In tema di stato legittimo degli immobili e relative conseguenze
(Nota a Corte di cassazione, sez. III penale, n° 35848/2023)

di Massimo GRISANTI

Questo scritto trae spunto dalla decisione n° 35848/2023 della Suprema Corte di legittimità penale, pubblicata il 28 agosto 2023, nella quale i giudici, seppur non pronunciandoli, affermano tre principi di diritto:
    • lo stato di un immobile non è legittimo ex art. 9 bis d.P.R. 380/2001, quand’anche l’eseguito sia conforme all’autorizzato, qualora il titolo abilitativo in forza del quale sia stato realizzato contrasta con la disciplina urbanistico-edilizia vigente ratione temporis.
    • integra il reato di abuso edilizio la realizzazione di ulteriori interventi edilizi, a mezzo di ulteriori titoli abilitativi, su di un immobile rispondente sì al progetto autorizzato, ma non alla disciplina urbanistico-edilizia vigente ratione temporis.
    • integra il concorso del funzionario comunale nel reato di abuso edilizio il rilascio di un titolo abilitativo, o comunque il compimento di una favorevole istruttoria, per l’esecuzione di ulteriori interventi su un immobile conforme al titolo abilitativo pregresso non rispondente alla disciplina urbanistico-edilizia vigente ratione temporis.
Potremmo anche aggiungerne un altro: integra falso ideologico la formazione di un titolo abilitativo edilizio per opere da eseguire su di un fabbricato conforme al titolo col quale è stato edificato, qualora quest’ultimo non risponda alla disciplina urbanistico edilizia vigente ratione temporis.
Il tutto è riassumibile in due concetti.
Il primo: <Le disposizioni dell’art. 9 bis d.P.R. 380/2001 presuppongono (ovviamente) la rispondenza del titolo abilitativo edilizio alla disciplina di riferimento; diversamente non sussiste lo stato legittimo>.
Il secondo: <È abuso edilizio l’opera che non è assistita da un valido titolo abilitativo edilizio, intendendo per tale quello rispondente in pieno alla disciplina urbanistico-edilizia; il quale è variamente sanabile ricorrendo i presupposti delle disposizioni degli articoli 36 o 38 del d.P.R. 380/2001>.
Del resto, l’art. 27 t.u.e. stabilisce ESPRESSAMENTE che il responsabile del competente ufficio comunale provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi IN TUTTI I CASI di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici: quindi anche per il caso che l’opera eseguita sia conforme ad un titolo abilitativo contrastante con la disciplina urbanistico-edilizia.
Con l’avvertenza che per titolo abilitativo ai sensi e per gli effetti dello stato legittimo ex art. 9 bis t.u.e. devono intendersi anche gli adempimenti prescritti dagli artt. 61, 93 e 94 d.P.R. 380/2001 (v. Cons. Stato, sez. IV, n° 3006/2023); cosicché un immobile non è legittimo se tali adempimenti non sono stati effettuati (i quali non sono effettuabili a sanatoria, cfr. Cass. penale, n° 2357/2023).
Ma veniamo al caso deciso dalla Suprema Corte.
Il responsabile del procedimento e il dirigente di un ufficio tecnico comunale sono stati condannati per il reato di concorso in abuso edilizio per avere, il primo, espresso parere favorevole al rilascio di un permesso di costruire col quale venivano previsti ulteriori interventi su un garage eretto in un’area pertinenziale in asserito rispetto alla legge 122/1989 c.d. legge Tognoli (nella versione vigente ratione temporis), e per avere, il secondo, rilasciato il conseguenziale permesso di costruire.
La Suprema Corte ha ritenuto corretto il ragionamento svolto dalla Corte d’Appello circa la natura abusiva del garage realizzato, ancorché come autorizzato, con un permesso di costruire adottato in violazione delle eccezionali disposizioni della legge Tognoli nonché il conseguenziale corollario che gli ulteriori interventi eseguiti su di esso riattivano la condotta illecita di abuso edilizio.
Ma il nucleo importante del ragionamento della Corte d’Appello che ha trovato conferma in quelli della Cassazione è che sono prive di rilevanza le giustificazioni addotte dagli imputati, in particolare dal dirigente comunale, circa, da un lato, l’impossibilità di annullamento di un permesso di costruire rilasciato otto anni prima e circa, dall’altro lato, LA PRESUNZIONE DI LEGITTIMITA’ DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI.
In particolare, i giudici della Cassazione hanno stabilito che è illegittimo il permesso di costruire che autorizza l’esecuzione di ulteriori interventi su un immobile realizzato in conformità ad un titolo abilitativo edilizio illegittimo ab origine: con buona pace del principio della presunzione di legittimità degli atti amministrativi e dell’intangibilità del provvedimento amministrativo consolidato (ancorché illegittimo).
Le Corti d’Appello e di Cassazione hanno statuito che al fine di non incorrere nel reato di concorso in abuso edilizio per ulteriori interventi coi quali viene proseguita l’illecita trasformazione dei suoli, l’istruttore e il dirigente devono verificare la legittimità dei titoli abilitativi in forza dei quali il manufatto oggetto d’intervento è venuto ad esistenza.
Dal che se ne deduce, vista la condanna in via definitiva, che tali pubblici ufficiali non solo devono astenersi dall’autorizzare l’esecuzione di modifiche di quanto esistente se ciò non rispetta la disciplina urbanistico-edilizia vigente ratione temporis indipendentemente dall’essere conformi al titolo abilitativo conseguito, ma devono ingiungere la demolizione e la rimessa in pristino in applicazione dell’art. 27, co. 2, d.P.R. 380/2001: “Il dirigente o il responsabile [, quando accerti l’inizio o l’esecuzione di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità, o destinate ad opere e spazi pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché] in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi”.
Concludendo sul punto, un immobile è legittimo, quindi trasformabile con ulteriori interventi, non tanto perché risponde al progetto di cui i competenti uffici pubblici ne hanno variamente autorizzata l’esecuzione, ma in quanto sia conforme alla disciplina urbanistico-edilizia.
A meno che non si voglia continuare a fare ipocrite affermazioni, solitamente abbondanti nelle sentenze dei giudici amministrativi, quanto statuito dai giudici penali è sacrosanto atteso che per risalente insegnamento della Corte costituzionale (v. sentenze 5/1980 e 127/1983) la licenza, poi concessione edilizia, oggi permesso di costruire, altro non sono che il frutto del positivo accertamento NON COSTITUTIVO DI DIRITTI NUOVI AD EDIFICARE, ma presupponente facoltà preesistenti.
Cosicché il titolo abilitativo edilizio illegittimo È UN ATTO ATIPICO, NON CONTEMPLATO DAL LEGISLATORE PERCHE’ COSTITUTIVO DI DIRITTI NUOVI non appartenenti allo status giuridico dei suoli presi in considerazione per l’edificazione: status definito solo ed esclusivamente dalle leggi, dai regolamenti, dagli strumenti della pianificazione (v. art. 12 t.u.e.), giammai a mezzo dei titoli abilitativi.
È un atto, il titolo abilitativo edilizio illegittimo, non idoneo allo scopo di controllare che la trasformazione dei suoli avvenga in modo ordinato, pianificato e sicuro siccome rispondente a norme sovraordinate.
Il titolo abilitativo edilizio illegittimo VIOLA MANIFESTAMENTE l’art. 42 della Costituzione ossia la funzionalizzazione sociale della proprietà privata a mezzo delle leggi, dei regolamenti e della painificazione. E finanche l’art. 41 laddove consente che si inverino, a parità di caratteristiche nello status giuridico dei suoli, disparità di trattamento in chiave economica che portano alla distorsione della libera concorrenza.
Il titolo abilitativo edilizio illegittimo È UN FORTE INDIZIO DI PRESENZA DI PRATICHE CORRUTTIVE ALL’INTERNO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE.

La ventilata soppressione o sostanziale abrogazione del reato di abuso d’ufficio agevola il SACCO DELL’ITALIA e l’aumento di morte e distruzione per effetto di terremoti e inondazioni che colpiscono fabbricati muniti di “regolare” licenza edilizia.