sottolineare come la SOFITEL sin dal febbraio del 1992 avesse concluso un’apposita convenzione con la AER TRE – Aeroporto di Treviso s.p.a., convenzione determinante ai fini del suo successivo accesso alla concessione edilizia, nel cui ambito la seconda società aveva dato il proprio assenso alla realizzazione, da parte della prima, di un capannone con annessi hangar ed officina, proprio ai fini dell’esercizio della “attività di manutenzione di impianti di telecomunicazione … ed in generale il complesso delle attività ordinariamente condotte dalla SOFITEL s.r.l.”.

Alla stregua di tanto, perciò, non può fondatamente sostenersi che la società dell’immobile adiacente svolgerebbe un’attività tout court estranea a quelle tipizzate dalle N.T.A., come la ricorrente tenta ora di dimostrare facendo leva sull’essere l’attività commerciale attigua “variamente indirizzata”, ossia argomentando dall’esercizio da parte della confinante anche di altre attività, concernenti impianti di riscaldamento, climatizzazione, sanitari. Questo sia perché non è stata fatta risultare in alcun modo un’ipotetica incidenza assorbente, o almeno preponderante, di queste ultime attività su quelle riconducibili con sicurezza alla suddetta lett, h), sia perché, come si è appena visto, la convenzione di base tra SOFITEL e AER TRE – Aeroporto di Treviso s.p.a. faceva riferimento non solo alle attività di manutenzione di impianti di telecomunicazione, ma, più ampiamente, anche al “complesso delle attività ordinariamente condotte dalla SOFITEL s.r.l.”.

Non solo, pertanto, non si ravvisa il vizio di disparità di trattamento, ma l’assenso ottenuto da SOFITEL non può essere neppure assunto a perno di una lettura liberalizzatrice del ventaglio delle destinazioni ammesse nella sottozona.

2c La ricorrente svolge anche la tesi che il proprio fabbricato non sarebbe in realtà gravato da un vincolo di destinazione a ricovero e posteggio di aeromobili, come ritenuto dal Comune: onde sarebbe sufficiente utilizzarlo nel rispetto delle previsioni del P.R.G..

2c1 L’esistenza di quest’ultima condizione è stata già esclusa (par. 2a1). Si può tuttavia qui aggiungere, con riferimento al proprium di questa ulteriore censura, che la ricorrente non fornisce alcuna ragione giuridica che possa valere a dimostrare l’erroneità del presupposto del provvedimento impugnato.

L’appellante lamenta l’inesattezza dell’affermazione del T.A.R. che il capannone aveva avuto una “costante destinazione” ad hangar, obiettando che nei fatti esso, benché concepito per una simile fruizione, non era mai stato effettivamente utilizzato come tale, non essendosi rivelato possibile farlo (a partire dalla decisione di Aeroclub Treviso di localizzare altrove la propria struttura operativa).

Va al riguardo osservato, però, che il fatto che in concreto non si sia potuto finora utilizzare il fabbricato in conformità alla sua destinazione non toglie, di per sé, che una destinazione d’uso specifica potesse comunque essere stata ad esso impressa, cosa che ne aveva permesso in concreto l’edificazione; né il predetto fatto può essere valso a far venire meno siffatta destinazione (anche perché quello verificatosi non sarebbe stato un impiego incompatibile con la destinazione dell’immobile, ma solo un fatto neutro, e passivo, di non impiego del bene).

L’appellante soggiunge, poi, che seguendosi l’impostazione del Comune il suo fabbricato resterebbe inutilizzato, perdendo il proprio valore economico.

Ma nemmeno un simile argomento fattuale può valere quale dimostrazione dell’inesistenza originaria o della sopraggiunta cessazione di un vincolo di destinazione sull’immobile. Esso potrebbe solo essere addotto -al limite- per sollecitare l’Amministrazione ad un’eventuale revisione in senso estensivo delle possibilità accordate dalle N.T.A. e, di riflesso, dello statuto del fabbricato in questione, con la possibilità di attivare, in seguito, il controllo giurisdizionale di legittimità sulle decisioni comunali in proposito intervenute.

2d Resta infine da osservare che il provvedimento impugnato risulta sorretto da una motivazione compiuta, ampiamente sufficiente a porre in luce le ragioni che lo giustificano. E che, se è pur vero che tale provvedimento richiama testualmente l’attività oggetto della S.C.I.A. presentata riferendosi alla sola “rimessa” di veicoli, e non anche al concorrente servizio di “manutenzione” pure compresovi, resta indimostrata, però, l’effettiva esistenza del vizio di travisamento ipotizzato al riguardo dalla società, così come resta senza prova l’attitudine dello stesso preteso vizio a dispiegare una qualsivoglia incidenza causale sul dispositivo dell’atto impugnato (in altre parole, non emerge il requisito dell’essenzialità del supposto errore del Comune).

Risultano quindi destituiti di fondamento anche i motivi di ricorso rimasti privi di disamina in primo grado ma in questa sede riproposti (cfr. le pagg. 2-3 e 7 dell’appello).

3 L’immunità del provvedimento impugnato dai vizi di legittimità ad esso addebitati comporta logicamente, con il rigetto dell’azione impugnatoria di parte ricorrente, anche quello della sua domanda risarcitoria.

Per le ragioni esposte l’appello, essendo risultato interamente infondato, deve dunque essere respinto.

Si ravvisano, tuttavia, ragioni tali da giustificare la compensazione tra le parti delle spese processuali del presente grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, lo respinge.

Compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Alessandro Pajno, Presidente

Manfredo Atzeni, Consigliere

Fulvio Rocco, Consigliere

Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/03/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)